L'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea ha indubbiamente incontrato
diversi ostacoli, dopo la firma a Maastricht di tutti i 12 Stati membri il 7 febbraio 1992;
basti pensare alla necessità per la ratifica del Trattato del doppio referendum in
Danimarca che ha comportato, come per la Gran Bretagna, la necessaria accettazione
della clausola dell'opting out dalla terza fase della moneta unica, dalla cittadinanza
europea e dalla politica sociale; il referendum in Irlanda ed in Francia; il duro dibattito
nel Parlamento britannico ed infine una lunga procedura di quasi un anno da parte della
Corte costituzionale tedesca.
In particolar modo la sentenza di quest'ultima ha destato notevole attenzione in
quanto la Germania era uno di quei Paesi che fino a questo momento, aveva dimostrato
un consenso pubblico unanime e favorevole allo sviluppo del processo europeo. Proprio
il discorso del 3 Aprile 1992 in seguito alla firma del Trattato di Maastricht, dell'ex
cancelliere tedesco Kohl ne è un chiaro esempio: "Con Maastricht abbiamo compiuto
un passo fondamentale per il completamento dell'Ue. Questa tappa decisiva ci porterà
in pochi anni a creare quello che i padri fondatori dell'Europa moderna hanno previsto
alla fine dell'ultima guerra: Gli Stati Uniti d'Europa".
2
Il processo europeo era stato definito positivamente anche dal punto di vista
giuridico; dal 1967 difatti la Corte sembrava aver accettato la superiorità del diritto
comunitario, confermando questa visione anche in seguito, con le famose sentenze
Solange I del 1974 e Solange II del 1986
3
, in cui è ribadito che la Corte avrebbe
esercitato un potere secondario di revisione sulle decisioni della Corte di Giustizia
europea, solo nel caso in cui i diritti fondamentali contenuti nella Costituzione tedesca
non dovessero essere rispettati. Era la prima volta, inoltre, che la Germania firmava un
Trattato dalla sua riunificazione; questo rende particolarmente significativa la posizione
tedesca in merito alla partecipazione nel processo di costruzione europea nella veste di
Paese nuovamente unito, sebbene l'importanza della sentenza sia soprattutto dovuta alle
problematiche che i giudici della Corte di Karlsruhe affrontano, in quanto non
2
H. Kohl, Zielvorstellungen und Chancen für die Zukunft Europas, Discorso del Cancelliere al
Bertelsmann-Forum del 12/4/92, in Presse und Inforamtionsamt der Bundesregierung, Bollettino Nr. 38
del 8/4/92.
3
BVerfGE 37, 271 (Solange I) e 73, 339 (Solange II).
appartengono al singolo contesto tedesco ma concernono il rapporto tra lo Stato
moderno, inteso in senso generale e la dimensione europea e come essa possa influire
sulla sua struttura.
La nota sentenza su Maastricht del 1993
4
ha il merito di mettere in luce proprio
il difficile e controverso raffronto tra le Costituzioni nazionali, ciascuna simbolo
dell’unità politica di Stati moderni, nel rispetto dei principi della separazione dei poteri,
della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e della legittimazione democratica e i
Trattati che fondano l’Unione europea, contraddistinti al contrario da un carattere
particolarmente dinamico ed elastico, rappresentanti di un processo in continua
evoluzione.
La sentenza non poteva non avere un’eco internazionale nei principali dibattiti
europei, perché analizzando giuridicamente come un trattato influenzi direttamente il
testo costituzionale di uno Stato membro, affronta direttamente temi che saranno
all’ordine del giorno dopo l’entrata in vigore del trattato di Maastricht: che cosa sia
l’Unione europea e come influisca sulla sovranità degli Stati membri, quali siano i suoi
limiti e quali possono essere i suoi futuri sviluppi. Sono questi gli interrogativi a cui la
Corte inevitabilmente risponde, esprimendo una forte interpretazione politica, basata su
una tradizione giuridico continentale, che fa appello alle classiche forme di potere su cui
si basa lo Stato tedesco.
Il dibattito tedesco che si instaura intorno alla sentenza, inevitabilmente,
coinvolge una dicotomia fondamentale nel modo d'intendere lo Stato e le sue
componenti, che ha radici ben più profonde e che trova in Germania un terreno
particolarmente fertile: si tratta della dicotomia che contrappone la tradizione olistica,
da un lato, secondo cui il popolo nella sua totalità rappresenta un'entità superiore
rispetto alla somma degli individui che lo compongono, all'individualismo dall'altro, per
il quale l'insieme socio-politico altro non è che la somma ordinata dei singoli che lo
costituiscono. Nel primo caso è l'omogeneità del Soggetto - Popolo ad essere il
presupposto della formazione di uno Stato. Lo scopo dell'agire politico diviene,
4
Sentenza su Maastricht della Corte costituzionale tedesca, BverfGE 89/155, Zeitschrift für ausländisches
Recht und Völkerrecht 1994, 54. Trad. in ingl.: International Legal Materials 33, 1994, pp. 409-444.
conseguentemente, il mantenimento della coesione del tutto e della sua conservazione;
nel secondo caso lo Stato è considerato lo strumento con cui gli individui perseguono i
propri diritti ed i propri interessi.
I due massimi referenti del Novecento a cui fanno capo queste due diverse
accezioni sono Carl Schmitt e Hans Kelsen che imprimeranno una forte influenza nel
pensiero politico fino alla fine del secolo e che riassumono perfettamente con le
rispettive teorie due modi diametralmente opposti di considerare lo Stato: primato della
politica o del diritto, ecco i due grandi poli teorici del nuovo costituzionalismo a cui
tutt’oggi il dibattito europeo fa attenzione.
La peculiarità del contesto tedesco durante gli anni della divisione ha, inoltre,
permesso che in Germania molti anni prima che negli altri Paesi europei , concetti quali
nazione, popolo e cittadinanza fossero messi già in discussione. Per trent'anni
inevitabilmente parlare d'identità e di nazione tedesca è diventato notevolmente
problematico, non solo per un passato storico opprimente che ha reso inquietante il
pensare ad una Nazione tedesca, ma soprattutto perché i due Stati vivono due esperienze
del dopoguerra diametralmente opposte. Nei dibattiti politici e filosofici tedeschi, per di
più, la fine della seconda guerra mondiale è stata interpretata come l'inizio di un'epoca
nuova, un'occasione inedita per ripensare ai concetti tradizionali di Stato e di
cittadinanza, affinché il modello dello Stato nazionale, rilevatosi disastroso per la
Germania, fosse definitivamente sorpassato.
Nel 1989 la Germania torna ad essere uno Stato unito, ma ciò non mette a tacere
i dibattiti intorno alla possibilità di una società postnazionale. La firma nel 1992 del
Trattato di Maastricht porta tutti gli Stati membri ad una riflessione approfondita sulla
notevole influenza che l'Unione europea ha e potrà avere sulle singole strutture statali,
mettendo in campo la possibilità che il processo europeo possa rappresentare l'inizio
della costruzione di una "società postnazionale", la stessa discussione già intrapresa da
lungo tempo nella Repubblica federale tedesca e che ora riguarda l'intera Europa.
L'interpretazione delle categorie tradizionali dello Stato moderno sovranità –
popolo- territorio diventa cruciale in considerazione dei possibili sviluppi dell'Unione
europea. Per la Corte questi costituiscono gli elementi fondativi dello Stato moderno e
la Costituzione risulta essere l’essenza di questa triade, il simbolo di un’unità che deve
essere garantita nel rispetto della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, della
separazione dei poteri e della legittimazione democratica. Riferendosi, quindi, ad un
approccio olistico dello Stato, la Corte, in difesa di questo ordine costituzionale, pone
dei limiti allo sviluppo politico europeo fino a quando le stesse condizioni non possano
essere soddisfatte nell’ordinamento europeo.
In antitesi a questa posizione, le critiche maggiori alla sentenza s’incentrano sul
presupposto che la Corte interpreta l’Unione politica europea attraverso una concezione
tradizionale dello Stato moderno. La soluzione che propone la Corte, vorrebbe dire
trasporre le categorie tradizionali dello Stato nazionale a livello europeo, cosa che,
ovviamente difficilmente può concretizzarsi, in quanto l’Europa non può definirsi né
Stato né tanto meno una nazione.
Non bisogna sottovalutare che sono proprio le forme classiche di potere delle
democrazie occidentali ad essere entrate in crisi, fin dall’inizio del Novecento, gli
estremismi dei nazionalismi e lo scontro delle sovranità statali sono state interpretate
come principali cause dello scoppio delle guerre mondiali. La crisi dello stato moderno
ha evidenziato, quindi, l'esigenza di reinterpretare le forme classiche di potere attraverso
la separazione dell'analisi della sovranità e della statualità e soprattutto del distacco del
binomio cittadinanza/nazionalità.
L'Unione europea potrebbe rispondere, da questo punto di vista, alla crisi dello
Stato nazione, rappresentando una struttura sovranazionale, che ha come suo fine il
superamento della pretesa di appartenenza esclusiva avanzata dallo Stato nazionale, pur
rispettando il profondo legame che lega i singoli alla loro nazione, per creare una rete di
solidi rapporti economici, giuridici, politici e anche personali, che siano in grado di
attraversare le frontiere delle appartenenze acquisite.
In sintesi, se quindi il modello olistico si oppone esplicitamente alla prospettiva
dell'approfondimento dell'integrazione europea, il modello individualistico le dà invece
supporto concettuale, al prezzo però di un grande impoverimento della dimensione
normativa della legittimità del potere politico.
Partendo dall'analisi della sentenza su Maastricht della Corte costituzionale tedesca del
1993, questa trattazione ha inquadrato il dibattito creatosi intorno a questo testo
giuridico, incentrato sul rapporto tra Stato membro e dimensione europea, per poi
analizzare le problematiche sollevate, prima in riferimento al solo contesto tedesco e poi
a quello europeo. Entrambi i contesti sono stati teatro del confronto tra due tesi
antitetiche sul modo di interpretare attualmente lo Stato e le sue componenti: nel primo
caso in relazione al processo di riunificazione di uno Stato diviso, nel secondo in
relazione a quello dell'integrazione europea.
1. Analisi della sentenza su Maastricht del 12 ottobre
1993 della Corte costituzionale tedesca.
1.1 Struttura della sentenza.
La Corte Costituzionale tedesca respinge con la sentenza del 12 ottobre del 1993
i due ricorsi depositati da Manfred Brunner, (l’ex capo di gabinetto del commissario
tedesco europeo Martin Bangemann) e da quattro membri del Parlamento europeo che
reclamavano la violazione della Grundgesetz (GG), a causa della Legge di revisione di
alcuni articoli costituzionali del 21 Dicembre del 1992 e della ratifica del Trattato di
Maastricht del 28 Dicembre 1992
1
. Questa sentenza ha permesso la ratifica del trattato
di Maastricht della Germania il 1 novembre 1993.
2
Il testo è suddiviso in quattro parti; la prima riguarda l’analisi del Trattato di
Maastricht e dei conseguenti emendamenti alla Costituzione tedesca. La Corte,
innanzitutto, delinea le novità e le modifiche principali che il Trattato apporta alle
competenze e alle strutture comunitarie ed inoltre riporta le modifiche che hanno subito
alcuni degli articoli più significativi della Costituzione tedesca. Dopo aver evidenziato
l'oggetto di entrambi i ricorsi, la sentenza prosegue con la descrizione delle motivazioni
che hanno indotto i querelanti a denunciare le violazioni, che a parer loro, subirebbe la
Grundgesetz.
La seconda parte si concentra sull’analisi dell’ammissibilità dei singoli ricorsi,
basata sulla regola che un reclamo costituzionale è ammissibile solo se il querelante
dimostra che abbia subito una violazione diretta ed immediata di un diritto, conseguente
all’atto sovrano contestato.
3
A tal fine il querelante deve presentare dimostrazioni
sufficienti della violazione subita. Secondo questo criterio l’unico ricorso accettato dalla
Corte costituzionale è il primo di Manfred Brunner, ossia quello riguardante la
1
BGBl. II 1992, p. 1251
2
La repubblica federale tedesca è stata l’ultimo Stato membro dopo Danimarca e Gran Bretagna ad aver
ratificato il Trattato di Maastricht.
3
Art. 93, par. 1 GG.
violazione dell’articolo 38 della GG, che stabilisce il diritto di ogni singolo cittadino a
partecipare alla legittimazione del potere statale attraverso le elezioni. La Corte accetta
l’interpretazione che il trasferimento dei compiti di responsabilità ad un’organizzazione
internazionale, possa comportare l’indebolimento di questo diritto.
La terza parte della sentenza è incentrata sull’analisi del ricorso accettato, che
porta tuttavia alla dimostrazione che la violazione dell’articolo 38, che avverrebbe con
la ratifica del Trattato di Maastricht, risulta infondata. Il rispetto del principio di
democrazia non impedisce alla Germania di divenire membro di una comunità
intergovernativa organizzata su basi sovranazionali.
Questa è la parte centrale e più conosciuta di tutto il testo; è qui che i giudici
della Corte di Karlsruhe, pur riconoscendo la legittimità del Trattato di Maastricht,
pongono delle condizioni sul futuro dell'Unione europea e sulla partecipazione della
Germania al processo d'integrazione, incentrate su una valutazione giuridica, ma che
non prescindono da chiare interpretazioni politiche. La tesi qui sostenuta impone una
serie di vincoli e limiti al trasferimento d'ulteriori competenze alla Comunità, in quanto
un eventuale allargamento delle sue responsabilità comporterebbe una violazione del
principio di democrazia e quindi della Costituzione tedesca, così come di tutte le
Costituzioni degli Stati membri che s’ispirano a questo principio.
La quarta parte del testo è quella conclusiva, in cui è ribadito che il Trattato di
Maastricht stabilisce un nuovo livello di unificazione europea, il cui proposito è quello
di accrescere il funzionamento democratico ed efficiente delle istituzioni. La creazione
delle condizioni per il miglioramento del principio democratico e il rispetto per le
singole identità nazionali sono considerate i punti chiave del futuro sviluppo europeo.
L'obiettivo di questa trattazione è di descrivere dettagliatamente la sentenza,
soffermandomi in particolar modo, sull'interpretazione politica del Trattato sviluppata e
proposta all'interno di questo testo giuridico, che ha rappresentato e rappresenta un
precedente a cui non solo giuristi, ma soprattutto politologi continuano ad appellarsi a
sostegno delle loro tesi.
La sentenza apre dunque un lungo dibattito sul futuro europeo e coinvolge la
definizione delle principali componenti dello Stato moderno: sovranità, popolo,
Costituzione e democrazia. E’ indicativo che sia proprio la Corte costituzionale tedesca
ad appellarsi alla sovranità statale come requisito essenziale da preservare, in quanto è
solo nello Stato che il principio democratico è effettivamente rispettato: è come se i
giudici della Corte di Karlsruhe avessero chiaramente determinato la cura e la
manutenzione continua di cui necessita l'invenzione comunitaria, segnando i “limiti di
sicurezza” oltre i quali l’Unione europea non può andare, affinché la stessa Germania
non sia travolta da quel treno, da quel prodotto moderno della più alta tecnologia
politica, economica e giuridica di cui parlava Kirchhof.
1.2 Il Trattato di Maastricht e gli emendamenti alla Legge
fondamentale tedesca.
Il Trattato dell'Unione europea, firmato a Maastricht il 7 Febbraio 1992 dagli
Stati membri delle Comunità, ha portato il processo europeo ad "una nuova tappa nel
processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa".
4
La Corte, prima di tutto, evidenzia il compito dell'Unione europea previsto dall'art. 1
par. 3 (ex art. A) del TUE, ossia quello di "organizzare in modo coerente e solidale le
relazioni tra gli Stati membri e tra i loro popoli"
5
; questo significa che l'Unione dovrà
promuovere un progresso economico e sociale equilibrato e sostenibile mediante la
creazione di uno spazio senza frontiere interne, nonché il rafforzamento della coesione
economica e sociale e l'instaurazione di un'unione economica e monetaria che comporti
la realizzazione di una moneta unica, affermando la sua identità sulla scena
internazionale attraverso l'attuazione di una politica estera e di sicurezza comune,
introducendo una comune cittadinanza europea, sviluppando una stretta cooperazione
nel settore della giustizia e degli affari interni ed infine mantenendo integralmente
"l'acquis communautaire".
6
4
Art. 1 par 2 (ex art. A) TUE. Tutti gli articoli del TUE indicati dalla sentenza sono chiaramente riferiti
alla vecchia numerazione, precedente al Trattato di Amsterdam.
5
BVerfGE 89/155, A I .a.
6
Art. 2 (ex art B) TUE.
Il Trattato di Maastricht è fondato su tre pilastri, il primo dei quali comprende le
tre Comunità esistenti, (CE, CECA e EURATOM), e l'Unione Economica e Monetaria
(UEM), il secondo introduce una nuova forma di cooperazione, quello della Politica
estera e di Sicurezza Comune (PESC), ed il terzo che prevede una cooperazione negli
affari interni e di giustizia. La Corte si concentra principalmente sulla descrizione del
settore economico e, quindi, sulle fasi previste dall'UEM che porteranno all'istituzione
della moneta unica, poiché è la parte del Trattato più innovativa e che influisce
maggiormente sugli ordinamenti statali.
Per la Comunità Economica Europea è prevista una nuova versione del suo
Trattato istitutivo, che la rinomina Comunità Europea per l'estensione del suo campo
d'azione; ad ogni modo, le sue responsabilità ed i suoi compiti aggiuntivi, si atterranno
ai limiti dei poteri conferiti e al principio della sussidiarietà. Ciò vuol dire che la
Comunità potrà agire nelle aree in cui non è prevista la sua esclusiva competenza solo
se gli obiettivi delle azioni proposte non possano essere raggiunti sufficientemente dagli
Stati membri e possano essere, quindi, meglio conseguiti dalla Comunità.
7
Le nuove
competenze della CE riguardano le politiche dell'istruzione (Art. 149 TCE ex art. 126),
della formazione professionale (Art. 150 TCE ex art. 127), della cultura (Art. 151 TCE
ex art.128), della salute pubblica (art. 152 TCE ex art. 129), ed inoltre la CE avrà
responsabilità nel campo della protezione dei consumatori (art. 153 TCE ex art. 129 A)
e nello sviluppo delle reti transeuropee (Art. 154 TCE ex art.129 B).
L'Unione economica e monetaria introdotta dal Titolo VI del Trattato sulla CE
(TCE) prevede che la politica economica di ogni singolo Stato membro sia coordinata e
soggetta agli indirizzi di massima del Consiglio, allo scopo di garantire la convergenza
delle performance economiche degli Stati membri
8
, mentre la politica monetaria della
Comunità sarà definita ed attuata dal Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC).
9
Il processo di transizione verso la moneta unica è previsto nel Trattato di
Maastricht attraverso il perseguimento di tre fasi: la prima, iniziata il 1 Luglio 1990, è
7
BVerfGE 89/155, A I b. La Corte fa esplicitamente riferimento al principio del potere individuale
limitato dell'art. 3 par. 1, Art. 4a, art. 4b e Art. 189 par 1 del TCE ed al principio di sussidiarietà
.all'Art. 3b par. 2 TCE.
8
Art. 102 sg. TCE.
9
Art. 105 sg. TCE.
denominata la fase di convergenza, in cui il Sistema Monetario Europeo (SME) deve
essere completato. Ciò consiste nell'obbligo di ogni Stato membro di rimuovere le
restrizioni sulle transizioni di capitali e pagamenti, nel vietare qualsiasi accesso
privilegiato del settore pubblico alle istituzioni finanziarie e nell'adottare programmi
pluriennali destinati ad assicurare la durevole convergenza necessaria alla realizzazione
dell'Unione economica e monetaria, in particolare per quanto riguarda la stabilità dei
prezzi e la solidità delle finanze pubbliche.
Tutto questo dovrà essere raggiunto entro il 1 Gennaio 1994, data d'inizio della fase di
transizione, in cui l'Istituto Monetario Europeo (IME), che non è nient'altro che il
precursore della Banca centrale europea (BCE), entrerà in funzione.
Nella terza fase dell'UEM l'intera politica monetaria degli Stati membri sarà esercitata
dalla CE; a tal fine saranno istituiti il SEBC e la Banca Centrale Europea,
completamente indipendenti dalle singole politiche nazionali. Quest'ultima fase
dipenderà dal numero degli Stati membri che soddisfino i criteri di convergenza relativi
alla stabilità dei prezzi, al tasso di interesse, al deficit e al debito pubblico
10
; se entro la
fine del 1996 la maggioranza degli Stati membri saranno conformi a queste condizioni,
la terza fase potrà iniziare, altrimenti essa slitterà al più tardi al 1 Gennaio 1999.
11
In questa prima parte della sentenza è inoltre sottolineata la definizione della
cittadinanza europea istituita dall'art. 8 del TCE, la quale deriva dalle cittadinanze di
ogni singolo Stato membro; essa garantisce il diritto di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri, come anche il diritto di voto e di
eleggibilità alle elezioni comunali e del Parlamento europeo nello Stato membro in cui
risiede. Infine, ogni cittadino europeo gode nel territorio di un paese terzo, nel quale lo
Stato di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità
diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro.
12
La ratifica del Trattato di Maastricht ha comportato necessariamente un
adattamento della Legge fondamentale tedesca alle novità introdotte dal sistema
comunitario. La Corte di Karlsruhe riporta le modifiche che hanno subito alcuni degli
10
Art 109J TCE.
11
BVerfGE 89/155, A I b3.
12
BVerfGE 89/155, A I b1.
articoli più significativi della costituzione tedesca;
13
il primo tra questi è l'articolo 23
par. 1 della GG che riguarda l'Ue in generale denominato, infatti, Europa Artikel. È
l'articolo forse più importante rispetto al processo europeo, in quanto prevede
espressamente l'obiettivo di un'Europa unita e il relativo trasferimento dei diritti di
sovranità all'Unione europea, a condizione che il principio democratico dello Stato di
diritto, sociale e federativo e i diritti fondamentali siano tutelati.
14
Per questo motivo le
modifiche apportate a questo articolo sono state oggetto di severe critiche e, più di ogni
altra cosa, di numerose interpretazioni.
Le altre modifiche riportate agli articoli della GG riportate dalla sentenza sono:
l'art. 28 par. 1 che introduce il diritto di voto e quello di essere eletti anche alle persone
in possesso della cittadinanza di uno degli Stati membri della CE per le elezioni nei
Distretti e nei Comuni secondo le modalità del diritto comunitario; l'art. 52 par. 3a che
autorizza il Bundesrat alla creazione di una Camera europea, le cui decisioni valgono
come decisioni del Governo federale; l'art. 88 che legittima un futuro trasferimento di
competenze dalla Banca federale alla Banca Centrale Europea che è indipendente ed è
vincolata allo scopo primario del raggiungimento della stabilità dei prezzi.
Sia il Parlamento federale che il Governo federale hanno adottato ciascuno una
risoluzione, rispettivamente il 2 Dicembre 1992 e il 18 dicembre 1992, per
l'approvazione della ratifica al Trattato di Maastricht e della Legge di revisione
costituzionale suddetta ma, in seguito ai reclami in merito alla partecipazione della
Repubblica federale di Germania al Trattato, il Presidente della Repubblica ha
dichiarato che non avrebbe firmato la ratifica fino al pronunciamento della Corte
costituzionale tedesca.
13
Ivi, A I. 2.
14
Articolo 23 GG (1): "Per la realizzazione di un'Europa unita la Repubblica federale tedesca collabora
allo sviluppo dell'Unione Europea che è fedele ai principi federativi, sociali, dello Stato di diritto e
democratico nonché al principio di sussidiarietà e che garantisce una tutela dei diritti fondamentali
sostanzialmente paragonabile a quella della presente Legge fondamentale. La Federazione può a questo
scopo, mediante legge approvata dal Bundesrat, trasferire diritti di sovranità. Per l'istituzione
dell'Unione Europea, per le modifiche delle norme dei trattati e per le regolazioni analoghe, mediante le
quali la presente Legge fondamentale viene modificata o integrata nel suo contenuto oppure mediante
le quali tali modifiche e integrazioni vengono rese possibili, si applica l'articolo 79, secondo e terzo
comma.
1. 3 Le contestazioni costituzionali alla Legge di ratifica del Trattato
di Maastricht.
Il Trattato sull'Unione europea crea "Ein Europa der Führer"
15
: ecco le parole
del rappresentante legale di parte, Karl Albrecht Schachtschneider, alla Corte di
Karlsruhe, che descrivono sinteticamente e perentoriamente l'interpretazione degli
sviluppi del processo europeo intrapresi a Maastricht, comune denominatore dei ricorsi
presentati.
16
.
Il primo ricorso, di ispirazione più conservatrice, è stato depositato da Manfred
Brunner presidente al Gabinetto del Commissario tedesco europeo Martin Bangemann
nel 1992, ma che poi lasciò l'incarico nel settembre dello stesso anno, a causa della sua
disapprovazione per la ratifica tedesca al Trattato di Maastricht. Le contestazioni che
solleva fanno riferimento sostanzialmente ad una presunta perdita di sovranità del
popolo tedesco eventualmente determinata dallo spostamento di competenze dal
legislativo all'esecutivo; al contrario il secondo ricorso, depositato da quattro membri
del Parlamento europeo del partito dei Grünen, quindi di stampo più "progressista",
sottolinea la violazione dei diritti fondamentali di ogni cittadino tedesco tutelati dalla
GG, generata della stipulazione del Trattato di Maastricht e, più in generale, dal
processo di costituzionalizzazione dell'unificazione.
Le contestazioni del primo ricorso, relative alla ratifica del Trattato di
Maastricht, riguardano innanzitutto la violazione dell'art. 38 della GG, il quale
garantisce il diritto di ogni singolo cittadino di legittimare democraticamente la
rappresentanza parlamentare attraverso le elezioni, cosicché protegga il diritto di
partecipare all'esercizio del potere statale sancito dall'art. 20 par. 2 (Tutto il potere
statale emana dal popolo. Esso è esercitato dal popolo per mezzo di elezioni e di
votazioni e per mezzo di organi speciali investiti di poteri legislativo, esecutivo e
giudiziario). Questo diritto sarebbe sminuito, in quanto il Trattato di Maastricht assegna
poteri fondamentali del Parlamento tedesco ad istituzioni governative delle Comunità
15
K. A. Schachtschneider, Verfallserscheinung der Demokratie, Eg- Magazin Nr. 1-2/93, p. 40.
16
2 BvR 2134/92 e 2 BvR 2159/92, Europäische Grundrecht Zeitschrift 20 1993, pp. 429-446.
europee, garantendo persino una competenza esclusiva all'Unione sui conflitti
giurisdizionali per il perseguimento dei propri obiettivi tramite l'art F. par. 3 del Trattato
(Kompetenz - Kompetenz).
17
Inoltre l'art. 38 è leso anche a causa del deficit
democratico europeo, in cui è il Consiglio, quindi i governi, a detenere il potere
legislativo e non il Parlamento europeo, che al contrario ha semplicemente una funzione
consultiva. Di conseguenza, il potere statale in Germania non sarà più esercitato dai
rappresentanti eletti dal popolo tedesco, ma il fatto che il potere legislativo sia affidato
ai capi di governo, è definitivamente istituzionalizzato.
Il querelante quindi, reclama che il suo diritto di voto mantenga la sua funzione
sostanziale di eleggere il corpo legislativo in corso.
18
Questo è l'unico ricorso ammesso dalla Corte, la quale conferma
l'interpretazione dell'art 38 della GG che, oltre al diritto di partecipazione alle elezioni
per la scelta dei membri parlamentari, include anche un diritto soggettivo – pubblico.
L'articolo non si traduce semplicemente nel diritto formale di voto, ma garantisce anche
il contenuto democratico fondamentale di tale diritto, dando la facoltà al popolo tedesco
di cooperare alla legittimazione del potere statale; esso, quindi, vieta l'indebolimento
della legittimazione del potere statale attraverso il trasferimento di compiti e
responsabilità del Parlamento federale. In tal caso inevitabilmente verrebbe meno il
principio democratico dichiarato inviolabile dall'art. 79 par. 3 e dall'art. 20 par 1 e 2
della GG. La Corte accetta la tesi secondo cui attraverso l'allargamento delle
competenze europee, la tutela della GG possa peggiorare qualitativamente e che
particolar modo l'art. 38 possa essere violato, se l'esercizio delle responsabilità
parlamentari saranno trasferite estensivamente ad istituzioni governative dell'Unione
europea. Il ricorso è quindi ritenuto ammissibile e l'analisi della sua fondatezza è
rimandata alla parte successiva del testo.
19
Il primo ricorso di Manfred Brunner include ancora la denuncia della violazione
di alcuni diritti fondamentali, causata dalla ratifica del Trattato di Maastricht, tramite il
17
Art. 6 par. 4 (ex Art. F par. 3) TUE: "L'Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi
obiettivi e per portare a compimento le sue politiche."
18
BVerfGE 89/155, A. II 1°.
19
Ivi, B. 1.
quale il controllo statale tedesco è ceduto in numerose aree di rilevanza giuridica
fondamentale, non permettendo così ai garanti della protezione costituzionale dei diritti
fondamentali, in questo caso la Corte costituzionale tedesca, di esercitare la propria
funzione. L'art. L del TUE,
20
in aggiunta, comporta un gap incostituzionale per la
protezione giuridica dei diritti fondamentali, perché esclude da questo campo anche la
giurisdizione della Corte di Giustizia europea.
In particolar modo, secondo l'opinione del querelante è violata: la dignità umana
(art. 1 par. 1 GG), che cambia sostanzialmente qualora il potere statale sia esercitato dal
popolo dell'Unione europea, in luogo del popolo tedesco; il diritto alla libertà politica, in
quanto il Trattato di Maastricht non aderisce sufficientemente alla Costituzione tedesca
e quindi non è legittimato democraticamente, cristallizzando l'autonomia della volontà
di tutti i cittadini di sviluppare la propria personalità come sancito dall'art 2 par. 1 GG;
infine la libertà economica e politica, dovuta principalmente all'introduzione
incostituzionale della moneta unica. Le motivazioni a tal riguardo concernono gli
articoli 2 e 14 della GG, i quali sono direttamente violati dopo l'entrata in vigore del
Trattato di Maastricht, poiché la Germania sarà automaticamente catapultata
nell'Unione monetaria; le condizioni di comunicazione saranno alterate se dipenderanno
dalle istituzioni europee e non tedesche (art 5 GG sulla libertà d'opinione), così come
sarà leso il diritto della libertà d'associazione (art. 9 par. 1 GG)
21
per la difficoltà di
formare partiti e di parteciparvi, possibilità pregiudicata soprattutto dalla presenza della
molteplicità linguistica nella dimensione europea.
22
La Corte respinge ogni contestazione relativa ai diritti fondamentali di questo
primo ricorso, richiamandosi all'apertura della Costituzione tedesca al processo europeo,
che si evince dal preambolo della Costituzione tedesca e dalla nuova versione dell'art.
23 e dall'art. 24 della GG; tutto ciò significa che le trasgressioni dei diritti fondamentali
possono derivare anche dalle istituzioni europee.
20
Art. 46 TUE (ex art. L).
21
In riferimento in particolar modo all'art. 138 TCE: " I partiti politici a livello europeo sono un
importante fattore per l'integrazione in seno all'Unione. Essi contribuiscono a formare una coscienza
europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione"
22
BVerfGE 89/155, A II. 1b.