INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni si è assistito, in Europa, ad un crescente interesse verso il turismo
rurale, che ha portato ad un forte aumento della domanda di servizi e strutture
finalizzate alla vacanza e/o soggiorni in campagna. Tutto ciò anche in risposta ad
iniziative di valorizzazione turistica del territorio e del relativo patrimonio
enogastronomico, realizzate in attuazione di programmi regionali, nazionali e
comunitari che, nel contempo, hanno contribuito a diffondere una maggiore
consapevolezza delle opportunità di sviluppo offerte da un uso sostenibile ed
integrato delle risorse locali. Peraltro, tali iniziative hanno concorso a recuperare
risorse che rischiavano di scomparire (produzioni agroalimentari tradizionali, ecc.), di
degradarsi (paesaggio rurale, edifici rurali, monumenti, ecc.) e/o di rimanere
sottoutilizzate.
Nell’ambito dell’offerta turistica in ambiente rurale, un ruolo determinante assumono
le aziende agrituristiche che, nel panorama di tale tipologia di turismo, in Europa,
costituiscono sul piano legislativo una specificità esclusivamente italiana. Ciò, com’è
noto, è dovuto al particolare ordinamento che nel nostro Paese regolamenta la
materia dell’agriturismo distinguendolo dal turismo rurale (senso stretto).
Contemporaneamente si è assistito ad un ulteriore sviluppo del comparto, sempre più
attento alle esigenze dei consumatori, che ha visto le aziende agrituristiche
incamminarsi verso un percorso di qualità dei prodotti e/o dei servizi. Tutto ciò, in
perfetta sintonia con una nuova cultura del consumo, sviluppatasi nell’ultimo
decennio, che vede nei prodotti di un’agricoltura “non omologata” lo strumento di
soddisfazione di una domanda sempre più articolata e segmentata e, nel contempo,
l’elemento strategico di conservazione della ruralità e di sviluppo integrato del
territorio.
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È evidente, pertanto, che nelle strategie di differenziazione e di “attrazione” della
clientela attuate dalle aziende agrituristiche un ruolo determinante assume l’offerta
enogastronomica. Quest’ultima, orientata prevalentemente al ritorno alle vecchie
tradizioni in contrasto con lo stile di vita moderno - basato su una preponderante
presenza di cibi precotti e “veloci”- ha permesso di riscoprire un immenso patrimonio
enogastronomico, rappresentando, nel contempo, anche uno strumento
fondamentale di valorizzazione di prodotti tipici a lungo relegati nei mercati locali.
La creazione di valore aggiunto, conseguente a tale valorizzazione, dipende dalla
capacità di azione dei soggetti in grado d’incidere sull’attribuzione del valore al
sistema di produzione tipico locale, ossia, da un lato, le aziende in quanto soggetti
attuatori della produzione e, dall'altro, i soggetti responsabili delle strategie di
creazione di un contesto ambientale favorevole alla creazione/attribuzione di valore (istituzioni, enti locali, consorzi di tutela, ecc.).
Un contributo significativo alla valorizzazione delle produzioni tipiche può derivare
sicuramente dalle iniziative di promozione del turismo in aree rurali, in generale, e del
turismo enogastronomico, in particolare. Questa forma di turismo, motivo principale
allo spostamento di fasce di utenti sempre più ampie, ha attirato l’attenzione degli
operatori turistici, sensibili all’evoluzione delle tendenze della domanda, che
attraverso proposte di “pacchetti enogastronomici”, mirano non solo a far gustare i
prodotti tipici ma anche a legarli alle tradizioni culturali locali, anche in cucina.
Nei viaggi enogastronomici, non sono rare, pertanto, lezioni di cucina ai turisti, visite
alle cantine vinicole per la degustazione e per apprendere le fasi della lavorazione,
visite ai frantoi per assistere alla spremitura delle olive. Quanto detto permette di
comprendere l’importanza di effettuare uno studio più dettagliato del settore
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agrituristico italiano, tenendo conto anche delle potenzialità del rinomato patrimonio
enogastronomico .
Evoluzione e caratteristiche dell’offerta agrituristica
L’agriturismo, in Italia, nasce nei primi anni ’70 allorquando si registra una sensibile
diminuzione degli addetti in agricoltura, ed è in questo contesto che gli agricoltori
cominciano a valutare nuove opportunità di reddito. Alle difficoltà interne del
settore, si aggiunge un forte interesse dell’ “ambiente esterno” per le vacanze verdi e la riscoperta di un territorio rimasto sempre ai margini
dei flussi turistici. Nel 1973 vengono emanate le prime leggi in materia di agriturismo
da parte delle Province autonome di Trento e Bolzano; e nel 1975 esce la prima guida
dell’ospitalità rurale, con l’illustrazione di 170 aziende agricole (la maggior parte delle
quali erano casolari senza luce né acqua).
A partire dagli anni ‘80, il fenomeno agrituristico registra un forte slancio, anche
sulla scorta di quanto accaduto negli altri Paesi Europei. La spinta agrituristica, infatti
(fatta eccezione per la Toscana, la cui grande disponibilità di cascinali abbandonati
ha costituito la “molla” dello sviluppo), è partita dall’Alto Adige, in stretta relazione
all’esplosione del settore che si è avuto in Tirolo e in Val d’Aosta, sulla quale ha
influito la fortunata esperienza della vicina Francia. La formula agrituristica non è
infatti di matrice italiana, ma nasce in altri Paesi Europei, anche sotto formule
diverse, ma con la comune motivazione di “ fuga dalla città e contatto con la
natura ”.
Il turismo in campagna si è sviluppato in primo luogo in Francia, dove è stata adottata
la formula “alloggi rurali”, e si presenta ancora oggi con una tipologia di offerta assai
eterogenea. Poi si è diffuso in Germania, dove le circa 20.000 aziende hanno
mantenuto formule più “tradizionali”: pernottamento con servizio di prima colazione,
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mezza pensione o pensione completa. In Gran Bretagna, al contrario, lo spopolamento
rurale ha fatto sì che nascessero leggi e discipline specifiche per sopperire alla
costante fuga dalle campagne verso i centri urbani, per garantire un controllo del
territorio e per frenare il degrado ambientale.
Con riferimento all’Italia, disporre di dati storici ufficiali sulla consistenza degli
agriturismi è veramente difficile dato che l’ISTAT si è interessata al comparto per la
prima volta solo con il Censimento Generale dell’Agricoltura del 1982 e,
successivamente, con il censimento del 1990. A seguito di tali rilevazioni le aziende
agrituristiche risultavano essere 14.672 nel 1982 e soltanto 6.579 nel 1990. Il notevole
decremento occorso tra i due censimenti è, probabilmente, conseguenza della
regolamentazione del settore avutasi con la legge quadro sull’agriturismo e le
successive leggi regionali. Secondo i dati ISTAT, è evidente come, alla fine degli anni
’90, nonostante la significativa crescita della domanda avutasi a partire dagli anni ‘80,
l’offerta degli agriturismi fosse ancora limitata, se confrontata alle altre forme di
ospitalità. Difatti, solo il 7,6% delle strutture ricettive italiane era di tipo agrituristico,
con una ricettività totale, in termini di posti letto, pari all’1,6%. Ciò è dovuto anche alla
ricettività minima di questo tipo di strutture.
Date le modeste dimensioni delle aziende agrituristiche e, in generale, del settore
diventa difficile pensare al marketing ed alla promozione dell’attività mediante il
ricorso ad investimenti “pesanti” in pubblicità; pertanto il destino degli agriturismi è
quello di puntare forzatamente sul passaparola.
In un panorama così complesso, composto da aziende agrituristiche “serie” che
operano in mezzo ad marasma di attività che poco hanno a che fare con l’agreste e
molto con il commerciale, il settore continua la sua espansione .
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PROMO-COMMERCIALIZZAZIONE NELLE
IMPRESE AGRITURISTICHE
Per quanto riguarda la promozione dell’agriturismo, elemento fondamentale per il
mantenimento e lo sviluppo della relativa domanda, emerge che l e aziende
comunicano e promuovono le proprie attività attraverso una combinazione,
generalmente ampia, di fattori che si collocano tra la comunicazione diretta e le
proposte di turismo organizzato. In tale insieme di strumenti attivati, a parte il
“passaparola”, la maggioranza delle aziende (92%) privilegia i moderni sistemi di
pubblicità, mediante una promozione su internet. Oltre a ciò le forme di promozione
più utilizzate, in ordine d’importanza, sono: i depliant (85%), i cartelli stradali (77,5%),
le Aziende Provinciali del Turismo (77,5%), la pubblicità mediante le Pagine Gialle
(65%), l’inserimento in cataloghi di tour operator italiani (45%) ed esteri (35%), la
pubblicità su stampa specializzata italiana (35%) e la partecipazione alla Borsa del
Turismo (30%). Peso marginale hanno forme di promozione mediante radio e TV
italiana (5%) e nulla è la promozione su radio e TV estere.
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Tutto ciò evidenzia, nel complesso il grande sforzo del settore di porsi all’attenzione
dei potenziali clienti, attraverso nuovi canali di comunicazione. Pur tuttavia, nella
maggior parte dei casi le aziende che propongono ospitalità agrituristica non
dispongono di margini economici tali da potersi inserire nei grandi canali pubblicitari
nazionali e/o esteri (stampa, televisione, radio) e, per molti, l’unico punto di forza per
la promozione è rappresentato dalle associazioni di categoria.
Per l’aspetto commercializzazione si rileva come, ai sistemi tradizionali si affiancano
quelle basate sulle nuove tecnologie di comunicazione. Difatti, l’85% delle imprese fa
ricorso alla vendita diretta mediante prenotazione telefonica o fax ed il 72,5% utilizza
prevalentemente il sistema di prenotazione del servizio tramite internet. Tra le
modalità ad uso prevalente, peso minore assumono la collocazione dell’offerta
mediante associazioni agrituristiche (20%), il ricorso a tour operator italiani (20%) ed
esteri (17,5%). Mentre, tra le modalità occasionalmente utilizzate ricorrono con peso
significativo: la vendita diretta senza prenotazione (42,5%), la prenotazione mediante
tour operator italiani (30%) ed esteri (20%) e quella mediante associazioni
agrituristiche (25%).
Per contro, elevata è la quota di aziende (67,5%) che non utilizzano i sistemi di
prenotazione mediante l’ausilio di intermediari singoli esteri e di quelle che non fanno
ricorso ad intermediari singoli italiani (65%). Inoltre, il 35% non accetta ospiti senza
prenotazione e il 77,5% delle imprese non fa parte di alcuna cooperativa o consorzio
di imprese del settore. Tutto ciò, sottolinea una significativa prevalenza dello spirito
individualistico nella gestione dell’attività d’impresa che, ovviamente, rappresenta una
grossa limitazione sia per l’implementazione di politiche di sviluppo integrato del
territorio, sia, soprattutto, per le piccole realtà agrituristiche che, talvolta fuori dagli
itinerari dei principali flussi turistici, rischiano una marginalizzazione rispetto alle altre.
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Comunicazione Aziendale Ogni azienda agricola può organizzarsi per svolgere attività agrituristica,
compatibilmente al proprio ordinamento aziendale e indipendentemente dal tipo di
coltivazione o allevamento praticato; ma a differenza dell’attività agricola, per avere
successo quella agrituristica deve innanzi tutto partire dall’impostazione di un buon
piano di comunicazione aziendale .
Si tratta di un programma di attività ed iniziative studiate appositamente per far
conoscere al pubblico, e soprattutto ai potenziali clienti, nella maniera più efficace,
l’azienda, le sue caratteristiche e le sue possibilità di fruizione. Per elaborare questo
piano è necessaria innanzitutto una pianificazione strategica delle iniziative, tenendo
in considerazione i seguenti elementi:
A. Obiettivi di comunicazione (bisogna definire gli obiettivi e i risultati attesi).
B. Studio dei destinatari (bisogna individuare qual è il target privilegiato (o quali sono i
target privilegiati) e a chi sono destinate le singole attività di comunicazione.
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C. Studio degli strumenti e spazi di comunicazione esistenti (bisogna capire quali
possono essere gli strumenti più idonei per comunicare, analizzare la quantità e
qualità delle informazioni che già esistono eventualmente sul mercato, la velocità e
facilità dei flussi ecc.)
Successivamente, nell’elaborazione del piano di comunicazione è necessario:
A. Individuare le strade da percorrere ed i soggetti coinvolti (chi fa cosa).
B. Individuare gli strumenti di comunicazione scegliendo il mezzo più efficace da
utilizzare nella singola circostanza.
La strategia di comunicazione va continuamente verificata, per adattarla di volta in
volta agli obiettivi aziendali.
Aspetti fondamentali Contrariamente agli standard comunicativi che vengono usati per pubblicizzare
prodotti commerciali, la promozione dell’agriturismo ha bisogno di molta
personalizzazione. In altri termini, l’imprenditore agricolo deve per primo far
conoscere se stesso, le proprie origini e soprattutto le tradizioni contadine a cui è
strettamente legato. Insomma, l’imprenditore agricolo per vendere la propria azienda
deve prima saper vendere se stesso , in quanto proprio lui è il perno centrale di questa
complessa attività che va dalla produzione del bene primario, (coltivazioni-
allevamenti-gestione degli immobili e degli spazi verdi) alla vendita del prodotto finale
(somministrazione- vendita di prodotti trasformati –ospitalità- attività ricreative).
Va quindi rimarcata la straordinaria competenza nel passare dal trattore al computer,
dal frantoio alla bruschetta, dalle stalle al braciere del ristorante, e la serietà e
capacità che hanno contraddistinto la trasformazione in imprenditore agrituristico,
senza nascondere il proprio orgoglio e la soddisfazione nel raccontare la vita della
propria azienda. Nella comunicazione aziendale uno degli elementi più importanti è
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l’immagine che vogliamo attribuire all’azienda e l’impatto che questa ha sul
consumatore finale. Per individuare la corretta immagine, bisogna immedesimarsi nei
panni del cliente e porsi almeno quattro domande fondamentali:
1. cosa mi aspetto da un’azienda agrituristica?
2. quale tipo di accoglienza mi piacerebbe ricevere ?
3. che tipo di attività vorrei trovare?
4. cosa non vorrei mai vedere?
La risposta alla prima domanda già consente di immaginare il contesto, la cornice
entro la quale inserire il proprio prodotto agrituristico: sicuramente un vecchio casale,
ristrutturato senza snaturarne la sua natura agricola e immerso nel verde, arredato
con mobilio essenziale, in legno massello, senza nulla di pretenzioso ma corredato da
tutti i comfort necessari per rendere il soggiorno gradevole.
Per quanto riguarda l’accoglienza, la risposta più plausibile che ascolteremmo da
qualsiasi interlocutore è l’aspettativa di essere accolti dal titolare o da personale
qualificato in grado di trasmettere il calore dell’ospitalità contadina, facendo sentire
l’ospite a casa.
Terzo punto, l’attesa del cliente rispetto alla tipologia dell’attività agrituristica: essa
deve riguardare innanzitutto un’attività agricola vera e propria, alla quale il cliente
possa magari partecipare attivamente attraverso la proposta di offerte mirate; in
secondo luogo, sicuramente un’attività in stretta connessione con il territorio in cui
opera l’agriturismo, che offra cioè la possibilità di conoscere la zona da vicino
attraverso escursioni di tipo naturalistico o archeologico, attività didattiche, e
soprattutto enogastronomiche, con la possibilità di gustare presso l’agriristoro
aziendale piatti tipici cucinati con prodotti di produzione propria.
Cosa non si dovrebbe invece mai vedere è sicuramente una scarsa cura degli ambienti
sia interni che esterni, stonature architettoniche rispetto al paesaggio, un’eccessiva
concentrazione di tecnologie e, non da ultimo, concludere il soggiorno senza mai aver
avuto il piacere di conoscere il titolare.
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A questo punto, dopo aver esaminato queste quattro questioni preliminari, è possibile
iniziare il lavoro di base per realizzare e promuovere la propria Azienda Agrituristica.
La comunicazione inizia con l’idea di studiare la veste che si intende dare al proprio
prodotto, immaginando le sensazioni che si vorrebbero trasmettere ai potenziali
clienti, ma soprattutto con l’individuazione della fascia di mercato cui ci si intende
rivolgere. Nel decidere quali dovranno essere gli strumenti di promozione aziendale,
va prima di tutto tenuto conto delle risorse economiche a disposizione e dei costi delle
singole iniziative, che dovranno essere proporzionate alla effettiva potenzialità
aziendale. Può succedere che, presi dalla smania di farsi conoscere, si investano fondi
inutilmente in promozioni inefficaci o sovradimensionate rispetto alle effettive
capacità aziendali. Tanto per fare un esempio: gli spot televisivi o le inserzioni su
grandi testate giornalistiche non si giustificano per gli agriturismi - sia che essi operino
nel campo della somministrazione, della ospitalità, o della didattica- in termini di
rapporto costi-benefici. Anche supponendo infatti che una struttura sia disposta ad
affrontare tali costi, c’è il rischio che essa non possa poi sopportare, per dimensioni, il
flusso di clienti che tali pubblicità potrebbero richiamare.
È invece utile, almeno nella fase iniziale, raccogliere le risorse economiche e destinarle
alla creazione dell’immagine che accompagnerà l’azienda per tutto l’arco della sua
vita.
Come si fa
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