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lei della sua fama e popolarità, come si sentiva mentre era una
studentessa presso l'Accademia di Belgrado, cosa sarebbe
successo se fosse rimasta a Belgrado, dove è nata e si è
laureata in pittura (1968), o fosse rimasta a Zagabria dove ha
fatto la sua specializzazione o a Novi Sad dove ha insegnato.
Si, quelli erano tempi diversi, ma anche lei era allora diversa, e
lo è ancora, diversa, da tutti gli artisti che ho fin qui conosciuto.
Un’artista che si definisce “la nonna della performance. Ce ne
sono state cosi tante che non saprei da dove cominciare. Fin
dalla sua adolescenza faceva spesso delle azioni forti, le quali
provocavano uno shock agli spettatori, sia che si trattasse di
sua madre nella camera sua quando marina aveva 12 anni, o di
estranei non ancora abituati ai linguaggi delle gallerie d’arte. Fin
da giovane lei riusciva sempre a coinvolgere la gente,
provocare un giudizio, non lasciando mai nessuno indifferente.
Gli studenti suoi compagni seguivano le sue orme perché la
trovavano coraggiosa e controriformista.
Alcuni anni dopo, quando lei maturò la sua creatività di artista
protagonista della scena internazionale, altri artisti vedranno in
lei stessa la poetica delle sue performance, la gente comune la
troverà fisicamente provocante e provocatoria intellettualmente,
mentre le donne la invidieranno e gli uomini la desidereranno
fortemente. Naturalmente, Marina Abramovic si abbandonerà al
suo carisma espressivo nonché al suo sex appeal con energia
straordinaria ma anche con la sua straordinaria intelligenza nei
comportamenti e nella carriera. Così riuscirà a superare i propri
limiti, spingendosi sempre più avanti e rischiando la propria vita.
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Body Art, una nuova forma espressiva
Body Art il corpo, espressione di un’indissolubile identificazione
tra artista e prodotto artistico, sulla via della ricerca della propria
identità di essere umano sia fisica che spirituale
".... Mi affascina come il corpo subisca mutamenti quando è
sottoposto a stimoli e pressioni di vario genere". (Dennis
Oppenheim)
Prende il nome di Body Art una forma espressiva degli anni '60
(è un movimento tipicamente sessantottino), sorta in Europa e
diffusa poi in America ed in Giappone, in un periodo in cui la
crisi del movimento astrattista e concettualista esigeva un
rinnovamento totale e clamoroso, anche utilizzando, come
spesso accade, le forme della protesta e della provocazione.
Nella negazione completa dei mezzi espressivi già
sperimentati, rifiutati perché divenuti sterilmente incapaci di
rappresentare le esigenze contemporanee, l'artista si rivolge
allo strumento espressivo più elementare ed essenziale, il
corpo umano, spesso il proprio, compiendo una indissolubile
identificazione tra artista e prodotto artistico, sulla via della
ricerca della propria identità di essere umano sia fisica che
spirituale. Mezzo per guardarsi dal di fuori e guardarsi dentro, la
Body Art trasforma artificialmente il corpo per differenziarlo,
ricrearlo secondo nuovi valori, conferirgli una identità unica e
riconoscibile, seppure in modo effimero e transitorio: infatti,
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come per la Land Art e l'Happening, l'opera di Body Art viene
fissata in fotografia, video, filmato, lasciando della sua
esistenza solo prove documentali. Analogie con la Body Art
sono rintracciabili nel contemporaneo Nouveau Realisme , che
ha però maggiori punti di contatto con la Pop Art, e nelle
sperimentazioni di Yves Klein, la relazione più consequenziale
è comunque quella con il Concettualismo: se, come avviene
appunto nell'arte concettuale, l'opera d'arte non è necessaria,
anzi viene abolita, l'attenzione si sposta allora sull'artefice, che
riassume in sé stesso ciò che resta della nozione di arte.
In una performance che non si ripete mai assolutamente
uguale, un attore-esecutore, il body-artist, inseguendo la realtà
nel suo aspetto più strettamente attualistico, esibisce il proprio
corpo teatralizzando un'esperienza fisica che ha nell'artista
stesso il prodotto finale, anzichè creare oggetti artistici,
abolendo categoricamente ogni barriera tra arte e vita, intesa
anche come la vita quotidiana dello stesso artista, non senza
una vena d’ironia e sottile umorismo nella scia della tradizione
pop, seppure in termini più lievi e con un maggior gusto per la
soluzione ad effetto. Nel tentativo di raggiungere anche quel
pubblico che normalmente non frequenta i musei, spesso gli
artisti di Body Art si esibiscono nei luoghi più disparati, un
negozio, un ufficio, la strada, senza alcuna regola, perchè "solo
l'arte può essere rivoluzionaria, e soprattutto quando si riesce a
liberare il concetto d’arte dai suoi significati tecnici tradizionali,
passando dall'arte all'anti-arte, dalla gestualità all'azione per
porla completamente al servizio dell'uomo." (Joseph Beuys). Il
corpo dell'artista simboleggia e sintetizza l'arte secondo il
sillogismo arte=vita, arte=uomo, conferendo all'artista le
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proprietà sciamaniche di un eletto, che non ha bisogno di
creare in quanto intrinsecamente dotato esso stesso di qualità
artistica, spesso rivelantesi attraverso la sofferenza (numerose
le performance che presentano atti violenti autoinflitti). Artisti di
Body Art noti soprattutto in Europa sono Marina Abramovic e
Urs Lüthi, a livello internazionale ricordiamo Dennis
Oppenheim, Bruce Nauman, Gilbert & George, Joseph Beuys, il
più eccentrico e famoso. Non è facile trovare un collegamento
se non logico almeno comprensibile tra questa forma d'arte e la
società in cui si sviluppa, nonostante gli sforzi di molti artisti nel
costruire una giustificazione ed una motivazione al loro operare:
l'abbinamento con i moderni mezzi tecnologici che già negli
anni '70 hanno un grande potere comunicazionale, genera per
esempio la video-art, cercando di stabilire un legame con la
contemporaneità che, in realtà, resta inesistente, a significare
che pare giunta al capolinea la continua tendenza dell'arte a
trasformarsi in qualcos'altro, manifestatasi dall'inizio del '900. Si
scopre così che l'arte non è una frontiera che possa essere
spostata in avanti indefinitamente, come pensavano le
avanguardie di inizio secolo, e che il gioco dell'arte e della
contro-arte può alla fine trasformarsi in una sorta di nichilismo
incapace di trovare nuovi sbocchi, in una crisi che, con fasi
alterne, ancora oggi tormenta l'arte contemporanea.
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Elementi biografici dell’opera
Belgradese, nata nel 1946, ha ereditato dai genitori, due
partigiani che si sono conosciuti e sposati durante la II guerra
mondiale e che hanno divorziato durante il comunismo di Tito, e
dal nonno Patriarca della chiesa ortodossa serba, un’identità
nazionale molto complessa.
Nei tempi quando ancora creava la sua identità d’artista
Abramovic si lascia trascinare nel
mondo della performance. Sulla
strada verso nirvana (artistica)
annunciava un’opera autentica. Agli
inizi s’inppasticcava con i medicinali
contro la schizofrenia, per ore
liberava la memoria con il sistema
associativo, urlava fino ad
esaurimento contro il fon per i capelli,
si tagliava le dita giocando al vecchio
gioco ritmico con il coltello e la mano,
si pettinava istericamente, urlando senza sosta “artist must be
beautiful, art must be beautifful”, si incideva la stella sul
addome con un rasoio, …si è persino iscritta presso il partito
comunista. Finalmente il suo corpo aveva perso la conoscenza
all’interno di una stella incendiata! Una marcante profezione
della scena d’arte belgradese nei tempi della ridefinizione
dell’artistico (corpo) tra l’ideologico (corpo). Le prime
performance negli anni ‘70 dell’Abramovic, a Belgrado,
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Zagabria, Edinburg: concentrata, decisa, coraggiosa, ci dava
senso di fiducia e ci faceva credere che le opere fatte con il
proprio corpo non sono soltanto i giochi o qualche cosa di
passaggio. La sua presenza già all’epoca emetteva energia e
dava una sensazione di magia: l’atto banale come il taglio dei
capelli diventava un rituale e i duri suoni ritmici del coltello tra le
dita spalancate delle mani sul pavimento, ancor oggi, si
rispecchiano come una minaccia, come un consiglio, come il
rumore del terremoto o un fulmine lontano, che stavolta non si e
abbattuto ne su lei ne su di noi. Anche quando beveva le pillole
contro la schizofrenia e controllava i crampi del proprio corpo, e
anche quando le è stato chiesto quali sono i limiti di quell’auto-
aggressività Marina Abramovic ci illuminava
con la sua energia infinita, intensività e
voglia.
Negli anni ’76-’77 i suoi viaggi e le opere
presentate a Napoli, Bologna, Parigi, Kòln,
Dùseldorf, Ginevra,… hanno aperto le porte
davanti a lei e le hanno dato la possibilità di
riavvicinarsi alle culture lontane. Era solo
l’inizio. Quando sembrava di aver gia
raggiunto il culmine d’arte della
performance, dopo gli onori più alti ricevuti,
è tornata alle radici, ma non proprie:radici e
sensazioni della natura e le conoscenze
elementari che indirizzano l’ umanità, alla
unione dell’antico e moderno, della
sensibilità contemporanea e l’istinto
basilare. Oggi i manifesti con delle opere dei
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grandi d’epoca(Marina Abramovic, Nesa Papirovic, Rasa
Todosijevic, …) decorano il palazzo del Centro Culturale
Studentesco.
Coraggiosa e devota, Abramovic è, senza alcun dubbio, una
delle artiste riuscite, con il maggior successo, di ottenere una
perfetta simbiosi tra l’arte e la propria vita. La sua carriera
d’artista e la personale esperienza di vita corrono
parallelamente e assolutamente inseparatamente. Il suo lavoro,
intenso e rischioso, nel campo della performance e body art,
che pratica già dai primi anni ’70, l’ ha trasformata in una delle
più significanti artiste internazionali d’oggi.
Il maggior campo della ricerca e sperimentazione artistica
dell’Abramovic è sempre
stato il suo corpo e la sua
mente. Nelle proprie
performance esplorava
con tanto coraggio e
passione i limiti del dolore,
la resistenza psicologica e
fisica, la paura, isolazione
e solitudine, sempre con la
presenza degli spettatori,
che considerava
partecipanti e in una parte
attivi e fondamentali per il suo lavoro. Non vogliamo l’acqua nel
museo! Con questa motivazione, il Musèe d’Art Moderne de la
Ville di Parigi respinse nel ’75 la proposta di una performance di