3
INTRODUZIONE
Era una notte buia e tempestosa quando nel giugno del 1816 Mary Godwin Wollstonecraft
Shelley (nota al grande pubblico con il nome di Mary Shelley) concepì la sua opera più famo-
sa: Frankenstein or the Modern Prometheus, conosciuta al grande pubblico con il nome di
Frankenstein. Mary, il suo compagno e poeta Percy Bysshe Shelley (di cui ne diventerà la
moglie il 30 dicembre dello stesso anno), la sua sorellastra Jane Clairmont
1
(cambierà il suo
nome in “Claire”, il nome con cui si fece chiamare in seguito), erano ospiti presso Villa Dio-
dati, vicino a Ginevra, residenza estiva del poeta George Gordon Byron. In quella stessa esta-
te a Villa Diodati era ospite anche John Polidori
2
, scrittore, amico e medico personale di Lord
Byron. Un forte temporale aveva indotto i cinque a rifugiarsi in casa e per trascorrere il tempo
avevano cominciato a leggere ad alta voce alcune storie di fantasmi tradotte dal tedesco al
francese: Fantasmagoriana, Ou Recuel d’Histoires d’Apparitions de Spectres e Christabel e
Kubla Khan del poeta Samuel Taylor Coleridge ed altri
3
. Complice il clima burrascoso, Byron
propose a tutti una sorta di competizione: ognuno avrebbe dovuto scrivere una storia di fanta-
smi e di paura (Byron proprio in quei giorni ricevette la visita del famoso autore di Monk,
Matthew Lewis, uno dei più noti autori di romanzi gotici del tempo). L’idea stancò quasi subi-
to tutti i partecipanti. Byron, Polidori e Shelley scrissero appena qualche pagina, mentre la
giovane Mary rimase priva di ispirazione, probabilmente per una sorta di soggezione verso
quei “mostri” della letteratura rappresentati dal già famoso Byron e dal promettente Shelley
che a quel tempo aveva già scritto alcune delle più importanti opere del Romanticismo ingle-
se
4
.
Poiché quell’estate fu particolarmente piovosa furono costretti a trascorrere gran parte del loro
tempo in casa. Qui, in silenzio, Mary ascoltava le lunghe conversazioni tenute dai tre amici ed
è in una di quelle sere che ella ascoltò quella nella quale si parlava dei progressi della scienza
e si facevano ipotesi circa la rianimazione dei morti tramite il galvanismo
5
, e a proposito degli
esperimenti di Erasmus Darwin
6
; l’ora si era fatta tarda e tutti andarono a letto, ma la conver-
1
Figlia di Mrs. Mary Jane Clairmont seconda moglie di William Godwin.
2
Polidori, John: nato a Londra, 1795-1821, scrittore e medico personale di Lord Byron. Famoso per aver scritto
nel 1819 Vampyre (Il Vampiro).
3
A queste letture espressamente citate nei Diari di Mary Shelley se ne aggiungono altre citate nel Diario di John
William Polidori, quali: Caleb William e St. Leon di William Godwin, Right of Woman di Mary Wollstonecraft e
ancora letture riferibili a Locke, Milton, Davy, Swift, Byron, Coleridge e innumerevoli altri autori.
4
Solo per citarne alcune: St. Irvyne; or, The Rosicrucian (1811); Queen Mab: A Philosophical Poem (1813).
5
Shelley, Mary, Introduzione, in Frankenstein, Borroni, Giorgio (a cura di), Siena, Barbera, 2010, p. V.
6
A proposito della credibilità scientifica della sua opera, Mary Shelley citava nella introduzione al Frankenstein
del 1831, gli esperimenti scientifici di Erasmus Darwin sulla vitalità spontanea di alcuni monconi di vermicelli,
teorie esplicitate nella poema intitolato: The Temple of Nature, or the Origin of Society.
4
sazione aveva suggestionato Mary a tal punto che decise comunque di proseguire la sfida.
Andò a dormire, ma la notte non le concesse il sonno richiesto, e a occhi chiusi cominciò a
vedere chiaramente la scena di uno scienziato che dava la vita ad un corpo inanimato tramite
una scintilla di elettricità, e subito dopo vide l’orrore che scaturì: una Creatura gigantesca e
ripugnante si erse davanti ai suoi occhi. Si alzò di scatto per paura del suo stesso incubo
7
.
Aprì gli occhi ed esclamò: “Ho trovato! Ciò che ha atterrito me sarà in grado di atterrire anche
gli altri”
8
. Mise quindi nero su bianco ciò che la sua mente aveva partorito nella notte e quan-
do Shelley lesse quanto ella aveva scritto si accorse subito che quelle parole non dovevano
rimanere sepolte e dimenticate, ma dovevano costituire una più completa elaborazione.
Nella sua introduzione al romanzo del 1831 lei stessa fece riferimento a quella sera così tetra
e nel contempo così produttiva, che fu in grado di stimolarla a tal punto da consentirle di scri-
vere il più famoso romanzo gotico del tempo.
Questa è la genesi di Frankenstein e per comprenderlo al meglio è necessario spendere due
parole sulla vita di Mary. Una vita vissuta pienamente, con gioie e dolori che seppe sopporta-
re fino alla fine dei suoi giorni, definendoli lei stessa nella introduzione del romanzo del 1831
“romantici dolori”
9
. Dolori che accompagneranno tutta la sua vita sin dalla nascita.
Nel 1797 a Londra sua madre Mary Wollstonecraft morì dandola alla luce. Il padre Godwin
immensamente innamorato della moglie, scrisse alla sua memoria una schietta e commovente
storia della sua vita Memoirs of the Author of A Vindication of the Right of Woman (1798),
descrivendone anche le sue ultime ore. Fu anche grazie a questa biografia che Mary poté co-
noscere la madre, la cui mancanza la segnò profondamente tutta la vita. I drammi per Mary
continuarono con la perdita della sua prima figlia nata prematura nel febbraio del 1815, nel
corso della sua vita perderà altri tre figli
10
, ne sopravvivrà soltanto uno, Percy Florence.
Questi lutti segnarono profondamente la psiche di Mary.
Quindi se da un lato il contesto psicologico determinò la nascita del mostro, come sostiene lo
stesso Borroni
11
, dall’altro il contesto storico-culturale generò il romanzo, ed è proprio su
quest’ultimo che concentro il mio lavoro. Per fare questo ho approfondito alcuni aspetti della
7
Mary fa intendere che il romanzo sia nato da un sogno, un incubo. Quest’ultimo nella letteratura critica del
tempo è utilizzato come un esercizio retorico per ridurre l’impatto di un romanzo trasgressivo come quello che si
appropinquava a scrivere.
8
Ivi, p. 9.
9
Ivi, p. 4.
10
Nel 1818 morirà la piccola Clara e nel 1819 morirà il suo terzo genito William.
11
Giorgio Borroni è il curatore dell’edizione italiana di Frankenstein: Shelley, Mary, Frankenstein, Borroni,
Giorgio (a cura di), Siena, Barbera, 2010. Nella sua introduzione a p. XV ipotizza che il dolore per la perdita di
un figlio celi dietro la nascita della Creatura. Inoltre “ciò che nel mostro provoca sentimenti di odio e vendetta…
è la solitudine e la mancanza della figura di un genitore”. Tutto questo avrebbe indotto Mary a sentirsi inadegua-
ta come madre.
5
vita di Mary, in particolare la sua istruzione, la figura dei genitori, degli intellettuali che fre-
quentavano casa Godwin e di suo marito Percy Shelley, ricercando le fonti letterarie e scienti-
fiche che furono all’origine del romanzo. Mi sono chiesto, se Mary non fosse stata quella not-
te a Villa Diodati sarebbe comunque riuscita a concepire un opera come quella di Franken-
stein? E se Shelley non l’avesse stimolata a continuare la scrittura del Frankenstein l’avrebbe
lei terminata? È certo che il background culturale di Mary a quell’epoca era maturo e pronto
per produrre opere di grande levatura culturale, come del resto realizzò nel corso della sua
breve vita.
Frankenstein è stata un’opera che ha permesso al romanzo gotico di raggiungere il massimo
splendore in un momento in cui il genere letterario era in declino e lasciava spazio al Roman-
ticismo che avrebbe riempito i banchetti letterari dell’Ottocento.
Mary aveva soltanto diciannove anni quando con il suo romanzo, riuscì ad innovare il genere,
mettendo al centro del suo racconto non la nota eroina vergine perseguitata che fugge tra le
foreste incantate o le rovine di castelli e di cimiteri, ma la storia dell’uomo che fugge dalle sue
paure e dalle sue certezze. Il suo romanzo parla di alchimia e di scienza, ma non ci mette in
guardia da questi ultimi, bensì da noi stessi; non sarà la scienza o il potere della pietra filoso-
fale a creare il mostro, ma l’esclusione e la paura del diverso; saranno la solitudine e la man-
canza di riferimenti a generare le creature che tormentano le notti buie e tempestose
dell’uomo; sono la pretesa di superare i limiti senza se e senza ma che conducono l’uomo a
temere se stesso. Tutto questo lo si può leggere nell’animo e nei sentimenti dei protagonisti
del romanzo di Mary creato in quella notte di giugno del 1818.
La figura paterna fu determinante nella formazione del pensiero di Mary, secondo Godwin
l’educazione costituiva una sorta di riparo alla corruzione del mondo: “I bambini sono una so-
stanza duttile e cedevole…nascono innocenti: il loro umore è costituito interamente da fidu-
cia, gentilezza e benevolenza”
12
, scriveva nel suo Enquiry Concerning Political Justice
13
, la
stessa fiducia che aveva il mostro quando venne portato alla vita, ma che al contatto con la
società subì quella corruzione di cui tanto parlava Rousseau.
12
Marshall, Peter, The Anarchist Writings of William Godwin, London, Freedom Press, 1986, (tr. it. di Pietro
Adamo, L’eutanasia dello Stato, Milano, Eleuthera, 1997), p. 48.
13
Enquiry Concerning Political Justice è l’opera più nota di William Godwin pubblicata nel 1793. Libertario e
anarchico, raccolse intorno a se un nutrito gruppo di intellettuali che condividevano con lui molte idee libertarie
secondo le quali le Istituzioni create dagli uomini, al pari delle leggi, erano contrarie alla natura stessa degli uo-
mini e promulgate per difendere il potere politico ingiusto.
6
Godwin dopo la morte della mamma di Mary si mise alla ricerca di una seconda moglie, non
perché credesse nell’istituzione del matrimonio che lui aborriva
14
, ma per ricevere un aiuto e
un supporto per allevare le sue due figlie (la sua Mary e la figlia di primo letto della moglie
morta, Fanny), “Povere bambine!”
15
era solito dire. Godwin sentiva enormemente il peso del-
la responsabilità che gravava su di lui e per evitare che nutrici estranee alla famiglia potessero
allevarle, si sposò con la sua vicina di casa Mrs. Clairmont, una vedova con due figli, di me-
dia istruzione, con alcune buone qualità domestiche e una predisposizione per le malignità,
come riporta Muriel Spark, biografa di Mary Shelley
16
. Questa seconda moglie non era intel-
lettualmente al pari della prima, tuttavia Godwin era convinto di compensare questa mancan-
za, con il fatto che la sua casa era un crogiuolo di sapienza, frequentata da quegli amici intel-
lettuali che saranno i maestri di Mary e Fanny.
Per Godwin era importantissimo assicurare alle figlie una formazione di alta levatura, e quan-
do l’amico intellettuale e suo grande ammiratore William Baxter gli propose di ospitare Mary
a casa sua in Scozia accettò di buon grado. Nella lettera (datata 8 giugno 1812) che avrebbe
accompagnata Mary nella sua lunga permanenza presso l’amico, scrisse: “Voglio che lei cre-
sca come un filosofo, anzi come un cinico. Ciò accrescerà la forza e il valore del suo caratte-
re”
17
. Mary ricorderà sempre con affetto quel periodo e i suoi primi scritti risalgono proprio a
quell’epoca, di questo scrisse nell’introduzione a Frankenstein:
Da ragazza ho vissuto principalmente in campagna ed ho trascorso molto tempo in Scozia, visitando oc-
casionalmente i suoi luoghi più pittoreschi… Fu sotto gli alberi intorno a casa o sulle pendici desolate
delle montagne brulle lì vicino, che le mie vere composizioni, i voli eterei della mia immaginazione
nacquero e si nutrirono
18
.
Mary fu sempre riconoscente al padre di tutte le opportunità che egli non le fece mai mancare
e consapevole della grandezza intellettuale e dell’impegno civile dei suoi genitori non man-
cherà di ammettere che non sarebbe mai stata una filosofa come loro, perché preferiva lottare
14
Il matrimonio era un Istituzione che Godwin, al pari di tutte le altre Istituzioni create dagli uomini, aborriva.
Tuttavia le idee libertarie e antigovernative di Godwin gli avevano creato un’ostilità generale, quindi per difen-
dere e tutelare la vita delle figlie decise di trovare moglie.
15
Simili, Raffaella (a cura di), Scienza a due voci, Firenze, L.S. Olschki, 2006, p. 21.
16
Spark, Muriel, Mary Shelley: una biografia, Firenze, Le Lettere, 2001, p. 22.
17
Simili, Raffaella (a cura di), Scienza a due voci, Firenze, L.S. Olschki, 2006, p. 25.
18
Spark, Muriel, Mary Shelley: una biografia, Firenze, Le Lettere, 2001, p. 26.
7
per scopi concreti piuttosto che sostenere cause politiche come quelle per cui lottarono loro
19
,
e pragmaticamente confessò:
Rispetto alla buona causa, la causa del progresso della libertà e del sapere – dei diritti delle donne ecc. –
io non sono persona da Opinioni. Ho detto altrove che gli esseri umani differiscono assai sotto questo
aspetto. Alcuni hanno la passione di riformare il mondo; altri non professano particolari opinioni. Che i
miei genitori e Shelley appartenessero al primo tipo mi induce al più profondo rispetto…per quanto mi
riguarda, io desidero ardentemente il bene e la serenità dei miei familiari e vedere tutto ciò, ora
20
.
Con cinica obiettività affermava anche che: “Sono dolente di non scrivere con calma filosofi-
ca”
21
, ammettendo di non essere all’altezza delle aspirazioni e della filosofia del padre.
Fatte queste premesse l’intento del presente lavoro è stato quello di ricercare le fonti scientifi-
che e letterarie alle quali Mary Shelley ha attinto per scrivere la sua opera, considerando
l’ambito culturale e formativo nel quale Mary è vissuta, percorrendo inoltre le pagine del
Frankenstein per individuare i rimandi a opere di natura scientifica e letteraria che lo caratte-
rizzano.
19
I filosofi Mary e William, genitori di Mary contribuirono enormemente al sapere dell’Europa dell’epoca e in-
sieme ad altri grandi letterati contribuirono con le loro idee libertarie a concepire e delineare la base di quei prin-
cipi fondamentali che andarono da li a poco a costituire il primo Articolo della Solenne Dichiarazione dei Diritti
dell’Uomo del 26 agosto 1789, secondo cui “Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti”.
20
Shelley, Mary, The Journals of Mary Shelley, cit., 3/12/1824, p. 488 (citato da SIMILI, Raffaella (a cura di),
Scienza a due voci, Firenze, L.S. Olschki, 2006, p. 113).
21
Ibidem.