2
E’ importante sottolineare come l’obiettivo del marketing culturale sia non tanto
di soddisfare qualsiasi bisogno del pubblico, quanto di incoraggiare quest’ ultimo
a conoscere le iniziative artistiche.
Indipendentemente dal fatto di voler realizzare un’iniziativa in funzione o meno
dei bisogni dello spettatore, è infatti tuttavia importante sapere come raggiungere
le fasce di pubblico potenzialmente interessate, così come è utile ed opportuno
individuare gli strumenti che aiutino a fidelizzare e ad incrementare il pubblico.
Il marketing non porta ad una mercificazione dell’arte, in quanto “La creazione
artistica (il prodotto) è il punto di partenza, non di arrivo”, come sostiene
Colbert.
Il presente lavoro si articola in due parti. Nella prima parte verranno messe in
luce le resistenze ed i problemi che si incontrano nell’applicazione del marketing
al settore culturale, nonché l’importanza di tale applicazione; si passerà poi ad
effettuare un’analisi del modello teorico di marketing applicato all’azienda
culturale.
Verranno analizzati il consumo culturale in quanto fenomeno sociale, ed il
consumatore, del quale si traccerà un profilo, descrivendo poi le tecniche di
indagine utilizzate per indagarne bisogni, comportamenti, aspettative.
Nella seconda parte, si passerà ad analizzare in modo più approfondito le
problematiche e gli strumenti relativi all’applicazione del marketing nel settore
culturale, con particolare riferimento alla realtà museale e teatrale.
La presentazione di numerosi casi di studio renderà più concreta l’applicazione
del marketing culturale.
3
PARTE I
CAPITOLO I
IL RAPPORTO TRA MARKETING E CULTURA
1. L’arte e la cultura Marketing Oriented
1.1. Diffidenza del settore culturale verso il marketing
L’immagine dominante della funzione di marketing è sempre stata quella di uno
strumento esclusivamente per le imprese industriali, strettamente collegato con la
vendita e la promozione sul mercato.
Il settore artistico e culturale ha sempre guardato con diffidenza al marketing ed in
genere a tutto ciò che facesse riferimento ad un approccio economico alla cultura.
Questo per svariate ragioni: a cominciare da banali questioni terminologiche (la
durezza, anche letterale, della parola marketing e dei suoi strumenti – strategie,
piani, slogan, etc, tutti termini riconducesti ad una vera e propria “battaglia” sul
mercato – ha sempre spaventato gli addetti culturali), fino alla paura di una
“mercificazione” dell’arte e della cultura stessa, all’ignoranza dei principi del
marketing ad alla mancanza di uno specifico adattamento alla particolarità del
settore ed alla paura di perdite di posizione da parte dei responsabili del settore.
1
1
Squadrilli, L., “Marketing e cultura: un binomio possibile?”, in www.ideaimmagine.it
4
Queste considerazioni valgono in modo particolare per l’Italia, dove l’intero
settore è sempre stato di esclusivo appannaggio delle amministrazioni pubbliche
ed, in base a ciò, lo si è sempre considerato del tutto estraneo alle logiche di
business.
La carenza del sistema italiano, in confronto a quello degli altri paesi
industrializzati, è l’atteggiamento verso il cliente. Per troppo tempo il nostro
sistema dei beni artistici e culturali è rimasto solo ed esclusivamente orientato alla
sopravvivenza e conservazione, mentre all’estero prevaleva una spinta alla
modernizzazione ed evoluzione del sistema mettendo al centro delle attenzioni il
cliente, secondo un preciso orientamento al mercato.
2
All’estero, soprattutto nel mondo anglosassone, i privati hanno sempre avuto un
ruolo importantissimo nel settore. Qui prevale il concetto di Heritage (“eredità”
del passato da cui apprendere e di cui la più ampia fascia di popolazione deve
poter godere), al posto di quello di “Patrimonio culturale”, da salvaguardare da
masse incompetenti e disinteressate, della realtà italiana.
Secondo Kotler, ancor oggi, nel settore del non profit, permane il convincimento
che il marketing sia in sostanza l’espressione del male. Tale convincimento si
articola in 3 punti di vista: il marketing è un modo per sperperare il denaro
pubblico, le operazioni di marketing sono invadenti (violano la sfera privata delle
2
Varaldo, R., 1998, “La svolta dell’orientamento al mercato nel sistema dei beni artistici e
culturali”, in Mattiacci A. (a cura di), op. cit.
5
persone, ad esempio nel caso delle ricerche di mercato), il marketing manipola il
consumatore.
3
L’attività di marketing, quando esisteva, veniva inglobata e marginalizzata
all’interno di funzioni come le relazioni esterne, l’ufficio stampa, lo sviluppo,
gestite spesso da persone prive di una specifica competenza sull’argomento.
Oggi, però, le organizzazioni e le imprese culturali attraversano una fase di grandi
cambiamenti per il concorso di numerosi fattori.
1.2. Importanza del marketing nel settore culturale
Armin Klein, docente di management culturale al Ludwigsburg Polytechnic, ha
esposto, durante un Seminario Internazionale sul Marketing Culturale tenutosi a
Torino nel febbraio 2000, 10 ragioni per spiegare perché il marketing culturale sia
sempre più necessario per le organizzazioni culturali:
4
1. Crisi finanziaria dei budget pubblici
2. Cambiamento nel carattere della pubblica amministrazione (nuovi modelli
e nuovi approcci maggiormente orientati al cliente e agli aspetti
progettuali)
3. Crescita delle competenze gestionali degli operatori delle organizzazioni
culturali
4. Aumento dell’offerta e maggiore concorrenza nel settore del tempo libero
3
Kotler, P., Andreasen A. R, 1998, Marketing per le organizzazioni non profit, Milano, Il Sole 24
ore
4
Klein, A., 2000, “10 ragioni per spiegare perché il marketing culturale è sempre più necessario
per le organizzazioni culturali”, in www.fizz.it
6
5. Incremento della mobilità e del turismo culturale
6. Nuove partnership tra l’economia e l’arte (rafforzamento del connubio
pubblico-privato)
7. Arte e cultura sono diventati degli importanti fattori nella differenziazione
degli stili di vita
8. Evoluzione del concetto di cultura: “democratizzazione” del concetto di
culture
9. Orientamento all’evento
10. Maggiore responsabilizzazione di chi gestisce l’arte e la cultura:
orientamento al progetto.
Il discorso è affrontato anche da Alessandro Bollo, che, tra le ragioni di
cambiamento, che agli inizi del nuovo millennio, hanno portato a rivalutare il
marketing in campo culturale, cita l’insufficienza delle risorse pubbliche,
l’incremento dell’offerta di servizi per il tempo libero, il maggiore
coinvolgimento dei privati sui progetti culturali, la crescita delle competenze
gestionali degli operatori culturali e il consumo di arte e cultura come fattore di
differenziazione egli stili di vita e di costruzione di una nuova identità collettiva.
5
Non è un caso, visto che il mondo anglosassone è da sempre stato più pronto a
cogliere la sfida, che le basi del marketing culturale siano state gettate da un
autore statunitense, P. Kotler. Nel suo testo del 1967, “Marketing Management”,
egli mette già in evidenza come le organizzazioni culturali (musei, biblioteche,
5
Bollo, A., 2000, “Il marketing culturale in Italia, la fine di un ossimoro?”. In Colbert, F., op. cit.
7
università, etc.) producano beni culturali.
6
Tutte queste organizzazioni, però, si
rendono conto solo ora di dover competere sia per ottenere l’attenzione del
consumatore che per ottenere la loro quota di fondi statali, di dover, cioè,
affrontare un problema di marketing.
Il divario di orientamento strategico del nostro sistema rispetto a quello degli altri
paesi industrializzati, si è andato colmando durante il corso degli anni novanta e
soprattutto negli ultimi tempi.
1.3. Il cambiamento di mentalità del settore culturale
Il divario di orientamento strategico tra l’Italia e gli altri paesi industrializzati si
sta negli ultimi tempi attenuando. Si tratta di un percorso evolutivo che dovrà
essere seguito con sempre maggiore convinzione e consapevolezza.
Il patrimonio artistico italiano è da qualche anno al centro di un vivace dibattito in
cui si scontrano logiche opposte nella definizione dei valori e dei criteri di
gestione. Si concorda comunque nel ritenere che l’entità del patrimonio sia tale da
rendere necessario l’intervento privato, non potendo lo stato far fronte a tutte le
necessità connesse a conservazione e valorizzazione.
Il patrimonio artistico dovrebbe essere considerato anche in Italia, come lo è in
altre nazioni, bene economico, con tutte le implicazioni connesse a tale concetto,
ovvero una fonte di reddito capace di fornire benefici concreti se gestita con sani
criteri amministrativi ed adeguati investimenti.
6
Kotler, P., Scott, W. G., 1993, Marketing Management, Torino:Prentice Hall International, Isedi
UTET libreria
8
La consapevolezza degli operatori culturali italiani di trovarsi in un territorio
privilegiato, sta crescendo. Come sta crescendo la sensibilità verso l’applicazione
del marketing, per il suo sfruttamento e la sua valorizzazione.
Gli obiettivi oggi assegnati alla politica culturale sono di ampio respiro:
riguardano sia l’aspetto tradizionale della conservazione del patrimonio artistico e
storico, sia l’aspetto delle condizioni di accesso e fruizione dei beni a più ampie
schiere di consumatori, sia le forme di gestione fondate su una più diretta
responsabilità gestionale delle istituzioni culturali e aperte alla promozione della
partecipazione delle imprese private. Questa estensione di obiettivi consente di
guardare non più solo alla conservazione e alla tutela, ma anche alle istanze di
innovazione che stanno interessando il settore.
“Quello della cultura è un settore economico e produttivo a tutti gli effetti: la
cultura è ormai un bene primario di cui la nostra società ha un bisogno
fondamentale”.
7
Il mercato unico dell’Europa e la concorrenza delle nuove strutture d’avanguardia
condannerà chi non offrirà servizi migliori e proposte capaci di attrarre il
pubblico.
In questo periodo stiamo già assistendo a segnali di globalizzazione dell’offerta
con la nascita di musei o sistemi museali, come il Guggenheim di Bilbao, il museo
Beyer di Basilea e la rete museale di Berlino, organizzati per competere a livello
internazionale puntando su particolari fasce di clientela che possono essere attratte
solo con proposte di alto valore culturale, artistico e architettonico fortemente
7
Boni, M.I., Giorgieri, C., 1999, “Il marketing culturale”, in De Biase, F. et. Al., Il nuovo manuale
delle professioni culturali, Torino, UTET libreria
9
innovative. Si tratta di una strada che, secondo Riccardo Varaldo, anche l’Italia
dovrà necessariamente percorrere per non rimanere fuori dalla nuova e dinamica
spinta evolutiva del mercato museale.
8
Varaldo ricorda poi che, anche se la domanda culturale ed artistica si va
globalizzando, l’offerta rimane radicata e caratterizzata dal contesto storico-
culturale che l’ha generata. Il marketing deve valorizzare, promuovere e
distribuire un prodotto già esistente, piuttosto che inventare dal nulla un prodotto
globale.
Per quanto riguarda il pubblico, poi, bisogna rivolgersi non solo all’élite di
consumatori abituali, ma anche a i soggetti potenzialmente interessati al consumo
culturale e, soprattutto, ai fruitori futuri, cioè ai giovani. Per questi ultimi il
consumo culturale non deve essere un’imposizione, ma una risposta ed uno
stimolo continuo ad esigenze individuali.
Occorre quindi approntare un’attività di comunicazione con i giovani più efficace
e mirata, costruendo un percorso di fidelizzazione del consumatore culturale
attraverso attività didattiche, di laboratorio e ludiche che devono entrare a far
parte integrante dell’offerta delle organizzazioni culturali.
9
Oggi più che mai si sente quindi anche la necessità di un’offerta formativa in
grado di assicurare al settore culturale figure professionali in grado di affrontare le
sfide di cui abbiamo parlato.
8
Varaldo, R., op. cit.
9
Squadrilli, L., art. cit.
10
2. Il Ruolo del marketing nel settore culturale
Il ruolo del marketing può essere quindi determinante in questo settore, per
conferire dignità di bene economico alle opere d’arte e parziale autonomia alle
istituzioni , fornendo a queste gli strumenti per l’acquisizione di maggiori fondi,
per la definizione di criteri di pianificazione strategica e di gestione delle risorse.
Tutto ciò è realizzabile a condizione che il marketing divenga elemento integrante
della struttura e della filosofia delle organizzazioni culturali.
Cecilia Gobbi, rappresentante per l’Italia dell’Esomar (associazione europea per
gli studi di opinione e marketing), sostiene che “Se le esperienze finora attivate
non sono state in grado di apportare reali benefici, è proprio per il loro carattere
scoordinato e frammentario, per il loro non essere parte di un sistema di gestione
manageriale capace di implementarle sul piano operativo e, infine, di utilizzarle a
pieno e correttamente.”
10
L’integrazione non è però sufficiente. Altra condizione che Cecilia Gobbi ritiene
indispensabile, è che il marketing abbia la piena consapevolezza dei vincoli e dei
limiti da rispettare, adeguandosi agli obiettivi ed alla missione delle istituzioni
artistiche.
Gli strumenti del marketing, e la logica sottostante, non devono, infatti,
prevaricare la vocazione e il compito culturale delle istituzioni a favore di una
commercializzazione che, per se redditizia sul piano pratico, potrebbe danneggiare
l’integrità artistica.
Si dovrebbe adottare una struttura gestionale organica, in cui la funzione di
marketing interloquisca, in ruolo subordinato, con quella responsabile delle
10
Gobbi, C., “Perché l’arte diventa marketing oriented”, in Marketing Espansione, 1990/N.40
11
strategie artistico-culturali. In questo modo, gli strumenti di marketing
fornirebbero gli elementi conoscitivi necessari ai processi decisionali e i mezzi per
gli interventi operativi.
3. Marketing: mercificazione dell’arte?
Chi ritiene che il marketing culturale porti ad una mercificazione della cultura e ne
uccida il valore artistico, non ha capito cos’è il marketing culturale.
A questo riguardo esistono dibattiti in corso, uno dei quali scatenato da Michele
Serra, con un suo articolo provocatorio, pubblicato dal quotidiano “La
Repubblica” del 7 novembre 2000.
Nel suo articolo egli attacca il management culturale televisivo, in prevalenza
costituito da “quarantenni di successo (…) seriamente orientati a far prevalere
sulle ragioni della cultura (che è una cosa), quelle del marketing culturale (che
non è la stessa cosa)”, i quali “sono anche tra i più brillanti teorizzatori della
sterile noiosità dell’arte, e dell’eccitante appeal del botteghino”.
11
Serra trae
spunto dal caso Martone, in cui il Consiglio d’Amministrazione del Teatro Stabile
di Roma, rimprovera il direttore artistico per il suo “avventurismo artistico, con
scarsa attenzione al pubblico, o per meglio dire, al bilancio” per continuare la
polemica, sulla base di un suo errato concetto di marketing culturale: “Dappertutto
si produce, o si cerca di produrre, o si crede di produrre, ciò che piace al pubblico,
secondo i criteri raramente sagaci e spesso pregiudizievoli di un diffuso e
11
Serra, M., 2000, “L’arte ai tempi del marketing. Dopo il caso Martone: il destino della cultura
quando decidono tutto i manager”, in La Repubblica
12
imparaticcio marketing culturale che rovescia (esattamente rovescia) i tempi e i
modi della creazione artistica: non si parte più dall’artista, ma dal pubblico, e
l’artista non deve far altro che adattare i suoi contenuti, buoni o cattivi che siano,
ai contenitori prefabbricati secondo i (presunti) gusti del consumatore”.
Chi si occupa di marketing culturale concorda con Serra nel sostenere
l’importanza dell’avvenirismo culturale, della valorizzazione della cultura
classica, nel ritenere che “lo spirito contabile” non può essere il motore delle
attività artistico-culturali. Egli attacca questa disciplina, in quanto non la conosce.
In una “lettera aperta a Michele Serra”, si trova la risposta di Francesca Sereno,
del dicembre 2000, che, nel sedare una questione basata su errati presupposti,
mette in luce la vera natura del marketing culturale, che “si prefigge di aiutare
nella comprensione del comportamento del pubblico e nell’attrarre potenziali
fruitori, ma senza interferire con il processo creativo dell’artista”. Francesca
Sereno sottolinea come l’obiettivo del marketing culturale sia non tanto di
soddisfare qualsiasi bisogno del pubblico, quanto di incoraggiare quest’ ultimo a
conoscere le iniziative artistiche. Indipendentemente dal fatto di voler realizzare
un’iniziativa in funzione o meno dei bisogni dello spettatore, è infatti tuttavia
importante sapere come raggiungere le fasce di pubblico potenzialmente
interessate, così come è utile ed opportuno individuare gli strumenti che aiutino a
fidelizzare e ad incrementare il pubblico. “La creazione artistica (il prodotto) è il
punto di partenza, non di arrivo”
12
, come invece sosteneva erroneamente Serra.
12
Sereno, F., 2000, “Lettera aperta a Michele Serra”, in www.fizz.it