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Pensiamo ad esempio al duro addestramento che caratterizza la selezione degli ufficiali
della Delta Force, corpo di élite dell‟esercito statunitense: i soldati sono sottoposti ad una
serie di estenuanti prove fisiche e psicologiche volte a selezionare solo i migliori. Alla
fine di questo duro percorso, dopo un‟ulteriore marcia di 40 miglia, allo stremo delle
forze e al limite delle condizioni mentali, ai soldati viene consegnato un libretto, non
troppo lungo, dal quale estrapolare alcuni “fondamenti” utili per il ruolo di ufficiali che
andranno a ricoprire. Questo libro è il De Principatibus di Niccolò Machiavelli. Ma
perché proprio questo testo?
Michael A. Ledeen, nell‟introduzione al suo Machiavelli on modern leadership,
afferma che nessuno, eccetto Machiavelli, ha trattato con una tale “brutale chiarezza” il
tema del potere e dei requisiti politici e morali necessari a ricoprire il ruolo di leader.
Obiettivamente, in questa giungla di best-seller, saggi e manuali, il Machiavelli storico,
vissuto a Firenze tra il Quattrocento e il Cinquecento, risulta oggetto di un barbaro
processo di strumentalizzazione e demonizzazione: vittima della sua stessa chiarezza, il
pensiero dello scienziato è sottoposto alle interpretazioni più disparate, che gettano sulla
sua figura l‟ombra di un realismo cinico e amorale, di un pragmatismo arido e spietato,
alimentando così la già vasta corrente dei machiavellismi. La fortuna e la condanna
delle opere del fiorentino risiedono, infatti, nella possibilità di essere conosciute e
recepite sotto forma di metafora. Come un Giano bifronte, al contempo ammirato e
rigettato, il pensiero di Machiavelli si presta a numerose interpretazioni tendenziose.
Spesso dimentichi del contesto storico in cui la riflessione di Machiavelli si situa, gli
autori di queste moderne strumentalizzazioni fanno del fiorentino una sorta di
profeta, attribuendo alle sue considerazioni un carattere premonitore9, anziché
riconoscere la volontà puramente teorica e realista del suo pensiero.
Questa deformazione della figura di Machiavelli si origina nelle sue stesse
opere: dal Principe ai Discorsi, passando per la Clizia e la Mandragola, stralci di
frasi sono estrapolati e decontestualizzati, trasposti in un‟ottica moderna che innalza
lo scrittore a ruolo di precursore e guida per i posteri. Troppo spesso usato per
elogiare scelte politiche e militari particolarmente astute, per condannare l‟operato
altrui o per giustificare la lecita sopraffazione del prossimo, il Machiavelli, ridotto ad
aforismi e a pillole di saggezza10, assume agli occhi degli incauti lettori l‟affascinante
veste di maestro del male, capace di trasmettere importanti lezioni sulla leadership
9
Verdiglione, A. Niccolò Machiavelli
10
Baldini, A. E. Machiavellismo e Machiavellismi: progetto di ricerca e messa a punto di un concetto
5
moderna, sulla gestione del conflitto personale e sull‟arte di imporsi sugli altri,
secondo il lapidario principio per cui il “fine giustifica i mezzi” (in realtà il concetto
non fu mai espresso in tal guisa dal Machiavelli). A farne le spese più di tutti è
l‟opera De Principatibus, cornucopia dalla quale pescare precetti a piene mani,
scardinando così la profonda riflessione teorica dal contesto storico che la
caratterizzava.
Ma dove si originano tali incomprensioni? Come afferma Merleau-Ponty in
Note sur Machiavel, “Machiavel est recouvert par le Machiavélisme”11. La storia dei
Machiavellismi è lunga e articolata, e richiederebbe una trattazione apposita che qui
non verrà intrapresa. In generale si definisce come Machiavellismo
quell‟orientamento ideologico che promuove l‟utilizzo dell‟astuzia e della forza per
l‟ottenimento di fini politici. Questa dottrina è il frutto di un‟analisi e di un utilizzo
strumentale e polemico del pensiero machiavelliano, al quale sono attribuite precise
connotazioni morali e comportamentali che prescindono dal vero intento dell‟autore.
Machiavelli ha sempre ribadito la necessità di entrare nel male per realizzare il bene
supremo dello Stato, giacché, come scrisse lo stesso Niccolò all‟amico Guicciardini
il 17 maggio 1521, “io credo che questo sarebbe il vero modo ad andare in
Paradiso: imparare la via dello Inferno per fuggirla”.12 Fu la sua stessa volontà di
dare vita ad una concezione realista della politica, scevra da ogni prerogativa morale
e celestiale, ad infangare la sua immagine, connotandola di cinismo e di attributi
diabolici e immorali. In realtà, come afferma Merleau-Ponty, « Machiavel ne
demande pas qu‘on gouverne par les vices, le mensonge, la terreur, la ruse» ; egli
cerca unicamente di definire una virtù politica che permetta al Principe di perseguire
il bene pubblico e di relazionarsi « à ces spectateurs muets autour de lui et pris dans
le vertige de la vie à plusieurs» 13.
Un‟interessante classificazione dei Machiavellismi è stata espressa da Charles
Benoist, che giunge a delineare quattro tipologie: il Machiavellismo di Machiavelli,
quello di alcuni suoi discepoli (i Machiavellisti), quello degli antimachiavellici e,
infine, quello formulato da persone che non hanno mai letto una riga di
Machiavelli14. L‟attenzione di questa tesi sarà concentrata su questa quarta ed ultima
11
Merleau-Ponty, M. Note sur Machiavel
12
Machiavelli, N. Lettere a Francesco Guicciardini
13
Merleau-Ponty, M. Note sur Machiavel
14
« Celui de Machiavel, celui de certains de ses disciples (les machiavélistes), celui des antimachiavéliens et, enfin, celui
qui est formulé par les gens qui n‟ont jamais lu une ligne de Machiavel » Audier, S. Machiavel, conflit et liberté
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tipologia di Machiavellismo, sicuramente lontana dal concetto classico del termine,
ma non per questo meno diffusa e importante. Verrà indagato il perché dell‟uso
strumentale del pensiero di Machiavelli attraverso l‟analisi di manuali che intendono
“insegnare” ai leader moderni, nello specifico manager e diplomatici, la gestione del
conflitto personale e internazionale sulla scorta del pensiero machiavelliano.
Non possiamo affermare con certezza che questi autori non abbiano “mai letto una
riga di Machiavelli”, ma di certo la loro riflessione sul pensiero del Segretario
fiorentino non è penetrata in profondità, ma si è arenata superficialmente di fronte
all‟utilizzo di un linguaggio diretto e all‟osservazione lucida e pragmatica di una
realtà, quella complessa dell‟Italia del 500, che poco ha a che fare con gli odierni
conflitti manageriali.
La trattazione è divisa in tre parti: dopo una breve biografia dell‟autore,
necessaria per comprendere il contesto nel quale il suo pensiero si origina, il Capitolo
I affronta il tema del conflitto, concetto fondante della riflessione machiavelliana.
Particolare attenzione è dedicata al conflitto individuale, motore dell‟agire e
dell‟esperienza umana, e al conflitto che si origina nel cuore di ogni società politica.
Il Capitolo II entra nel vivo dell‟analisi strumentale del pensiero di Machiavelli: le
storpiature di alcuni concetti chiave dell‟autore sono analizzate attraverso l‟ausilio di
manuali e saggi in lingua inglese e tedesca, che vantano tra le loro finalità quella di
poter insegnare agli aspiranti leader le chiavi del successo e la conquista del potere,
secondo logiche d‟azione puramente machiavelliche.
Il Capitolo III sposta invece l‟interesse sul conflitto internazionale: anche qui
l‟analisi di saggi e manuali svelerà al lettore le numerose mistificazioni che
screditano la riflessione del Segretario fiorentino.
La Conclusione fornirà, infine, alcuni spunti di riflessione sull‟odierna “storia degli
usi” del pensiero machiavelliano, alla luce dell‟osservazione condotta e dei materiali
raccolti.
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CAPITOLO I
MACHIAVELLI, PRINCIPE DEL CONFLITTO
8
Chi era Niccolò Machiavelli?
L‟enorme influenza esercitata nell‟immaginario occidentale moderno dalla
leggenda di Machiavelli condiziona a tal punto le definizioni del suo pensiero da rendere
quasi superfluo ogni accenno alla sua vita. Una miriade di interpretazioni caleidoscopiche
e controverse avvolgono la figura di questo autore fiorentino: da pensatore demoniaco,
crudele teorico del potere e della sopraffazione, a sostenitore della repubblica e delle virtù
dei cittadini, Machiavelli ha attirato su di sé le attenzioni di molti studiosi. Tuttavia solo
pochi hanno fatto del suo nome e del suo pensiero un uso corretto e scientifico. È
doveroso, a tal fine, ricostruire brevemente la biografia di questo autore così complesso,
cercando di carpire i fili che legano un‟esistenza ordinaria all‟originalità di un pensiero che
ancora oggi segna la riflessione contemporanea.
Nel 1469 Lorenzo il Magnifico divenne signore di Firenze e la città fu proiettata in
un periodo di grande splendore artistico e culturale. Il 3 maggio dello stesso anno, in seno
ad un‟antica e nobile famiglia poi decaduta, nacque Niccolò Machiavelli: il padre
Bernardo, dottore in legge, giureconsulto e tesoriere della Marca, e la madre Bartolomea
de‟Nelli, donna di lettere e poetessa, pur nella ristrettezza economica che li affliggeva, e
che peserà a posteriori sulla vita politica del figlio, garantirono a Niccolò una solida ed
ampia formazione culturale umanistica. Nella piccola ma ben fornita libreria del padre il
giovane conobbe il greco e il latino, in particolare i testi di Virgilio, Lucrezio, Ovidio,
insieme ad altri filosofi e storici dell‟antichità. Fu sicuramente questa approfondita
conoscenza dei classici ad influenzare il suo pensiero, saldamente ancorato al presente ma
con uno sguardo al passato, frutto, come affermerà nella celebre Dedica del Principe, di
“una lunga esperienza delle cose moderne et una continua lezione delle antique‖15. Poco si
conosce della gioventù del Machiavelli e le uniche informazioni sulla sua istruzione ci
vengono fornite dal Libro di ricordi redatto dal padre Bernardo, poi scomparso nel 1500.
Le varie biografie che trattano la sua esistenza lo descrivono come testimone diretto
di numerosi fatti gravi e importanti che scossero la città di Firenze: arresti, esilii, condanne
capitali, la morte di Lorenzo il Magnifico, avvenuta nel 1492, la discesa di Carlo VIII su
Firenze e, in ultimo, il governo di fra Gerolamo Savonarola, che con le sue infuocate
prediche rivolte al malcostume della Chiesa squarciò l‟ordine della città; l‟esperienza del
15
Machiavelli, N. Il Principe
9
governo teocratico del frate domenicano si risolse poi con la scomunica e l‟esecuzione di
quest‟ultimo. Manifestamente immune al fascino che Savonarola aveva esercitato su
Firenze, Machiavelli critica aspramente l‟avventura di quest‟ultimo e, a soli 5 giorni dalla
sua esecuzione, si candida e vince l‟elezione all‟ufficio di secondo cancelliere della
Repubblica di Firenze, impiego che ricoprirà per 14 anni e che gli fornirà l‟occasione per
radunare moltissimo materiale storico, elevandolo a pieno titolo al rango di testimone
oculare degli avvenimenti del suo tempo. Questo è forse il periodo più vivace per la vita
del Machiavelli: incaricato di numerose missioni diplomatiche a Roma, Forlì, Urbino,
Trento e persino in Francia, egli accumula esperienze variegate che andranno a costituire
un bagaglio importante per la sua riflessione storica e politica. Considerevoli in questo
senso furono le missioni che Machiavelli svolse presso Cesare Borgia, il Duca Valentino,
figura complessa e carismatica che diventerà poi l‟exemplum su cui l‟opera il Principe si
fonda. Questo periodo d‟oro durerà fino al 1512, anno di svolta per la storia di Firenze e
per la vita di Machiavelli. Caduto il governo repubblicano di Pier Soderini, la famiglia
Medici torna al potere, costringendo il Segretario all‟esilio. Gli anni di inattività politica
che seguono si rivelano però proficui dal punto di vista della produzione letteraria. A
questo periodo rimontano la stesura del De Principatibus (terminato nel 1513), dei
Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1515-1518), e di numerose opere teatrali (La
Mandragola, 1518). Il 1519 contraddistingue l‟inizio dei suoi lavori sui temi militari che lo
porteranno a comporre il noto dialogo sull‟ Arte della Guerra. Gli anni 20 del Cinquecento
segnano per Machiavelli il riavvicinamento con la signoria medicea: egli viene inviato per
una missione semiprivata a Lucca e, successivamente, per volontà del Cardinale Giulio
de‟Medici, poi divenuto Papa Clemente VII, è incaricato della stesura di un‟opera
storiografica che prenderà il nome di Istorie Fiorentine. Gli ultimi anni della sua vita lo
vedono testimone di nuove tensioni politiche scaturite dai conflitti con l‟imperatore Carlo
V e sfociate poi nell‟invasione della penisola e nel Sacco di Roma (1527). A seguito della
caduta dei Medici Machiavelli aspira nuovamente a ricoprire la sua precedente carica
presso la Seconda Cancelleria, ma le sue aspettative vengono deluse. A causa della sua
collaborazione con i Medici, e per il fraintendimento da parte dei suoi contemporanei
dell‟opera De Principatibus, percepita come un‟esortazione alla tirannia a discapito del
popolo, Machiavelli non verrà mai reintegrato nella vita politica della Repubblica
fiorentina e morirà poco dopo, il 21 giugno 1527.