Made in Italy nel settore agroalimentare
Caso di studio: “F. Divella S.p.A.”
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CAPITOLO 1: ORGANIZZAZIONE AZIENDALE E IMPATTO SUL TERRITORIO
1.1 Definizione di impresa
Secondo la nozione civilistica è imprenditore chi esercita professionalmente
un’attività economica organizzata al fine della produzione di beni o dello scambio
di servizi (art. 2082 c.c.).
Pertanto l’impresa si annovera come un’attività produttiva caratterizzata da un
determinato oggetto (produzione o scambio di beni o servizi) e da specifiche
modalità di svolgimento, quali: l’organizzazione, secondo cui l’azienda è un
complesso di beni organizzati dall’imprenditore (art. 2555 c.c.); l’economicità,
ossia il fine economico dell’impresa stessa; la professionalità, per cui si necessita
della specializzazione professionale e dell’esercizio continuativo di tale
professione da parte dell’imprenditore.
Sotto il profilo economico l’attività d’impresa prevede che per il suo svolgimento
venga adottato il metodo economico, criterio attraverso il quale l’azienda, tesa a
procacciare le entrate remunerative di fattori produttivi, copre i costi con i ricavi,
assicurandosi una garanzia di autosufficienza economica.
Un altro elemento che concorre a caratterizzare l’economicità dell’attività è
l’assunzione del rischio d’impresa, ovvero l’incertezza del risultato economico
dell’attività intrapresa.
Le imprese si classificano in classi omogenee in base all’oggetto dell’attività
svolta, alla dimensione e alla loro natura giuridica.
Per quanto concerne l’attività svolta, l’imprenditore può essere imprenditore
agricolo, commerciale o civile.
È imprenditore agricolo colui che esercita attività diretta alla coltivazione del
fondo, alla selvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività a queste connesse
(art. 2135 c.c.). Le attività agricole per connessione si dividono, inoltre, in due
categorie: una prima categoria prevede la conservazione, la manipolazione, la
trasformazione e la commercializzazione di prodotti ottenuti prevalentemente
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dall’attività agricola essenziale, una seconda categoria prevede la produzione di
beni o servizi con l’uso prevalente di attrezzature normalmente impiegate
nell’attività agricola esercitata.
Ai sensi dell’art. 2195 c.c., è considerato imprenditore commerciale colui che
esercita attività industriale diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi
e che svolge una funzione intermediaria nella circolazione di beni. In
conseguenza a ciò, si specificano ulteriori categorie tra cui: imprenditore con
attività di trasporto di cose o persone, imprenditore con attività bancaria o
assicurativa e imprenditore con attività ausiliaria alle precedenti (es.: attività di
agenzia, di mediazione, di deposito, di pubblicità commerciale e di marketing).
Le imprese civili, pur non essendo specificatamente previste dal legislatore, sono
classificate come coloro che producono beni o servizi senza la trasformazione di
materie prime nel processo produttivo (es.: imprese minerarie o di pubblici
spettacoli).
Spostando l’attenzione sulla dimensione dell’impresa, il legislatore individua la
figura del piccolo imprenditore. È considerato tale il coltivatore diretto del fondo,
l’artigiano, il piccolo commerciante e colui che esercita un’attività professionale
organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della sua
famiglia (art. 2083 c.c.). Oltre a ciò la legge fallimentare, art. 1, pone dei limiti
quantitativi per l’individuazione della figura del piccolo imprenditore: egli non
deve prevedere degli investimenti in azienda superiori a 300.000 Euro e ricavi
lordi in media degli ultimi tre esercizi di 200.000 Euro. Se uno di questi due limiti
viene superato, egli non è considerato piccolo imprenditore ai fini del fallimento.
Infine, ulteriore classificazione viene svolta in base alla natura giuridica
dell’imprenditore: impresa individuale, impresa societaria e impresa pubblica.
Si parla di impresa individuale quando il soggetto giuridico è una persona fisica
che risponde con i propri beni delle eventuali mancanze dell'impresa ed è
concettualmente simile all’impresa familiare o coniugale.
L’impresa societaria è una forma associativa tipica che prevede l’adozione di vari
tipi sociali. La forma societaria viene liberamente scelta dai soci in base alle loro
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esigenze ed è possibile la migrazione da un tipo ad un altro mediante il processo
di trasformazione. Una classificazione consiste nella suddivisione in base
all’attività svolta, a tal proposito si distinguono le società semplici, che esercitano
attività non commerciale, dalle società “commerciali”.
Un’ulteriore classificazione consiste nel suddividere le società di persone (società
semplici, S.n.c., S.a.s.) dove forte è il carattere personale della società stessa e
che prevede la responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali (limitata
solo per i soci accomandanti delle S.a.s.), dalle società di capitali (S.p.A., S.r.l.,
S.a.p.A.) che presenta una spersonalizzazione dei soci rispetto all’esercizio
dell’attività di impresa e la loro responsabilità limitata ai conferimenti apportati
per le obbligazioni sociali. Diverse si presentano le società cooperative, la cui
caratteristica principale si individua nello scopo mutualistico dell’impresa, ovvero
di offrire ai soci beni, servizi e prestazioni di lavoro a condizioni più vantaggiose
di quelle offerte dal mercato.
Anche l’impresa pubblica può adottare diverse forme. Può essere costituita come
strumento accessorio dell’attività svolta dalla pubblica amministrazione, nascere
per esercitare l’attività di impresa vera e propria (enti pubblici economici)
oppure può essere svolta servendosi di strutture di diritto privato, attraverso
l’acquisizione di partecipazioni in società per azioni (società a partecipazione
pubblica) (Campobasso, 2006).
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1.2 Analisi del mercato e scelte di localizzazione
Una comunità interagisce e vive sfruttando le risorse che possiede e di cui è
circondata. Le risorse si dividono in tre grandi gruppi.
Nel primo gruppo rientrano le “risorse naturali” presenti e distribuite
eterogeneamente sul nostro pianeta sottoforma di rocce, minerali, acqua, fauna,
flora e definite tali poiché la loro esistenza prescinde dall’esistenza dell’uomo,
seppure quest’ultimo le influenzi notevolmente. Infatti, quando una popolazione
è in grado di utilizzare i fenomeni geografici e la superficie terrestre a proprio
beneficio, si ha la trasformazione di tali entità geografiche in risorse.
Da ciò l’impiego essenziale delle “risorse umane”, che avviene quando l’uomo
utilizza il suo intelletto e la sua fisicità allo scopo di trarre il massimo vantaggio.
L’ingegno dell’uomo viene talvolta accompagnato o sostituito dalle macchine.
Processo, quest’ultimo, che riduce l’utilizzo di risorse naturali e umane in
azienda.
Come ultima risorsa vi è la politica, che consiste nella gestione da parte della
comunità delle risorse naturali e umane, stabilendo quali utilizzare in un dato
momento e con quale frequenza (Paterson & Gasperoni, 1997).
Lo sfruttamento delle risorse è strettamente connesso con lo scambio delle
informazioni nel mercato, da ciò si può affermare che il comportamento di
un’azienda nel suo ambiente esterno dipende dalla natura oggettiva e dalla
percezione che questa ha dell’ambiente stesso. I soggetti che vivono in realtà
affini tendono ad avere una rappresentazione del mondo abbastanza simile
(Dicken & Lloyd, 1997).
In ogni mercato esistono consumatori e utilizzatori con caratteristiche simili, che
possono essere raggruppati in classi omogenee attraverso la cosiddetta
“segmentazione del mercato”. Questa si definisce nell’identificazione del
prodotto da vendere, del mercato e dell’area geografica di appartenenza degli
stessi consumatori.
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Attraverso una segmentazione di mercato a monte, è possibile incrementare la
redditività dell’azienda mediante la valutazione della domanda del segmento,
l’eliminazione di elementi poco significativi, l’individuazione delle opportunità di
mercato, che permettono di adottare opportune strategie di marketing (Foglio,
2004).
Attraverso la segmentazione di tipo geografico, il mercato viene suddiviso in una
pluralità di unità geografiche (nazioni, stati, regioni, province, città e quartieri),
dove per ognuna di queste si studiano le dimensioni, la densità, il clima.
L’impresa, in base alle sue capacità, decide di operare all’interno di una o più
aree geografiche identificate o di operare contemporaneamente in tutte.
Adottare questo tipo di sistema significa effettuare una segmentazione sempre
più accurata. Le grandi imprese si avvalgono di software di mappatura che,
individuando l’ubicazione dei clienti, mostrano la loro concentrazione in aree
geografiche, al fine di rendere più facile l’adozione di scelte strategiche. Di ciò si
avvale il marketing locale, il cui scopo è di sviluppare programmi personalizzati
sulla base di bisogni e desideri specifici di clienti risiedenti in una stessa zona.
Pertanto le attività svolte richiedono una conoscenza approfondita e personale
del singolo cliente, raggiungendolo nella sua vita quotidiana.
Oltre al contesto meramente geografico, le altre variabili che incidono sulla
segmentazione del mercato di consumo si suddividono in: variabili demografiche,
ossia tutte le informazioni relative alle generalità del consumatore, quali l’età, le
dimensioni del nucleo familiare, il sesso, il reddito, la professione; variabili
psicografiche, cioè quelle relative alla classe sociale, allo stile di vita e alla
personalità; variabili comportamentali, ossia tutto ciò che concerne il
comportamento del soggetto nei confronti del prodotto, come il livello di fedeltà
e di consapevolezza, l’intensità di uso, ecc. (Kotler & Keller, 2007).