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CAPITOLO 1
Storie parallele: ferrovie in Sardegna e nuove realtà d’uso delle
terre
1.1 La costruzione delle ferrovie in Sardegna
Il 1800, secolo nel quale si colloca la costruzione delle ferrovie in Sardegna, fu un
secolo ricco di sconvolgimenti sociali. Dopo la Rivoluzione francese la borghesia
conquistò il potere in alcuni paesi dell’Europa occidentale, operando grossi
cambiamenti in ambito economico grazie ai capitali che ora era in grado di procurarsi e
grazie agli enormi progressi tecnologici e scientifici.
I maggiori cambiamenti vi furono in particolare nel settore dei trasporti e delle
comunicazioni, con la costruzione delle strade rotabili che portarono ad una riduzione
notevole dei tempi di collegamento tramite le diligenze ed i carri trainati da cavalli. In
Sardegna, a causa della mancanza di strade o alle loro pessime condizioni, persino i
calessi venivano trainati dai buoi e un grande passo avanti per l’isola fu rappresentato
dalla costruzione della Carlo Felice, progettata dall’ingegner Carbonazzi e costruita da
alcuni impresari che in passato avevano lavorato per Napoleone.
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Altra grande invenzione fu quella del motore a vapore, utile sia per i trasporti
marini, sia per quelli terrestri su rotaia, sia ancora per azionare le macchine industriali.
Purtroppo però non tutti i paesi e regioni europee trassero eguali benefici dalla
costruzione delle strade ferrate, essenzialmente per due motivi: per mancanza di capitali
e per il mancato o insufficiente sviluppo della borghesia imprenditrice. Questo causò un
movimento di capitali e di capacità imprenditoriali e tecniche dai paesi in cui vi era un
esubero di tali fattori verso i paesi e regioni nei quali erano assenti, ovvero
dall’Inghilterra, dalla Francia e dalla Germania verso l’Italia(in particolare quella del
sud).
In Sardegna prima del 1861 non era stato costruito nemmeno un metro di strada
ferrata (così come in Umbria, Basilicata, Calabria e Sicilia, mentre nelle altre regioni ne
erano stati costruiti complessivamente 2.520 km. ), sebbene si fosse discusso della
possibilità di una sua costruzione nel 1851 a Sassari, come ci testimonia Arnaldo Satta
Branca. Il giornalista ricorda, infatti, come il canonico Guatierrez propose la costruzione
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, bollettino bibliografico e
rassegna archivistica e di studi storici della Sardegna, Cagliari, 1987, p: 12
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di una “strada di ferro” tra Cagliari e Porto Torres in modo tale da facilitare i cavalli nel
trasporto delle carrozze o dei vagoni e ,in un secondo momento, si sarebbe anche potuto
pensare ad un suo utilizzo per il trasporto a vapore. Guatierrez propose inoltre che la
“Valigia delle Indie”, il famoso treno postale e passeggeri diretto tra Gran Bretagna e
Indie Orientali (istituito nel 1835 ma perfezionatosi con l’apertura nel 1869 del canale
di Suez), mediante un servizio misto marittimo (nella Manica e nel Mediterraneo, ecc.)
e ferroviario (da Calais e Marsiglia o Brindisi), potesse essere imbarcato a Genova e da
qua percorrere per mare il tratto fino a Porto Torres, attraversare tutta la Sardegna e poi
essere rimbarcato a Cagliari. Nell’occasione, sosteneva sempre il Guatierrez, poteva
essere stabilita anche una linea telegrafica P.Torres-Cagliari. Tale proposta venne
accolta dal consiglio comunale di Sassari che stanziò 1000 lire per finanziare il viaggio
a Londra dell’ingegner Bruschetti, che avrebbe avuto il compito di illustrare tale
progetto, ma il tutto si concluse con un nulla di fatto.
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Concreti sviluppi ebbe invece la proposta che fece nel 1860 il marchese di Laconi
Ignazio Aymerich al Consiglio provinciale di Cagliari. Secondo il marchese i due
consigli provinciali di Sassari e Cagliari avrebbero dovuto sollecitare il governo centrale
nella costruzione della linea ferroviaria Cagliari-Sassari-P.Torres con diramazioni a
Decimomannu per Iglesias e ad Ozieri per Terranova(Olbia). Tale proposta venne fatta
propria dal Consiglio provinciale di Cagliari e dal suo governatore Mathieu e accolta dal
consiglio provinciale di Sassari e dal suo governatore Daziani.
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Il compito di redigere il progetto venne affidato ad una società specializzata, la
Baratelli & Co., con la quale venne firmata una convenzione il 10 dicembre del 1860.
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In base a quanto possiamo dedurre dalla traccia pubblicistica del tempo, vi furono delle
forti polemiche. La prima venne portata avanti dai paesi non raggiunti dal tracciato
ferroviario, in quanto questi si sentivano in qualche modo esclusi dai benefici che
l’opera avrebbe portato; l’altra riguardava invece la decisione di assegnare alla società
costruttrice non una somma in denaro da parte dello Stato, ma una parte (200.000 ettari)
dei c.d. “terreni ademprivili” ovvero quei terreni nei quali le popolazioni rurali
esercitavano i diritti di pascolo e di legnatico. La loro estensione totale era di circa
500.000 ettari, cioè un quinto della superficie della Sardegna.
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 13-14
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 14
4
L.Carta, Benjamin Piercy, Quaderni bolotanesi n.13, 1987, p:230
5
L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p:14
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Il Governo decise dunque, con la stipulazione di una convenzione firmata il 14
luglio 1862 dai ministri Sella, Depretis e Pepoli (rispettivamente Finanze, Lavori
Pubblici e Agricoltura) e per conto della società italo-inglese da Gaetano Semenza, di
dare ai concessionari il libero possesso di 200.000 ettari di terreni ademprivili come
rimborso per le obbligazioni sottoscritte, garantendo, inoltre, una volta che le linee
fossero entrate in servizio, un aggio annuale netto di 9.000 lire per chilometro di
ferrovia.
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In realtà la decisione di costruire le ferrovie in Sardegna passò in Parlamento
soltanto perché parve una scorciatoia utile per l'abolizione degli ademprivili: tale era,
infatti, lo scopo fondamentale di Cavour fin dal 1856. Fu proprio lui in qualità di
Ministro delle finanze a proporre il primo progetto di legge per la loro abolizione.
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Le proprietà estensive (di cui i 500.000 ettari di terreni ademprivili facevano
parte) erano state assegnate allo Stato dopo l’abolizione del feudalesimo e formalmente
erano appartenute ai baroni, nei cui diritti era subentrato lo Stato. Tuttavia i diritti di
pascolo e legnatico di cui godeva il popolo non erano stati né estinti né acquistati nel
momento in cui vennero assegnati alla società di costruzione e questo fece sì che la
Compagnia si imbatté nelle resistenze della popolazione locale .
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La convenzione stabiliva inoltre che la società, col versamento di una cauzione di
tre milioni di lire, avrebbe goduto di particolari privilegi come il diritto di prelazione
sulle linee che in futuro si sarebbero diramate da quella principale e all’esenzione per
dieci anni dal pagamento dei diritti doganali per materiali, strumenti e macchinari
importati dall’estero.
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Un capitolato definiva inoltre le caratteristiche tecniche della “strada ferrata e
delle opere d’arte”, precisando che la garanzia chilometrica sarebbe stata assicurata a
partire dal giorno in cui sarebbe stato attivato il servizio viaggiatori e merci e che dopo
99 anni la proprietà dell’intera rete sarebbe passata allo stato, che l’avrebbe potuta
riscattare dopo 30 anni.
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La pretesa da parte dello Stato di prendere possesso di parte dei terreni
ademprivili scatenò le proteste dei democratici sardi che, in polemica coi moderati,
chiesero l’intervento di Carlo Cattaneo. Questi tuttavia non conosceva nel dettaglio la
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L.Carta, Benjamin Piercy, p:230-231, nota 29
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L.Ortu, Aspetti della questione sarda e della questione meridionale. Note sull’abolizione degli
“ademprivi” dal 1856 al 1970, Cagliari, 1981
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 14
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L.Carta, Benjamin Piercy, p:230-231, nota 29
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L.Carta, Benjamin Piercy, p:230-231, nota 29
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questione, ma approfittò del caso sardo per esporre il suo pensiero autonomista.
Cattaneo propose che i terreni ademprivili venissero utilizzati per sovvenzionare opere
pubbliche, dalle quali tutti i sardi avrebbero tratto benefici.
La tesi che alla fine prevalse si rifaceva in qualche modo alla tesi di Cattaneo:
venne infatti deciso di attribuire alla società costruttrice 200.000 ettari di terreni
ademprivili e di cedere i restanti terreni ai Comuni, con l’obbligo di indennizzare i
titolari dei diritti di ademprivio ed alienando i terreni ancora disponibili.
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La convenzione ed il capitolato, dopo una lunga discussione in Parlamento,
costituirono parte integrante della legge 4 gennaio 1863 n.1105, mentre il regolamento
per lo scorporo e l’assegnazione dei terreni venne approvato con Regio Decreto 25
febbraio 1864.
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Sia la convenzione che il capitolato ed il relativo progetto di legge non ebbero
però un iter parlamentare semplice. Dopo l’approvazione della Camera, il progetto di
legge approdò in Senato, dove venne duramente contestato da un esperto di problemi
ferroviari, il senatore Pietro Paleòcapa, il quale sosteneva che la Sardegna, soprattutto
quella dell’interno, avrebbe necessitato piuttosto del completamento della rete
stradale.
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Fu proprio la Sardegna dell’interno che non trasse alcun beneficio dalla
costruzione della ferrovia e anzi subì una perdita a causa dell’impossibilità d’utilizzo dei
terreni ademprivili. Il Comune di Orgosolo, ad esempio, avrebbe dovuto rinunciare a
4.000 ettari di terreni per una ferrovia che passava ben lontana dal suo territorio. Per
questo motivo molti Comuni inviarono al Senato delle petizioni nelle quali veniva
chiesto che il progetto di legge venisse respinto o, in alternativa, che il numero di ettari
ademprivili da consegnare alla società costruttrice venisse ridotto a 100.000 ettari.
Favorevoli al progetto erano invece i Comuni che avrebbero goduto della ferrovia e che
non disponevano di terreni ademprivili, come ad esempio il Comune di Cagliari.
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La discussione coinvolse anche i senatori sardi Serra, Aymerich, Siotto Pintor,
Mameli, Musio, Manno ed un profondo conoscitore della Sardegna, Alberto Della
Marmora. La posizione di questi ultimi due personaggi era molto particolare: il Manno,
nonostante le perplessità sul progetto, pensava che l’Italia unita avesse un debito nei
confronti della Sardegna e riteneva che la ferrovia fosse “un raggio promettitore di
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, , p: 15
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L.Carta, Benjamin Piercy, p:231
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 16
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, bollettino, p: 16
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miglior avvenire” che non doveva essere spento e riteneva che lo Stato avesse il
compito di ridurre le distanze che esistevano tra le varie zone del territorio italiano. Il
Manno sosteneva inoltre che, sebbene inizialmente si sarebbe potuto pensare che la
costruzione della ferrovia fosse un’opera inutile, occorreva tener presente della
prossima apertura del Canale di Suez, che avrebbe garantito alla Sardegna una maggiore
importanza. Secondo il senatore La Marmora occorreva prendere in considerazione la
tesi del senatore Paleòcapa, ovvero come fosse più opportuno per la Sardegna il
miglioramento della rete stradale ma, tuttavia, ricordava come l’isola si fosse commossa
alla notizia della costruzione delle ferrovie in Sicilia e Calabria, senza domandarsi se
effettivamente per queste due regioni non vi fossero delle necessità più importanti. Ciò
nonostante, considerando il fatto che in Sardegna vi erano tanti comuni favorevoli
all’opera, non intendeva disattendere i voti che i sardi gli avevano dato e per questo
decise di sostenere l’iniziativa.
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Nell’autunno del 1862 il gruppo Semenza affidò l’incarico di rivedere e
perfezionare il progetto, stilato nel 1860 dalla Società Baratelli & Co, ad un gruppo di
ingegneri guidato da Benjamin Piercy e, una volta ottenuta la concessione, il gruppo
Semenza la consegnò con annessi obblighi e diritti alla Compagnia Reale delle Ferrovie
Sarde, costituitasi a Londra nel giugno del 1863 e approvata con Regio Decreto l’11
ottobre 1863.
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La Compagnia intendeva, secondo l’atto costitutivo, costruire e gestire
la rete ferroviaria, accrescere il proprio patrimonio(che ammontava a 25 milioni di lire)
emettendo delle obbligazioni ed ottenere e disporre dei 200.000 ettari di terreni
ademprivili nei quali si intendeva, tra l’altro, impiantare delle vaste coltivazioni di
cotone.
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Lo studioso Luciano Carta riporta che “Nello statuto annesso all’atto costitutivo
veniva precisato che la Compagnia avrebbe avuto domicilio legale nella capitale del
Regno d’Italia, sebbene la gestione venisse attribuita al Consiglio di amministrazione
con sede a Londra e composto da Charles Bell e Ippolito Leonino, commercianti di
Londra; Thomas Barnes, John Pender e Henry Roversdale Grenfell, membri del
parlamento inglese. Nessuno di questi appariva tra i capitalisti in un primo tempo
associati a Semenza. Membri italiani del Consiglio erano i marchesi Gustavo di Cavour
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 16
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L.Carta, Benjamin Piercy: p.231
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 17
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e Boylk di Villaflor, il commerciante di Genova Sabino Leonino e il deputato originario
di Anela Giuseppe Sanna.”
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Nel maggio 1864, tramite un decreto ministeriale, vennero approvati i piani per la
costruzione delle 122 miglia di ferrovia, affidata dalla Compagnia ad una società
specializzata, la Smith & Knight & Co. Limited. I lavori iniziarono simultaneamente a
Cagliari, Sassari, Portotorres e Oristano il 20 novembre del 1864
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e vennero impiegati
5000 operai reclutati nelle regioni del Centro-Nord.
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Nelle settimane successive
all’inizio dei lavori sbarcarono in Sardegna 38 navi che trasportavano i materiali utili
alla realizzazione (entro il 1865) dei primi 150 km di strada ferrata, grazie ai quali la
Compagnia avrebbe potuto finalmente incassare 9.000 lire a chilometro, come stabilito
dalla convenzione.
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Sorsero però degli imprevisti a causa della mancata consegna dei 200.000 ettari di
terreno promessi dallo Stato alla Compagnia: lo Stato ne consegnò infatti solo 18.200 a
causa delle resistenze dei Comuni ad economia pastorale che, appoggiati dai privati,
avviarono una sequela di controversie giudiziarie. Altre controversie si aprirono a causa
del fatto che da molto tempo gli agricoltori si erano impossessati delle parti migliori dei
terreni ademprivili e perciò risultava molto difficile riuscire a stabilire quali terreni
potessero essere espropriati e quali no.
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L’annuncio della mancata consegna dei 200.000 ettari, unita ai segnali della crisi
che sarebbe scoppiata in Inghilterra nel 1866, creò seri problemi finanziari alla
Compagnia: le azioni firmate e liquidate solo in parte non fruttarono così come sperato e
non fu nemmeno possibile collocare le obbligazioni emesse.
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Gli operai che dal continente erano arrivati in Sardegna si resero conto che le
promesse che gli erano state fatte erano state completamente disattese, e per questo
indissero uno serie di scioperi ad Oristano, San Gavino, Decimomannu e Cagliari, dove
in seguito a tumulti si registrarono un morto e diversi feriti.
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Nel 1865 i lavori vennero sospesi a causa del pericolo malaria che avrebbe potuto
causare delle vittime tra gli operai e venne deciso che sarebbero ripresi con la fine delle
prime piogge. In realtà però i lavori non ripresero. Vi furono una serie di comizi nei
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L.Carta, Benjamin Piercy: p.231
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L.Carta, Benjamin Piercy: p.232
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 17
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 17
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna p: 17
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 17
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 17
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quali presero parte anche alcuni politici sardi, ma gli operai non furono riassunti e gli
impiegati furono tutti licenziati, tranne il custode dei materiali abbandonati nel cantiere,
tale Antonio Canessa, il quale, qualche anno più tardi, pubblicò un libro dove tra le altre
cose raccontò di aver fatto conoscere Benjamin Piercy al ministro Quintino Sella che si
era recato in Sardegna per completare la relazione sulle miniere, in quanto membro
della Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Agostino Depretis.
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I lavori ripresero nel 1872 quando, in seguito ad una nuova convenzione firmata
il 24 marzo 1869 e approvata dal Parlamento con legge del 28 agosto 1870, venne
stabilito che la Compagnia avrebbe dovuto restituire i 18.200 ettari di terreno che le
erano stati conferiti, ed il governo in cambio avrebbe aumentato la garanzia
chilometrica da 9.000 a 12.000 lire.
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Gli altri accordi stabiliti nella nuova convenzione prevedevano la costruzione
della ferrovia in due tempi: inizialmente sarebbero stati costruiti i tronchi Cagliari-
Oristano, Decimomannu-Iglesias e Porto Torres-Sassari-Ozieri (linee del primo
periodo), ovvero quelli che avrebbero implicato minori difficoltà tecniche e quindi dei
costi più bassi, e in un secondo tempo si sarebbero costruiti quelli che comportavano
maggiori difficoltà ovvero quelli da Oristano ad Ozieri e Ozieri-Terranova (linee del
secondo periodo), per i quali la Compagnia avrebbe usufruito del diritto di prelazione.
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Le negoziazioni per affidare i lavori alla compagnia francese Gouin e Co. fallì,
perciò il contratto d’appalto venne dato alla società Giorgio Bertlin di Torino ma
inaspettatamente i lavori vennero assegnati all’ingegner Piercy, che nel contratto
compariva sia come ingegnere capo della Compagnia concessionaria, sia come
responsabile della ditta costruttrice. Il fatto è riportato dal già citato Antonio Canessa.
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Fu molto probabilmente questa strana posizione del Piercy che consentì all’ingegnere
(assistito dal fratello Robert) di aprire velocemente all’esercizio, nel 1872, dei primi 152
chilometri di ferrovia dei tratti Cagliari-Oristano, Sassari-Portotorres, Decomomannu-
Iglesias e di iniziare i lavori del tratto Sassari-Ozieri.
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Dopo l’interrogazione al Ministro dei Lavori Pubblici del 16 giugno del 1872,
avanzata dal deputato sardo Murgia riguardo alcuni incidenti verificatesi nei tratti
appena aperti al pubblico e alle lamentele della Camera di Commercio di Cagliari sulla
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 18
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 18
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L.Carta, Benjamin Piercy : p.236
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L.Carta, Benjamin Piercy,:p.237
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L.Carta, Benjamin Piercy, p.237
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carenza di vagoni-merci, l’ingegner Piercy rispose con una lettera stampa il 3 luglio
1872 diretta al capo del Genio Civile nella quale, oltre a difendersi dalle accuse, lanciò a
sua volta un’accusa contro alcune lobby locali che, per interessi privati, non
consentivano il progresso dell’isola; in risposta alle critiche avanzate dalla Camera di
Commercio su presunti incidenti sopraggiunti nelle biglietterie delle stazioni, imputò la
causa alla brutta abitudine dei passeggeri sardi di acquistare biglietti all’ultimo
momento, che generavano in questo modo resse e il ritardo della partenza delle
diligenze. Riguardo invece alle critiche sulla scarsa utilità della ferrovia, giacché gli
abitanti dell’interno dovevano continuare a trasportare le derrate sino a Cagliari tramite
il trasporto su carro, Piercy ripose affermando che il motivo della mancata utilizzazione
era da ricercarsi nella mancata attuazione di una valida politica di infrastrutture viarie e
per questo consigliava la costruzione di strade comunali che avrebbero fatto capo alle
stazioni. Egli pensava fermamente che le ferrovie avrebbero consentito lo sfruttamento
delle risorse della Sardegna e lo sviluppo del commercio, ma la condizione necessaria
era la collaborazione di tutti e l’assenza di contrarietà pregiudiziali e disinteressate al
progresso.
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Nel 1872 il fallimento della società Bertlin causò ulteriori difficoltà per la
costruzione delle ferrovie. Si fece così avanti Gaetano Semenza, ovvero colui che era
stato il primo promotore della società. Il 17 dicembre 1872 il Semenza firmò con la
Compagnia un atto pubblico col quale si impegnava a costruire in proprio la linea
ferroviaria. Il 15 maggio 1873 Semenza si aggregò i signori Thomas Donora e William
Morris e, con un altro atto stipulato nella stessa data, indicava un altro socio, ovvero
l’ingegnere Benjamin Piercy, che diventava in questo modo, oltre che ingegnere capo
delle ferrovie, anche azionista della società costruttrice. Il Piercy, essendo l’unico tra gli
azionisti ad operare in loco, divenne ancora più interessato al completamento dell’opera
e venne assistito da Epaminonda Segrè, il membro italiano della Compagnia.
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Le linee del primo periodo, col tronco Sassari-Ozieri, vennero completate e aperte
al traffico nel 1874 (come previsto nella convenzione) con una spesa di 40 milioni di
lire ma le entrate date dai tronchi in esercizio furono inferiori rispetto a quelle previste e
per questo motivo vennero avanzati dei dubbi circa la costruzione delle seconde linee.
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L.Carta, Benjamin Piercy,: p.238
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L.Carta, Benjamin Piercy,: p.239
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L. Del Piano, Benjamin Piercy industriale e imprenditore agricolo in Sardegna, p: 18