- 5 -
“matrimonio segreto”, che, con maggiore chiarezza ed
immediatezza, ne esprime il caratteristico contenuto
2
, lasciando per
il resto, quasi del tutto, immutata la corrispondente disciplina.
Per incidens, va detto che in questo capitolo, che ha come oggetto
il problema del riconoscimento civile di un tal genere di matrimoni,
sotto il vigore del sistema delineato dai Patti lateranensi, si
prediligerà l’espressione matrimonio di coscienza, preferendosi
riservare, invece, l’utilizzo dell’altra denominazione, matrimonio
segreto, al capitolo successivo, nel quale verranno affrontati i
diversi aspetti posti da una simile tematica, a seguito delle
modifiche apportate, dall’Accordo di Villa Madama, alla disciplina
del 1929.
2
Cfr L.M. DE BERNARDIS, Il matrimonio, cit, p. 6. Questo scrittore già sotto il
vigore del codice del 1917 metteva in evidenza che: “Matrimonio segreto e
matrimonio occulto sarebbero i termini più adatti per indicare questa speciale forma di
matrimonio, in quanto esprimono, con chiara immediatezza, il suo caratteristico
contenuto; la dizione matrimonio di coscienza ha, però, in sostanza, lo stesso
significato.
L’attributo di coscienza si applica, in senso proprio, a tutti gli istituti soggetti al
foro interno, anche se essi non abbiano, di per sé, il requisito della segretezza ; ciò è
provato dal fatto che esso attributo va unito, anche nel linguaggio comune, ad atti
palesi, ma aventi stretto legame con detto foro interno.
Siccome però la prassi curiale, per ragioni di ovvia opportunità, ha sempre trattato
le pratiche di foro interno in forma strettamente riservata, l’attributo di coscienza
divenne sinonimo di segreto ed occulto.
Quando si sappia poi, che, in un certo periodo storico, i matrimoni di coscienza
furono considerati materia di foro interno si comprenderà appieno come i termini
matrimonio di coscienza, matrimonio segreto, matrimonio occulto siano diventati fra
loro perfettamente equivalenti”.
- 6 -
In questo matrimonio sono distinguibili due tratti: uno obbiettivo,
consistente in una speciale forma di celebrazione e uno altro
soggettivo, che trova espressione nell’intenzione comune dei
partecipanti ad esso di mantenerne il segreto.
Prima dell’ introduzione del codice di diritto canonico del 1917,
il primo elemento non aveva alcuna consistenza, mentre il secondo
costituiva l’unico elemento di detto istituto. A seguito di una tale
normativa, invece, l’aspetto obiettivo è diventato strettamente
dipendente da quello soggettivo.
I requisiti che lo caratterizzano sono: la preventiva autorizzazione
dell’Ordinario
3
, possibile solo se ricorre una causa, grave ed
urgente; le indagini matrimoniali compiute in segreto, senza
procedere alle abituali pubblicazioni
4
; la celebrazione svolta alla
presenza, soltanto, del ministro celebrante e di due testimoni; la
registrazione dell’avvenuto matrimonio esclusivamente su di un
apposito registro da conservarsi nell’archivio segreto della curia
5
,
anziché nel consueto libro parrocchiale; l’obbligo di conservare il
segreto, anche dopo le nozze, a carico del ministro assistente, dei
3
Cfr. canone 1130. A questo proposito va detto che il codex iuris canonici del
1917, al corrispondente art. 1104, prevedendo come circostanze del rilascio di una tale
autorizzazione una causa gravissima ed urgentissima, lasciava, indubbiamente, al
Vescovo una minore discrezionalità.
4
Cfr. can. 1131.
5
Cfr. can. 1133.
- 7 -
testimoni, degli sposi e dell’Ordinario
6
fino a quando se ne ravvisa
la necessità.
Sotto il vigore del codice del 1917, inoltre, non era infrequente la
confusione tra il matrimonio di coscienza ed altri istituti, ad esso,
affini, come, ad esempio, il matrimonio clandestino, il matrimonio
contratto alla presenza dei soli testi, il matrimonio senza
pubblicazioni od il matrimonio occulto di fatto
7
.
Sembra utile porre in risalto i motivi che, sotto il vigore del
sistema dei Patti lateranensi, potevano indurre le parti a ricorrere a
un simile istituto: il desiderio di non perdere dei vantaggi economici
che la legislazione civile e/o negozi giuridici privati prevedevano
per il caso di celibato o di vedovanza. Famoso, al riguardo, era il
caso della vedova che passando a seconde nozze avrebbe perso la
pensione indiretta del defunto marito
8
; il tentativo di aggirare divieti
6
Cfr. can. 1132 c.i.c. Tale norma dispone la cessazione dell’obbligo al segreto nei
confronti dell’Ordinario nel caso in cui vi sia il pericolo prossimo di “un grave
scandalo o di una grave ingiuria alla santità del matrimonio”. Si pensi all’ipotesi in cui
uno dei due coniugi pretenda di voler contrarre nuove nozze.
In precedenza, il codice del I917, indicava, al corrispondente canone 1106, come
ulteriori casi che facevano venir meno l’obbligo del segreto in capo al Vescovo:
“quando i coniugi non facciano battezzare i figli nati da tale matrimonio o ne
trascurino l’ educazione cristiana”.
Inoltre, il canone 1105 ammetteva che la pubblicazione potesse avvenire quando i
coniugi fossero d’accordo in tal senso. Ma non vi è alcun dubbio che questa regola,
anche se non espressamente riproposta, trovi ancora spazio.
7
Sul punto: L.M. DE BERNARDIS, Il matrimonio, cit., p. 8 ss.
8
Sul punto si veda F. VASSALLI, Lezioni di diritto matrimoniale, Padova, 1932,
p. 214-221 ; R. BACCARI, La trascrizione tardiva del matrimonio canonico. Effetti
- 8 -
legislativi posti al matrimonio di certe categorie di persone, in
particolare militari e diplomatici, per il matrimonio delle quali
occorreva una speciale autorizzazione civile
9
; il pericolo
dell’incontinenza; il desiderio di evitare un pubblico scandalo
10
; la
necessità per il genitore di non perdere l’usufrutto legale sui beni
del figlio minore, previsto per il caso in cui si risposasse; motivi
legati alla successione mortis causa.
Va detto, comunque che simili intenti erano raggiungibili anche
in un altro modo
11
, vale a dire attraverso la celebrazione di un
civili fra i coniugi e rispetto ai terzi, in Rivista di diritto matrimoniale, 1937, p. 10;
A.C. JEMOLO, Il matrimonio, 3 ed., Torino, 1961, p. 275-278 .
9
Si occupò, ampiamente, di tale tematica: A. RAVA ’, Lezioni di diritto civile sul
matrimonio, II ed., Padova, 1933, p. 449-453. Quest’ultimo sottolineava che: “ad un
certo momento si era arrivati, addirittura, al fenomeno curioso di un tribunale dello
Stato che era chiamato a pronunciarsi sull’esistenza di un matrimonio religioso non
valido agli effetti civili, in virtù del D.L. 3 ottobre 1929, n. 1934, che prevedeva la
dispensa dal servizio per gli ufficiali che avessero contratto matrimonio anche solo
religioso”. Proprio i due casi appena citati “furono quelli che più frequentemente,
anche nel periodo preconcordatario, indussero i cittadini a ricorrere al matrimonio
soltanto religioso” che, come è noto, all’epoca, era del tutto irrilevante per l’
ordinamento statuale, a causa della vigenza del sistema del doppio binario.
10
Al riguardo, nelle pagine degli autori che si occuparono della questione, veniva
proposto, frequentemente, l’esempio del vecchio nobiluomo che sposasse in segreto la
propria domestica con la quale conviveva, per mettersi a posto dal punto di vista
religioso, in modo da evitare lo scandalo sociale e l’ indignazione dei figli.
11
Sul punto, cfr. per tutti: S. LENER, Sul potere delle parti di escludere o differire
gli effetti civili del matrimonio canonico e sul concetto di terzo non pregiudicato dalla
trascrizione tardiva, in Giustizia civile, 1957, I, p. 982. L’autore in parola, così si
esprimeva : “Nel sistema matrimoniale italiano, il vincolo canonico non ancora
trascritto viene considerato dallo Stato atto puramente religioso. In questo modo, nella
- 9 -
matrimonio canonico celebrato nella normale forma ordinaria,
accompagnandolo, però, con un’intesa dei coniugi, stipulata tra essi
e l’Autorità ecclesiastica, nella quale si stabiliva che l’atto di
matrimonio non dovesse essere, dal parroco, trasmesso
tempestivamente all’ufficiale dello stato civile per la trascrizione,
potendo questa essere richiesta in avvenire, se e quando le ragioni
che, inizialmente, l’avevano sconsigliata, sarebbero venute meno,
impegnandosi, nell’intervallo di tempo considerato, le parti, a non
celebrare matrimonio civile con altre persone
12
.
Come già anticipato la questione che qui si intende porre è, se
sotto il sistema il vigore dei Patti del 1929, fosse o meno
ammissibile la trascrivibilità tardiva dei matrimoni di coscienza.
Una tale problematica, nelle pagine degli autori e della
giurisprudenza, che se ne occuparono, venne sovente accostata ad
altra analoga questione concernente il riconoscimento civile dei
maggior parte dei casi, gli scopi che certe categorie di nubendi si propongono,
chiedendo ed ottenendo dall’Autorità ecclesiastica di celebrare il matrimonio di
coscienza, possono essere raggiunti più semplicemente con il differimento consensuale
della trascrizione.”
12
La formula adoperata per questa dichiarazione era del seguente tenore:
“Desiderando per giusti e gravi motivi contrarre quanto prima il matrimonio religioso
e non potendo contemporaneamente farlo trascrivere per gli effetti civili, ci
obblighiamo con la presente scrittura, da valere anche nel foro civile, a non contrarre
matrimonio civile con un’altra persona e ad effettuare la trascrizione del matrimonio
religioso subito che saranno rimosse le attuali difficoltà”. Cfr. M. REINA,
Opposizione alla trascrizione tardiva e volontà degli effetti civili, in Il diritto
ecclesiastico, 1951, p. 181.
- 10 -
matrimoni canonici contratti dalle parti nella forma ordinaria, ma
con l’intenzione di rinviarne nel tempo la trascrizione.
La soluzione da dare a tali questioni non era semplice in quanto
risultava fortemente condizionata dalle risposte date ai problemi di
indole generale nella cui cornice esse si inquadravano.
In pratica, non sembrava possibile risolverle senza prima
risolvere il problema della rilevanza della volontà degli sposi nella
trascrizione; né quest’ultimo, senza trattare della più generale
tematica dei rapporti tra matrimonio canonico e matrimonio civile, a
sua volta condizionata dalla questione dei rapporti tra l’intero
ordinamento canonico e quello civile.
2 LA TRASCRIZIONE DEL MATRIMONIO CANONICO
NEL CONCORDATO DEL 1929. IL PROBLEMA DEL
MANCATO RILIEVO DELLA VOLONTA’ DEGLI SPOSI
RELATIVAMENTE A UN TALE ISTITUTO. LE POSIZIONI
DOTTRINALI.
Con l’ art. 34 del Concordato Lateranense, lo Stato italiano e la
Chiesa cattolica decisero di porre su nuove basi i loro rapporti
relativamente alla regolamentazione dell’ istituto del matrimonio.
- 11 -
Per comprendere i motivi di questa scelta sembra quanto mai
utile accennare, sia pure brevemente, a come si presentava la
situazione nel periodo preconcordatario.
Nell’arco di tempo che va dal 1865 fino all’avvento del
Concordato del 1929, i rapporti Stato-Chiesa furono caratterizzati
dal sistema separatista, improntato al cosiddetto principio del
doppio binario.
In sostanza, il matrimonio religioso e quello civile venivano
considerati su due piani totalmente distinti, senza alcun contatto tra
di loro
13
.
Tuttavia questo genere di disciplina non era in grado di
rispecchiare, adeguatamente, la coscienza della maggior parte degli
italiani, che essendo quasi tutti credenti, a quell’epoca, erano soliti
celebrare entrambi i tipi di matrimonio.
Inoltre un tale sistema dava luogo a non pochi inconvenienti,
rappresentati dal fatto che: né era raro il caso di colui che si
limitasse a celebrare il solo matrimonio religioso, sfruttando la sua
irrilevanza per l’ordinamento statuale, in modo, da un lato, di poter
beneficiare di vantaggi economici, posti per la condizione di
celibato o di vedovanza e, dall’altro di riuscire ad aggirare i divieti
legislativi posti al matrimonio civile di certe categorie di persone
14
;
né, nel tempo, una simile situazione si arrestò, verificandosi, anzi,
sempre più frequentemente, ipotesi allarmanti, dal punto di vista
13
Cfr. M. TEDESCHI, Manuale di diritto ecclesiastico, Torino, 1999, p. 272.
14
Come già accennato in precedenza, erano, proprio, queste due ipotesi, quelle
che, anche in regime concordatario, spinsero le parti a celebrare il matrimonio
puramente religioso.
- 12 -
sociale e giuridico, consistenti nel fenomeno del marito con due
mogli oppure della moglie con due mariti, senza che si potesse dire
realizzata la fattispecie del reato di bigamia.
Per porre rimedio a un tale situazione, molti parlamentari,
proposero che fosse resa obbligatoria la precedenza del matrimonio
civile rispetto alla celebrazione del matrimonio religioso,
accompagnando la violazione del relativo divieto con delle sanzioni
penali, ma una simile proposta non riuscì mai a tramutarsi in
legge
15
.
In questo contesto, si inserì l’art. 34 del Concordato del 1929
16
,
che venne recepito, nell’ordinamento giuridico italiano, con la legge
n. 810 del 27 maggio 1929
17
.
Con esso, lo Stato italiano, pur senza rinunciare all’istituto del
matrimonio civile e nonostante le enormi concessioni fatte alla
Chiesa, avendole riconosciuto una competenza esclusiva con
15
Sul punto: A. RAVA’, Lezioni, cit., p. 110- 119
16
R. JACUZIO, Commento della nuova legislazione in materia ecclesiastica,
Torino, 1932, p. 185. Stabiliva questo articolo, nella parte relativa alla trascrizione:
“Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della
famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al
sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili.
Le pubblicazioni del matrimonio come sopra saranno effettuate, oltre che nella
casa parrocchiale, anche nella casa comunale.
Subito dopo la celebrazione il parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del
matrimonio, dando lettura degli articoli del Codice Civile, riguardanti i diritti ed i
doveri dei coniugi, e redigerà l’atto di matrimonio, del quale entro cinque giorni
trasmetterà copia integrale al Comune, affinché venga trascritto nei registri dello Stato
civile.”
17
R. JACUZIO, Commento, cit., p. 582 ss.
- 13 -
riferimento alla formazione del vincolo matrimoniale e al giudizio
sulla sua validità, volle, allo scopo di riaffermare la sua sovranità,
che fossero riconosciuti al matrimonio canonico effetti civili, a
condizione che, però, un tale vincolo fosse accompagnato da talune
formalità civili.
Quest’ultime vennero, poi, disciplinate, in maniera dettagliata,
negli art. 5 ss. della legge statale di applicazione del Concordato,
del 27 maggio 1929, n. 847
18
(che, secondo l’uso invalso, sarà
designata con l’ espressione di legge matrimoniale e con la sigla
l.m.), e consistevano in
19
: le pubblicazioni(art. 6 l.m.)
20
; la lettura
degli articoli del codice civile ad opera del parroco (art.8 e 10
l.m.)
21
; la redazione dell’ atto di matrimonio in doppio originale(art
18
Ivi, p. 305 ss.
19
Sul punto: V. DEL GIUDICE, Manuale di diritto ecclesiastico, 10 ed., Milano,
1964, p. 265. L’Autore sottolineava: “salvo a vedere, poi, quali, di tali adempimenti,
siano di assoluta necessità, o essenziali, e quali no”.
20
Cfr. F. FINOCCHIARO, Del matrimonio, Artt. 79-83, in Commento del Codice
Civile, a cura di A. SCIALOJA e G. BRANCA, Bologna-Roma, 1971, p. 205.
L’autore riteneva che: “In vero, la legge matrimoniale,agli art. 6 e 7 prevede che il
matrimonio canonico debba essere preceduto dalla pubblicazione civile e dal rilascio
di un apposito certificato di nullaosta da parte dell’ ufficiale dello stato civile. Ma la
stessa legge matrimoniale agli art. 13 e 14, toglie valore a buona parte di queste
garanzie formali, ammettendo la trascrizione di matrimoni la cui celebrazione non sia
stata preceduta dalla pubblicazione civile o dalla dispensa da essa”.
21
Circa il valore di un simile adempimento concordatario per stabilire le
conseguenze della sua eventuale omissione nel procedimento di trascrizione: R.C.
DELCONTE, Omissione della lettura degli articoli del codice civile nella
celebrazione del matrimonio canonico: quali effetti per la trascrizione?, in Lo stato
Civile, 1988, p. 586-592.
- 14 -
8 l.m.); la trascrizione dell’ atto di matrimonio nei registri dello
stato civile (art. 9 ss. l.m.).
Proprio quest’ultimo adempimento svolgeva una funzione
fondamentale ed insostituibile come risultava, chiaramente, sia dalla
legge matrimoniale, che, all’art. 5, riconosceva al matrimonio
canonico gli stessi effetti del matrimonio civile “quando fosse
trascritto nei registri dello stato civile”, sia dalla relazione
ministeriale al disegno di legge matrimoniale, che affermava come
la trascrizione non fosse “una semplice registrazione probatoria ma”
che, anzi, costituiva “l’atto essenziale per l’attribuzione degli effetti
civili, giacchè, in mancanza” di essa, il vincolo canonico sarebbe
rimasto “un atto puramente religioso e a nulla” sarebbe valso
“provarne la celebrazione, ove la trascrizione non avvenisse”
22
.
Sotto il vigore di una tale disciplina, una delle questioni più
dibattute che si pose e che venne approfondita
23
in dottrina, solo a
partire dagli anni ’50
24
del secolo scorso, considerata, a giusta
22
Cfr. La Relazione del Ministro della Giustizia al disegno di legge matrimoniale,
in in V. DEL GIUDICE, Codice delle leggi, p. 256.
23
Tale approfondimento fu dovuto, molto probabilmente, alle prime pronunce
giurisprudenziali in tema di volontà delle parti e trascrizione del matrimonio canonico.
La prima pronuncia in tema fu quella del: Trib. Roma, 28 maggio 1946 in Il diritto
ecclesiastico, 1947, p. 101
Vi contribuì, anche, l’ influenza dei profondi mutamenti istituzionali e politici
dell’ immediato dopoguerra. Sul punto: G. CATALANO, In tema di trascrizione
tardiva del matrimonio canonico, in Giurisprudenza siciliana, 1959, p. 246-247.
24
In realtà, l’opinione favorevole al requisito dell’autonomia della volontà degli
effetti civili nei contraenti venne formulata, per la prima volta, nel 1934, da: C.
MAGNI, Gli effetti civili del matrimonio canonico, Padova, 1948, p. 44-46.
- 15 -
ragione, di “vitale importanza per la sistematica del diritto
matrimoniale italiano”
25
, fu quella della volontarietà degli effetti
civili del matrimonio canonico e, quindi, della rilevanza della
volontà degli sposi nella trascrizione del matrimonio
26
.
Fino ad allora la dottrina non si era particolarmente interessata al
problema, così che questo non era stato neppure adeguatamente
inquadrato
27
.
25
L. SCAVO LOMBARDO, Sulla condizionalità della trascrizione civile del
matrimonio canonico alla volontà degli sposi, in Foro italiano, 1947, I, p. 251 .
26
Cfr. F. FINOCCHIARO, Uguaglianza giuridica e fattore religioso, Milano,
1958, p. 263- 264 Come, giustamente, venne posto in evidenza da tale autore: “La
divergenza esistente a questo proposito”, sostenendosi, ad opera di una parte degli
Autori, in dottrina, l’irrilevanza della volontà degli sposi in ordine alla trascrizione e,
secondo altri, invece, riconoscendosi, in limiti più o meno ampi, la rilevanza di essa,
risiedeva, “in vero, non nel carattere polisenso di una delle disposizioni che”
disciplinavano “il procedimento di trascrizione, bensì nel fatto che coteste
disposizioni” erano “interpretate dagli uni in relazione a certi principi e dagli altri in
relazione a principi diversi o diversamente intesi.”
27
Infatti, i pochi autori che si occuparono della questione ritennero opportuno
considerarla sotto il profilo della sussistenza o meno di una libertà contrattuale delle
parti di determinare gli effetti del negozio matrimoniale. Esclusero, tra gli altri,
l’esistenza di una libertà di questo genere, sul presupposto che il matrimonio era un
istituto estraneo alla materia contrattuale e che, in esso, la volontà privata trovasse un
posto limitato, considerando senza valore giuridico l’intesa stipulata tra i coniugi e
l’Autorità ecclesiastica di eludere o differire gli effetti civili del matrimonio canonico:
F. VASSALLI, Lezioni, cit., p. 204 ss.; A. RAVA’, Lezioni, cit., p. 129 ss.
L’ammetteva, invece, almeno sul piano logico, anche se poi gli sembrava smentita
su quello giuridico, dall’art. 14 l.m.: A.C. JEMOLO, La conversione del matrimonio
canonico senza effetti civili in matrimonio con effetti civili, in Temi emiliani, 1929, II,
p. 105 ss. Quest’ultimo Autore modificò, a partire dal 1947, la sua opinione,
esprimendosi a favore del riconoscimento della rilevanza della volontà delle parti nella
- 16 -
Successivamente, invece, vennero elaborate tre principali tesi
28
.
La prima era quella che sosteneva “l’automatismo
29
degli effetti
civili”. Tra gli Autori che facevano capo a questa opinione, tuttavia,
trascrizione. Cfr. A.C. JEMOLO, Trascrizione tardiva e i suoi estremi, in
Giurisprudenza Italiana, 1947, IV, p. 153 ss.; Ibidem, Il matrimonio, cit., p. 311 ss.
Sul punto, si veda anche: F. FINOCCHIARO, Del matrimonio, cit., p. 398-399.
Quest’ultimo notava che: “Ma il problema, posto in questi termini, era irrisolvibile,
soprattutto perché si parlava della libertà contrattuale delle parti quasi che esse,
celebrando matrimonio canonico o matrimonio civile, agissero, in ambo i casi, nella
sfera dell’ordinamento statuale, sicchè, come non era in loro potere determinare gli
effetti del matrimonio civile, così non sarebbe stato neppure nel loro potere escludere
gli effetti civili del matrimonio canonico. E’ evidente la grave inesattezza in cui
incorre questa opinione. Infatti, quando le parti contraggono matrimonio civile
agiscono nell’ambito dell’ordinamento statuale e soggiacciono senz’altro alle
conseguenze ricollegate da questo al negozio matrimoniale. Quando, invece, esse
decidano di contrarre matrimonio canonico costituiscono tale negozio nella sfera
riservata all’ordinamento della Chiesa; ora, come è ben noto, gli effetti civili del
vincolo non si verificano ipso iure con la celebrazione religiosa, ma occorre che il
matrimonio sia trascritto nei registri dello stato civile. Finchè il matrimonio non è
trascritto manca, cioè, nell’ordinamento statuale lo stesso negozio familiare i cui effetti
civili non sarebbero escludibili dalla volontà delle parti”.
28
Si veda: M. TEDESCHI, La volontà degli effetti civili nel regime della
trascrizione del matrimonio canonico, in Il diritto ecclesiastico, 1972, II, p. 36 ss.
29
Aderivano, tra gli altri, alla tesi dell’ irrilevanza della volontà delle parti e del
conseguimento automatico, ipso iure, degli effetti civili del matrimonio canonico: R.
BACCARI, La trascrizione, cit., p. 314 ss.; M. BUZZI DI MARCO, La trascrizione,
cit., p. 51 ss. ; P. CIPROTTI, Diritto ecclesiastico, 2 ed., Padova, 1964, p. 339 ss.; S.
DI BLASI, Sulla volontà delle parti in ordine alla trascrizione civile del matrimonio
canonico, in Rivista di diritto matrimoniale, 1965, p. 95 ss.; P. FEDERICO,
Matrimonio di coscienza, trascrizione e volontà degli sposi per gli effetti civili, in Il
diritto ecclesistico, 1967, II, p. cit., p. 107 ss. ; S. LENER, Sul potere, cit., p. 975 ss.;
M. PETRONCELLI, Volontà matrimoniale e trascrizione del matrimonio religioso, in
- 17 -
non c’era concordia di vedute circa la natura giuridica della
trascrizione.
Per alcuni di essi, infatti, essa era una condicio iuris
30
, non
sottoposta alla volontà delle parti contraenti; per altri, rappresentava
Studi in onore di V. Del Giudice, Milano, 1953, vol. II, p. 273 ss.; Ibidem, Manuale di
diritto ecclesiastico, Napoli, 1961, p. 598 ss. Ibidem, Manuale, cit., 1980 p. 260 ss.;
C. REBUTTATI, Sulla facoltà della Chiesa di non denunziare il matrimonio canonico
e di permetterlo in contrasto col vincolo civile, in Il diritto ecclesiastico, 1949, p. 33
ss.; L. SPINELLI, La trascrizione del matrimonio canonico, 3 ed., Milano, 1975, p.
149 ss.
Tuttavia sembra che manifestassero una posizione alquanto diversa alcuni Autori, i
quali pur respingendo la tesi dell’autonomia, ritenevano che non potessero imporsi,
agli sposi, gli effetti civili per il solo fatto della celebrazione del sacramento del
matrimonio, riconoscendo che sia giuridicamente rilevante la volontà, manifestata dai
nubendi, contestualmente alla celebrazione, di escludere gli effetti civili.
Secondo questa opinione, la volontà di contrarre matrimonio soltanto religioso
aveva modo di manifestarsi nella celebrazione del matrimonio canonico senza
l’osservanza di alcuna delle formalità prescritte dalla legge matrimoniale italiana.
Quando invece gli sposi acconsentivano all’adempimento delle formalità
concordatarie, essi esteriorizzavano, in questa maniera, la volontà di contrarre un
vincolo destinato a produrre effetti civili, così da non potersi poi opporre, anche in
ipotesi di trascrizione tardiva, al conseguimento dei detti effetti. Si veda: M. BERRI,
Orientamenti giurisprudenziali in materia matrimoniale, in Foro padano, 1949, III, p.
81 ss.; C. GANGI, Il matrimonio, 3 ed., Milano, 1953, p. 227 ss.; L. GRASSI, Volontà
matrimoniale, “autonomia” della volontà degli effetti civili, o “presunzione della
volontà degli effetti civili?, in Rivista di diritto matrimoniale, 1959, p. 159 ss.;
30
Si veda: M. PETRONCELLI, Manuale, cit., 1980, p. 263 ss.; L. SPINELLI, La
trascrizione, cit., p. 149 ss.