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L’obiettivo della presente tesi, svolta presso il Laboratorio di Nanotecnologie
Ottiche dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici (u.o. Messina) del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, è stato quello di montare ed ottimizzare un apparato di
pinzette ottiche per studiare l’intrappolamento ottico di due classi di nanostrutture:
nanotubi di carbonio e nanocilindri d’oro. I nanotubi di carbonio sono considerati tra i
più promettenti successori della tecnologia basata sul silicio, grazie alle loro proprietà
uniche che nascono dal loro carattere di strutture quasi unidimensionali. Tuttavia,
nonostante l’intensa ricerca condotta negli ultimi anni, l’integrazione di tali
nanoparticelle in applicazioni elettroniche non è stata ancora ottenuta a causa della
mancanza di metodi efficienti per la loro manipolazione ed ordinamento su larga scala. I
nanocilindri d’oro hanno delle proprietà ottiche peculiari, una facile chimica di
superficie e una dimensione appropriata per molte applicazioni in biologia molecolare e
medicina. In questo contesto l’intrappolamento ottico di tali nanostrutture, eseguito
anche su larga scala mediante trappole multiple, può rappresentare un metodo
innovativo per colmare il divario tra le micro e le nanotecnologie, con la conseguente
integrazione alle biotecnologie.
La tesi è strutturata come segue.
Nel primo capitolo, verrà descritto il principio di funzionamento delle pinzette
ottiche. In particolare, si analizzeranno le teorie semplificate sviluppate nel caso di
particelle sferiche ed una nuova trattazione, sviluppata di recente, che può essere estesa
a particelle non sferiche. Infine si illustreranno le principali applicazioni delle pinzette
ottiche in campo biologico, fisico e nanotecnologico.
Nel secondo capitolo, si descriverà l’apparato sperimentale realizzato, con
particolare attenzione agli elementi fondamentali necessari all’allestimento di un
apparato di pinzette ottiche. Verranno inoltre illustrate le tecniche utilizzate per ottenere
una trappola stabile ed il sistema di rivelazione della posizione della particella
intrappolata.
Nel terzo capitolo, verrà chiarito il concetto di moto browniano e ricavata
l’equazione di Langevin per particelle sferiche. Verranno inoltre introdotte le funzioni
di correlazione e descritto il metodo che consente di caratterizzare la trappola ottica e
calibrare il sistema di rivelazione semplicemente analizzando il moto browniano a cui
sono soggette le particelle intrappolate.
3
Nel quarto capitolo, dopo aver illustrato la struttura e le proprietà dei SWNT,
presenteremo uno studio sistematico dell’intrappolamento ottico di bundles di SWNT in
diversi ambienti liquidi. Verrà inoltre illustrato un modello, basato su equazioni di
Langevin, che permette la comprensione delle dinamiche browniane di nanotubi
intrappolati otticamente.
Nel quinto capitolo, dopo aver descritto le proprietà e le applicazioni dei
nanocilindri d’oro, discuteremo il ruolo delle risonanze plasmoniche che essi presentano
e che è responsabile del loro intrappolamento ottico. Mostreremo come sia possibile
intrappolare e manipolare sia aggregati che singole nanoparticelle d’oro sfruttando una
radiazione ad una lunghezza d’onda maggiore della risonanza.
4
CAPITOLO 1
LE
PINZETTE
OTTICHE
Le Pinzette Ottiche sono apparati che permettono l’intrappolamento e la
manipolazione di particelle di dimensioni che vanno dalla decina di micrometri alla
decina di nanometri sfruttando un fascio laser fortemente focalizzato. Sin dalla prima
dimostrazione operata da Ashkin et al. nella seconda metà degli anni ottanta, esse sono
divenute uno strumento essenziale come trasduttori di forza nel range dei picoNewton,
per la manipolazione e lo studio di sistemi fisici e biologici. Numerosi esperimenti
hanno dimostrato che in laboratorio è possibile intrappolare particelle non-sferiche,
come cellule, materiale citoplasmatico e, molto recentemente, nanofili di
semiconduttori, nanotubi di carbonio e nanocilindri d’oro. Si accennerà dunque alle
teorie semplificate sviluppate nel caso di particelle sferiche e ad una nuova trattazione,
sviluppata di recente, che può essere estesa a particelle non sferiche. Infine si
illustreranno le principali applicazioni in campo biologico, fisico e nanotecnologico.
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
5
1.1 NOTE STORICHE
Il principio fisico su cui si basa il funzionamento delle pinzette ottiche è l’azione
meccanica della luce sulla materia. Già nel XVII secolo, Johannes Kepler,
basandosi sull’idea che la luce potesse spingere piccole particelle, spiegò
l’esistenza della coda delle comete. In particolare egli teorizzò che la luce solare
causi alla coda delle comete a puntare in senso opposto al sole. Nel caso della
famosa cometa Hale-Bopp sono infatti evidenti due code: una dovuta al vento
solare, ovvero da particelle cariche emesse dal sole, ed una, più diffusa, dovuta
alla pressione della luce solare.
PRESSIONE DI
RADIAZIONE
VENTO
SOLARE
FIGURA 1.1 Le due code della cometa Hale-Bopp. Si tratta della cometa più
luminosa del XX secolo, visibile ad occhio nudo nel 1997. La coda più diffusa è
dovuta alla pressione della luce solare.
Nel 1873, James Clerk Maxwell dimostrò teoricamente che la luce può
esercitare una forza sulla materia (comunemente conosciuta come pressione di
radiazione). Sei anni dopo, Otto R. Frisch fu in grado di deflettere un fascio di
atomi di sodio bombardando il fascio con la luce di una lampada a sodio. Nel
1975, Hansch e Schalow proposero l’idea di usare i laser per intrappolare atomi.
Dieci anni dopo, Steven Chu dei Laboratori Bell fu capace di ottenere un
raffreddamento tridimensionale tramite una tecnica chiamata “optical molasses”
(avrebbe vinto nel 1997 il premio Nobel per la Fisica per il raffreddamento e
l’intrappolamento laser degli atomi con William Phillips e Claude Cohen-
Tannoudji).
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
6
Nel 1970 Arthur Ashkin ai Laboratori Bell, in un esperimento mirato a
riprodurre gli effetti del vento solare, osservò l’esercitarsi di una forza inattesa
su delle sferette di silice di dimensione micrometrica sospese in acqua ed
irradiate con un fascio laser focalizzato. Piuttosto che essere spinte dalla
pressione di radiazione nella direzione di propagazione del laser, le sferette
erano sottoposte ad una forza insospettata che le tirava verso l'asse del fascio [2].
Tale forza, nota come forza di gradiente (gradient force), è la componente della
forza prodotta dal laser in direzione del gradiente spaziale di intensità ed
ortogonale alla direzione di propagazione.
A questo primo esperimento seguì direttamente la realizzazione della trappola
ottica a due laser. In tale configurazione le forze di scattering (scattering force),
ovvero la forze nella direzione di propagazione della luce, vengono bilanciate da
due fasci laser contrapposti e le forze di gradiente concorrono a mantenere
l'oggetto lungo l'asse ottico (Figura 1.2.a). La limitazione di questa tecnica è
abbastanza intuitiva: essendo necessari due fasci laser coassiali, la posizione
della trappola è estremamente statica, per cui risulta impossibile la
manipolazione dei campioni. L'unica operazione possibile consiste nel regolare
la potenza dei due laser in modo da traslare leggermente la trappola lungo l'asse.
Nel 1971, Ashkin realizzò la trappola a levitazione [3], in cui la forza di
scattering viene equilibrata dalla forza di gravità e la forza di gradiente mantiene
stabile il campione (Figura 1.2.b). La limitazione di questa tecnica consiste nella
forza massima applicabile che risulta dell’ordine della forza di gravità. La
trappola è quindi piuttosto instabile e non è possibile muovere il campione se
non lungo la verticale.
FIGURA 1.2 Trappola ottica a) con due fasci contropropaganti; b) a levitazione
ottica.
a)
b)
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
7
L'evoluzione di queste ricerche porta, infine, alla scoperta che con un fascio
laser fortemente focalizzato, è possibile ottenere una forza di gradiente anche
lungo l'asse del laser. In particolare la forza risulta essere diretta verso il fuoco.
Le trappole ottiche a fascio singolo vennero chiamate pinzette ottiche (optical
tweezers) e furono studiate inizialmente per particelle dielettriche da Ashkin et
al. nel 1986 [1]. Da allora l’interesse del mondo scientifico è divenuto via via
crescente per le numerose applicazioni che esse hanno in numerosi ambiti di
ricerca: in biologia, in fisica, in nano-ingegneria.
Nel 1987, Arthur Ashkin et al. per primi applicarono le pinzette ottiche alle
scienze biologiche, utilizzandole per intrappolare un singolo virus del mosaico
del tabacco ed il batterio Escherichia coli [4]. A partire dagli anni ’90, ricercatori
come Carlos Bustamante, James Spudich, e Steven Block furono i pionieri
nell’utilizzo della forza dell’intrappolamento ottico per caratterizzare i motori
molecolari in biologia, che sono macchine biologiche responsabili del
movimento e delle azioni meccaniche all’interno della cellula. Le pinzette
ottiche hanno trovato impiego anche in altre aree della biologia.
Recentemente è stata sviluppata una configurazione di pinzette ottiche molto
interessante per eventuali manipolazioni biologiche in vivo, che si basa
sull’utilizzo di fibre ottiche per l’intrappolamento di particelle [5]. Tale
configurazione rende le pinzette ottiche uno strumento miniaturizzato, versatile e
maneggevole, che può venire impiegato anche nella spettroscopia a raggi X della
singola particella in vuoto.
FIGURA 1.3 Struttura ed immagine SEM di una pinzetta a fibre ottiche [5].
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
8
Oggi le pinzette ottiche trovano numerose applicazioni in diversi campi, non
solo in biologia, ma anche in fisica, in ingegneria. Numerosi lavori si sono
inoltre occupati di stimare le forze esercitate sui campioni, ma solo di recente la
comprensione teorica dell’intrappolamento ottico di particelle ha trovato un
riscontro quantitativo con gli esperimenti.
1.2 TEORIA DELL’INTRAPPOLAMENTO OTTICO
[…]
1.3 APPLICAZIONI DELLE PINZETTE OTTICHE
Oggi la tecnica dell'intrappolamento ottico trova impiego in un ampio campo di
applicazioni, come la biologia cellulare, la fisica della materia condensata (soft-
matter), l’ingegneria dei materiali e la nanotecnologia. Le pinzette ottiche
possono infatti essere usate come un efficace micro-manipolatore, con il
vantaggio di riuscire a catturare e muovere oggetti senza un contatto meccanico
che potrebbe contaminare e danneggiare i campioni. Una delle caratteristiche più
interessanti delle pinzette ottiche consiste nella possibilità di esercitare e
misurare forze dell’ordine dei picoNewton, per cui esse possono essere utilizzate
come trasduttori opto-meccanici.
APPLICAZIONI IN BIOLOGIA CELLULARE
L’importanza delle pinzette ottiche nell’ambito della biologia cellulare fu
evidente già dai primi esperimenti di intrappolamento condotti da Ashkin su
virus, lieviti, batteri e protozoi [4, 6]. Oggi esse rappresentano uno strumento
insostituibile per studiare, manipolare ed effettuare esperimenti micro-meccanici
su cellule e microorganismi, sia in vitro che in vivo. Infatti utilizzando laser con
lunghezza d’onda nel vicino infrarosso (800 nm - 1100 nm), si evita il
fotodanneggiamento e dunque la morte di microrganismi e cellule. La regione
del vicino infrarosso corrisponde ad una finestra di trasparenza, situata tra la
banda di assorbimento di molti cromofori biologici ed il crescente assorbimento
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
9
dell’acqua a lunghezze d’onda più grandi. Diversi studi sono stati effettuati per
investigare il riscaldamento delle cellule intrappolate e da questi è emerso che
poiché le cellule possono essere intrappolate con una potenza di qualche mW, il
danneggiamento dovuto al riscaldamento locale è trascurabile [7].
In moltissimi laboratori nel mondo le pinzette ottiche sono utilizzate per diversi
studi, che vanno dal confinamento ed organizzazione di cellule, al moto dei
batteri, dalla misura di forze (lineari e torsionali) a collisioni tra cellule in
condizioni biologicamente controllate (ad esempio l’adesione tra virus
dell’influenza ed eritrociti in presenza di vari tipi di inibitori), fino
all’alterazione ed interazioni di strutture (membrana cellulare [8], fusione
cellulare, interazione tra globuli rossi e virus).
FIGURA 1.4 a) Le pinzette ottiche intrappolano un globulo rosso sano (sopra) ed un
globulo rosso infetto da malaria da Plasmodium falciparum per analizzarne la
rigidezza [
20
]. b) Fusione di due liposomi portati a contatto con pinzette ottiche.
Grazie ad esse si è potuta misurare la forza con cui nuotano gli spermatozoi ed
effettuare l’inseminazione in vitro [9]. In simbiosi con un fascio laser impulsato
le pinzette ottiche costituiscono uno strumento per la nanochirurgia [10, 11].
APPLICAZIONI IN BIOLOGIA MOLECOLARE
In biologia molecolare, le pinzette ottiche assumono un ruolo centrale per lo
studio delle proteine motrici, quali la chinesina, miosina, dineina, etc.), che
possiedono capacità di produrre movimenti ed applicare forze dell'ordine del
piconewton. Il movimento avviene lungo filamenti proteici (actina o
microtubuli), che fungono da strade sulle quali i motori molecolari ‘camminano’
a passi nanometrici. L'energia necessaria a svolgere tale lavoro è usualmente
fornita da un ciclo di reazione chimica nel quale una molecola di ATP
a)
b)
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
10
(Adenosin-Tri-Phosphate) viene decomposta nei suoi componenti. Gli
esperimenti si eseguono sulle singole molecole della proteina in esame che
vengono accoppiate a sfere di latex. La sfera, attraverso le pinzette ottiche,
viene portata in un filamento proteico e, dopo l’arresto del laser, si osserva il
movimento della sfera lungo il filamento con un video-microscopio. La forza
esercitata da una singola molecola può essere direttamente misurata valutando
la minima potenza laser necessaria per fermare la sfera [12].
Diversi studi sono stati condotti anche sull’acido ribonucleico (RNA) e
sull’acido desossiribonucleico (DNA). Numerosi lavori sono stati svolti per
determinarne le proprietà reologiche e meccaniche di filamenti di DNA,
ottenendo un modello del sistema utile per studiare il complesso comportamento
dinamico dei polimeri.
FIGURA 1.5 Le pinzette ottiche impiegate nello studio della posizione della RNA
polimerasi (pRNA) e della forza esercitata nel processo di replica [13].
APPLICAZIONI IN FISICA
In fisica, la possibilità di esercitare forze dell’ordine dei piconewton su particelle
micrometriche e nello stesso tempo di poter controllare la posizione delle stesse
con precisione nanometrica rende le pinzette ottiche applicabili nello studio della
fisica dei colloidi, della microreologia [14] e nel campo della fisica della
materia condensata.
Le dispersioni colloidali monodisperse sono sistemi costituiti da oggetti identici
dispersi in soluzione liquida. La possibilità di controllare la posizione del
singolo colloide mediante tecniche di intrappolamento ottico, combinata con
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
11
tecniche di imaging ottico avanzate, rappresenta un metodo di indagine
innovativo.
FIGURA 1.6 Trasformazione della configurazione pentagonale a) di 26 particelle
colloidali di 1µm di diametro in una configurazione circolare c) utilizzando pinzette
ottiche oleografiche dinamiche.
La possibilità di controllare la morfologia e la composizione chimica rende i
colloidi interessanti per le applicazioni fotoniche e elettroniche. Ad esempio
sono state utilizzate matrici di particelle colloidali per creare nanostrutture
impiegate come maschere per litografia [15].
APPLICAZIONI IN NANOTECNOLOGIA
Uno degli aspetti più innovativi delle Pinzette Ottiche è il loro utilizzo per la
manipolazione, la rotazione controllata e l’assemblaggio di nanostrutture quali
nanotubi di carbonio, nanofili e nanocilindri d’oro.
FIGURA 1.7 Immagine di nanofili di niobato di potassio realizzata tramite tecniche
di microscopia elettronica a scansione. Essi esibiscono una efficiente generazione di
seconda armonica e vengono utilizzati come sorgenti di radiazione laser coerente
nel visibile [16].
a) b) c)
CAPITOLO 1 – LE PINZETTE OTTICHE
12
Recentemente è stato dimostrato che è possibile traslare, ruotare, tagliare,
fondere ed assemblare nanofili di semiconduttore mediante l’utilizzo di pinzette
ottiche olografiche [17]. Attraverso la tecnica delle trappole ottiche olografiche è
possibile creare centinaia di trappole ottiche controllate indipendentemente che
possono manipolare oggetti, quali sono i nanofili, nelle tre dimensioni.
FIGURA 1.8 Rombo costruito da nanofili di semiconduttore utilizzando pinzette
ottiche olografiche. a) Un nanofilo è traslato verso una struttura precedentemente
creata intrappolando e fondendo due nanofili. b) il nanofilo lungo è poi tagliato con
uno scalpello ottico pulsato. c) il risultante pezzo di nanofilo è traslato per
completare parzialmente la struttura. d) la struttura fluttuante è completata
fondendo entrambe le estremità del quarto nanofilo [18].
I nanofili di semiconduttore stanno emergendo infatti come elementi di base per
l’assemblaggio e la fabbricazione di un ampia gamma di dispositivi
nanoelettronici e nanofotonici [18]. La manipolazione ottica di tutte le
nanostrutture elencate apre la via all’ingegnerizzazione di nuovi dispositivi con
nuove caratteristiche ottiche, elettroniche ed optoelettroniche.
13
BIBLIOGRAFIA PREVIEW
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force optical trap for dielctric particles, Opt.Lett. 11, 288 (1986).
[2] A. Ashkin: Acceleration and trapping of particles by radiation pressure, Phys. Rev Lett. 24,
156-159 (1970).
[3] A. Ashkin, J.M. Dziedzic: Optical levitation by radiation pressure, Appl. Phis. Lett. 19,.283-
285 (1971).
[4] A. Ashkin, J.M. Dziedzic, T. Yamane: Optical trapping and manipulation of viruses and
bacteria, Science 235, 1517-1520 (1987).
[5]C. Liberale et al., Miniaturized all-fiber probe for three-dimensional optical trapping and
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[6] A. Ashkin, J.M. Dziedzic, T. Yamane: Optical trapping and manipulation of single cells
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Evidence for localized cell heating induced by infrared optical tweezers. Biophys. J. 68:2137–
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Fertilization of bovine oocytes induced solely with combined laser microbeam and optical
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14
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[18] P. J. Pauzauskie et al, “ Optical trapping and integration of semiconductor nanowire
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