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non è accompagnata da una circuitazione e da una promozione dei lavori d’avanguardia
(innovativi) e/o quando questi ultimi si connotano per una solitaria autoreferenzialità.
La crescita del numero delle “microproduzioni”, d’altra parte, è la risposta delle realtà più
nuove e piccole, che provano a reagire alla crisi diversificando l’offerta e cercando di
intercettare nuovi pubblici; tuttavia, la continua nascita di compagnie, pur essendo il
sintomo di un diffuso bisogno di teatro, non si traduce in un ricambio di pubblico a causa
del sistema distributivo blindato, della scarsa volontà di cooperazione, della povertà delle
risorse economiche e finanziarie, della mancanza di progetti e di comunicazioni, ma anche
dell’assenza di qualità.
È evidente che queste risposte da sole non bastano.
Per il futuro, oltre che (continuare a) sperare nella riforma dell’attuale sistema normativo,
le imprese teatrali avranno convenienza ad allargare i loro orizzonti culturali per
conquistare la loro nicchia di mercato. Pertanto, in relazione al valore sociale, educativo ed
economico degli spettacoli, e in base ai percorsi intrapresi da gran parte dei paesi stranieri,
i teatri dovranno: a) fidelizzare i giovani spettatori, accompagnandoli nella trasformazione
da pubblico adolescente a pubblico adulto; b) allargare la loro missione, per offrire un
prodotto/servizio che sia un’esperienza culturale ed emotiva non limitata alla
rappresentazione; c) reperire nuove fonti fundraising, sponsorizzazioni, merchandising,
deaccesioning, e altre; d) diffondere lo spettacolo all’interno del sistema televisivo e
sperimentare nuove forme d’integrazione con i nuovi media e con internet, partendo,
almeno per una volta in Italia, con una buona regolamentazione; e) fare del palcoscenico (e
della sala) un museo, il tempio dove le tradizioni si sposano con i nuovi linguaggi e con le
culture straniere, ma anche un luogo vivo, capace di soddisfare il bisogno d’arricchimento
culturale; f) affidarsi, maggiormente, al loro principale mercato, ovvero al pubblico,
effettuando ricerche, per conoscerlo e seguirlo, e acquisendo la consapevolezza che se è
vero che i gusti dei consumatori sono in continua evoluzione, è anche, storicamente, reale
l’esigenza di socialità dell’uomo che le performing arts, date le loro caratteristiche, sono
perfettamente in grado di soddisfare; g) creare nuove reti di collaborazioni al loro interno e
con il settore del turismo.
In sintesi, le organizzazioni teatrali dovranno superare la radicata ritrosia nei confronti del
marketing. Ovviamente, i responsabili marketing per recitare un ruolo concreto, di spicco e
utile per tali imprese avranno l’obbligo di elaborare specifiche strategie sulla base di una
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conoscenza culturale e teatrale, d’esperienze sul campo e sull’osservazione che le
performing arts non sono né un prodotto né un servizio bensì “un’esperienza”.
Il marketing deve far, e deve, comprendere la natura degli spettacoli dal vivo per porre un
freno ad un’offerta di spettacoli autoreferenziale, per limitare la considerazione delle
performance come la celebrazione di un rito; troppo spesso i direttori di teatro o anche i
giovani appassionati sostengono che il pubblico del teatro deve “capire” il significato dello
spettacolo, e che è preferibile avere meno spettatori in cambio della garanzia della loro
adesione al messaggio culturale. Che lo staff artistico si preoccupi della propria traccia
estetica e creativa è una condizione necessaria per l’allestimento di uno spettacolo, ma la
condizione sufficiente per la distribuzione della rappresentazione, in uno scambio
economico e commerciale, è un adesione etica alle motivazioni del “produttore”; inoltre,
pur riconoscendo l’assoluta indipendenza nella preparazione della pièce, non c’è motivo di
temere i consigli degli addetti al marketing (in fin dei conti sono anche loro pubblico) nella
fase delle prove aperte e/o nei work in progress. La parola “commerciale”, che di per sé
non toglie nulla alla nobiltà del prodotto, non deve spaventare; perché, proprio in un settore
che vuole essere sinonimo di libertà e pluralismo, continuare a costringere le valutazioni e
l’apprezzamento del consumatore in una griglia predeterminata e comunque soggettiva?
Il marketing teatrale dovrà dialogare con gli artisti sia per poter agire, con il dovuto buon
senso, sul core product, sia per evitare quelle proteste e quegli scioperi così dannosi per
l’immagine del settore (gli avvenimenti che hanno caratterizzato i festival francesi della
passata stagione sono esemplificativi di tale pericolo).
Al fine di creare un nuovo pubblico e di mantenere quello consolidato, il management
teatrale deve, collaborando con lo staff artistico, realizzare un bene completo nel servizio
di base, nei servizi complementari (quelli che l’utente si aspetta di ricevere nel momento
dell’acquisto e del consumo dello spettacolo), nei benefici che esulano le normali
aspettative del pubblico (che costituiscono il cosiddetto “prodotto aumentato”, attraverso il
quale le imprese in esame differenziano la propria offerta rispetto ai concorrenti
acquisendo un vantaggio competitivo), nella capacità di rinnovarsi continuamente in base
alla continue evoluzione delle esigenze del mercato (senza però giungere alla sola
diffusione di rappresentazioni costruite per la massa).
Una variabile che può essere controllata ed usata per incoraggiare, viceversa dissuadere il
pubblico dall’acquistare spettacolo, è rappresenta dal prezzo. Tuttavia, a causa del “morbo
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di Baumol” e per adempiere il ruolo sociale, sussiste, da una parte la “quasi impossibilità”
per le organizzazioni teatrali di determinare il valore del biglietto esclusivamente in base ai
criteri di copertura dei costi, pena la drastica diminuzione della domanda, dall’altra la
necessità di sviluppare oculate strategie di discriminazione dei prezzi per incrementare la
domanda, senza correre il rischio di deteriorare la propria immagine.
Il teatro (inteso come sala) non potrà essere considerato solo come place, cioè come luogo
della distribuzione, sia perché è spesso impegnato anche nella produzione, sia perché
contribuisce a creare, per gli spettatori e per gli attori, l’ambiente e l’atmosfera
(arricchendo o impoverendo lo spettacolo).
La promozione, che nella formulazione delle strategie avrà un ruolo centrale, dovrà
focalizzarsi sulle pubbliche relazioni, sui rapporti con la stampa e su forme pubblicitarie
che siano comunicative ma al tempo stesso artistiche.
Particolare attenzione andrà rivolta ai fattori: gestione del cliente, rapporti con i volontari,
pubblico (oltre ad essere il mercato di riferimento, è anche elemento dello spettacolo),
palcoscenico e personale di contatto (front line).
Quindi, le strategie dovranno essere improntate su un marketing mix più ampio di quello
tradizionale poiché bisognerà riconsiderare alcune variabili e aggiungerne altre; per questo
motivo, giocando ironicamente con la cultura e nell’intento di comunicare gli obiettivi e le
leve di una strategia di marketing teatrale, si potrebbe parlare di “sei p in cerca di
marketing d’autore”.
Infine, non può essere tralasciato che lo stesso teatro potrebbe essere utile per il marketing
poiché, oltre al fenomeno degli spettacoli per le imprese (esiste un’organizzazione apposita
con un sito consultabile; www.teatrodimpresa.it), è un luogo in cui: le “vitali” tecniche del
permission marketing possono svilupparsi; le imprese possono promuovere la loro
immagine; le ricerche di mercato possono trovare riscontri interessanti; la pubblicità, non
invasiva, può trovare “un mezzo poco rumoroso”.
In sintesi, questa tesi ha voluto dimostrare la possibilità e la necessità di un connubio, a
doppio senso, tra marketing e teatro; basato su un modello di marketing ad hoc, attento al
mercato ma nel rispetto della cultura, improntato alla diffusione dell’arte (così come
vorrebbe la costituzione italiana), ma soprattutto che trovi le giuste intese con il settore
teatrale anche sulla logica che entrambi, spettacoli e marketing, sono strumenti di
comunicazione.
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Sulla base di tali considerazioni e con tale intento il presente lavoro, suddiviso in cinque
capitoli ognuno corredato di un’appendice, è stato elaborato analizzando i recenti studi su
argomenti affini, ma soprattutto sull’osservazione di una serie di casi empirici d’eccellenza
(teatri nazionali ed alcuni esteri che si sono distinti particolarmente nell’uso d’alcune leve
di marketing), sulla base di un’esperienza sul campo e di un’approfondita ricerca su un
teatro napoletano che, se pur di recente riapertura, si caratterizza per la sua forte identità e
per la sua matrice privata che lo spinge ad un’attenta politica di marketing.
Il primo capitolo, affronta il problema della diffidenza del settore culturale verso il
marketing ma altresì la necessità del superamento di tale posizione qualora si sviluppi un
modello di marketing specifico. Si evidenziano i notevoli ritorni economici che la cultura
offre alla società (motivo in più per sostenerla), ma anche le difficoltà nell’individuare il
settore (in tal modo, e sulla base d’ulteriori considerazioni svolte nel secondo capitolo, si è
dimostrato come anche i teatri, intesi come sale, appartengano al settore culturale). Infine,
si sottolinea che il bene culturale e teatrale deve essere considerato un servizio
(un’esperienza) e si esamina la natura delle imprese culturali e le attinenze con il settore
del turismo.
Il secondo è, principalmente, dedicato alle strutture della distribuzione per analizzarne le
caratteristiche, i fattori critici, il problema della sicurezza e le differenze nei generi.
Particolare attenzione è posta sia sulla prima sfida strategica che i teatri devono affrontare
(individuare la propria identità per “trasformarla” nella propria mission) sia sul difficile
rapporto tra il fattore umano e le performing arts (il pericolo delle crisi, “l’importanza
dell’umore degli attori”, il peso che i contratti di tipo artistico hanno sui bilanci dei teatri).
Infine, esamina le possibili formule giuridiche per le imprese teatrali e il Testo Unico (sulla
logica che è necessario avere nozione delle variabili macroambientali).
Nel terzo, vengono analizzati il consumo teatrale in quanto fenomeno sociale e lo
spettatore, del quale si traccia un profilo; si descrivono le tecniche d’indagine utilizzate per
indagare bisogni, comportamenti, aspettative delle diverse platee. Si mostrano le tecniche
per conquistare e fidelizzare il pubblico e si suggeriscono alcuni espedienti per
“teatralizzarlo”. Infine, s’indicano i percorsi per promuovere, programmare e gestire uno
spettacolo in tournée.
Nel quarto, sulla base della formulazione di un piano marketing specifico per le imprese
teatrali (già individuato nel secondo capitolo), si descrive il particolare marketing mix di
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queste imprese, portando in rilievo: la variabile tempo; la particolarità del prodotto/servizio
spettacolo dal vivo (è sempre diverso, racchiude un forte rischio); i nuovi mezzi di
distribuzione; le possibilità che una comunicazione “artistica” offre alla promozione e alla
conquista del pubblico; le strategie di fundraising (e delle ulteriori fonti cui rivolgersi),
l’importanza del palcoscenico e della gestione della front line.
L’ultimo capitolo, infine, è il risultato della ricerca condotta presso il Teatro Trianόn per
rendere, in aggiunta ai numerosi casi di studio, più concreta l’applicazione del marketing
teatrale ma anche per evidenziare come, nel settore in analisi, occorra la capacità sia di
sperimentare nuove idee, sia di seguire moderni percorsi in grado di esaltare il valore
artistico e creativo dell’impresa.
La stesura di questa tesi si è resa possibile grazie a diverse collaborazioni. Un
ringraziamento particolare va al Dott. Fabrizio del Rio, responsabile marketing del Teatro
Duse di Bologna, per la sua collaborazione e per la sua attenzione alle prime fasi di questo
lavoro, a Dario Ferrante, responsabile marketing del Teatro Trianόn di Napoli, per il tempo
dedicato e per gli interessanti confronti. Un grazie speciale va al Prof. Alberto Bentoglio,
docente presso l’Università degli Studi di Milano, per l’incoraggiamento e per le
indicazioni.
Un ringraziamento, infine, va a tutti quegli artisti e ai teatranti con i quali si è affrontato
l’argomento, in modo critico, a tutti quegli amici che hanno contribuito con la loro
ospitalità ad abbattere le spese delle trasferte nelle diverse città italiane.