Nel sesto capitolo, infine, si spiega la politica di comunicazione del
territorio che per anni è stata considerata l’unica funzione del marketing
in ambito territoriale.
Nella seconda parte viene esaminato il modo in cui gli strumenti del
marketing possono creare reale sviluppo in aree depresse, partendo
dagli assets territoriali presenti. Il progetto “Corallo e Nuraghi” è stato
implementato in un’ottica di partenariato pubblico-privato al fine di
creare sviluppo nell’area. Il territorio interessato è costituito dal comune
di Alghero e dalle Comunità Montane N°5 Logudoro-Mejlogu e N°8
Marghine-Planargia. La vocazione turistica di Alghero è stata pensata
come leva di sviluppo per le aree montane, finalizzata all’attrazione di
segmenti di nicchia. L’obiettivo era quello di “destagionalizzare” la
stagione turistica della zona, limitata ai mesi estivi e al turismo di massa
di Alghero, proponendo “tematismi” e percorsi specifici per i turisti
esigenti. A sostegno dell’azione di marketing territoriale, il privato
propone strumenti di miglioramento sulle componenti tangibili e
intangibili dell’area.
Nel settimo capitolo si fa una ampia disamina del settore turistico
italiano, seguito nell’ottavo capitolo da quello specifico sardo. Si
analizzano i punti potenziali di crescita e i limiti inferti dalla “stagionalità”
della domanda.
Poi si analizza nel nono capitolo la struttura morfologica dell’area, le
vocazioni turistiche di Alghero e delle zone interne, su cui si basa l’idea
forza del progetto del decimo capitolo.
Nell’undicesimo capitolo infine si costruisce la strategia di sviluppo
territoriale integrato, le linee guida del piano di marketing e si
presentano i percorsi tematici.
PARTE PRIMA
CAPITOLO I
Strumenti concettuali del marketing territoriale
La globalizzazione e l’internazionalizzazione delle imprese hanno
prodotto non solo l’allargamento dei confini dei mercati di prodotti e
servizi ma anche, per paradosso, il ritorno al territorio come fattore
primario di sviluppo delle diverse economie regionali. L’unificazione
europea ha poi ulteriormente accelerato questo processo, grazie anche
alle maggiori possibilità di scambio diretto fra attori subnazionali a
discapito però delle competenze dei singoli stati centrali.
Questa rivoluzione copernicana, sancita anche dalla celebre frase “live
local, work global”
1
, sempre più ha trascinato con sé un nuovo concetto
di territorio come “insieme di interazioni coordinate gestite da un’azienda
pubblica”, che ha ampliato i confini delle aree regionali e ha scatenato la
competizione territoriale.
1.1 La globalizzazione dell’economia
Il ruolo del territorio come meta degli investimenti esogeni, deve la sua
nascita a tutti i cambiamenti economici e sociali che si sono verificati
dagli anni ’70 in poi con una velocità crescente.
I fattori chiave che hanno portato alla globalizzazione sono:
• Innovazione tecnologica
• Dematerializzazione
• Terziarizzazione
• Internazionalizzazione della produzione
• Integrazione europea
L’innovazione tecnologica e quindi il ruolo crescente della conoscenza
specialistica, hanno modificato i modi di produzione delle imprese. Si è
incrinata la supremazia del paradigma fordista, con la produzione di
massa e le catene di montaggio nelle imprese, per arrivare ad un
concetto di azienda più flessibile, dotata di più impianti tra loro aggregati
e dove la tecnologia e l’informazione dominano sugli altri fattori
produttivi. Il nuovo paradigma è infatti il risultato della flessibilizzazione
dei rapporti: la nascita dei distretti industriali, le contrattazioni individuali
la frantumazione del mercato in nicchie sempre più numerose, il dominio
del lavoro “knowledge intensive” su quello “labour”.
.
1
Frase slogan del telelavoro proposta a Stoccolma e diventata il motto della
delocalizzazione del lavoro. In Cafferata, pag 722
Sicuramente una causa del passaggio dal paradigma della “mass
production” alla “automazione flessibile” è l’introduzione nei mercati
delle strategie di mercato delle imprese giapponesi, organizzate in modo
molto flessibile, che contemporaneamente e su più mercati globali
hanno introdotto prodotti della stessa gamma. Iniziano così ad apparire
più prodotti concorrenti tra loro ma differenziati da panieri di servizi
accessori, riducendo la lunghezza del ciclo di vita del prodotto e
proponendo soluzioni personalizzate.
Cresce il dominio del cliente, che diventa più esigente e richiede prodotti
sempre più personalizzati, di elevata qualità e correlati da una schiera di
optionals.
Si è modificato il focus delle imprese, non più solo output materiali ma
output immateriali e basati su fattori immateriali come la conoscenza,
risorsa fondamentale e che ingloba saperi diversi e specialistici. Ogni
prodotto vale più della somma dei fattori produttivi, diventa uno status e
un insieme di valori per il consumatore, che non consuma e basta ma
“vive il prodotto”. Nel momento in cui la domanda slitta verso consumi
più sofisticati e personalizzati, il servizio diventa un output produttivo.
Le imprese si trovano allora a dover modificare le strategie competitive
e l’organizzazione interna: scelgono forme di competizione basate sulla
cooperazione con altre imprese e dislocano impianti laddove è più facile
approvvigionare il cliente.
Attraverso l’internazionalizzazione della produzione ogni spazio
competitivo è aperto a tutti settori e a tutti i paesi. Le trading companies
giapponesi diventano il modello organizzativo più flessibile e
competitivo. Per competere allora le grandi aziende di stampo fordista
sono state costrette a rinnovarsi, flessibilizzando la produzione verso la
“lean production” (meno fasi e più velocità), specializzando il lavoro e
superando il taylorismo per contrastare l’abbassando dei costi di
manodopera dei paesi nascenti. Tutto questo “rimpicciolimento” delle
dimensioni produttive ha però contemporaneamente stimolato la
cooperazione verticale tra imprese, determinando fenomeni di
outsourcing, di joint ventures, per competere meglio sui mercati e
soddisfare il maggior numero di consumatori. Attraverso la
cooperazione si riducono i costi e i tempi dei processi di innovazione e
di introduzione di nuovi prodotti. Le grandi imprese multinazionali allora
operano politiche transnazionali di investimenti, collocando loro unità
produttive in aree a forte specializzazione o con basso costo del lavoro,
per le fasi di assemblaggio.
Altro elemento che ha modificato il modo di intendere il territorio è stato
l’aggregarsi degli stati nazionali in entità sopranazionali di tipo
commerciale (WTO, GATT) e di tipo politico-economico (Comunità
Europea), a cui delegare il ruolo di policy makers, sulla base di un
principio di sussidiarietà che rende tutti più forti e semplifica il rapporto
cittadino - apparato amministrativo.
Attraverso la creazione della Moneta Unica Europea, anche l’Europa si
pone come polo economico forte ed unitario, contrapposto al Giappone
e agli USA, come previsto da Ohmae nella definizione della Triade, per
la quale uno dei tre lati del triangolo attiverebbe investimenti nelle altre,
creando una struttura regionale de investimenti collegati.
Se il sistema economico è l’insieme dei rapporti sociali di produzione
2
,
nel momento in cui si modifica lo status quo si verifica una situazione di
squilibrio che si ripercuote su tutto il sistema sociale e modifica le
istituzioni. Per capire a fondo tutti i cambiamenti e come si arriverà ad
una situazione di equilibrio, è necessario analizzare non solo le forze
produttive ma anche le istituzioni. Si può partire da un’analisi
microeconomica della domanda e dell’offerta dei beni, per spiegare le
ripercussioni a livello macro ed analizzarle con tutti gli elementi
necessari.
La tesi della globalizzazione implica la rappresentazione dell’ordine
economico non solo a livello internazionale ma globale, perché
l’intensità dei legami tra diversi ambiti è tale per quantità e
contemporaneità di soluzioni che occorre prendere in esame effetti
spazio-temporali congiunti
A mano a mano che si stringono rapporti tra imprese e tra nazioni,
aumenta l’importanza del valore del capitale sociale, che grazie alle
forme di cooperazione permette di valorizzare le conoscenze tacite
3
e il
capitale umano come vantaggio competitivo legato alla specializzazione
produttiva. Viene stimolato il miglioramento delle infrastrutture e dei
servizi, economici e locali e di conseguenza il territorio diventa
“appetibile” per gli investitori. Al “globale” si accompagna il “locale” come
due facce della stessa medaglia, in quanto processi complementari e
contemporanei
4
.
1.2 Nuovo concetto di territorio
Il risultato di questo processo storico è stato il mutamento del concetto
di territorio, non più solo area o municipio geo-politico, ma più ampio e
vendibile, come pacchetto di servizi da offrire ai clienti/fruitori.
In esso si scambia, con le aziende di produzione e consumo, il valore
“territorio e servizi integrati” al fine di raggiungere risultati di benessere
e qualità di vita a cui partecipano gli stakeholders (portatori di interessi)
e gli stockholders coinvolti (proprietari di risorse strutturate o
sviluppabili).
La pubblica amministrazione viene quindi considerata nella sua
accezione aziendale ed imprenditoriale come “attore aziendale” e nella
2
Ciro Manca in “Introduzione alla storia dei sistemi economici in Europa. Parte prima,
gli strumenti di analisi”. Cedam, 1993
3
Tipo di risorse immateriali tipiche di un territorio
4
Ernestina Giudici in “I mutamenti nelle relazioni impresa-ambiente”, capitolo 2
sua funzione di “partenariato” in un contesto di multistakeholders. E’
fondamentale il ruolo delle istituzioni pubbliche nella definizione del
“territorio come bene”, perché attraverso di esse si esporta il prodotto e
lo si promuove. Il ruolo del marketing territoriale è allora quello di
strumento di promozione del territorio e di stimolo allo sviluppo locale
attraverso l’attrazione di investitori e la valorizzazione delle risorse
disponibili.
Nella competizione tra governi e imprese è a livello locale che bisogna
indagare e pianificare, occorre creare ricchezza e puntare sulla
conoscenza, sull’informazione: nuovi must del mercato.
Il problema nasce per l’assenza di un management definito che per la
gestione strategica di un contesto è fondamentale. La Pubblica
Amministrazione è un corpus non composito di ruoli, competenze e
poteri diversi che devono però collimare verso una strategia unitaria.
Anche a livello di attori territoriali quindi, bisogna definire le gerarchie,
superando le logiche competitive meramente conflittuali per arrivare ad
una vision comune e condivisa da promuovere.
L’offerta che il marketing territoriale deve realizzare e promuovere è
costituita da:
a) Risorse tangibili
b) Risorse intangibili
c) Servizi
d) Relazioni tra gli attori locali.
Il territorio è quindi un prodotto composito caratterizzato dalla
coesistenza di componenti fisiche strutturali, componenti fisiche
transitorie, componenti immateriali, relazioni tra soggetti e servizi. Le
interrelazioni tra le componenti danno il valore del territorio.
A monte dell’azione di marketing territoriale è necessario avere una
strategia del territorio, che vuol dire essenzialmente definirne la
dimensione e le forme di coordinamento gerarchico man mano che la
dimensione cresce per sfruttare economie di scala e di scopo.
Per competere con le altre zone del mondo è fondamentale che un
territorio sia dotato di alcune componenti standard di base
5
su cui
basare una specifica strategia di marketing:
• Aree industriali attrezzate dove localizzare investimenti
immediatamente cantierabili
• Infrastrutture logistiche di supporto intese come efficienti vie di
comunicazione e trasporto
• Incentivi allo sviluppo locale.
Queste componenti però devono essere il substrato su cui sviluppare le
capacità distintive del contesto territoriale, ciò che può essere definito il
“capitale sociale” dell’area e che comprende il know-how, le tradizioni,
5
Ibidem.
l’ambiente; tutto ciò che rende il territorio unico. Il capitale sociale è
appunto la ricchezza di un contesto che lo rende competitivo o meno, se
non accompagnato da una rete di relazioni forte ed efficace. La
comunicazione e l’interazione tra i vari attori territoriali rende il capitale
un sistema aperto in grado di attrarre investimenti capaci di generare
realmente ricchezza.
I paesi occidentali non possono competere sul piano del costo della
manodopera ma solo su quello dell’esperienza e della preparazione
specifica, perché il capitale umano rende il capitale sociale pregiato.
Le relazioni rendono forte il capitale sociale e se create in sinergia con
le necessità delle imprese, che costituisce la domanda nel mercato dei
territori, perché solo con un dialogo forte lo sviluppo locale diventa reale.
Il marketing territoriale ora si sta diffondendo largamente anche in Italia
visto il ritardo con cui si è arrivati a concepire il territorio come fattore di
competitività fra i paesi e le imprese.
La globalizzazione ha infatti prodotto un mercato di territori dove
predomina l’offerta sulla domanda, situazione speculare al mercato dei
beni. L’offerta appare tendenzialmente sovradimensionata e in continua
crescita grazie a tutta una serie di strumenti che sono stati approntati ad
hoc dalla Comunità Europea
6
per lo sviluppo delle aree depresse. Si
registra quindi un orientamento sempre più mirato alla domanda e ai
suoi bisogni, in modo da conquistare una fetta di mercato.
I fattori che contano non sono solo materiali (come le infrastrutture di
supporto) ma soprattutto immateriali, come le politiche di governo stabili
e un efficiente apparato amministrativo.
Se si indaga sui cambiamenti verificatesi in Italia, si nota che se da un
lato sta perdendo parti di filiere produttive che emigrano dove il lavoro è
più conveniente, contestualmente la privatizzazione delle aziende
pubbliche ha generato fenomeni di M&A (Mergers and Acquisitions) da
parte di grosse multinazionali estere. Quindi è protagonista di fenomeni
di globalizzazione in entrata che determinano una riorganizzazione del
sistema produttivo e che continuano con l’introduzione della moneta
unica europea. Il problema comunque da affrontare è quello di attrarre
investimenti greenfield, cioè nuovi, perché è su questi che si gioca il
vantaggio competitivo.
Il marketing territoriale poi determina il “prodotto territorio” e su quello
agisce. Può puntare sulle conoscenze e competenze radicate in tutta la
penisola per porsi come poli di eccellenza tecnologica, progettuale,
stilistica e tecnico-professionale a livello internazionale. Per fare questo
è necessario ridisegnare i confini della competizione ed essere
eccellenti non solo a livello nazionale ma a livello regionale, in modo da
generare un flusso crescente di opportunità di sviluppo dal basso. I
sistemi produttivi locali devono essere sistemi aperti, dinamici e in grado
di esprimere una notevole capacità innovativa.
6
Vedere capitolo 5
Attraverso gli strumenti di programmazione negoziata proposti sia dal
governo nazionale che europeo, è possibile migliorare e cercare di porsi
al livello dei nostri diretti concorrenti. È importante comunque che i
progetti presentati siano capaci di potenziare la capacità di
apprendimento interno.
Il rafforzamento dell’area locale non si riduce a localismo ma si innesta
nel processo di globalizzazione dei settori produttivi e delle imprese,
aprendosi al confronto internazionale.
Maggiore è la rete di relazioni tra gli attori sociali e le istituzioni,
maggiore sarà il valore aggiunto del territorio e più efficaci le politiche di
sviluppo locale.
1.3 La competizione tra i territori
La globalizzazione permette alle aree locali di trovare spazio sul
mercato ma non necessariamente ne determina lo sviluppo. Infatti i
fenomeni di crescita produttiva e di localizzazione degli investimenti si
concentrano dove sono più forti le economie esterne di
specializzazione. Quindi certe aree possono anche essere indebolite da
questa lotta competitiva per l’investimento esogeno.
È fondamentale che il capitale sociale venga sfruttato e incrementato
dagli attori locali in primis, perché loro per primi riescono ad
incrementarne il valore e a generare quella rete di relazioni che poi,
successivamente, attira imprese esterne.
Se il marketing territoriale e il capitale sociale stesso riescono a far
crescere le economie esterne di specializzazione e a radicare
conoscenze in un contesto territoriale ad esso collegate, tanto meno il
destino di tale area è dipendente da un generico dinamismo legato alla
localizzazione di iniziative esterne.
Laddove però il territorio non presenti delle capacità distintive occorre
che cerchi di acquisirle e che riesca poi ad attrarre una quota
consistente di investimenti esterni. Bisogna cioè che il territorio capisca
quali caratteristiche intrinseche possono portare al successo se gestite
mediante un approccio sistemico, così come nella teoria d’impresa. Le
competenze distintive sono le chiavi del successo del territorio, perché
solo attraverso di esse si riesce a essere diversi dai concorrenti e quindi
competitivi.
Esistono infatti delle capacità che un territorio possiede che non sono
mobili, proprio perché specialistiche e quindi vischiose. La
globalizzazione ha lasciato spazio alle conoscenze come risorsa
fondamentale che cresce esponenzialmente con lo scambio e la
comunicazione. È su queste che il mondo occidentale può crescere.
Le discriminanti delle scelte localizzative da parte delle imprese sono:
• Disponibilità di risorse naturali e immobili
• Costi e qualità dei fattori (in relazione al contesto politico)
• Mercati (presenza o meno di barriere all’investimento)
I soggetti che entrano in gioco sono:
• Governi
• Imprese
Tra questi due però la competizione opera in modo triangolare per
Stopford, Strange e Henley
7
:
fig. 1.1 – Diplomazia triangolare
• La competizione tra governi si basa sugli incentivi all’investimento
che sono in grado di offrire, che comunque non sono mai l’unico
motivo di localizzazione degli impianti. Spesso si sfruttano per
costruire filiali nelle quali si provvede all’assemblaggio dei
prodotti, generando quella che viene definita sindrome della
filiale, che genera occupazione ma nel lungo periodo non apporta
competenze distintive, perché si lascia il territorio ad un ruolo
marginale.
• La competizione tra imprese e governi invece deve diventare
necessariamente collaborazione, altrimenti non vengono attuati
gli investimenti. Solo con il dialogo si riesce a sfruttare
l’investimento esogeno in modo completo, mirando a costruire o
un tessuto produttivo coerente con la valorizzazione di vocazioni
esistenti e patrimoni di conoscenze consolidati, oppure forzando
una rapida riconversione alle frontiere delle nuove tecnologie.
• Analizzando il terzo lato del triangolo si parla di competizione tra
imprese che, seppure è alla base dell’economia, ora deve essere
7
Stopford, Strange, Henley in “Rival States, Rival Firms”, Cambridge University Press,
1991
Government - Government
Government - Company
Company - Company
integrata con lo studio delle altre due forme di competizione. Per
attrarre parte degli investimenti mobili dell’economia mondiale ora
è necessario optare per un regime competitivo aperto.
Per parlare di competizione tra territori rifacendosi a definizioni
aziendalistiche è necessario prima vedere se la definizione è calzante
esportata in questo nuovo contesto.
Per Vicari l’impresa riesce a conseguire un vantaggio competitivo
duraturo e difendibile se è in grado di formulare una strategia che faccia
leva sulle capacità distintive
8
. Nel momento in cui l’impresa è dotata di
risorse valide, eccellenti e tra loro connesse, allora riesce a fornire al
cliente un valore superiore al cliente in termini di soddisfazione oppure
in termini di efficienza, si trasformano quindi in fattori chiave di
successo. Day ha suddiviso le capacità in:
• outside-in – dipendono dalle necessità del mercato, dalle sfide
competitive e dalle opportunità dell’ambiente esterno
(formazione, logistica, gestione risorse umane);
• inside-out – connettono i processi e definiscono le altre capacità
organizzative all’ambiente esterno, in modo che l’impresa possa
anticipare le richieste dei clienti;
• capacità ponte – integrano le prime due.
L’integrazione di queste tre tipologie di capacità permette all’impresa di
essere completamente all’erta sul mercato, cogliendo tutti i possibili
cambiamenti e anticipandoli. Attraverso l’interazione di tutte le capacità
è possibile generare risorse sempre migliori e trasformarle in
competenze distintive.
In ambito territoriale è possibile usare tali modelli ma la concorrenza si
manifesta su due piani:
fig. 1.2 – I due piani su cui si manifesta la competizione tra territori
Seguendo il modello di Stopford, Strange ed Henley si nota come per
nella competizione tra imprese sia necessario rafforzare le condizioni
strutturali delle imprese interne, creando un mercato attivo e vivace.
Porter infatti sottolinea come le imprese leader si concentrino in aree
geografiche con la stessa vocazione di business. Infatti le dotazioni
infrastrutturali presenti o distretti industriali già presenti, consentono alle
8
Sul concetto si veda Day in “Le capacità delle organizzazioni market driven” in Cozzi-
Ferrero Le frontiere del marketing, (1996). Giappichelli, Torino.
COMPETIZIONE
TRA TERRITORI
ATTRAZIONE DI
RISORSE E
INVESTIMENTI
DALL’ESTERNO
RAFFORZAMENTO
COMPETITIVITA’
DELLE IMPRESE
LOCALI
imprese di disporre di una vantaggio competitivo enorme rispetto ai
concorrenti localizzati altrove.
Nel confronto tra territori, intesi come insieme di soggetti economici ed
extraeconomici si punta invece ad attrarre investimenti esogeni
comunque effettuati da imprese.
Il territorio ha come obiettivo la crescita delle risorse e la capacità di
rinnovarle e siccome la strategia è vincente se basata su capacità
distintive, bisogna puntare anche per i territori come per le imprese, a
strategie basate sulla conoscenza, fattore immobile nel senso che è
tipico di un territorio e non può essere riprodotto altrove.
Gli investimenti endogeni devono riguardare il rafforzamento dei
meccanismi di autogenerazione della conoscenza esistente e nella
creazione delle condizioni ambientali che favoriscano il funzionamento
di questi meccanismi.
Se purtroppo il punto di partenza è basso e non sono presenti
meccanismi di autoriproduzione bisogna creare un modello di sviluppo
ex-novo.
Un approccio marketing oriented diventa allora indispensabile, senza
pensare che l’azione di marketing di un territorio si riduca ad una
semplice operazione di immagine. La promozione è una componente
indispensabile del marketing-mix, ma prima di tutto occorre analizzare il
contesto territoriale per capire se possiede delle competenze distintive
che lo rendano unico sul mercato e gli diano il vantaggio competitivo.
Non bisogna limitarsi a generici vantaggi di costo (incentivi, minor costo
del lavoro) che pur essendo importanti sono di breve periodo, ma
bisogna puntare allo sviluppo di reti di relazioni tra attori esterni ed
interni che aumentano la capacità di apprendimento del contesto locale.
Il mercato è demand lead e bisogna cercare di studiare la domanda per
capire quale segmento può essere il mercato di sbocco del nostro
prodotto territorio, ma deve essere attrezzato nel migliore dei modi.
Bisogna non più finanziare infrastrutture fisiche prive di utilità reale
come avveniva nel passato con le opere per il Mezzogiorno, ma puntare
sulle telecomunicazioni e sui trasporti. Se però si amplia il concetto di
infrastrutture, si riesce a capire meglio come si deve operare:
“infrastrutturare” un’area vuol dire garantirne il funzionamento
economicamente e tecnicamente efficiente
9
.
9
Lucio Sicca in “Ruolo del marketing nello sviluppo del territorio” in “Il marketing
territoriale” a cura di Nicola Bellini, Franco Angeli 2000.
1.4 Strumenti teorici
Il marketing esercita un ruolo molto importante nella definizione di una
strategia di sviluppo locale, per i contenuti operativi che determinano un
programma strategico. In caso di eccesso di offerta poi il marketing
diventa strategico e abbraccia tutte le altre funzioni.
Cercare di definire il “marketing territoriale” è l’evoluzione naturale del
concetto di marketing, che si amplifica e trova spazio in nuovi contesti
competitivi.
Per differenziare l’approccio del marketing territoriale da quello
aziendale è importante capire che un territorio non è un bene
riproducibile in quanto insieme di valori unici, quindi il marketing
territoriale si occupa di valori che possono trasformarsi in esternalità
positive per gli operatori economici e vantaggi per le famiglie, ciò che la
letteratura definisce mileu urbano.
Può essere utile un’analisi primaria delle componenti del marketing dei
beni di consumo, marketing industriale e del marketing dei servizi per
trovare analogie e differenze, facendo attenzione a non importare
concetti avulsi dal contesto e inutili.
La definizione di marketing che Kotler
10
presentò nel 1993 nel suo
“Marketing Management” e approvata dall’American Marketing
Association, intende il marketing come ”un processo di pianificazione e
realizzazione delle attività di concepimento, attribuzione del prezzo,
promozione e distribuzione di idee, beni e servizi destinati a creare
scambi allo scopo di soddisfare obiettivi degli individui e delle
organizzazioni”.
Questa definizione evidenzia quattro postulati che per Kotler sono alla
base di una organizzazione marketing oriented applicabili anche in
questo contesto:
• La natura processuale
• La relativa indifferenza rispetto agli output
• La nozione di scambio
• La finalizzazione della soddisfazione di entrambi gli attori.
La natura processuale implica la presenza di più soggetti in posizione
dialogica, proprio perché il marketing non è dogma imposto dall’alto, ma
è un sistema basato su feedback derivanti dal dialogo con il mercato, in
costante monitoraggio.
La relativa indifferenza rispetto agli output cioè beni, servizi o
semplicemente idee è importante per capire l’eterogeneità degli oggetti
dell’attività di marketing. Per indifferenza si intende eterogeneità, cioè a
10
Definizione riportata in Cozzi G. – Ferrero G. Marketing, principi, metodi, tendenze
evolutive, 2000, capitolo 1
prescindere dalla natura dell’output, è fondamentale l’analisi dei valori
che sottostanno al comportamento d’acquisto del consumatore. Quindi
comunque i comportamenti dei consumatori sono il risultato materiale di
un processo mentale sui propri bisogni da soddisfare. E comportamenti
d’acquisto analizzati in un’ottica di macromarketing
11
sono riconducibili a
interventi delle amministrazioni nei confronti di cittadini e imprenditori. Il
marketing in questo modo si pone come “connettore sistemico tra il
sistema economico di offerta ed i sistemi socio-culturali e politico-
istituzionali sottostanti ai sistemi di consumo”.
La nozione di scambio associata alla finalizzazione del marketing alla
soddisfazione dei due attori, esprime per Kotler il concetto di mutuo
vantaggio, proprio perché il soggetto attivo di marketing (un’unità
sociale), si aspetta dei comportamenti dal soggetto passivo (un’altra
unità sociale) in relazione a quei valori individuati dal primo per la
soddisfazione del secondo. Affinché uno scambio si manifesti, sono
necessarie due parti, ognuna delle quali deve disporre di qualcosa che
abbia valore per l’altra, deve essere in grado di comunicare e di
trasferire valore e soprattutto ognuna deve essere libera di accettare o
rifiutare.
Per Bellini
12
il problema nella definizione coerente di marketing
territoriale deriva dal fatto che per spiegarlo si usa l’analogia con il
consumer marketing al posto del marketing industriale.
I caratteri del marketing industriale sono:
• Complessità tecnica del prodotto (in relazione alle esigenze del
singolo cliente)
• Interdipendenza funzionale del marketing con le altre funzioni
aziendali
13
(in modo da capire a fondo i bisogni personali del
cliente)
• Interdipendenza acquirente - venditore (processo negoziale
complesso che va dall’intenzione di acquisto all’assistenza)
• Complessità del processo decisionale dell’acquirente
Riportando in ambito territoriale questi elementi che vengono analizzati
in un’ottica di attrazione degli investimenti perché il territorio è il prodotto
da offrire sul mercato, si definisce:
Territorio è un prodotto composito che ha dei punti di forza e di
debolezza, delle minacce e delle opportunità
Interdipendenza tra marketing territoriale e capitale sociale locale
Relazione negoziale tra l’autorità locale e l’investitore
11
“L’analisi del complessivo sistema economico di offerta e le sue relazioni con il
complessivo sistema di consumo, analizzato sia negli aspetti economici che socio-
culturali” in cit. capitolo 2
12
Op. cit.
13
Dal marketing operativo al marketing strategico