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Introduzione
L’argomento di questa tesi è il Corriere della Sera di Luigi Albertini e
l’interpretazione, attraverso le pagine del quotidiano, del periodo storico che va dal
1919 al 1922: gli anni del difficile dopoguerra e della crisi del sistema liberale in
Italia.
Per fare questo è stato fondamentale attingere dall’archivio storico del Corriere
della Sera, dalle memorie e dall’epistolario del suo direttore, oltre alla bibliografia
degli storici contemporanei e dell’epoca.
Nel primo capitolo sono descritte le origini di Luigi Albertini, nato nel 1871 in
una facoltosa famiglia, poi decaduta, erede della destra storica. Sono stati presi in
esame gli anni della sua formazione a Bologna e poi a Torino, che sono determinati
per il cambio di direzione operato nella sua vita. Vicende familiari e influenti
conoscenze lo portano a abbandonare la prospettiva di dedicarsi alla carriera
accademica per arrivare, quasi per caso, a quella nel giornalismo. Fondamentali
sono le sue esperienze all’estero, nei Paesi dove il costituzionalismo e i principi
liberali hanno avuto origine e si sono maggiormente sviluppati.
L’ingresso di Albertini al Corriere della Sera avviene nel 1896 e in soli tre anni
ne assume la direzione politica. La sua intraprendente e decisa conduzione lo porta
a imprimere nel giornale il suo pensiero stabilendo i tratti tipici del corrierismo.
Alla base ci sono tradizione e innovazione, chiarezza e semplicità nel linguaggio,
indipendenza dalle ingerenze dei politici e voce chiara e ferma nel difendere la
stabilità del Paese.
È stato analizzato quali sono i tratti caratteristici del pensiero di Albertini e della
sua interpretazione della politica interna e estera; dalla inziale adesione al
triplicismo del fondatore Eugenio Torelli Viollier, alla evoluzione in una visione
rispettosa del principio delle nazionalità e delle libertà dei popoli. Nel corso degli
eventi bellici il Corriere della Sera ha tenuto una forte posizione interventista sia
in occasione dell’impresa libica, sia riguardi al primo conflitto mondiale, puntando
sempre a obiettivi ben precisi. Queste prese di posizione sono state talvolta coerenti
con l’azione di governo, altre hanno messo Albertini e il suo giornale in posizione
di isolamento.
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Ampio spazio è stato dato al tema dei difficili trattati di pace ai quali l’Italia si
presenta come Paese vincitore, ma in contrasto con gli obiettivi degli alleati. In
questo contesto, Albertini si pone in dissenso con i nostri delegati, il Presidente del
Consiglio Orlando e il Ministro degli Esteri Sonnino, auspicando per l’Italia una
politica di più ampio respiro, che non si limiti a semplici rivendicazioni territoriali.
Dal novembre 1921 al febbraio 1922 Albertini partecipa in qualità di membro
della delegazione italiana alla Conferenza sul disarmo a Washington. Il suo
significativo contributo porta l’Italia a imporsi sulla Francia sul tema degli
armamenti navali, obiettivo tutt’altro che scontato alla vigilia della conferenza,
vista la scarsa considerazione concessa al nostro Paese. In questo nuovo ruolo di
diplomatico, Albertini si mette in gioco rinunciando temporaneamente alla gestione
del suo giornale, dando prova di capacità di relazione con i più importanti
interlocutori internazionali.
Il periodo preso in esame coincide con l’ascesa del fascismo; pertanto, è stato
dato particolare rilievo a quale sia stato l’approccio di Albertini e del suo quotidiano
al movimento dei fasci di combattimento; dalla iniziale diffidenza, all’appoggio in
chiave antisocialista al movimento e infine alla ferma e decisa opposizione nei
confronti dell’attacco alle istituzioni liberali attuata dal partito
Nel secondo capitolo si è descritto cosa significhi lavorare in una azienda di
grande prestigio come Il Corriere della Sera: la sua organizzazione, i rapporti con
i soci e le principali innovazioni apportate da Albertini. Ampio spazio è stato dato
ai rapporti con i dipendenti, i corrispondenti e le collaborazioni culturali,
economiche e politiche. L’azienda-Corriere intraprende un rapido sviluppo grazie
alla direzione energica e coraggiosa del suo direttore che si batte per contrastare i
concorrenti sapendo instaurare proficue collaborazioni con altre testate
internazionali. Sfrutta i progressi del telegrafo e del telefono modificando lo stile
che perde la connotazione letteraria della fine del secolo precedente, per acquisire
il linguaggio più conciso. Nell’Italia dei primi decenni del nuovo secolo, Il Corriere
della Sera rappresenta un esempio di innovazione e efficienza che fa onore al Paese.
Inoltre, Albertini persegue lo scopo di essere educatore della nuova società, alla
quale appartengono le classi più colte e quelle più arretrate, ma entrambe bisognose
di una guida esperta. Chiunque voglia crearsi una opinione, ha avuto come punto di
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riferimento il quotidiano milanese che ha saputo catturare il pubblico con una
offerta completa e esaustiva su tutti i temi attuali.
Pur mantenendosi lontano dai giochi di potere, Albertini sente subito la necessità
di aprire una sede romana del Corriere della Sera, per essere più vicino ai luoghi
dove si adottano le scelte e avere la percezione degli umori e dei rapporti di forza
nelle amministrazioni centrali. La direzione del Corriere romano mette in luce
quanto sia forte la volontà di Albertini di imprimere la sua fisionomia alla linea da
seguire nel giornale, senza tollerare chi se ne allontana. Ne è la prova
l’estromissione di alcuni collaboratori che se ne discostano e la scelta di altri che vi
aderiscono senza indugio.
Parlando di un giornale non si può non parlare di libertà di stampa, della capacità
di influenzare l’opinione pubblica e i rapporti con la censura. Non essendoci
all’epoca altri mezzi di comunicazione, ed essendo difficile avere contatti con altri
cittadini delle varie zone del Paese, il quotidiano rappresenta un mezzo per arrivare
ovunque e incidere sulla formazione delle opinioni. Viene utilizzato come mezzo
di propaganda negli eventi bellici e per imprimere massicce campagne di
sensibilizzazione pubblica, come quella in chiave antisocialista.
Nell’ultimo capitolo è stato analizzato più nello specifico in cosa è consistita la
crisi liberale attraverso l’instabilità governativa e le difficoltà della classe dirigente
alle prese con il difficile dopoguerra e il rischio della rivoluzione socialista,
soprattutto nel periodo che va dall’aprile 1919 al gennaio 1921, che per la criticità
nei confronti delle classi operaie e contadine, prende il nome di biennio rosso Tema
che ricorre più volte è l’opposizione a Giovanni Giolitti, emblema della vecchia
classe dirigente demagogica e trasformista alla quale Albertini propone la
prospettiva di rinnovamento attraverso una classe dirigente operosa e dalla politica
trasparente.
Infine, l’ultimo passaggio è per lo sviluppo del fascismo, visto attraverso i cambi
di direzione opportunisti adoperati da Mussolini: dal suo inziale programma
nazionalista dei fasci di combattimento, a quello orientato a destra dopo le elezioni
del 1919, alla svolta antisocialista e infine a quello in chiave antiparlamentare che
si conclude nella marcia di Roma e la presa del potere.
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L’obiettivo di questo lavoro è stato l’analisi nello specifico il ruolo del Corriere
della Sera e il peso delle opinioni di Luigi Albertini nel raccontare il difficile
adattamento della classe liberale alle mutate caratteristiche della società di massa e
nell’incidere sulle scelte politiche compiute.
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Capitolo I
Luigi Albertini. Dalle origini alla carriera nel Corriere della
Sera
1.1. Le Origini
Luigi Albertini nasce ad Ancona il 19 ottobre 1871 da una facoltosa famiglia
molto conosciuta in città. Il padre Leonardo e lo zio Cesare gestiscono un “Banco”,
una società sia commerciale che finanziaria.
Sono i primi anni del nuovo Regno d’Italia dove agisce una classe
imprenditoriale nuova e desiderosa di farsi spazio nella nuova economia capitalista.
L’impresa degli Albertini è perfettamente inserita nel contesto economico e politico
tanto da essere un riferimento per la popolazione e gli esponenti politici sia a livello
locale che nazionale. Luigi è ancora un giovane studente liceale quando nel 1889 la
sua famiglia viene condotta alla rovina in seguito al crollo della Banca Tiberina di
Roma con la quale collaborava e al fallimento dei lavori nel riattamento del bacino
di carenaggio della città di La Spezia. L’attività degli Albertini risente come tutta
l’imprenditoria nazionale della crisi economica di fine secolo, che in Italia assume
una caratteristica del tutto particolare: infatti alle difficoltà comuni agli altri Paesi,
si aggiunge la tendenza degli imprenditori a sfruttare quanto più possibile la nuova
economia per trarre profitti anche in maniera illecita; non è il caso della famiglia
Albertini, dove il padre e lo zio subiscono l’umiliazione del fallimento e della
condanna per bancarotta fraudolenta. Loro ne uscirono ottemperando a tutti gli
obblighi nei confronti del concordato, come ebbe a ribadire lo stesso Luigi nel 1925
ai suoi detrattori fascisti, quando dovette difendersi dalla campagna denigratoria
rivolta dalla stampa nei suoi confronti finalizzata ad annientare il suo grande
nemico: il Corriere della Sera e il suo direttore.
1
Non vi è dubbio che le vicende familiari, il peso di una famiglia da mantenere,
ebbero una forte influenza sul carattere del giovane; il fatto di essere nato e cresciuto
1
O. BARIÉ, Luigi Albertini, Utet, Torino, 1972, p. 8.