6
Il nostro lavoro è diviso in quattro capitoli, il primo dei quali cerca di descrivere, giustificare e
delimitare il nostro oggetto di studio. Si propone inoltre qui un quadro teorico, che rappresenta un
insieme di riflessioni preliminari imprescindibili che contestualizzano il nostro studio all’interno
della Traduttologia. Da un lato, si chiarisce il concetto di autotraduzione, la pertinenza del termine
utilizzato e la sua contestualizzazione teorica; dall’altro si cerca di scendere nei particolari e di
riferire tale questione alle considerazioni che ad oggi stanno nascendo.
Nella secondo capitolo, si accenna al profilo dello scrittore Manuel Puig, alle sue esperienze di
vita e alle opere scritte e pubblicate, cercando di concentrare l’attenzione principalmente alle
condizioni esistenziali, e creative, che hanno portato Puig alla scrittura di Eternal curse on the
reader of these pages. Dopo un breve accenno alla fabula del romanzo, si tenta di esporre il
complesso problema filologico che gira intorno alla creazione dell’opera, della relativa
autotraduzione e della sua pubblicazione. Nell’ultima sezione di questa seconda parte viene inoltre
spiegata e motivata la scelta di considerare la versione inglese come il testo originale e quella in
spagnolo come il testo d’arrivo.
Il terzo capitolo rappresenta il cuore dell’intero lavoro svolto, ovvero l’analisi comparativa delle
due versioni, prototesto ed autotraduzione, del romanzo di Puig. Dopo aver speso qualche parola
per spiegare lo schema d’analisi seguito, verrà mostrata la posizione dell’autore rispetto alle due
“opere”, partendo da una visione generale d’insieme di tutto il testo, fino a concentrare l’attenzione
su un solo specifico capitolo.
4
Tale capitolo, il XII, è analizzato sul piano generale, attraverso un
riscontro di matrice: vengono quindi esposti e commentati tutti i casi di omissione, ampliamenti e
spostamenti di parti di testo. Successivamente, invece, si passerà a studiare dettagliatamente le
variazioni a livello sintattico e lessicale, tralasciando però le questioni culturali che non sono state
rilevate in questo testo.
Attraverso l’insieme di questi dati sarà poi possibile trarre alcune conclusioni, nell’ultimo
capitolo, sulla strategia di autotraduzione seguita da Puig (oltreché sull’opera in sé, sul rapporto che
l’autore ha con questa e sulla questione dell’autotraduzione più in generale).
4
Converrà forse esplicitare che l’analisi più sistematica e puntuale del testo è stata circoscritta esemplificativamente al solo
capitolo XII per via dei limiti d’estensione ai quali deve attenersi la tesi triennalistica.
7
1. L’autotraduzione letteraria
1.1. Autotraduzione: definizione e contestualizzazione teoria
L’area dove la straconosciuta sentenza “traduttore – traditore” ha più forza è, senza dubbio,
quella della traduzione letteraria. Durante tutta la storia della letteratura, attraverso l’analisi delle
caratteristiche delle traduzioni dei testi letterari, sono emerse accese polemiche sulla questione della
fedeltà del traduttore rispetto al testo originale, e molti sono stati gli intellettuali che si sono battuti
per la difesa del “sacro” originale sostenendo, ancor’oggi, l’importanza insostituibile dell’autore e
rilegano la traduzione e il traduttore stesso ad una posizione decisamente secondaria. In questo
senso si potrebbe trovare una forma, forse l’unica, di superamento di tale stato nella situazione dello
scrittore che realizza la propria traduzione, cioè che si autotraduce. Così dicendo la questione della
fedeltà all’originale sembrerebbe scomparire, visto che l’autore svolge il doppio ruolo di scrittore e
traduttore, e i due testi, il sacro originale e la traduzione, acquisterebbero lo stesso valore in quanto
frutto di un unico genio.
La pluralità di esperienze a riguardo, non risolve quello che può essere chiamato “il problema
della traduzione”, al contrario evidenzia un aspetto fondamentale dell’attività di scrittura, ovvero le
strette relazioni che ogni scrittore ha con le lingue con cui si esprime, le quali a loro volta
determineranno le caratteristiche della nuova versione dell’opera. Risulta perciò evidente che ogni
autore concepisce in maniera differente e secondo la propria esperienza la complicata operazione
dell’autotraduzione.
La definizione che solitamente viene presa in considerazione, è quella data nel 1976 da Anton
Popovic: «Self-translation is the translation of an original work into another language by the author
himself»
5
.
Col passare degli anni l’autotraduzione è diventata un fenomeno sempre più frequente e molti
sono gli studiosi che si sono interessati all’argomento cercando di darne definizioni “scientifiche” a
5
Definizione citata durante l’intervento di Valentina Mercuri, dell’Università Autonoma di Barcellona (Spagna) “Dove va
l’autotraduzione”, per il convegno “La ricerca nella comunicazione interlinguistica: modelli teorici e metodologici”, Macerata, 1-2
Febbraio 2008 (atti da pubblicare).
8
livello traduttologico. Si possono trovare riferimenti nel Dictionary of Translation Studies curato da
Mona Baker, sotto la denominazione “Auto-translation”, o nell’ Encyclopedia of Literary
Translation into English .
Le pubblicazioni inerenti a questo tema sono cresciute in maniera esponenziale negli ultimi
tempi, sembra infatti che la comunità scientifica abbia iniziato ad interessarsi veramente
all’autotraduzione. Oltre ai testi prima citati, le principali riviste specializzate in traduzione vi
hanno dedicato di recente interi numeri monografici, come ad esempio il 210 della rivista di
letteratura spagnola “Quimera” (2002), il numero della rivista francese “Que-sais-je” pubblicato nel
2003, il 25 della rivista britannica “In Other Words. The Journal for Literary Translator” (2005), o
il recentissimo numero 7 della rivista “Atelier de Traduction” (2007), pubblicato grazie alla
collaborazione del gruppo di ricerca Autotrad con l’Università di Stefan cel Mar, presso Suceava in
Romania. L’anno 2006 ha visto finalmente nascere il primo libro totalmente dedicato
all’autotraduzione: ”La (auto)traducción como mediación entre culturas” di Gema Soledad
Castillo Garcia, pubblicato dall’Università di Halcalá Henares. É curioso notare come il titolo di
questo testo si riferisca all’autotraduzione come traduzione mediante un astuto ed efficace gioco di
parentesi: (auto)traduccion.
Come ricorda Helena Tanqueiro
6
, tutte le spiegazioni che fino ad oggi sono state date
dell’autotraduzione sono volte a specificare che si tratta di un processo traduttivo a tutti gli effetti.
Il teorico Rainier Grutman definisce l’autotraduzione come «the act of translating one’s own
writings or the result of such an undertaking»
7
, riferendosi quindi, sia al procedimento di traduzione
che al risultato di questa operazione, ovvero l’opera autotradotta. Questa è una definizione esatta,
benché sia più completa quella di Francesc Parcerisas, che descrive l’autotraduzione come il
processo attraverso il quale un autore converte la propria opera in un’altra lingua, sottolineando
l’eccezionalità di questa pratica, vale a dire riferendosi ai privilegi di cui godono gli autotraduttori,
una categoria di autori di opere che al momento della traduzione, hanno il pieno diritto a livello
creativo.
8
Parcerisas rafforza quindi il carattere traduttologico dell’autotraduzione, evidenziando
allo stesso tempo il margine di differenze che intercorre tra l’autotraduttore e il traduttore
professionista. Questo margine di piena libertà ed autonomia sul testo, è senza dubbio cioè che
rende speciale l’autotraduzione.
6
Helena Tanqueiro è una delle principali studiose che sino ad oggi si sono occupate di autotraduzione. Fa parte del gruppo
Autotrad dell’Università Autonoma di Barcellona, ed è grande sostenitrice dello studio del fenomeno dell’autotraduzione nell’ambito
della Traduttologia.
7
R.Grutman, “Auto-translation”, in Routledge Encyclopedia of Translation Studies, a cura di Mona Baker, Uk. International
Ltd., Padstow, Cornwall, 1998, p. 17.
8
Si veda, F. Parcerisas, “Sobre la autotraducción”, Quimera, 210, 2001/2002, pp. 13-14.
9
A questo proposito Helena Tanqueiro afferma che l’autotraduzione è una forma di traduzione
privilegiata
9
. In primo luogo perché partendo dalla concezione di “Lettore Modello” di Umberto
Eco
10
, il traduttore è un lettore “sui generis”, e come tale «debe ser un lector extraordinario, que
trate de acercarse lo más posible a la comprensión total del texto»
11
. Egli è per tanto un lettore
privilegiato, poiché come autore dell’originale si trova in una posizione favorita rispetto all’opera e
«nunca malinterpretará al autor»
12
. Grazie al suo bilinguismo e biculturalismo riesce ad annullare le
difficoltà di comprensione ed espressione che possono influire in ogni normale operazione
traduttiva. Per di più la Tanqueiro, considera l’autotraduttore come autore “sui generis” grazie alla
sua doppia condizione di autore sia nella lingua di partenza che in quella di arrivo, che gli permette,
a differenza di un qualsiasi altro traduttore professionista, «unas libertades que no se pueden
permitir los demás traductores»
13
, e come aggiunge Anton Marí, libertà che un qualsiasi traduttore
non potrebbe prendersi senza essere accusato di “tradimento”
14
. A questo punto l’autotraduzione si
sottrae realmente da tutto quel sistema di questioni sulla fedeltà o infedeltà traduttiva con cui ogni
traduzione è costretta a confrontarsi, poiché la traduzione d’autore prevede una componente troppo
alta di creatività e di libertà di traduzione.
Così dicendo l’autotaduzione oscillerebbe tra il letterario (come (re)scrittura “sui generis”) e il
traduttologico (come traduzione “sui generis”): uno spazio platonico dove letteratura e traduzione si
mescolano tra loro. In realtà si tratta di una questione che sta principalmente all’interno del campo
della traduzione, poiché all’autore/traduttore non vengono richieste qualità da autore (che già
possiede come tale) piuttosto quelle proprie dell’altro ruolo
15
. Ciò non esclude tuttavia la pertinenza
dell’autotraduzione anche al campo letterario, dove l’autore ha la possibilità di (ri)creare ciò che è
stato già fatto all’interno di certi limiti.
Come più volte è già stato ripetuto, l’esercizio dell’autotraduzione risulta essere un’esperienza
completamente personale, non soltanto per quanto riguarda le ragioni che spingono uno scrittore a
muoversi in tale direzione, ma soprattutto per la forma in cui ogni autore concepisce quest’attività.
Difatti alcuni autotraduttori dichiarano che l’autotraduzione è un momento di riscrittura integrale
9
Si veda, H. Tanqueiro, “Un traductor privilegiado: el autotraductor”, Quaderns. Revista de traducció, 3, 1997, pp. 19-27, ed.
elettronica, http://ddd.uab.es/pub/quaderns/11385790n3p19.pdf.
10
«Para definir la especificidad de este “lector sui géneris”, en la traducción literaria, podríamos adaptar los conceptos que
Umberto Eco desarrolla en su obra Lector in Fabula sobre la pareja Lector Modelo y Autor Modelo. [...] Es, dice Eco riferiéndose al
lector modelo, “un lector-tipo que el texto no sólo prevé como colaborador, sino que incluso intenta crear”». Si veda, H. Tanqueiro,
“Un traductor privilegiado...”, cit., p. 20.
11
V. García Yebra, Teoría y práctica de la traducción, Madrid, Gredos, 1977, p. 32.
12
H. Tanqueiro, “Un traductor privilegiado...”, cit., p. 21.
13
Ibid., p. 22.
14
A. Marí, “La autotraducción: entre fidelidad y licencia”, Quimera, 210, 2001/2002, pp. 15-16.
15
«Así, en general, se limitan las tareas que requieren competencias del otro rol, el del traductor, aunque en este caso el traductor
sea un traductor sui géneris por su conocimiento de la obra orignal». Si veda, H. Tanquiero, “Un traductor privilegiado…”, cit., p.22.
10
del testo originale, mentre altri sostengono che al momento di realizzare la traduzione della propria
opera cercano di non cambiare nemmeno una virgola del testo di partenza. Nella pratica
dell’autotraduzione, come in quella della traduzione stessa, esistono pertanto due principali
attitudini: la traduzione (ri)creativa o quella letterale.
Tra tutti gli scrittori che hanno seguito la strada della letterarietà nel tradurre la propria opera si
può citare il famosissimo Vladimir Nabokov. Egli credeva fermamente che soltanto la traduzione
letterale può essere considerata una buona traduzione, aggiungendo che «who does not translate
literally is a liar»
16
. Quando si cerca di prestare la massima fedeltà al testo, molti autori optano per
l’opzione proposta da Venuti di “avvicinare il lettore all’autore”, o meglio per usare un suo termine,
di utilizzare il metodo della traduzione “estraniante”
17
; ciò fa si che le modifiche fatte sul testo
rispondano solamente a principi di tipo stilistico evitando qualsiasi forma di adattamento culturale.
A onor del vero oggi giorno, la tendenza più comune è quella che porta l’autotraduttore a
riscrivere la propria opera. Questo è di fatti il caso della scrittrice marocchina Carme Riera, che
considerando intraducibile la letteratura
18
, preferisce fare una nuova versione del testo e riscriverlo
in un’altra lingua. O come il catalano Alfredo Conde che nel tradurre le sue opere confessa di
continuare in qualche modo il processo creativo avviato col testo di partenza, ammettendo quindi
che le sue traduzioni sono sempre delle riscritture, «una nueva versión basada en el hecho de como
que el texto era mío yo podía hacer con el lo que me viniese en gana. [...] Puesto que nadie puede
saber mejor que yo lo que quiero decir, nadie más capacitado que yo para reelaboralos, pues ya se
sabe que en un idioma se expresan sentimientos que en otro son inexplicables».
19
Coloro che
scelgono di usare la libertà di traduzione, che gli è permessa in qualità di autori, si allontanano dalla
concezione di traduzione letterale, modificando liberamente il nuovo testo con sostituzioni,
omissioni, o ampliamenti. Il risultato della traduzione è un testo approssimato all’originale, ma non
identico, e come molti studiosi affermano bisognerebbe piuttosto pensare che tra due varianti di uno
stesso testo, il vero originale sia costituito dall’unione di entrambi le versioni.
20
16
G.S. Castillo García, La (auto)traducción como mediación entre culturas, Alcalá Henares, Universidad de Alcalá, 2006, p. 95.
17
L. Venuti, L’invisibilità del traduttore: una storia delle traduzioni, Roma, Armando, 1999.
18
La stessa afferma che «Para mí la literatura es intraducible. Entiendo la literatura, y concretamente la novela, que es mi campo,
como la creación de un mundo autónomo mediante la manipulación lingüística y me parece imposible reproducir dicha
manipulación. [...] Todos esos aspectos: sonoridad, musicalidad de ciertas palabras, determinadas denotaciones y connotaciones,
ciertas resonancias, desaparecen como por ante de magia cuando traducimos. Traducir es, sin duda, perder». Si veda, C. Riera, “La
autotradución como ejercicio de recreación”, Quimera, 210, 2001/2002, pp. 10-11.
19
A. Conde, “La autotraducción como creación”, Quimera, 210, 2001/2002, p. 24.
20
Di conseguenza non esiste più il sacro originale che prevale sulla traduzione, ma entrambi le versioni hanno lo stesso status
poichè vengono dalla stessa persona, cioè l’autore. A questo proposito Benjamin disse «self-translation is no longer an approximation
of the original, nor a duplication, nor a substitute, but truly a continuation of the work , of the working of the text». Si veda, G.S.
Castillo García, La (auto)traducción como..., cit., p. 101.