Premessa II
facilitarne la fuga. È in quell’istante che la vita ordinaria di una giovane popolana
diventerà un lungo cammino di riscatto, di lotta politica e di conoscenza.
Unica donna iscritta alla Camera del Lavoro e membro del Partito Comunista,
condannata al confino ed al carcere, la Occhipinti verrà accolta al suo rientro con ostilità
e freddezza da parenti e vicini, che non le perdonarono mai l’attiva partecipazione alla
rivolta, e sarà costretta, così, a lasciare, con la figlia Marilena, la città di Ragusa. Esule
prima in Italia, poi all’estero, troverà solamente nella scrittura un momento di catarsi e
di analisi, prima di un passato pieno d’interrogativi ed incomprensioni, poi di una vita
allo stesso tempo quotidiana e straordinaria, quindi di una speranza futura.
Il presente lavoro costituirà, di conseguenza, un tentativo di avvicinamento,
attraverso un approccio critico e tematico, alla ricca ed eclettica produzione narrativa di
una «popolana schietta», soggetta spesso a sbrigative etichette o generalizzazioni
critiche. S’intenderà, perciò, offrire un’analisi dell’intero corpus narrativo di Maria
Occhipinti, attraverso dei percorsi di lettura sulle opere autobiografiche, i racconti iblei
e i componimenti poetici (ancora inediti), cercando di rendere all’autrice l’indiscusso
valore letterario e sociologico, spesso tralasciato a scapito di una visione storica dei fatti
e di una concezione secondo la quale Maria Occhipinti fu esclusivamente una militante
anarchica.
In tale prospettiva l’elaborato si presenterà con una duplice valenza: ricostruire
la figura di Maria, a tutto oggi poco nota, attraverso una ampia panoramica del profilo
biografico, e valorizzare, in particolare, l’aspetto letterario, piuttosto che quello storico
o politico già preso in considerazione da diversi studiosi. Per forza di cose, quindi,
quest’analisi, viene ad assumersi la natura dell’oggetto studiato, proponendosi in tutta la
sua fragilità di ipotesi di un discorso letterario, nel tentativo di trovare una collocazione
critica nell’ampio panorama letterario italiano e un fil rouge, che leghi a posteriori tra
loro le opere.
Con il primo capitolo si cercherà di ricostruire la vita, con un criterio di tipo
cronologico, e analizzare le cause e gli effetti della prima emancipazione della
Occhipinti, nell’inesausto anelito a cercare e a mantenere un rapporto dialogicamente
attivo col mondo.
Nel secondo capitolo verranno prese in considerazione affinità e differenze
letterarie, tematiche, sociali e linguistiche di Una donna di Ragusa e di Una donna
libera, in rapporto al più ampio genere autobiografico.
Premessa III
Col terzo capitolo si porterà alla luce l’aspetto narrativo della scrittrice,
attraverso una disamina delle tematiche e delle strutture portanti de Il carrubo e altri
racconti.
Il quarto e ultimo capitolo cercherà di superare le scontate definizioni di una
Maria Occhipinti ribelle, per avvicinarsi, attraverso l’analisi di alcune delle poesie
inedite, pubblicate in appendice al saggio di Ismène Cotensin,
2
al profilo fortemente
spirituale e caritatevole di una donna, scrittrice ma anche poetessa, rilevandone la
personale concezione umana e divina.
2
Ismène Cotensin, Maria Occhipinti e la rivolta di Ragusa (gennaio 1945). Un percorso intellettuale,
politico e letterario, Sicilia Punto L, Ragusa, 2003.
I Maria Occhipinti Biografia 1
I
PROFILO BIOGRAFICO DI MARIA OCCHIPINTI
I.1 La presa di coscienza di una donna del popolo.
Tracciare la vita di Maria Occhipinti non risulta facile, anche se le sue due
autobiografie, Una donna di Ragusa, pubblicata nel 1957 dalla casa editrice fiorentina
Luciano Landi, e la più recente pubblicazione di Una donna libera, edita nel 2004
presso la Sellerio editore di Palermo, forniscono preziose documentazioni sull’itinerario
formativo di una donna siciliana che diede la vita alla causa dei vinti.
Un semplice ritratto, fornito da Giuseppe Nobile, compendia in poche parole i
lineamenti essenziali di Maria Occhipinti:
Aveva uno sguardo saettante in un volto sereno, capelli crespi e vaporosi
leggermente castani. Le sue parole erano asciutte come i suoi grandi occhi. Non
aveva paura di nessuno, si occupava degli altri e non pensava mai a se stessa.
Dicevano che era stata crocerossina con i rivoltosi e che in un rastrellamento di
giovani si era opposta, gettandosi davanti al camion che li trasportava. Franca e
disinvolta sopportava con animo intrepido gli interrogativi e si accusava,
assumendo la responsabilità di ciò che aveva commesso.
1
Nata il 29 luglio del 1921, Maria Occhipinti fu protagonista ed emblema
indiscusso delle sommosse popolari ragusane che scoppiarono negli anni della seconda
guerra mondiale, tra il dicembre del 1944 ed il gennaio del 1945. Già gli alleati anglo-
americani erano sbarcati in Sicilia, e Ragusa, come le altre città isolane, s’illuse che la
guerra fosse finita e, con essa, la scarsità di generi alimentari. La popolazione
continuava a subire la fame, tuttavia era certa che la situazione stesse cambiando e si
apprestava ad accogliere i reduci dal fronte. Fu allora, verso la fine del 1944, che giunse
una nuova chiamata alle armi:
1
Giuseppe Nobile, Questi miserabili, S.E.I., Genova, 1953, pp. 46-47.
I Maria Occhipinti Biografia 2
...In nome di S.A.R. Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno... entro dieci
giorni vi presenterete al Distretto Militare...Portate con voi gavetta, cucchiaio e
coperta...
2
Bisognava combattere i tedeschi ed i fascisti di Salò che occupavano il centro-
nord della penisola. In risposta, a Ragusa, come in molti altri centri siciliani, esplose
un’insurrezione popolare. Scrive così Giovanni La Terra:
Allo sbigottimento seguì l’indignazione. Nei luoghi pubblici, nei ritrovi, nei caffè,
nei negozi, uno fu il commento, una la risposta: non si parte e, quasi per tacita
intesa, fascisti, antifascisti e separatisti, vecchi, giovani, donne e bambini, si
riversarono sulle strade, si raccolsero nelle piazze, gridando a voce: non si parte,
non si parte.
3
A proposito dei moti ragusani,
4
diversi anni dopo, la Occhipinti spiegherà alla
giornalista Mirella Alloisio come
era difficile, soprattutto per i socialisti e comunisti, accettare di andare a
combattere per la monarchia. Vedendo che nulla era cambiato, che gli alleati
avevano rimesso i vecchi fascisti ai posti di comando, c’era chi non era disposto a
fare altra guerra che non fosse la rivoluzione. Non capirono che il solo modo per
indurli a combattere poteva essere una partecipazione volontaria, sollecitata
appunto dalle sinistre e non un ordine perentorio del governo Badoglio.
5
La mattina del 4 gennaio del 1945, a Ragusa, in un paese che aveva già subito
quattro lunghi e dolorosi anni di guerra, tra Corso Vittorio Veneto e Via IV Novembre,
Maria Occhipinti, all’età di ventitré anni ed incinta di cinque mesi, si stese a terra,
2
Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa , Feltrinelli, Milano, 1976, p. 83.
3
Giovanni La Terra, Le sommosse nel ragusano: dicembre 1944 – gennaio 1945, Sicilia Punto L,
Ragusa, 1980, p.27.
4
Oggi diversi studi, relativi ai moti dei non si parte, hanno dimostrato la vera origine dell’insurrezione,
cioè un profondo malessere della popolazione, spossata dalla guerra e dalla fame. Vedi AA.VV., Rivolta
e memoria storica. Atti del convegno 1945 – 1995: le sommosse contro il richiamo alle armi,
cinquant’anni dopo, Sicilia Punto L, Ragusa, 1995; Giovanni La Terra, Le sommosse nel ragusano:
dicembre 1944 – gennaio 1945, cit.; Luciano Romano Giosuè, Moti rivoluzionari nel ragusano: dicembre
1944 – gennaio 1945, Sicilia Punto L, Ragusa, 1998.
5
Mirella Alloisio, Una donna in guerra, in «Noi Donne», agosto 1981, p. 43.
I Maria Occhipinti Biografia 3
davanti ad un camion militare carico di giovani rastrellati, con l’intento di facilitarne la
fuga.
6
Scoppiò il tumulto. I soldati cominciarono a sparare contro la folla ferendo, tra i
tanti, un giovane comunista: la prima vittima dell’insurrezione. Anche il sacrestano,
Giovanni Criscione, che si era avvicinato ad un soldato per sedare gli animi, fu
barbaramente ucciso da una granata.
7
Questo clima indusse la gente a brandire le armi.
Dopo giorni di violenti scontri che si propagarono in tutta la provincia e oltre, la rivolta
fu repressa spietatamente con l’arrivo della «Divisione Sabaudia». In seguito, un velo
d’oblio calò sui fatti fino alla pubblicazione, nel 1957, del libro Una donna di Ragusa di
Maria Occhipinti. Nel frattempo la storiografia ufficiale tacciò quest’insurrezione quale
evento di rigurgito fascista e tentativo di separatismo.
A tal proposito Laura Barone afferma che
la rivolta contro la chiamata alle armi dei militari aventi obblighi di servizio delle
classi dal 1914 al 1924 comprese, disposta con circolare del Ministero della
Guerra del 23 settembre 1944, non si conciliava con gli schemi creati dalla
propaganda ufficiale, e pertanto non poteva che essere di marca fascista, doveva
essere fascista e quindi andava condannata e (peggio che condannata) rimossa
dalla memoria collettiva.
8
Il moto, per nulla a carattere fascista, era anzitutto una sollevazione
antimonarchica ed antimilitarista, che prendeva origine dal profondo malessere della
popolazione, spossata dalla guerra e sfiduciata da ogni governo, quindi una lotta contro
qualsiasi forma d’ingiustizia, «i giovani gridavano che non erano carne da cannone».
9
La popolazione chiedeva pace, libertà e lavoro.
Popolana d’estrazione, la Occhipinti diventa il simbolo della trasformazione
sociale in atto nel periodo bellico presso le campagne siciliane, interrogando la sua
latente coscienza di ribelle sui quesiti politici e sociali: dall’inferiorità della condizione
femminile all’oscurantismo religioso, dal paradosso della guerra, fonte di sopraffazione,
6
«Allora urlai: Lasciateli! E mi stesi supina davanti alle ruote del camion. Mi ucciderete, ma voi non
passate. Un soldato fece: Passiamoci sopra, non possiamo infrangere gli ordini. Le donne gridarono: È
incinta di cinque mesi, non le fate male per carità! I poliziotti mi rialzarono da terra e cercarono di
convincermi a tornare a casa, che i giovani li portavano al distretto e poi li rilasciavano subito. Ma io
continuai a protestare e a oppormi col mio corpo nel fango della strada», in Maria Occhipinti, Una donna
di Ragusa, cit., p. 88.
7
L’assassinio del sacrestano citato da Maria Occhipinti e da altri testimoni non fu neppure menzionato
nel rapporto ufficiale redatto dal commissario Giuffrè e dal prefetto Naitana.
8
Laura Barone, Maria Occhipinti. Storia di una donna libera, Sicilia Punto L, Ragusa, 1984, p. 31.
9
Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa, cit., p. 86.
I Maria Occhipinti Biografia 4
alle molteplici ingiustizie sociali. Cresciuta nel quartiere chiamato la Russia, perché
freddo e periferico e perché abitato, per la maggioranza, da contadini ed operai di
convinzione socialista, l’infanzia di Maria appare tranquilla, ovattata dalla grossa mano
callosa del padre, per il quale possiede una sconfinata ammirazione.
Dice mia madre che quand’ero bambina avevo un carattere mite e paziente.
Spesso le compagne mi picchiavano ed io non sapendo difendermi andavo a
sedermi sullo scalino della porta di casa e lì, col pollice della mano sinistra in
bocca, rimanevo, delle ore, tranquilla, a succhiare, come per consolarmi della mia
debolezza.
10
Il padre, «muratore a secco […] prendeva in appalto lavori di strade e case
rustiche, pozzi, muretti».
11
Era andato a lavorare per un breve periodo di tempo anche in
Africa orientale, cercando di racimolare del denaro necessario alla famiglia. La madre,
«bravissima nei lavori all’uncinetto»,
12
andava a messa alle quattro e mezza del mattino
perchè «la messa dell’alba è quella dell’anima»
13
e portava in chiesa le figlie con la
promessa della focaccia mangiata «strada strada». Anche la nonna paterna era
religiosissima; ascoltava tutta la messa in ginocchio perché non aveva i soldi per pagarsi
la sedia. La sua infanzia trascorre:
monotona e soffocante. I miei mi trattavano severamente, mai una carezza, mai un
bacio affettuoso. Apparivano sempre carichi di preoccupazioni e di fatiche, come
bestie da soma.
14
A dodici anni, abbandonati gli studi per imparare il mestiere di sarta ed aiutare
economicamente la famiglia, comincia a soffrire di un complesso d’inferiorità a causa di
uno «sfogo» sul viso:
Mia madre non finiva di elogiarmi la bellezza di sua sorella Giovanna ed io mi
sentivo profondamente infelice. Vedendo che le bollicine non scomparivano,
10
Ibidem, p. 40.
11
Ibidem, p. 39.
12
Ibidem.
13
Ibidem, p. 48.
14
Ibidem, p. 51.
I Maria Occhipinti Biografia 5
piangevo, tante volte davanti allo specchio, mi credetti inguardabile e mostruosa,
apparivo ai miei occhi come lo scarto dell’umanità.
15
Tuttavia già da piccola, figlia di una società arretrata ed arcaica, Maria
Occhipinti si sente estranea ai sogni comuni delle compagne che desideravano sposarsi,
avere dei bei figli con i quali passeggiare la domenica accanto al marito e potersi
comprare tanti vestiti ed un orologio da polso. Le sue fantasie d’amore sono ben
diverse, quasi fiabesche, luoghi incantati da scoprire. Presto questi sogni di fanciulla,
nell’adolescenza, evolvono in desiderio di nuove conoscenze. Maria diventa nervosa,
sola ed incompresa:
Cosa volevo, cosa cercavo nessuno poteva capirlo. Ma a me mancava la musica,
l’arte, la poesia. Avevo fame di queste cose […] sconosciute in quel mondo di
primitivi e selvaggi.
16
Per sedare le sue tensioni ed inquietudini, diciassettenne, sposa il figlio di un
vicino di campagna. Tuttavia il matrimonio si rivela diversamente da quello sperato. Il
marito la inganna, ha scappatelle extraconiugali, è analfabeta e non riesce a colmare il
suo bisogno d’affetto. È indicativa la descrizione della prima notte di nozze, dove la
Occhipinti non conosce «né piacere né dolore»; un’esperienza amorosa di rassegnazione
e delusione.
Avevo sognato un uomo saggio, che sapesse rispondere a qualsiasi mia domanda
[…] e trovai invece tenebre, tenebre fitte, un bel manichino analfabeta, incapace
di fare un discorso.
17
Una falsa gravidanza le fa in seguito capire che nemmeno avere la possibilità d’essere
madre è sufficiente per sentirsi donna.
15
Ibidem, pp. 40-41.
16
Ibidem, p. 51.
17
Ibidem. p. 53.
I Maria Occhipinti Biografia 6
I.2 L’emancipazione culturale e politica.
La guerra e la scoperta dei libri determinano l’origine dell’anima politica e
sociale di Maria Occhipinti, e la sete di conoscenza personale segna con precisione «la
spinta ad uscire dal privato».
18
Il primo gesto d’impegno politico è la lettera che Maria decide di scrivere nel
novembre del 1940 a Benito Mussolini, «un uomo giusto, grande e umano», che muove
guerra ai ricchi.
Da giovane ingenua e fiduciosa, scrive per informarlo che un ricco
commerciante era rientrato in città, esonerato dal servizio di leva, mentre il marito e gli
altri continuavano a combattere. «Perché i ricchi possono corrompere i generali e non
vanno a combattere come i poveri?»
19
si chiedeva appena diciannovenne, osservando
con rammarico come anche a Ragusa i colonnelli si comprassero con denaro e
cacicavalli, insieme ai funzionari del municipio, i quali, per far ottenere il sussidio,
«[…] vogliono mangiare». Agli sportelli le lunghe code di donne, chiamate
«lafannare», sempre in giro come zingare, si ripetevano puntualmente tutte le mattine.
Ma alla consegna dei denari scrive:
Per un attimo rimasi con le monete in mano, volevo gridare: No, non li voglio
questi maledetti soldi, voglio mio marito, ridatemi mio marito.
20
Tante domande assillano la sua mente, tutte rivolte a capire il perché della
guerra, delle iniquità sociali, degli abusi e delle corruzioni, e soprattutto non riesce a
capacitarsi del potere del Duce e del Re, uomini come tanti ma così potenti da decidere
di mandare mariti e figli in guerra.
L’autentica rivelazione è offerta dalla lettura. Di libri Maria Occhipinti non ne
possedeva, e d’altronde in quell’epoca anche i vicini, perlopiù contadini, non avevano
libri in casa; spesso non sapevano né leggere né scrivere. Soltanto il medico aveva
esposti tanti volumi in vetrina e Maria sente l’urgenza di leggere e conoscere «il mistero
del governo, la Camera….».
21
18
Laura Barone, Maria Occhipinti. Storia di una donna libera, cit., p. 18.
19
Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa, cit., pp. 53-54.
20
Ibidem, p. 56.
21
Ibidem, p. 58.
I Maria Occhipinti Biografia 7
L’occasione le fu fornita da un avvocato antifascista, amico del nonno. Smarrita
di fronte alla grande biblioteca del legale, la Occhipinti scrive:
Approfittai per avvicinarmi alla scrivania e toccare con mano tremante un grosso
libro impolverato. Lì ci doveva essere il fatto del Re, cos’è il Re e cos’è Mussolini
e come comandano. Toccando quel libro ebbi la sensazione di toccare il Re in
persona. Lì dentro c’era scritto di sicuro tutto quello che desideravo sapere.
22
Si appresta così alla lettura del libro fondamentale per la sua formazione politica
e culturale: I miserabili di Victor Hugo. La tragica sorte di Cosette, di Jean Valjean, i
delitti, le vergogne, le ingiustizie della Parigi di Hugo, bagnano di lacrime gli occhi
ardenti della giovane.
Il libro è una vera scoperta, attraverso la quale comincia «a capire qualcosa della
vita».
23
Gli interrogativi, finora sfuggenti, trovano delle prime risposte, vaghe ed
incerte, che cercano una serena conferma presso l’autorità religiosa.
Maria Occhipinti si reca in chiesa quasi in preda ad una furia erasmiana, con la
speranza di un conforto, di una risposta definitiva alle molteplici domande che la
tormentano, ma l’incontro con Don Giovanni finisce per avvilirla. Il prete, antesignano
d’ideali conservatori, condanna le idee di Maria e la sua lettura, definendo il romanzo
un «libro proibito» e Victor Hugo un «dannato scrittore». Nella volontà imperscrutabile
di Dio, il Re è legittimato nella sua carica assolutistica, mandato da Dio stesso sulla
terra per comandare, mentre Maria non è altro che «un granellino di sabbia di fronte ai
cervelli dei grandi che comandano la nazione».
24
Questo primo scontro con una religione passatista, riflesso di un mondo arcaico
e arretrato, determinerà per la Occhipinti l’approssimarsi della rottura con la chiesa
cattolica e con tutte le false credenze popolane, che relegavano la donna ad un ruolo
passivo, all’interno della società contadina, e che evidenziavano contraddizioni ed
ipocrisie alle quali non volle mai sottomettersi. Il suo spirito libero, infatti, prevarrà su
qualsiasi imposizione rovinosa, sia essa religiosa, sociale, politica o civile. Il tracciato
percorso verso l’emancipazione sarà solitario, ma estremamente coerente.
22
Ibidem, p. 59.
23
Ibidem, p. 61.
24
Ibidem, p. 63.
I Maria Occhipinti Biografia 8
Compresa l’importanza dell’istruzione, unica fonte di riscatto civile, Maria
Occhipinti decide di iscriversi nuovamente a scuola. Come dichiara Laura Barone:
Anticipando un femminismo che in Sicilia si manifesterà solo nei primi anni
Settanta, la Occhipinti si rende conto che per la donna la premessa di ogni forma
di liberazione è nell’istruzione, nella presa di coscienza che non la condurrà ad
una sterile rivalsa contro le figure maschili della sua infanzia e della sua
giovinezza, il padre e il marito, ma alla totale comprensione dei loro errori, da lei
considerati frutto d’ignoranza e pregiudizio.
25
A vent’anni, quindi, frequenta la quarta classe insieme alle orfanelle dell’Istituto
del Sacro Cuore per poi accedere alla scuola media. Tra i banchi studia, con passione
frenetica, analisi logica e latino e legge le innumerevoli parole del vocabolario che la
maestra le fa vedere. Comincia a conoscere anche i misteri del cielo e scrive:
Ricordo che quando sentii per la prima volta che la terra gira intorno al sole mi
sembrò un paradosso. La maestra mi spiegò come gira e riuscì a convincermi ed
ebbi la sensazione di abbracciare il cielo e la terra. Le notti d’estate ci sedevamo
fuori, […] mi trattenevo a guardare le stelle, le nuvole, sapevo cos’erano le nuvole
e avrei voluto studiare sempre geografia, niente storia, niente guerre, stragi e
miserie.
26
Sono anni in cui ha inizio altresì l’impegno politico. Frequenti scontri con il
padre, fautore di Mussolini, mostrano la sua indole ribelle. Già nel 1941, quando il
marito è chiamato in guerra a Cassino, decide di raggiungerlo. Si rende ben presto conto
delle condizioni miserevoli in cui vivono i soldati e dell’autorità indiscussa dei
superiori. Risolve così di rivolgersi al colonnello per denunciare i fatti; è il primo
ingenuo tentativo di ribellione. A causa degli stenti per la fame, Maria perderà dopo
poche ore dalla nascita una prima figlia:
Mi sembrò di impazzire, piangevo disperatamente. Mia madre mi supplicava di
non svegliare le vicine con i miei lamenti. Nemmeno in quell’occasione così
drammatica riuscì a mettere balsamo nel mio cuore, mentre sentivo il bisogno di
25
Laura Barone, Maria Occhipinti. Storia di una donna libera, cit., p. 30.
26
Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa, cit., pp. 65-66. Singolare l’odio di Maria per lo studio della
storia, soprattutto per le guerre che le facevano orrore.
I Maria Occhipinti Biografia 9
essere accarezzata come una bimba. Ma lei seguiva la tradizione, che diceva: Per
essere rispettata i figli si baciano solo quando dormono. […] Nulla la scuoteva
più, tutto per lei era naturale.
27
Poche parole mostrano ancora un ambiente sociale contadino chiuso, determinato da
ottuse convinzioni e da falsi preconcetti.
Unica donna iscritta alla Camera del Lavoro, istituita a Ragusa nel 1944, Maria
Occhipinti decide di esporsi in prima linea contro la guerra. Aderisce al Partito
Comunista, tiene discorsi alle vicine, parla di pace e di giustizia sociale contro una
guerra illogica e senza regole, mostrando grande tenacia e determinazione contro
l’opposizione dei genitori. A tal proposito, diversi anni dopo, dichiarerà:
Ho tenuto subito una conferenza sulla pace; chi mi conosceva è venuto per sentire
che cosa potevo dire io che ero una di loro, che non avevo molta istruzione, come
avevo fatto a capire la politica. Parlai di pace, libertà e lavoro e mi capirono. Da
sola ho reclutato duecento persone alla Camera del lavoro.
28
Con l’avvento degli alleati, lontana da preoccupazioni o paure di denuncia, Maria alza
la voce tra i vicini, propugnando una resa affinché gli americani, già giunti alle porte di
Ragusa (precisamente in contrada Nunziata e Beddio) possano entrare in città da
liberatori, senza alcuno spargimento di sangue. L’arrivo delle forze alleate è accolto con
entusiasmo; gli stracci bianchi sventolano nei balconi e Maria, al passaggio, lancia fasci
di rose in segno di benvenuto.
La speranza in un rinnovamento, che avrebbe fatto «scopa nuova» portando cibo
e giustizia anche per la povera gente, si era accesa nell’animo dei ragusani. Tuttavia ben
presto le prime illusioni s’infransero; nella lunga situazione di degradazione i fascisti
continuavano a spadroneggiare accanto ai nuovi arrivati, mentre il cibo veniva a
mancare. I bambini venivano nutriti con la crusca ed i prezzi del contrabbando
lievitavano.
Le tessere servivano a ben poco e per un mese il municipio si astenne dal pagare
il sussidio alle famiglie dei militari. Maria Occhipinti, inorridita alla vista di tanta
miseria e disperazione, comincia così la sua lotta per le madri e le mogli sfinite dalla
fame.
27
Maria Occhipinti, Una donna libera, Sellerio, Palermo, 2004, pp. 32-33.
28
Mirella Alloisio, Una donna in guerra, in «Noi Donne», cit., p. 43.
I Maria Occhipinti Biografia 10
Ricevuta dal governatore, riesce a liberare un giovane schiaffeggiato e portato in
camera di sicurezza solo per aver protestato verbalmente. Presto le donne si rivolgono a
lei, cercano aiuto e consiglio; Maria
si fa carico di tutta la stanchezza di vent’anni di stenti, di continue guerre, di una
situazione di estrema povertà in un contesto di violento e soffocante autoritarismo,
e diviene la bandiera della rivolta.
29
29
Letizia Giarratana, Ciao Compagna, in «Sicilia Libertaria», XX anno, n. 146, Ragusa, settembre, 1996.
I Maria Occhipinti Biografia 11
I.3 Gli anni del confino e la scarcerazione.
Protagonista della storia e simbolo dell’insurrezione scoppiata con la nuova
chiamata alle armi, Maria Occhipinti lotta in prima linea sbarrando la strada
all’autocarro militare carico di reclute ed ottenendo la loro liberazione. Durante i giorni
di rivolta, tra gli spari degli avversari, soccorre i feriti: studenti, giovani, ma anche
soldati nemici. In seguito, ricercata come sovversiva pericolosa, è costretta alla latitanza
per otto giorni; quindi viene arrestata insieme a molti altri ribelli (fra di essi il marito) e
portata in cella di sicurezza. Lasciato il carcere di Ragusa per il confino, sull’isola di
Ustica trascorre i primi sei mesi di reclusione. Da confinata, senza acqua pulita e con
poco cibo, dà alla luce la piccola Maria Lenina, in povertà ed estrema miseria. Scrive:
Mi rivolsi al commissario per l’autorizzazione a ricevere il corredo da casa. […] e
mi rispose: Lei non può avere nulla, lei che ha lottato per il bene degli altri. Il
bambino nascerà come nacque Cristo, quelli che ne avranno pietà glielo
vestiranno.
30
All’annuncio della fine della guerra (il 7 maggio del 1945), i confinati
organizzarono una manifestazione che riportò grandi echi sulla stampa comunista di
Palermo. Maria Occhipinti sfila in prima fila con in braccio la bimba di due mesi e la
bandiera rossa in mano; fu
allora [che] la polizia temendo da un giorno all’altro una sommossa, pensò con un
pretesto qualunque di mandar via dall’isola i tre agitatori più pericolosi.
31
Uno dei tre è Maria Occhipinti. Insieme alla figlia, con la quale trascorrerà il primo
anno di vita, viene quindi trasferita nel carcere delle Benedettine a Palermo, dove
subisce vessazioni e maltrattamenti a causa del suo comportamento dissidente ai
regolamenti inumani previsti dalle suore. L’esperienza della prigionia amplia le vedute
di Maria Occhipinti, pronta a confrontarsi con dure leggi carcerarie e con le sofferte
storie di vita delle compagne di cella. Si apre ai suoi occhi un mondo femminile
prevaricato dalle brutali regole della società siciliana, fatta di delitti d’onore e di furti
30
Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa, cit., p. 102.
31
Ibidem, p. 105.
I Maria Occhipinti Biografia 12
per fame. Tra le “reginelle” (le prostitute) Maria scopre una difficile condizione
femminile tanto che, afferma Alida D’Aquino, docente presso l’Università di Catania,
il libro diviene quasi un’inchiesta […] offre spunti d’analisi (le considerazioni
sulla “doppia morale”), prospetta, in notevole anticipo sui tempi, forme di
solidarietà femminile tra le donne.
32
All’indomani del referendum del 2 giugno, Togliatti, allora ministro di Giustizia, emanò
l’ordine di scarcerazione, ma a Maria, accusata ingiustamente di reato di estorsione,
viene negata ancora la libertà. Uscirà dal carcere un anno e sei mesi dopo, il 7 dicembre
del 1946, salutata dalle altre detenute con rammarico e affetto.
Nel frattempo un personaggio era entrato prepotentemente nella sua vita, il
giovane comunista ribelle di Gaeta Erasmo Santangelo.
33
La storia di Erasmo si lega
inevitabilmente a quella di Maria. Accomunati dalla lotta contro le ingiustizie, entrambi
maturano una profonda amicizia che porterà la gente a crederli amanti. Attraverso i
discorsi politici, le idee rivoluzionarie e comuniste di Santangelo e la lettura di libri
sulla rivoluzione russa e sull’inquisizione spagnola, Maria aderisce al Partito
Comunista. Confinati insieme ad Ustica, Erasmo Santangelo, con l’accusa di aver
capeggiato la rivolta e incolpato dell’uccisione di un finanziere, fu l’unico perseguitato
dei moti ragusani ad essere condannato a ventitré anni di carcere. Trasferito
all’Ucciardone di Palermo e in seguito al carcere di Rebibbia a Roma, manterrà sempre
i rapporti con la compagna di lotta fino al suo misterioso suicidio in cella.
Dopo la scarcerazione, già tradita dal Partito Comunista, che aveva condannato i
moti di Ragusa di complicità con i fascisti e con i separatisti, Maria si avvicina agli
anarchici, grazie alla conoscenza di Franco Leggio,
Un bel giovane, alto e magro, [che] aveva due occhi neri che esprimevano
intelligenza e portava i baffi folti come un giovane fascista di mia conoscenza,
tanto che pensai fosse un suo amico.
34
32
Alida D’Aquino, Maria Occhipinti, in Sarah Zappulla Muscarà (a cura di), Letteratura siciliana al
femminile: donne scrittrici e donne personaggio, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta, 1987, p. 261.
33
Nell’ampia appendice ad Una donna di Ragusa, Maria Occhipinti scrive diffusamente la storia di
Santangelo, promotore, insieme all’autrice, della rivolta popolare.
34
Maria Occhipinti, Una donna libera, cit., p. 39.