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Introduzione
Al giorno d’oggi, la rivoluzione che, da alcuni anni, ha profondamente cambiato
Internet si lega al Web 2.0: una concezione del Www che permette di definire le nuove
modalità d’interazione online tra gli utenti nonché i rinnovati criteri di fruizione e
condivisione della conoscenza. Ci si trova all’interno di uno scenario in cui la Rete
favorisce le dinamiche relazionali e conversazionali attraverso l’uso di strumenti quali
blog, wiki, forum, instant messaging e social network, per mezzo dei quali è possibile
condividere e diffondere dati, testi, immagini e video.
Il fenomeno Web 2.0 e i paradigmi culturali e sociali che ne scaturiscono si
configurano come l’ennesima trasformazione delle modalità comunicative non solo tra
gli individui ma anche tra l’azienda e i clienti.
Con l’avvento di Internet, il modello di comunicazione broadcasting (da uno a
molti), del monologo unidirezionale da-marca-a-consumatore lascia il posto alla
conversazione, a un flusso comunicativo bidirezionale.
Nella postmodernità, la separazione netta tra domanda e consumo, tipica dell’età
moderna, viene meno. Adesso il consumatore acquista un ruolo attivo, conquista una
voce. Grazie alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie di comunicazione, che
permettono di connettere i consumatori, di veicolare messaggi e contenuti su marche,
prodotti e servizi, emerge una nuova figura, sociale ed economica, quella del prosumer.
Proprio a partire da questo contesto in cui il Web appare sempre più sociale e
partecipativo, il marketing si sta progressivamente evolvendo in quello che attualmente
è definito l’approccio non-convenzionale.
Ogni azienda deve porre al centro dell’attenzione le persone, iniziare a dialogare
con i clienti, investire il proprio tempo nella costruzione di relazioni con le persone con
le quali vuole entrare in contatto. È questo quanto auspicato dagli autori del Cluetrain
Manifesto.
Gli strumenti nati con i social media e le nuove realtà del Real-Time Web, come
Facebook, FriendFeed, Twitter e recentemente anche Foursquare, iniziano a delineare i
nuovi paradigmi del marketing conversazionale e le nuove leve del marketing mix.
Il primo capitolo affronta l’evoluzione di Internet, soffermandosi in particolare
sulla nascita del Web 2.0 e sulle varie definizioni che di questo concetto sono state
sviluppate nel corso del tempo dai vari esperti del settore, primo fra tutti Tim O’Reilly.
A questo riguardo ci si soffermerà sulle principali differenze tra il Web 1.0 e il Web 2.0
sintetizzate da quest’ultimo nell’articolo “What Is Web 2.0: Design Patterns and
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Business Models for the Next Generation of Software”. Dopo aver passato in rassegna
le principali caratteristiche di questa nuova configurazione del Web, ci si soffermerà ad
analizzare la Meme Map del Web 2.0, attraverso la quale è possibile descrivere il nucleo
sui cui poggia il Web e tutti i principi e concetti che a tale nucleo si ricollegano.
Dopo aver definito il nuovo Www come piattaforma conversazionale e dopo aver
sottolineato come sia avvenuto il passaggio dalla società dell’informazione a quella della
partecipazione, si dedicherà parte del capitolo ad analizzare l’impatto di internet nei processi
comunicativi interni ed esterni all’impresa, ponendo l’accento su come sia importante
adottare un approccio consumer oriented incentrato sull’ascolto e sul dialogo, così come
sostenuto dagli autori del Cluetrain Manifesto.
Il secondo capitolo si concentra sull’utilizzo da parte delle aziende dei social
media come strumenti per sviluppare strategie di comunicazione e marketing
relazionale. Si farà riferimento, in particolare, alle principali strategie di marketing non-
convenzionale basate sull’utilizzo del passaparola online, al fine di sviluppare strategie
di viral marketing.
L’impresa 2.0 viene vista come un soggetto in grado di porsi sul mercato e di
comunicare con i propri clienti, prestandosi all’ascolto, alla conversazione, alla
condivisione di contenuti e idee e alla formazione di comunità virtuali attorno al proprio
brand (marketing tribale).
Dopo aver descritto le nuove caratteristiche dei consumatori definiti postmoderni,
ponendo l’attenzione sul potere che essi hanno acquisito grazie ai nuovi strumenti
offerti dal Web 2.0, verrà definito il concetto di User Generated Content (UGC). Infine,
si spiegherà come coinvolgere il consumatore nella generazione delle idee e nella fase
di sviluppo del prodotto, nelle attività di comunicazione e marketing e nella produzione
di offerte personalizzate, presentando alcuni esempi concreti.
Il terzo capitolo affronta il tema della geolocalizzazione e del mobile marketing.
La crescente diffusione di App e web App sta plasmando un nuovo orizzonte nelle
strategie pubblicitarie e di marketing delle aziende. Queste sono sempre più interessate
a investire nel mobile per andare incontro ai consumatori, per offrire loro servizi
fortemente personalizzati e per poter dialogare con il mercato. Il capitolo si conclude
con l’analisi dei geo-social network più conosciuti al mondo: Foursquare e Facebook
Places.
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1. Il Web 2.0: dalla comunicazione alla partecipazione
L’anno di nascita del WWW (World Wide Web) è considerato il 1991, anno in
cui Tim Berners-Lee, ricercatore del CERN (Conseil Européen pour la Recherche
Nucléaire) di Ginevra, pubblicò la prima pagina Web, nella quale spiegava le idee che
stavano alla base del suo progetto. Per lo studioso inglese la Rete doveva essere libera
dal controllo dei governi, doveva contribuire all’affermazione di comunità sociali e
offrire informazione, intrattenimento e istruzione.
Dopo un primo momento in cui l’obiettivo del WWW fu quello di promuovere la
collaborazione e lo scambio di informazioni tra gli scienziati coinvolti nei progetti di
fisica delle particelle, in seguito, precisamente dal 1993, il CERN decise di rendere
pubblica la tecnologia alla base del Web.
1.1 Dal Web 1.0 al Web 2.0
Con il termine Web 1.0 s’intende definire la prima fase di diffusione del Web. In
questo primo stadio l’utente riuscì solo gradualmente ad acquisire un ruolo attivo di
creazione e modifica dei contenuti multimediali. Le motivazioni di questa iniziale
lentezza sono da attribuire alla necessaria conoscenza di un linguaggio di
programmazione e all’indispensabile creazione di un account presso un Internet Service
Provider, in grado di offrire un servizio di web hosting.
A tal proposito Dan Gillmor, giornalista statunitense esperto in tecnologia,
afferma: «Berners-Lee immaginava un Web di lettura/scrittura. Ma ciò che è emerso nel
1990 è stato essenzialmente un Web di sola lettura in cui si aveva bisogno di un account
con un ISP per ospitare il proprio sito web, di tools speciali, e/o di competenze HTML
per creare un sito decente» (Gillmor, 2004, p.23).
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Oltre ad essere caratterizzato da poca interattività, un secondo fattore peculiare del
Web 1.0 si lega al fatto che i siti internet di questa prima fase erano costituiti da pagine
statiche, concatenate grazie all’utilizzo di link incrociati, che non permettevano
all’utente di comunicare e che ne limitavano l’attività ad una semplice consultazione. Le
pagine web erano, quindi, piattaforme che permettevano lo sviluppo di un flusso di
comunicazione unidirezionale.
In seguito, mediante l’utilizzo di database e di sistemi per la gestione dei contenuti
(Content Management System) si assiste a un primo cambiamento e alla realizzazione di
siti dinamici che facilitano la gestione dei contenuti, liberando l’amministratore
dall’obbligo di possedere conoscenze tecniche di programmazione informatica.
Al giorno d’oggi le nuove frontiere di Internet si legano al Web 2.0, una
concezione del WWW che permette di definire le nuove modalità di comunicazione
online tra gli utenti nonché i rinnovati criteri di fruizione e diffusione del sapere e delle
informazioni.
La parola Web 2.0 nasce nel 2004 durante una sessione di brainstorming tra Tim
O’Reilly e Dale Dougherty, rispettivamente fondatore e vicepresidente di una casa
editrice internazionale specializzata in testi di informatica: la O’Reilly Media. Essi
stavano lavorando alla scelta di un titolo da attribuire a quello che poi sarebbe stato
ribattezzato Web 2.0 Summit, un evento che dall’ottobre del 2004 rappresenta il luogo in
cui vengono analizzati e censiti gli sviluppi del Web, i suoi trend e le nuove possibilità
di business offerte da questo settore. Nel corso del brainstorming, Dougherty osservò
che dopo il collasso delle dot.com, verificatosi in seguito allo scoppio della bolla
speculativa, la Rete nel suo complesso non era stata interessata dal crollo dei mercati
(Bennato, 2011). Le società che dopo il crollo erano rimaste in piedi si erano rafforzate
mentre quelle nate in seguito stavano iniziando a offrire servizi attraverso internet
seguendo strategie differenti (O’Reilly, 2005). O’Reilly osservò come quelle aziende
che erano sopravvissute presentassero alcune caratteristiche comuni:
offrivano servizi e non pacchetti;
mettevano i dati al centro dell’applicazione;
proponevano interfacce leggere ma ricche;
consideravano gli utenti come dei co-sviluppatori;
cercavano di sfruttare la “saggezza delle folle”;
tentavano di raggiungere l’intero Web e non solo i grandi siti.
L’esito della conferenza è stato sintetizzato nell’articolo che ha decretato la
nascita ufficiale del Web 2.0 “What Is Web 2.0: Design Patterns and Business Models
for the Next Generation of Software”, pubblicato il 30 settembre 2005 da Tim O’Reilly.
Nell’articolo è presente una tabella (fig.1.1) che cerca di spiegare gli aspetti e i
principi fondanti, i “design pattern”, della nuova configurazione del Web. Tim O’Reilly
effettua una comparazione tra le tecnologie, le applicazioni e i servizi online che
delineavano la nuova concezione della Rete e quelle legate al Web 1.0.
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Figura 1.1 Web 1.0 vs Web 2.0
Web 1.0 Web 2.0
DoubleClick → Google AdSense
Ofoto → Flickr
Akamai → BitTorrent
Mp3.com → Napster
Britannica Online → Wikipedia
Siti personali → Blogging
Evite → Upcoming.org e EVDB
Ricerca nomi dominio → Ottimizzazione dei motori di ricerca
Page views → Cost per click
Screen scraping → Web service
Pubblicazione → Partecipazione
Sistemi di gestione dei contenuti → Wiki
Directories (tassonomia) → Tagging (folksonomia)
Stickiness → Syndication
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DoubleClick vs AdSense: la differenza principale riguarda il modello di business.
DoubleClick è una delle più autorevoli società che si occupano di marketing e
advertising online per le grandi compagnie multinazionali; il suo modello di business è
“centralizzato” in quanto punta l’attenzione sulle grandi aziende e sui siti web di
maggiore rilievo. Al contrario, la logica che sta alla base del funzionamento di Google
AdSense si lega a quella che Chris Anderson ha definito “long tail”: il potere collettivo
dei piccoli siti. Google AdSense offre a chiunque la possibilità di fare pubblicità sul
proprio spazio web. Il suo modello di business è, quindi, “decentrato”. Esso ha saputo
sostituire una forma obsoleta e fastidiosa di pubblicità su Internet, basata su banner e
pop up, con un modello consumer-friendly, che propone testi pubblicitari di poche
parole, poco invadenti e attinenti ai contenuti della pagina che ospita l’annuncio.
Ofoto vs Flickr: Ofoto è un servizio online che offre agli utenti vari servizi a
pagamento, tra cui la memorizzazione di fotografie e immagini all’interno di una
galleria digitale. Su Flickr, invece, la pubblicazione e la condivisione di immagini e
fotografie sono gratuite.
Akamai vs BitTorrent: Akamai è un’azienda con un modello operativo
centralizzato, ottimizzato a fare business con la testa e non con la coda. Esso copia sul
proprio server i contenuti dei siti web dei propri clienti (tra cui ricordiamo Yahoo!,
Apple e Microsoft), facilitando l’accesso degli internauti delle periferie del web ai siti
high-demand. BitTorrent è uno dei pionieri del peer-to-peer (P2P). Per peer-to-peer si
intende una rete informatica che sfugge alla gerarchia client-server; essa, infatti, si
caratterizza per la presenza di nodi equivalenti (peer) che fungono sia da client sia da
server verso altri nodi. Il servizio migliora automaticamente all’aumentare del numero
degli utenti.
Mp3.com vs Napster: Mp3.com è un sito che consente agli utenti di acquistare e
ascoltare brani musicali in formato mp3. Esso si basa sull’ottica della “centralizzazione”
poiché i brani mp3 tra cui poter scegliere sono quelli presenti sul database
dell’applicazione. Napster, invece, è un’applicazione di file sharing che permette agli
utenti della rete di decidere quali brani musicali condividere e ascoltare.
Britannica Online vs Wikipedia: la Britannica Online è la versione digitale di
quella che è reputata una vera e propria istituzione nel campo della diffusione del
sapere, l’Encyclopædia Britannica. Essa è consultabile online a pagamento dagli utenti
del Web 1.0. La sua principale antagonista è Wikipedia, con la quale cambiano le
modalità di accesso e di fruizione ad un’enciclopedia online: essa, infatti, offre un
servizio completamente gratuito; inoltre i contenuti vengono sviluppati grazie ai
contributi dei suoi utenti, i quali possono creare e modificare essi stessi le voci
dell’enciclopedia.
Personal Website vs Blog: il primo è uno spazio online informativo, statico,
unidirezionale e privo di interattività; per la sua progettazione e il suo sviluppo è
necessaria la conoscenza di linguaggi di markup. Il Blog, invece, è uno spazio web
dinamico e spontaneo, che permettere l’interazione tra autore e visitatori. È accessibile a
tutti gli utenti della rete grazie ad applicazioni di CMS che non richiedono approfondite
conoscenze tecniche.
Evite vs Upcoming.org ed EVDB: Evite è un servizio che permette agli utenti
del Web 1.0 di creare e spedire inviti online, utilizzando gli indirizzi e-mail dei
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destinatari; la cerchia degli invitati è quindi ristretta ad amici e familiari. La seconda,
invece, è un’applicazione di social calendar che permette la creazione di un calendario
di eventi localizzati per area geografica da condividere con qualunque utente della
propria città iscritto all’applicazione. Il funzionamento di EVDB risulta similare a
quello di Upcoming.org, permettendo agli iscritti di realizzare un’agenda virtuale
pubblica, attraverso la quale condividere informazioni.
Ricerca nomi di dominio vs Ottimizzazione per i motori di ricerca: nel Web
1.0 molte aziende acquistavano nomi di dominio generici di attività commerciali e beni
di consumo per poi poterli rivendere al miglior offerente. Nel Web 2.0, invece, si prende
coscienza del fatto che il modo più efficace per promuovere spazi in rete sia quello di
ottimizzare il proprio spazio in rete sui motori di ricerca.
Page Views vs Costo per click: per calcolare quanto un sito web risulti
“attraente” per gli utenti, si è spesso fatto riferimento al numero di pagine visitate. La
logica del costo per click (pay per click) risulta, invece, essere diversa e rappresenta un
metodo più sicuro per massimizzare il proprio ROI (Return on investment).
L’inserzionista, infatti, può decidere quanto investire su un singolo click al proprio
annuncio pubblicitario. Egli pagherà, quindi, una tariffa direttamente proporzionale al
numero di click effettuati dagli utenti. Il click permette di misurare l’interesse verso il
contenuto promosso.
Screen Scraping vs Web Service: mentre nel primo caso per utilizzare un
software in rete o visualizzare il contenuto di un sito web è necessario che un
programma presente sul proprio computer acquisisca l’output di un altro programma
presente online, nel secondo caso, con l’espressione web service si intende un sistema
software che consente ai diversi programmi di interagire direttamente tra loro,
“esponendo” dei servizi su internet e consentendo agli utenti di farne uso.
Pubblicazione vs Partecipazione: il Web 1.0 si collega al concetto di
pubblicazione e quindi alla concezione dello spazio Web come un ambiente statico,
chiuso, dotato di poca interattività, gestito in maniera centralizzata e con la logica del
top down. Al contrario, il Web 2.0 è associato alla nozione di partecipazione: esso
concepisce il Web come uno spazio aperto, dinamico e soprattutto interattivo, che
consente agli utenti non solo di fruire di informazioni, ma di gestirle e produrle in prima
persona. Ogni utente si trasforma da semplice consumatore a partecipante, da
utilizzatore passivo ad autore attivo di contenuti.
Sistemi di gestione dei contenuti vs Wiki: i Content Management Systems
(CSM) rappresentano una categoria di software e applicazioni che, seguendo una logica
centralizzata, permettono agli utenti della rete di contribuire alla creazione di contenuti.
Il termine Wiki, al contrario, fa riferimento a una particolare classe di software che
permette la creazione di siti in cui ogni utente registrato, ha la possibilità di contribuire
alla produzione e alla modifica di un contenuto. Tutto ciò avviene secondo una logica
partecipativa e collaborativa.
Directory o Tassonomia vs Tagging o Folksonomy: la suddivisione dei
contenuti online attraverso il modello denominato Web Directory, permette di
organizzare i siti Web in base ad una struttura gerarchica di categorie di contenuti
pubblicati. Diversamente, il tagging consente di organizzare i contenuti web mediante
l’utilizzo di parole chiave (tag). Esso ha stimolato la diffusione del concetto di
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folksonomia, ovvero uno stile di categorizzazione collaborativo, libero e personalizzato,
gestito dagli utenti stessi.
Stickiness vs Syndication: abbiamo più volte accennato al fatto che con il
vecchio WWW i contenuti potevano essere fruiti soltanto sugli spazi web in cui
venivano creati e pubblicati. Quindi, con il termine stickiness si indica la tecnica
utilizzata per tenere “incollati” gli utenti al proprio sito internet. Al contrario, con il
Web 2.0 i contenuti e le informazioni diventano flessibili; essi sono, inoltre, fruibili
anche attraverso canali e spazi web diversi dal sito di pubblicazione. Pertanto si utilizza
il termine Syndication per indicare la distribuzione di contenuti su Internet attraverso
canali come i feed RSS.
1.2 La Meme Map di Tim O ’Reilly
Una delle prime definizioni date da Tim O’Really, per descrivere la nuova
versione del Web, è la seguente: «Il Web 2.0 è la rete intesa come una piattaforma con
tutti i dispositivi collegati; le applicazioni Web 2.0 sono quelle che permettono di
ottenere la maggior parte dei vantaggi intrinseci della piattaforma, fornendo il software
come un servizio in continuo aggiornamento e che migliora con l’utilizzo delle persone,
sfruttando e mescolando i dati da sorgenti multiple, tra cui gli utenti, i quali forniscono i
propri contenuti e servizi in un modo da permetterne il riutilizzo da parte di altri utenti,
e creando una serie di effetti attraverso una “architettura della partecipazione” che va
oltre la metafora delle pagine del Web 1.0 per produrre così user experience più
significative» (O’Reilly, 2005). Con l’obiettivo di rendere sempre più chiaro cosa si
intenda per Web 2.0, dal punto di vista dei design pattern e dei rinnovati modelli di
business, Tim O’Really ha integrato e completato la sua definizione della nuova
versione del Web, affermando che «non ha dei confini chiari, ma, piuttosto, un centro di
gravità. È possibile rappresentare il Web 2.0 come un insieme di principi e di pratiche
che accomunano una sorta di sistema solare di siti, i quali applicano alcuni di tali
principi, ad una distanza variabile dal centro» (O’Reilly, 2005).
Una seconda definizione è la seguente: «Il Web 2.0 è un insieme di tendenze
economiche, sociali e tecnologiche che formano insieme la base per la prossima
generazione di Internet, un più maturo e distinto mezzo caratterizzato dalla
partecipazione degli utenti, dall’apertura e dagli effetti della rete» (O’Reilly, 2006).
Una terza definizione, scritta nel dicembre 2006, è nata in seguito a una
discussione online tra lo stesso O’Reilly e la comunità che si interrogava sul significato
del termine Web 2.0: «Il Web 2.0 è la rivoluzione del business nell’industria
informatica, causata dallo spostamento verso Internet come piattaforma, e da un
tentativo di capire le regole per il successo su questa nuova piattaforma. Il punto
principale tra tutto ciò è questo: costruire applicazioni che sfruttando gli effetti della rete
che migliorano man mano più persone le utilizzano» (O’Reilly, 2006).
L’editore irlandese, inoltre, ha individuato una vera e propria mappa concettuale,
definita Meme Map (fig.1.2), attraverso la quale descrive il nucleo fondamentale del
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Figura 1.2 Meme Map del Web 2.0