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Introduzione
La sponsorizzazione di un certo prodotto può contare su vari aspetti della pubblicità.
Quello più immediato è sicuramente l’aspetto visuale, caratterizzato da immagini che
hanno lo scopo di richiamare l’attenzione e rimanere impresse nella memoria. Esiste però
un altro aspetto, altrettanto importante e da non sottovalutare, quello linguistico.
Il testo pubblicitario è generalmente composto da un claim e un body copy. Il primo
serve a riassumere il senso della pubblicità e ad identificare il prodotto attraverso una sola
frase che ne descriva tutte le caratteristiche principali. Tale frase ha come scopo quello di
incuriosire il lettore al tal punto da spingerlo a soffermarsi qualche istante in più sulla
pubblicità, e nel migliore dei casi, a leggere il body copy. Questo secondo elemento è
generalmente composto da una porzione di testo che descrive le caratteristiche del
prodotto in modo più specifico ed avvalendosi di una maggiore libertà testuale.Pertanto
ogni parola che va a comporre un testo pubblicitario è frutto di un’analisi approfondita e di
una scelta ponderata. Nulla si trova casualmente all’interno di un testo pubblicitario.
L’importanza di scelte linguistiche rigorose e coerenti con l’oggetto pubblicizzato
compare chiaramente anche nel caso in cui vi sia necessità di tradurre un testo
pubblicitario da una lingua ad un'altra.In tal caso è necessario che i termini e la forma
utilizzati nel testo di arrivo veicolino il medesimo significato del testo di partenza. Ciò non è
sempre immediato, poiché non sempre due lingue hanno termini corrispondenti, o con
medesimo significato. Gioca inoltre un ruolo molto importante l’aspetto culturale. Non è
sempre possibile utilizzare lo stesso tono, o lo stesso approccio in due lingue differenti,
proprio perché si ha a che fare con due destinatari differenti, le cui culture di appartenenza
possono variare.
Tra le aziende che in questo momento hanno saputo sfruttare la pubblicità per creare
attorno a sé un vero e proprio mondo valoriale c’è Apple. Nata come azienda di personal
computer, rapidamente è riuscita ad acquisire fama mondiale e a creare una vera e
propria filosofia di vita, portata avanti nel tempo da una “community” di fedeli adepti.
Questo fenomeno è stato reso possibile grazie ad una serie di campagne pubblicitarie
mirate e vincenti, che hanno progressivamente conquistato un’ingente porzione del
mercato di Microsoft (da sempre leader nel settore), e creato un vero e proprio “Apple
world” fatto, non solo di prodotti di tecnologia avanzata, ma anche di valori che
accomunano ogni adepto e lo fanno sentire parte di una grande famiglia.
Questo studio si propone di analizzare le scelte linguistiche attuate da Apple nella
costruzione della campagna pubblicitaria per la promozione di Leopard, l’ultima versione
del sistema operativo di MAC OS X. Lo scopo è quello di individuare le strategie
linguistiche utilizzate per creare nel potenziale cliente quel senso di curiosità e di
necessità di appartenenza alla comunità Apple, e contemporaneamente, portare l’adepto
ad una sempre maggiore fidelizzazione. Questo viene creato puntando sugli aspetti di
appartenenza ed aggregazione alla “community” e sull’idea di differenziazione ed
originalità conferita a colui che utilizza prodotti Apple. Si analizzerà infine le scelte
utilizzate da Apple nella traduzione dei testi pubblicitari dalla lingua inglese, con cui
vengono pensati e creati, alla lingua italiana, osservando se tali scelte riescono a
mantenere gli stessi termini e significati del testo di partenza, ed eventualmente se
necessitano di adattamenti.
Il primo capitolo ha lo scopo di presentare la storia e la filosofia di Apple, proprio perché
non è possibile capire le scelte linguistiche di Apple a prescindere da questi aspetti. In
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particolare si analizzano due aspetti: l’importanza del concetto di “community” e la
necessità di differenziarsi dalla concorrenza (Microsoft) “umanizzando” il prodotto Apple,
aggiungendo un surplus che renda il prodotto Apple qualcosa di indispensabile e
fortemente caratterizzante nella vita di ogni individuo, soprattutto per differenziarlo dalla
massa.
Il secondo capitolo è dedicato all’analisi dei testi pubblicitari di Apple in lingua inglese. Si
avrà modo perciò di capire quali sono le strategie linguistiche di Apple che traducono gli
aspetti valoriali dell’azienda in testo scritto, e che in tal modo arrivano direttamente al
lettore, non solo stimolandolo all’acquisto, ma ottenendo progressivamente una
fidelizzazione da parte di questo.
Il terzo capitolo è dedicato all’analisi e al confronto tra testo pubblicitario in lingua
inglese e italiana. Sarà quindi possibile analizzare quali sono le scelte di Apple a livello di
traduzioni, e se tali traduzioni risultano ugualmente efficaci, tenendo conto non solo delle
differenze linguistiche, ma anche delle differenze culturali.
Metodi e criteri per l’analisi
Per questo studio è stata effettuata un’analisi su un corpus di 22 testi reperiti dal sito
ufficiale di Apple, sia nella versione inglese, sia nella versione italiana. Tali testi facevano
parte della campagna pubblicitaria per la promozione di Leopard, ultima versione del
sistema operativo MAC OS X.
Per analizzare le diverse strategie utilizzate, sia nella costruzione dei testi pubblicitari
della campagna, sia nella traduzione di questi in lingua italiana si è dovuti partire
dall’analisi delle singole parole che ricorrevano all’interno dei testi e che, se distribuite in
modo apparentemente casuale all’interno del testo non significavano molto, diventavano
invece fondamentali per l’analisi una volta constatata la loro ricorrenza all’interno dei testi.
Tale analisi è stata resa possibile grazie all’utilizzo del programma Concorder Pro version
1.0 . Questo programma consente di creare frequency list e concordance che consentono
un’analisi linguistica più efficace ed approfondita. La frequency list consente di verificare
le parole più ricorrenti in un determinato corpus. Una concordance è invece un elenco di
tutti i casi in cui nel corpus è presente una data parola.
Attraverso questi strumenti è stato possibile definire quali sono le strategie linguistiche
maggiormente utilizzate da Apple nei suoi testi pubblicitari.
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1. Apple: la grande mela
“Secondo una ricerca pubblicata nell’ottobre 2007 da Altroconsumo, i clienti di Apple che
utilizzano un Mac da scrivania sono circa il 3% di tutto il mercato italiano e quelli che usano un
laptop con la Mela sono l’1,5%. Eppure la loro soddisfazione è tale che il 94% degli utenti di
desktop e il 96% degli utenti di portatili ne consiglierebbero l’acquisto ad amici e conoscenti. Il
livello di soddisfazione in tutte le singole categorie di ricerca (affidabilità, multimedialità, uso al
lavoro) ha percentuali bulgare. Nessuno degli altri produttori di personal computer vi si avvicina
neanche lontanamente. Gli iPod e poi gli iPhone, i lettori digitali e i telefoni cellulari di Apple, nel
mondo hanno una diffusione molto più elevata dei Mac e costituiscono in pratica una categoria a
sé stante. Hanno trasformato l’identità aziendale di Apple: da società che produce personale
computer a marchio lifestyle. Anche qui, comparare i prodotti Apple a quelli di altre aziende è
inutile, perché pare quasi che quello dell’azienda guidata da Steve Jobs sia un mercato a sé,
senza avversari”. [ Dini 2007, p. 11]
Sebbene oggi Apple sia un’azienda di enorme successo forse tutti non sanno che ci fu un
tempo in cui tale azienda si trovò sull’orlo del fallimento.
1. LA STORIA
1.1 La nascita
La Apple Computer Company nacque nel 1976 a Cupertino nel cuore della Silicon
Valley, a sud di San Francisco. Steve Jobs e Ronald Wayne fondarono la società con un
solo progetto in cantiere, Apple I, uno tra i primissimi personal computer al mondo. Il
successo di questo primo progetto e l’inizio di una produzione di computer su
commissione di Byte Shop (prima micro-catena di negozi di elettronica e informatica)
permise al team di Cupertino di incrementare il proprio guadagno e di spostare la sede dal
garage di famiglia al primo ufficio di proprietà denominato Brandley One, realizzato nel
1977 in Brandley Drive.Un raro caso in cui la strada da il nome alla storia e non viceversa.
L’incremento progressivo della produzione portò ad una spontanea definizione dei ruoli.
Mentre Ronald Wayne lavorava al miglioramento di Apple I, Steve Jobs cercava vie di
finanziamento più stabili. Entrò così in contatto con Mike Markkula, un ingegnere di 34
anni che, avendo ottenuto grandi fortune attraverso investimenti azionari con Fairchild e
Intel, decise di finanziare il progetto Apple. Nel 1977 fu fondata la società per azioni Apple
Computer Inc. A febbraio dello stesso anno, Michael Scott, un’ex collega di Markkula,
divenne il primo amministratore delegato di Apple ed ebbe così inizio la rapida ascesa
dell’azienda sui mercati. Dopo il successo di Apple II, nel 1984 l’azienda introdusse il
Macintosh, il primo personal computer dotato di un’interfaccia grafica e un mouse di serie,
ma anche il primo a sfruttare il sistema operativo MacOs (oggi MacOs X). Jobs era
diventato presidente del consiglio di amministrazione, mentre il ruolo di amministratore
delegato aveva visto il succedersi di Michael Scott, Mike Markkula, ed infine John Sculley.
Quest’ultimo è stato un personaggio di rottura nella storia dell’azienda perché fu artefice
dell’esclusione di Steve Jobs dall’azienda che egli stesso aveva fondato.
John Sculley, autore di alcune tra le campagne di marketing più famose e riuscite (es.
“Pepsi Challenge”), era stato volutamente scelto da Jobs come figura capace di poter
guidare l’azienda verso nuovi traguardi all’interno dei grandi mercati. Ma le due diverse
personalità di Jobs e J. Sculley non riuscivano a trovare una conciliazione. “A partire
dall’anno in cui aveva preso la guida di Apple, il tentativo di razionalizzare le strutture di
un’azienda che aveva letteralmente inventato e dominato il mercato del personal computer
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con l’Apple 2° aveva portato Sculley a percepire il giovane e temperante Jobs più come
una minaccia che una risorsa”. [ A. Dini, 2007 p.18] Così, nel 1985, con diverse manovre
aziendali poco limpide e votazioni a sorpresa del consiglio di amministrazione di Apple,
Steve Jobs fu licenziato dall’azienda che egli stesso aveva creato.
Mentre Steve Jobs riuscì a sopravvivere ad Apple, Apple non sembrava poter vivere
senza il suo creatore. Jobs, infatti, durante il suo esilio forzato, creò due società come la
Next e la Pixar, mentre Apple si trovò di fronte alla crisi più nera della sua storia. Nel 1997
Apple annunciò la perdita di 530 milioni di dollari, la più ingente della sua storia.
“Nel numero del 28 luglio 1997 il settimanale economico Business Week definiva
l’azienda “carne macinata..”. [A. Dini, 2007 p.21]
Gil Amelio, amministratore delegato succeduto a Sculley, era stato scelto per sopperire
ai danni provocati dallo stesso Sculley e dal suo successore, Michael Splinder. A lui
spettava il compito di risollevare la situazione dell’azienda, ma ciò era piuttosto arduo dal
momento che i progetti per la nuova generazione del sistema operativo di Macintosh si
erano completamente arenati, per lasciare spazio a progetti che, secondo una valutazione
successiva dello stesso Jobs, erano senza un futuro. L’unica soluzione che si presentava
consisteva nel comprare una tecnologia già consolidata da un’azienda esterna. E fu
proprio ciò che venne fatto: la NEXT di Jobs venne comprata “in blocco” per mezzo
miliardo di dollari circa. Dopo un esilio lungo 11 anni, Jobs rifece il suo ingresso in Apple, il
7 gennaio 1997.
In questa prima fase Jobs appariva formalmente come “consulente” di Amelio, ma la
sua importanza e la sua influenza sul consiglio di amministrazione crescevano
progressivamente. Il 4 luglio 1997 Gil Amelio venne licenziato. La decisione fu presa
senza particolari ripensamenti da parte del board dal momento che l’amministrazione di
Gil Amelio, in 523 giorni, aveva provocato la perdita di 1,6 miliardi di dollari, e di tutti gli
utili di Apple dalla sua fondazione sino al 1991. Jobs però non voleva assumere la carica
di CEO o di presidente del consiglio. Pertanto l’azienda, priva di un vertice, rischiava di lì a
breve il fallimento.
1.2 La “Rifondazione di Apple”
“ «In Apple ci sono persone straordinarie, che lavorano benissimo. Sono i piani
dell’azienda a essere sbagliati» ”. [ A. Dini, 2007 p. 25]
Con queste parole, Steve Jobs presentò la situazione dell’azienda, il 6 agosto 1997,
data in cui rientrò ufficialmente in Apple. Egli si riferiva al fatto che dal 1987 al 1997 le
quote di mercato del Macintosh erano passate dal 9,1% a meno del 3% per investimenti
sbagliati su progetti senza futuro e di poca importanza. Doveva pertanto essere attuato un
piano di ristrutturazione ben preciso. Istituì un nuovo consiglio di amministrazione formato
da quattro nuovi uomini, tra cui egli stesso e Larry Ellison, leggendario imprenditore nel
settore informatico nonché amico personale di Jobs. Ellison ebbe un ruolo fondamentale
nella cosiddetta “Rifondazione di Apple”. Tra tutti i nuovi membri del consiglio fu l’unico
che, attraverso una serie di videoclip pensati per essere proiettati durante il keynote
(presentazione effettuata da amministratori delegati, dirigenti e personaggi illustri a fiere e
convegni organizzati dall’impresa), seppe esprimere esattamente il significato della nuova
strategia di Apple ideata da Jobs.
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“Larry diceva, nel primo clip: «Credo che Apple si debba preoccupare meno di competere con Microsoft e fare
invece delle cose differenti. Ritornare all’innovazione, ritornare alla creatività, ritornare alla visione». E Ancora: