7
più ampliamente nel paragrafo 3.2.3, e trova le fondamenta nell’opera di
Joseph Stiglitz. Il premio nobel per l’economia ha infatti studiato per tutta la
vita i problemi legati alle asimmetrie informative, ed utilizzando tali studi ha
fornito un’interpretazione molto interessante del fenomeno della bolla
speculativa degli anni ’90: egli sostiene fondamentalmente che nella spinta
alla crescita incondizionata di quegli anni ci fosse un ruolo fondamentale
giocato dagli interessi particolari del management delle grandi aziende, che
attraverso piano di retribuzione variabile (le famose “Stock options”) pensati
male avevano trovato il modo di arricchirsi “sulle spalle degli azionisti”
(Stiglitz, 2001) senza che il mercato se ne accorgesse.
Il secondo aspetto interessante che ci porta a fornire una sorta di
spiegazione al fenomeno è che nel mercato delle aziende esistano delle
“mode” strategiche per cui tutto il mercato si muove nella direzione di grandi
operazioni di fusione o acquisizione e quindi le imprese non possono
esimersi dal porle in atto, ed anzi vengono mal giudicate dal mercato
(attraverso la bocca degli analisti) se non pongono in essere tali operazioni.
La presente tesi è supportata in parte dal caso ENEL (paragrafo 3.2.2), in cui
si vede come tutto il mercato degli operatori nel ramo delle utilities a livello
europeo si muovesse nel senso della crescita attraverso acquisizioni, solo
un’impresa (un “piccolo” player scozzese) si ritrasse da tale movimento ed in
conclusione proprio quell’azienda fu l’unica ad aver creato nel periodo
interessato valore per i propri azionisti.
Queste riflessioni personali sono state in parte confermate dalle ricerche
condotte per il presente lavoro, sono stati diversi infatti gli studiosi che hanno
verificato come le fusioni avvengano per ondate ,“Mergers come in waves”
(Mueller, 1980). Lo studioso appena citato ha verificato che le operazioni di
M&A sono concentrate in determinati periodi storici che molto spesso
coincidono con momenti di particolare rialzo del mercato borsistico.
In effetti la prima ondata di operazioni di M&A di cui si trovano dati è quella
denominata “Great Merger Movement”, che fu un fenomeno prevalentemente
relativo al capitalismo USA avvenuto negli anni tra il 1895 ed il 1905. In
8
questo periodo piccole e medie imprese con piccole quote di mercato si
consolidarono con aziende dele stesse dimensioni al fine di creare grandi
gruppi industriali, usando prevalentemente il veicolo societario del trust. Per
capire la rilevanza del fenomeno possiamo considerare che nel 1900 il valore
delle imprese acquisite tramite fusioni era il 20% del PIL. Nel caso preciso di
questa ondata il fine delle aziende che ne presero parte era quello di
mantenere alti i prezzi dei beni venduti, obiettivo che poteva essere
raggiunto, come noto, attraverso la concentrazione dell’offerta.
Come evidenzia Mueller nel suo lavoro (1980): “Le fusioni si succedono per
ondate. Negli anni 1980, 1920, 1960 e 1980 il numero di fusioni era di gran
lunga superiore a quello che si registra nei primi anni delle decadi
successive. Inoltre tutte queste ondate tendono ad essere correlate
positivamente con l’andamento dei prezzi dei titoli azionari e dell’attività
economica.”
Queste informazioni non sono certamente un segnale positivo per chi spera
nella razionalità del comportamento del management nel porre in essere tali
operazioni, sappiamo infatti che le “bolle speculative” distolgono
tendenzialmente gli operatori da comportamenti razionali (come ha
dimostrato la recente crisi della new economy, o le recentissime vicende del
mercato immobiliare) e portano all’attuazione di operazioni che non sempre
creano valore per gli azionisti.
Proprio il focus sulla creazione di valore è il centro del presente lavoro,
ovvero si tende a costruire un modello che possa essere uno strumento
attraverso cui il management riesce a valutare “ex-ante” l’operazione che
vuole porre in essere, e scegliere sulla base della “creazione di valore per i
propri azionisti”.
Il lavoro è quindi strutturato con la finalità di fornire i possibli punti di tale
modello, dopo aver introdotto il tema delle operazioni di M&A ed aver
spiegato quali sono le motivazioni che spingono gli operatori a porle in
essere si sofferma sull’individuazione degli errori commessi più
comunemente dagli operatori, analizzando in modo preciso due casi di
9
fallimento (Enel e Globo.com) di operazioni M&A che erano nate con lo
specifico obiettivo di creare un grande valore per gli azionisti e che si sono
invece rivelate enormi fallimenti. Nel quarto capitolo si procede invece
all’individuazione delle “variabili positive” del modello, si trovano quindi i
comportamenti virtuosi che le imprese dovrebbero porre in essere in ogni
processo che porta alla realizzazione di acquisizioni, fusioni ed altre
operazioni di crescita esterna. L’indivuazione di tali comportamenti parte
dall’analisi del caso della crescita dimensionale messa in pratica da
Finmeccanica, che è riuscita a creare valore per gli azionisti. Nell’ultimo
capitolo, la conclusione, si tirano le fila dei ragionamenti del lavoro e si cerca
di mettere insieme le riflessioni portate avanti al fine di costruire questa sorta
di modello.
Per concludere e passare al lavoro vero e proprio mi sembra doveroso
precisare che il presente lavoro si inserisce in una enorme letteratura
economica con cui non pretende neanche lontanamente porsi a confronto.
Esso rappresenta semplicemente la lettura critica di un fenomeno molto
importante del capitalismo moderno, offerta da uno studente ancora
probabilmente inesperto e lontano dalle logiche che portano alla
comprensione di tali fenomeni. Allo stesso tempo mi preme sottolineare che
le riflessioni portate sui casi aziendali non devono essere lette come una
critica al management delle società coinvolte, che sicuramente non spetta
all’autore giudicare, ma come piuttosto l’esemplificazione di una serie di
comportamenti che per varie ragioni sono riscontrabili in moltissime scelte
aziendali, in diverse imprese e contesti di business.
10
CAPITOLO 2: COSA SONO E A COSA
SERVONO LE M&A
Il presente capitolo introduce l’argomento della crescita dimensionale delle imprese
e fornisce una veloce panoramica sugli argomenti chiave del lavoro. Presenta negli
ultimi due paragrafi le fasi del processo di valutazione delle operazioni di M&A e la
conseguente valutazione sull’esito delle operazioni.
2.1 LA CRESCITA DIMENSIONALE DELLE IMPRESE
Come oramai noto l’economia moderna è caratterizzata dal carattere globale
della competizione aziendale e da elevati tassi di cambiamento. Le teorie di
Darwinismo sociale sostengono pertanto che è lo stesso ambiente ad
effettuare una “selezione naturale” in cui vanno avanti le organizzazioni più
adatte a sopravvivere nel lungo termine. Il carattere globale della
competizione, se da un lato aumenta la pressione sulle aziende, dall’altro
permette loro di poter, quasi totalmente, accedere ad un mercato senza limiti
geografici. Altro fattore di fondamentale importanza nella descrizione
dell’ambiente economico moderno è il tasso di cambiamento delle variabili
tecnologiche, che segue oramai ritmi vertiginosi che le imprese fanno fatica a
seguire.
Tutta questa serie di fattori fanno si che le imprese con vocazione globale
siano naturalmente spinte verso processi di crescita dimensionale per
sopravvivere, dove per crescere intendiamo aumentare la dimensione
aziendale, sia in termini di dimensioni fisiche che naturalmente di fatturato,
cercando di sviluppare un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo.
La parola vantaggio competitivo svolge nella letteratura economica moderna
un ruolo di primo piano negli obiettivi delle aziende e merita l’interruzione del
discorso sull’ambiente economico per precisare cosa intendiamo con essa:
per vantaggio competitivo si intende il “risultato di una strategia che conduce
l’impresa a occupare e mantenere una posizione favorevole nel mercato in
11
cui opera, che si traduce in una redditività stabilmente maggiore di quella
media dei competitori” (Fontana, Caroli. Economia e gestione delle
imprese,2003). La frase riportata contiene innumerevoli spunti di analisi che
è interessante approfondire: innanzitutto il vantaggio competitivo viene
raggiunto dall’imprese non a causa di logiche esogene ma è il risultato di un
comportamento strategico, diviene quindi fondamentale indirizzare le scelte
strategiche verso la creazione di un vantaggio competitivo (come verrà
sottolineato in seguito); inoltre si nota come la definizione sottolinei il fatto
che il vantaggio competitivo per essere veramente rilevante per l’impresa
deve avere un carattere di sostenibilità nel tempo, quindi le strategie di
crescita hanno il dovere di essere valutate attentamente prestando
attenzione non solo alla possibilità di avere una redditività maggiore rispetto
ai concorrenti ma soprattutto al fatto che tale maggiore redditività sia
sostenibile nel tempo.
2.1.2 CRESCITA INTERNA vs CRESCITA ESTERNA
Una volta chiarito cosa intendiamo per crescita dimensionale è importante
evidenziare le diverse direttrici lungo le quali si muovono nella realtà i
processi di crescita delle aziende. Partendo spunto dalla nota classificazione
di Ansoff (Ansoff, Strategia aziendale) possiamo suddividerli nel modo
seguente:
1. Processi di crescita che non mirano a modificare i prodotti offerti e che
portano l’impresa ad operare negli stessi mercati, espandendo i
volumi di vendita tramite il riempimento degli spazi non sfruttati di
domanda potenziale. L’aumento delle quantità prodotte porta al
conseguimento di economie di scala attraverso la suddivisione dei
costi fissi su volumi di produzione maggiori, e si creano inoltre le
condizioni per lo sfruttamento delle economie di apprendimento
(ovvero alla riduzione dei costi all’aumentare del volume di output da
imputare all’accumulo di esperienza e competenza tecnica dei
lavoratori e delle organizzazioni). In questa fase l’impresa potrebbe
12
inoltre non limitarsi a spingere il consumo dei propri clienti attuali ma
cercare di catturare clienti dei concorrenti ottenendo collateralmente il
beneficio di accrescere la propria quota di mercato.
2. Strategie di crescita che portano le imprese ad operare negli stessi
mercati operando un allargamento e un rinnovo della gamma della
propria offerta. Si introducono nuovi prodotti, oppure quelli esistenti
vengono migliorati, resi più funzionali ed attrattivi, o si prospettano ai
clienti nuove funzioni d’uso dei preesistenti prodotti; tale strategia
risulta molto usata e particolarmente efficace per i prodotti giunti nella
fase di maturità e quindi in settori prossimi alla saturazione.
3. Con gli attuali prodotti le imprese vanno alla conquista di nuovi
mercati, si in senso geografico che di nuovi utilizzatori o nuovi gruppi
di clienti, cercando di operare un aumento del proprio “raggio
d’azione”. Il vantaggio principale di tale strategia è che le risorse di cui
l’impresa già dispone (come ad esempio le reti commerciali) possono
essere condivise tra più mercati.
4. L’impresa rinnova e sviluppa la gamma di prodotti andando
contemporaneamente a cercare l’inserimento in nuovi mercati,
attuando programmi di diversificazione di vario tipo e conseguendo,
soprattutto in questo caso economie di scopo (che verranno
analizzate più puntualmente più avanti). Le diverse modalità di
diversificazione sono distinguibili a seconda delle più o meno strette
connessioni che vengono a crearsi tra le nuove e le vecchie attività
svolte dall’impresa: se i legami tra le attività sono consistenti, per
quanto concerne la tecnologia o il marketing, si parla di
diversificazione “correlata”; se invece l’espansione è orientata verso
aree d’affari completamente diverse rispetto alle preesistenti, si
realizza una diversificazione “conglomerata”. L’attività inoltre si può
estendere a stadi precedenti o successivi della catena produttiva, e si
parla quindi di diversificazione di tipo verticale, in questo caso i
vantaggi conseguibili sono la riduzione dei costi, l’abbassamento del
rischio e il rafforzamento del potere di mercato.
13
Il discorso fin qui fatto ci porta a capire come le acquisizioni si pongono come
strumento assai efficace, e per la verità spesso esclusivo, per realizzare gli
obiettivi di crescita che abbiamo sinteticamente presentato. Dobbiamo
tuttavia sottolineare che tali obiettivi possono essere raggiunti dalle imprese
per via interna, cioè con le forze , i mezzi e le capacità di cui dispongono,
portando avanti programmi d’investimento nell’area produttiva/ commerciale
in cui l’impresa opera facendo leva sull’autofinanziamento, o ricorrendo
all’aumento di capitale o altre forme di finanziamento esterno.
Come appare evidente la condizione preliminare per crescere in questo
modo è che si sia in possesso, o che si arrivi ad una rapida disponibilità,
delle risorse nececessarie. Com’è chiaro le varie alternative di crescita di cui
ho fornito una rapida panoramica precedentemente richiedono, oltre alle
disponibilità finanziarie, una serie di conoscenze, di tecnologie e di capacità
di marketing; senza considerare il fatto non trascurabile che molte delle
alternative che si prospettano all’impresa per crescere necessitano di
abbondanti competenze nella ricerca e nella progettazione.
In altri termini, un impresa per molte strategie di crescita che intende porre in
atto, spesso non possiede, né può agevolmente crearle, tutte quelle
conoscenze che gli occorrono. Quindi, in uno sforzo, spesso inutile e votato
al fallimento, di dotarsene al suo interno, potrebbe essere indotta a
distogliere l’attenzione dalla possibilità di estrarre ulteriore valore dalle
risorse di cui già dispone, cioè di dare evidenza a nuove potenziali capacità
in quelle funzioni o attività fondamentali che le appartengono, nelle quali già
possiede una indiscussa specializzata esperienza. Il ricorso alle acquisizioni
quindi riesce a combinare i punti di forza che possiedono acquirente ed
acquisito, ottimizzando le risorse complessive e realizzando vantaggi di
efficienza.
In secondo luogo, la crescita ottenuta per via esterna consente di centrare gli
obiettivi strategici che l’impresa si pone in tempi assai più brevi. L’impresa,
come vedremo dopo, attuando acquisizioni si pone in grado di disporre di
know-how, di nuovi processi produttivi, di varie risorse tecnologiche e di
molte altre risorse senza attendere l’esito di lunghi ed onerosi programmi di
14
investimento. E come sottolineato nell’introduzione al capitolo l’immediatezza
rappresenta spesso un fattore particolarmente decisivo di successo; si pensi,
ad esempio, ai casi di prodotti con breve ciclo di vita, o a quelle situazioni
congiunturali di straordinario favore presenti in alcuni segmenti o settori, che
occorre cogliere tempestivamente. La rapidità con cui si conducono molte
operazioni di crescita consente inoltre di sorprendere i concorrenti,
cogliendoli in quel momento impreparati o indisponibili a reazioni adeguate, o
anche di sopravanzarli in breve tempo, ottenendo così un effetto rafforzativo
della competitività.
In terzo luogo, le vie di crescita attraverso acquisizioni sono in taluni casi le
uniche che consentono l’ingresso in settori o in mercati nei quali le barriere
d’ingresso risultano insuperabili, o che implicano la disponibilità di requisiti di
legge o di fatto, esternamente difficili da ottenere, se non a prezzo di
investimenti eccessivamente onerosi, o addirittura insostenibili. Lo stesso
discorso vale se si considera strategicamente vincente l’ingresso in mercati
di altri paesi, che magari sono contraddistinti da un conteso socio-economico
o culturale molto diverso da quello dell’impresa (si pensi all’attuale ingresso
di molte multinazionali nei mercati emergenti come Cina ed India), e per i
quali si riscontra necessario essere dotati di profili e caratteristiche tali che
solo un’impresa locale è in grado di possedere.
Inoltre, le acquisizioni hanno il vantaggio di consentire obiettivi di crescita,
non solo evitando lunghi e costosi processi di apprendimento, ma anche
eliminando i rischi normalmente connessi ad ogni progetto o attività che si
intende intraprendere per la prima volta: rischi legati sia alla fase di
formulazione delle previsioni e dei piani, sia al momento dell’attuazione. E’
questo, ad esempio, il motivo per cui decisioni di diversificazione
conglomerata si attuano di regola con l’acquisizione di altre imprese,
specialmente quando ci si trova in settori in cui la tecnologia ha raggiunto
elevati livelli di complessità o quando l’investimento si presenta di notevole
entità.
Crescere attraverso acquisizioni appare l’unica via percorribile anche in altre
ipotesi. Talvolta, un’espansione interna, accrescendo l’offerta globale
15
potrebbe turbare alcuni settori o comparti e in certe fasi addirittura l’equilibrio
del mercato stesso , con effetti che si potrebbero rivelare autolesionistici per
l’impresa stessa. Certi settori infatti sono saturi o si presentano caratterizzati
da una domanda debole, quindi non tollerano situazioni di crescita della
capacità produttiva complessiva. Si possono portare molti casi reali per
avvallare questa tesi.
Per completare l’analisi, dopo aver analizzato i vantaggi della crescita per vie
esterne, occorre studiare quali sono i vantaggi a cui l’impresa rinuncia
decidendo di non svilupparsi internamente.
In primo luogo, se è facile ammettere che l’acquisizione rende possibile la
disponibilità in tempi brevi di capacità distintive già presenti in altre aziende
delle quali si avverte la forte utilità, non si può allo stesso tempo ignorare che
l’azienda target potrebbe anche essere apportatrice di risorse non sfruttabili
utilmente, o costituenti duplicazioni di altre già possedute, oppure di realtà
potenzialmente in grado di provocare situazioni problematiche non facilmente
risolvibili. Sotto questo aspetto, la crescita interna offre senza dubbio il
vantaggio di conseguire la disponibilità solamente delle risorse e delle
competenze ritenute davvero necessarie. Ed, inoltre, consente di destinare ai
programmi di espansione soltanto le disponibilità finanziarie effettivamente
necessarie (eliminando il problema del potenziale sovrapprezzo che
un’acquisizione può determinare), graduandone inoltre l’importo e non
secondariamente i tempi di esborso.
In secondo luogo non si può negare che un processo di crescita attuato per
vie interne consente con maggiore facilità all’impresa di percorrere il
cammino di aumento della dimensione in modo più congeniale alla sua
struttura, origine e storia imprenditoriale.