una mente globale, in grado di concepire e comprendere le prospettive
culturali particolari. Conseguentemente, l’impostazione di mercato
non è più mirata a far acquisire abitudini di consumo inconsapevoli,
piuttosto si propone di rispettare le scelte dei consumatori,
accettandole passivamente (atteggiamento retroattivo) o stimolandole
e addirittura anticipandole (atteggiamento pro-attivo).
Ciò è dovuto alla nuova concezione di prodotto, che non è più
un mero strumento per il soddisfacimento di un bisogno, bensì diventa
l’espressione dello stile e del modo di essere individuali.
In particolare, il prodotto moda ha la funzione di omologare
ogni individuo ad un gruppo sociale, in cui riconoscersi in termini di
aspettative e ideali e cui suscitare consenso e integrazione.
Tra i gruppi di riferimento, le donne suscitano maggiore
interesse per le loro capacità di mediazione tra la flessibilità,
necessaria nella realtà di mercato, e la rigidità, in cui l’offerta è ancora
intrappolata. L’abbigliamento
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e, più in generale, la moda e i suoi
prodotti si rivolgono alle donne dimostrando una grande potenzialità
per le nuove idee. L’offerta di settore riscontra grande successo,
proprio perché si propone di produrre e di promuovere ciò che la
donna vuole vestire, dovendo quest’ultima ricoprire ruoli di sempre
maggiore responsabilità e necessitando, dunque, di un abbigliamento
sempre più elegante, confortevole e funzionale.
Ci si concentra, pertanto, in questa sede, sul solo comparto
femminile del settore abbigliamento e, a conferma dell’interculturalità
che il mercato porta con sé, si pone a confronto, facendo leva sulle
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Termine usato per designare tutto quanto serve all’ uomo per adeguare il proprio fisico alle
situazioni e alle variazioni climatiche delle regioni in cui vive; a determinare le mode,
intervengono poi altri fattori d’ordine estetico e di costume. Le caratteristiche dell’abbigliamento
dipendono dal tipo di protezione desiderato, dalle fibre e dai materiali disponibili e dalle tecniche
impiegate per tessitura e lavorazione.
2
relative motivazioni socio-politiche, il comportamento competitivo
italiano con quello, potenzialmente minaccioso, della Cina emergente.
A conferma della recente apertura del mondo orientale al
mercato europeo basta dire che, se per secoli si è faticato a esportare le
merci italiane – ritenute dai cinesi primitive e grossolane, oggi il
flusso di ritorno dalla Cina consiste di merci copiate e a bassissimo
costo. Pertanto, in contrapposizione al concetto di libero commercio –
introdotto dalla Rivoluzione Industriale, quale prerogativa di chi
conquista la superiorità tecnologica, si parla di protezionismo, di dazi
e di ritorsioni alla certificazione di provenienza. Paradossalmente,
cioè, in un mercato globale si sente la necessità di adottare misure, e
di firmare accordi che ridimensionino l’impatto della concorrenza dei
paesi emergenti. La secolare contrapposizione tra Oriente e Occidente
lascia il posto, oggi, ad una sempre maggiore apertura della Cina al
mercato italiano.
L’interesse per tali avvenimenti socio-economici motiva questo
lavoro di Tesi che, pertanto, si propone di approfondirne, indagarne,
valutarne gli aspetti principali. In un primo momento, si passano in
rassegna i momenti cruciali della storia della moda, sottolineando, per
ciascuno di essi, il carattere sociologico degli eventi attivatori.
Successivamente, si presta attenzione ai settori abbigliamento
dell’Italia, prima, e della Cina, poi, e si dà risalto agli aspetti
ideologici e culturali che ne influenzano l’evoluzione e ne giustificano
l’attuale incontro/scontro.
Finalmente, si sceglie di indagare quanto effettivamente i
commercianti del settore abbigliamento risentano della presenza dei
cinesi nelle loro città e, a questo scopo, ci si riversa per le strade e nei
negozi di Cosenza, in cerca di dati reali, di impressioni e di
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suggerimenti. Sulla base di questionari, si effettuano interviste il cui
fine ultimo è di rintracciare un’immagine non distorta di quanto, per
effetto della concorrenza cinese, accade alle attività commerciali locali
e, al contempo, perché no, di estendere la valutazione statistica dei
risultati all’intero mercato dell’abbigliamento femminile.
Alle considerazioni conclusive segue l’elenco dei testi
bibliografici e dei siti multimediali, la cui consultazione ha permesso
un lavoro di redazione meticoloso che risulti il più possibile veritiero,
imparziale e completo.
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Moda e marketing della moda
“La moda è un principio universale, uno degli elementi
della civiltà e del costume sociale, che interessa non solo il corpo, ma
anche tutti i mezzi di espressione di cui l’uomo dispone.”
Giacomo Devoto
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1.1 Analisi storica e sociologica
L’universalità del fenomeno moda si può cogliere già nei
termini latini mos (usanza, costume, tradizione) e modus (criterio o
modalità regolativi di scelte), con i quali si conferiva dignità sociale a
scelte altrimenti ritenute meramente estetiche.
Tuttavia, nel Medio Evo, l’abbigliamento era ancora un
semplice strumento distintivo delle aree geografiche e, con l’avvento
delle corti regali e principesche, della posizione sociale. Il guardaroba
occidentale si componeva di indumenti di provenienza orientale che,
per le loro peculiarità, costringevano ad arretrare il busto fino ad
assumere una posizione eretta e dal tono aristocratico: i soprabiti a
manica lunga e i bliaut, tuniche di stoffa pregiata importata
dall’Oriente, lunghe fino a coprire le caviglie, dotate di velo e con
strascico fino al suolo. Gli abiti, fino ad allora attillati e castigati, si
arricchiscono di maniche a sbuffo e di spacchi; dalla Spagna arriva il
corsetto a punta sul davanti, dotato di rigide stecche in metallo prima
e in osso di balena poi, a comprimere il busto e rialzare il petto.
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Devoto G., linguista italiano del ‘900, cit. in Saviolo S., Testa S., “Le imprese del sistema moda.
Il management al servizio della creatività”, Etas, Parma, 2005, p. 5
5
Bisogna attendere la Francia di Luigi XIV perché si costituisca
il mercato dei tessili e, la fine del XVIII secolo, perché la donna arrivi
a detenere la leadership della moda. Fino alla Rivoluzione, si
continuavano a indossare corsetti lunghi e strettissimi; poi i corpini si
fanno scollati, le stoffe più leggere, i colori più chiari, lo stile diventa
lineare e classico. L’Europa intera si ispira in questi anni all’attività
del primo grande couturier Rose Bertin .
Nella prima metà del XIX secolo, alla creatività si sostituisce
l’imitazione pedissequa dei modelli in voga in Europa – i vestiti più
originali sono quelli in stile teatrale. Ẻ il sarto inglese Charles
Frederick Worth a sovvertire gli schemi, presentando a piccoli gruppi
di clienti le sue collezioni di vestiti, esclusivi e personalizzati,
indossati da modelle e modelli vivi; nasce la sfilata, e l’idea di
prodotto come “sogno realizzabile”.
Con la Rivoluzione Industriale e la diffusione del lavoro
femminile, l’abbigliamento si fa più comodo (abbandono del corsetto
e accorciarsi delle gonne) e la conseguente introduzione di prezzi
accessibili estende l’offerta dalle classi privilegiate alle classi medie;
va declinando la couture, a vantaggio della democratizzazione della
moda. Nel XX secolo, le innovazioni tecnologiche, la robotizzazione,
l’informatizzazione rivoluzionano la produzione della confezione
sartoriale su misura, in favore della produzione di massa: è tempo di
pret- à- porter.
Tra il 1920 e il 1930, Gabrielle Coco Chanel diventa celebre per
l’uso del jersey, le rifiniture e le innovazioni (fodere di seta nelle
giacche, bottoni originali, organza bianca, tailleur, moda dei capelli
corti). Tra il 1940 e il 1950, Christian Dior crea il new look,
introducendo, nel guardaroba femminile, la guepière (una sorta di
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bustino) e gonne a 20 centimetri da terra, realizzate con tessuti in fibre
artificiali. Negli anni Sessanta, la modella e stilista Mary Quant inizia
a produrre in proprio e a basso costo, ispirandosi alla strada e alla Pop
Art; la moda sceglie di accompagnare i giovani lungo il percorso di
rinnovamento intrapreso in termini di ideali e di consumi. Le gambe si
scoprono, i colori si accendono, i toni si fanno irriverenti: la
minigonna è sul mercato. Negli anni Settanta, l’italian style di Giorgio
Armani, Gianni Versace, Krizia, Valentino si afferma come status
symbol, rappresentando, specie all’estero, un modo elitario di vivere,
quindi di essere.
Negli anni Ottanta, la moda si indirizza verso la globalizzazione
del mercato e si assiste alla maschilizzazione dell’abito femminile:
Giorgio Armani crea il tailleur-pantalone. Questa tendenza di
emulazione dell’altro sesso (riscontrabile anche ai giorni nostri
nell’estetizzazione dell’abito maschile) sovverte quella originaria di
esibizione del proprio. Infatti, secondo studi psico-sociologici, l’abito
era nato come strumento di decorazione a scopi dimostrativi di tipo
sessuale e riferiti alla classe, al prestigio, al potere: la donna voleva
apparire più attraente, l’uomo più virile, entrambi senza rinunciare alla
propria identità sociale.
Inoltre, detti studi, che risalgono ai primi del Novecento,
individuano le fondamenta della moda nei due princìpi, tra di loro
indissolubili, di coesione e differenziazione. L’una è tendenza da parte
degli individui a massificarsi, per assecondare la necessità di
appartenenza ad un qualche gruppo sociale; l’altra è tentativo di
sfuggire all’omologazione, sia per la naturale propensione dell’uomo
al miglioramento di sé, che per l’ovvia distinzione tra sessi.
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Oggi, tre città si contendono il primato di capitale della moda:
Milano, Parigi, New York.
1.2 Scenario del mercato
Oggi la moda non è un comparto a sé stante, bensì
multidimensionale, in quanto coinvolge settori produttivi, creativi,
servizi, cultura, arte, psicologia, media, tecnologia. Come tale, dà
implicitamente l’idea di evoluzione: ad ogni stagione richiede nuovi
prodotti con una vita piuttosto limitata e, quindi, con un declino
improvviso.
Il ciclo della moda passa, così, attraverso le note fasi di un
normale ciclo di vita:
Figura 1. Ciclo di vita della moda
Fonte: Lambin J.J., “Marketing strategico e operativo. Market - driven
management”, McGraw - Hill, Milano, 2004, p. 161
La moda è una forma di costume propria della società e,
pertanto, descriverne lo scenario facilita l’individuazione delle
politiche e delle strategie di marketing, necessarie a conoscere il
mercato.
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Scenario-Moda
Mercato
globale
Informatica e
telematica
Trade
Consumatore
Impresa Ciclo di vita
dei prodotti
Società
Politica
e economia
Concorrenza Innovazione
tecnologica
Figura 2. I fattori dello scenario
Fonte: Foglio A., “Il marketing della moda. Politiche e strategie di fashion
marketing”, op. cit., p. 14
Come si evince dal grafico precedente, contribuiscono alla
definizione del sistema moda i seguenti fattori:
¾ società. L’abbigliamento e la moda che lo determina sono, per
culture e sub-culture di minoranza, strumento di comunicazione
del modo di vivere e di pensare. Le imprese del sistema non
possono, quindi, ignorare i fenomeni sociali più recenti, quali:
ξ maggiore presenza femminile nei ruoli da sempre dell’uomo;
ξ crescente peso degli anziani (per il 2050 è previsto che il 25%
della popolazione avrà un’età superiore ai 65 anni);
ξ aumento del livello culturale della popolazione;
ξ crescita dell’immigrazione.
¾ Politica ed economia. Alla stabilità politica e al benessere
economico corrisponde un aumento della domanda e dell’offerta.
¾ Trade. La produttività aziendale trova nel trade uno sbocco di
sicuro interesse e di grande efficacia, per conseguire una gestione
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economica e conquistare in profondità il mercato. Il canale
distributivo si ridimensiona: la grande distribuzione organizzata
prende il posto di quella tradizionale.
¾ Consumatore. Una maggiore disponibilità economica permette di
soddisfare i bisogni emersi a seguito della continua crescita
culturale. L’abito diventa una scelta finanziaria, ma soprattutto di
piacere, un modo di essere più che di apparire. Secondo una
classificazione di Antonio Foglio, si individuano le seguenti
tipologie di consumatori:
ξ pioneer: in numero ridotto, sono attenti alle nuove proposte,
ricercano la differenziazione e sono disposti a pagare prezzi
altissimi;
ξ opinion leader: businessmen e giornalisti, incaricati di
promuovere i prodotti che indossano, godono di prestigio e
di largo consenso;
ξ innovatori: stilisti di se stessi, fanno moda, ricercano capi
esclusivi e d’avanguardia;
ξ follower: accettano la moda e/o la emulano dai pioneer;
ξ moda-dipendenti: dotati di risorse finanziarie, comprano di
tutto;
ξ passivi: si lasciano condizionare da tutte le proposte;
ξ di massa: è la maggioranza dei consumatori;
ξ ritardatari: acquistano a prezzi accessibili, quando il capo
non è più di moda;
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