13
1.2 Nuova dignitas alla figura della vittima a partire dalla Scuola Positiva.
La vittima, entrando in contatto con il reo, è da sempre considerata una fucina di dati e informazioni
che sono in grado di apportare un bagaglio conoscitivo unico nel procedimento penale e, dunque, è
stata strumentalizzata per gli obiettivi della giustizia penale. Ne deriva che essa è divenuta
l’interlocutore privilegiato degli operatori di giustizia, soprattutto nella veste di testimone, e proprio
in ragione di ciò valgono le considerazioni prima svolte sulla sua marginalizzazione e sulla sua totale
assenza di rappresentatività penale a favore dell’attenzione dedicata dall’autore del fatto criminoso.
Le conseguenze del reato sono aggravate da questa condizione di subordinazione della vittima e di
disconoscimento delle sue aspettative e tale situazione può provocare, oltre ad un atteggiamento
reticente e non collaborativo con la giustizia, i cosiddetti effetti di “vittimizzazione secondaria” ogni
qualvolta la persona offesa sia chiamata a prestare la propria collaborazione con la giustizia in qualità
di testimone, cioè quando è costretta a richiamare alla memoria le offese subite, quando è oggetto di
perverso e oppressivo interesse mediatico o, ancora, quando potrebbe essere esposta ai pericoli di
vendetta del delinquente
15
.
Questa consapevolezza sulla vittima si spiega in ragione del fatto che la scarsa attenzione sul tale
figura ha origini risalenti, dato che già durante il Medioevo il reato non è più visto come violazione
di un interesse eminentemente privato della vittima, ma come una minaccia alla pace sociale.
La vittima del reato è versata in tale situazione di oblio per secoli. Neanche durante il periodo
illuminista, in cui vi è stato il riconoscimento di diritti e principi in materia penale, primo fra tutti il
principio di legalità formale con tutti i suoi corollari, oltre che la prima rilevante riduzione della
sofferenza punitiva attraverso il passaggio dalla pena corporale al carcere come sanzione, ci si è
interessati alla persona offesa dal reato e alla sua tutela. Tutte queste riforme, che hanno rappresentato
una svolta epocale nella storia del diritto e del processo penale, hanno riguardato solamente il reo,
senza alcun minimo accenno alla vittima.
Su tale scia si colloca anche la Scuola Classica, secondo cui vi è una netta separazione tra pena e
risarcimento, dato che la prima opera in chiave retributiva, attraverso la provocazione di un male al
reo, mentre il risarcimento serve a ripagare il danno patrimoniale e non patrimoniale subito dalla
vittima. Pena e riparazione, oltre ad avere funzioni diverse, procedono anche su binari differenti,
giacché la prima è conseguenza dell’azione penale, che è pubblica ed esercitabile solo dallo Stato,
15
Cfr. CASAROLI, Un altro passo europeo in favore della vittima del reato: la Raccomandazione n. R (85) 11 sulla
posizione della vittima nel diritto e nella procedura penale, cit., pag. 625. Nello stesso senso MUSACCHIO, Vittima del
reato e giustizia riparativa: paradigmi del nuovo diritto penale del terzo millennio, in I diritti dell’uomo-Cronache e
battaglie, 2008, n.1, p. 37 e ss., secondo il quale “un sistema in cui la vittima ricopre un ruolo marginale non [può]
riscuotere fiducia da parte dei cittadini che richiedono, a fronte della criminalità pervasiva e onnipresente, giustizia e
sicurezza da parte degli organi e delle istituzioni statali”.
14
mentre la seconda si ottiene tramite l’esercizio dell’azione civile, che è rimessa in via esclusiva
all’iniziativa privata
16
. Secondo la Scuola Classica, nella struttura del reato il ruolo del soggetto
passivo rileva in due istituti:
a) la provocazione, in cui il comportamento della vittima va ad attenuare la responsabilità penale
del reo, e, quindi, determina una diminuzione di pena nei confronti di quest’ultimo;
b) la legittima difesa, nella quale la vittima, diventata a sua volta autore di un fatto penalmente
rilevante, è considerata giustificata, proprio per avere subito inizialmente un’aggressione
ingiusta.
Al di là di queste ipotesi specifiche e della possibilità di una diminuzione di pena tramite l’istituto
delle circostanze attenuanti generiche, di fronte a comportamenti della vittima, che, senza integrare
la provocazione, denotano una minor colpevolezza del reo, il soggetto passivo non viene preso in
considerazione nel sistema classico del diritto penale, se non alla luce della convinzione per cui alcuni
individui siano più predisposti di altri a divenire vittime di reato
17
.
Soltanto la Scuola Positiva inizia ad interessarsi alla persona offesa, che qualifica come terzo
protagonista della giustizia penale, accanto allo Stato e al reo
18
e individua nel risarcimento del danno
l’unico rimedio attraverso il quale lo Stato possa attuare una tutela immediata a favore dell’offeso
19
.
Il risarcimento riveste una “funzione pubblica”, per cui la vittima del reato deve sempre essere
risarcita per i danni subiti e non soltanto quando da essa richiesto in sede civile, come invece sostenuto
dagli appartenenti alla Scuola Classica. Tale risarcimento deve essere corrisposto alla persona offesa
direttamente ad opera dello Stato, con rivalsa poi nei confronti dell’autore del fatto di reato e con
eventuale condanna di quest’ultimo al lavoro qualora sia insolvibile, rivestendo, dunque, anche la
funzione di sanzione punitiva, che si affianca o, in alcuni casi addirittura si sostituisce
20
, alla pena,
con ulteriore efficacia deterrente
21
. Nella Scuola Positiva, la riparazione del danno è uno strumento
repressivo in un’ottica social-difensiva nei confronti del reo, ma allo stesso tempo è anche una misura
nell’interesse della vittima, il che lo rende diverso dai moderni strumenti di riparazione pubblica di
16
Cfr. MANTOVANI, Diritto Penale, Parte Generale, Padova, 2007, p.858; ESER, Bene giuridico e vittima del reato in
Riv. it. dir. proc. pen., 1997, p. 1061 ss.; PAGLIARO, Tutela della vittima nel sistema penale delle garanzie, in Riv. it.
dir. proc. pen., 2010, p. 42.
17
Cfr. DE QUINCEY, De l’Assassinat Consideré comme un des Beaux-Arts, Paris, 1963; VON FEURBACH, Narratives
of Remarkable Criminal Trials, London, 1846, in cui riaffermò l’idea, in relazione ad un caso di parricidio, che in alcuni
casi la vittima potesse essere all’origine del crimine.
18
Cfr. FERRI, Principi di diritto criminale, Torino, 1928, p. 581; ID, Sociologia criminale, Torino, 1930, II, 5 ed, p. 461.
19
Cfr. FERRI, Il diritto di punire come funzione sociale, in Arch. Psich., II, 1182, p. 76-77; GAROFALO, Riparazione
alle vittime del delitto, Torino, 1887; FERRI, Relazione sul Progetto preliminare di codice penale italiano per i delitti
(1921), in appendice ai Principi di diritto criminale, Torino, 1928, p. 732.
20
Cfr. FERRI, Sociologia Criminale, cit., pag. 451, risarcimento come misura sostitutiva della pena per i delitti commessi
da delinquenti occasionali.
21
Cfr. CASAROLI, La riparazione pubblica alle vittime di reato fra solidarietà sociale e politica criminale in Ind. pen.,
1990, p.286 e ss.
15
origine anglosassone, che, data la loro natura solidaristica, non possono tradursi in un aggravamento
delle conseguenze sanzionatorie per il reo
22
.
La novità introdotta dalla Scuola Positiva in materia di risarcimento a favore delle vittime ha
influenzato alcune scelte legislative dei primi del Novecento, senza tuttavia trovare completa
attuazione, data la influenza che ha continuato a rivestire la connotazione di matrice classica per cui
il risarcimento del danno derivante dal reato ha natura privatistica, pertanto rimesso alla iniziativa
delle persone offese
23
. Il codice di procedura penale del 1913, all’articolo 190, infatti, sancisce
l’obbligo per il giudice penale di accertare il danno prodotto dal reato, anche in assenza della
costituzione di parte civile. Con tale scelta il legislatore dell’epoca, senza giungere al punto di
riconoscere al risarcimento da reato il carattere di pubblica funzione, ha comunque voluto distinguere
tra risarcimento derivante da reato e risarcimento derivante da altre forme di illecito, per attribuire al
primo il valore di mezzo di lotta contro il crimine
24
.
Inoltre, la Scuola Positiva, anticipando gli studi dei pionieri della vittimologia, ha considerato la
vittima anche sotto un diverso profilo: inizia a prendere in considerazione e a valorizzare il ruolo del
soggetto passivo nella genesi e nella realizzazione del reato.
Conseguenza principale degli studi della Scuola Positiva è un allargamento dell’approccio al
problema della delinquenza, dalla Scuola Classica limitato dal punto di vista del reato, che, secondo
l’insegnamento del giurista Carrara, è un “entità giuridica”. Differentemente, invece, la Scuola
Positiva prende in considerazione il delinquente con le sue caratteristiche biopsicologiche e
predisposizioni naturali o costituzionali. Tuttavia, la vittima viene studiata non tanto come soggetto
a se stante, quanto piuttosto in relazione al delinquente, al fine di meglio comprenderne la
pericolosità: per esempio, un delinquente che ha commesso un reato, giacché provocato dalla vittima,
dovrà essere considerato meno pericoloso rispetto a colui che ha commesso il medesimo fatto in
assenza di provocazione e per cui, quindi, non sono necessarie misure di prevenzione; in tale caso,
secondo gli insegnamenti di detta scuola, dovranno individuarsi strumenti preventivi capaci di
neutralizzare o almeno attenuare l’eventuale contributo della vittima al reato. Si può dedurre che,
seppur l’impianto sia sempre social-difensivo, almeno vi è una maggiore preoccupazione nel
22
Nei Paesi anglosassoni l’autore del reato non è mai colpito economicamente, in quanto la riparazione grava interamente
sullo Stato e senza rivalsa nei confronti del reo; MANTOVANI, Diritto Penale, Parte Generale, cit., p. 862; AMODIO,
Solidarietà e difesa nella riparazione alle vittime del delitto, in AA. VV., Vittime del delitto e solidarietà sociale, una
proposta di politica legislativa, Milano, 1975, p. 46; in senso critico verso la concezione positivista del risarcimento del
danno cfr. STOPPATO, L’azione civile nascente da reato e i limiti della funzione dello Stato nella riparazione alle vittime
dei delitti, in Riv. Pen., 1893.
23
Cfr. FERRI, Relazione sul Progetto preliminare di codice penale italiano per i delitti (1921), in appendice ai Principi
di diritto criminale, cit., pag. 734.
24
Cfr. ANTOLISEI, L’offesa e il danno nel reato, Bergamo, 1930, p. 162-163.
16
prevenire la vittimizzazione, cioè a ridurre il numero delle potenziali vittime; senza interessarsi però,
oltre al risarcimento, degli ulteriori bisogni delle vittime.
1.3 La vittima diventa oggetto di studio. La vittimologia.
1.3.1 La nascita della vittimologia.
Dopo il primo timido interessamento alla vittima da parte della Scuola Positiva, la persona offesa
diviene destinataria di attenzione sempre più crescente, soprattutto da parte della criminologia. La
Unione internazionale di criminologia sviluppa la tesi, poi ripresa dalla scienza vittimologica,
secondo cui per studiare il fatto criminale bisogna considerare non solo il delinquente con tutte le sue
caratteristiche, ma anche la vittima con tutti i suoi elementi distintivi a carattere bio-fisiologico e
sociale, nonché́ i suoi rapporti con il reo
25
. Ad esempio, nel 1924 F. T. Jesse crea il sostantivo inglese
“murderee” per indicare i soggetti che mostrano una particolare predisposizione a divenire vittime di
omicidio
26
. Inoltre, poco dopo l’affermazione del pensiero positivista, A. W. Allen afferma la
necessità di esaminare, accanto alla personalità del delinquente, quella della vittima, arrivando, poi,
alla conclusione che la maggioranza dei reati contro il patrimonio erano dovuti a negligenza ed
imprudenza della vittima stessa
27
. Ciò denota che nello studio del fenomeno criminale inizia
progressivamente ad allargarsi il campo d’indagine: dapprima circoscritto al solo reato, poi esteso al
delinquente, ed ora al soggetto passivo.
Solo sul finire degli anni ’40 del secolo scorso, probabilmente come conseguenza dei crimini
perpetrati durante la Seconda guerra mondiale, in particolare come effetto delle riflessioni imposte
dalla tragedia dell’olocausto
28
, in criminologia si fa incalzante un vero e proprio studio sulla vittima
del reato e non a caso, infatti, i primi studiosi ad occuparsi di tale tema sono proprio di origine
ebraica
29
. La vittimologia può essere definita la disciplina che ha per oggetto lo studio della vittima
del reato, della sua personalità, delle sue caratteristiche biologiche, psicologiche, morali, sociali e
culturali, delle sue relazioni con l’autore del reato e del ruolo che essa ha assunto nella criminogenesi
25
Cfr. PETERS, Criminologia y victimologia, in Victimologia, VIII Cursos de Verano en San Sebastian, a cura di
Beristain e de la Cuesta, San Sebastian, 1990, p. 99.
26
Cfr. JESSE, Murder and its Motives, London, 1952.
27
Cfr. WALLEN, Riassunto di un discorso pronunciato l’8 maggio 1926 alla seduta di chiusura The National Safe Deposit
Convention, in New York Times, 9 maggio 1926, p. 27; SIMON, Le Consentenment del la Victime Justifie-t-il les Lesion
Corporelles? in Rev. droit. pen. crim., 1933; GEMELLI-PONZO, Les Factures Psyco-Psysique qui prédisposent aux
Accidents de la Rues, in J. de Psycologie, Paris, 1933, p. 7-8 ; E. DE GREEF, La psychologie de l’assistant, in Rev. droit.,
pen. crim., 1935, p. 15 ; ROESNER, Morder und Ihre Opfer, in Monatschrift für Kriminologie und Strafrechtsreform,
1938, p. 29; HEMARD, Le Consentement de la Victime dans le Délit des Coups et Blessures, in Rev. crit. de legisl. et
jurispr. 1939, p. 239 ss.; DE GREEF, Amour et Crimes d’Amour, Bruxelles, 1942; BOVEN, Delinquants Sexuals.
Corrupterurs d’Enfants. Coupable et Victimes, in Schweizer Archiv für Neurologie and Psychiatrie,1943, p. 51.
28
Cfr. CARIO, Victimologie, De l’effraction du lien intersubjiectif à la restauration sociale, Paris, 2000, p. 14; BARIL,
L’envers du crime, Montreal, 1984, p.413.
29
Cfr. PAVARINI, relazione al convegno “La vittima del reato, questa sconosciuta”, Torino, 9 giugno 2001, pubblicata
in http://www.ristretti.it, p. 2.
17
e nella criminodinamica
30
, rispettivamente la branca della criminologia che studia l'insieme delle
tendenze di origine genetica o ambientale che determinano la tendenza di una persona o di un gruppo
di persone a compiere atti o comportamenti antisociali a seconda dell'intensità con cui si presentano
queste tendenze in ogni individuo e la branca della criminologia che studia lo sviluppo ed il
mutamento degli atti e fatti criminali o antisociali, attraverso la ricerca e la valutazione dei vari
elementi costitutivi
31
. La disciplina della vittimologia nasce grazie al contributo di tre diversi autori:
F. Wertham; H. Von Hentig e B. Mendhelson
32
.
Wertham è uno psichiatra statunitense di origine tedesca, ricordato soprattutto per aver coniato il
termine “vittimologia” nella sua opera del 1949, The Show of violence
33
. Egli, in un’ottica
sociologica, concentra la propria attenzione sull’omicidio e, in particolare, sulla vittima di questo
reato. Egli, nell’elaborazione della sua teoria è influenzato da alcuni fatti di cronaca dell’epoca (per
dirne uno, si ricordi la vicenda di “Jack lo Squartatore”, notissimo serial killer che ha agito a Londra
nell'autunno del 1888, uccidendo cinque prostitute) e giunge alla conclusione che in alcuni casi il
delinquente commette il fatto a seguito di un processo di “dis-umanizzazione” della vittima, al fine
di razionalizzare e giustificare ai propri occhi la sua uccisione. Dagli studi di Wertham emerge che
l’impulso omicida non sarebbe controbilanciato da processi idonei a fermarlo nel caso in cui si tratti
di vittime particolari, le cui caratteristiche porterebbero il reo a disconoscerne il carattere di essere
umano. Questo discorso oggi sembra più che attuale se si pensa, per esempio, ai crimini dettati da
xenofobia ed omofobia.
H. Von Hentig, invece, è un criminologo tedesco trasferitosi in America a causa del nazismo che nel
1948 pubblica la prima opera a carattere sistematico relativa alla vittima del reato, dal titolo The
criminal and his victim
34
. La dottrina
35
all’unanimità sostiene che questo saggio ha più di ogni altro
contribuito alla nascita della vittimologia e alla sua affermazione come disciplina in senso proprio.
Per primo Von Hentig ha studiato la vittima del reato in maniera sistematica, tentando di tipizzarne
le caratteristiche, sulla base di quel dato di esperienza secondo cui è la vittima stessa che dà forma e
modella il criminale ed il suo delitto
36
. Ciò comporta il superamento di quel presupposto ritenuto
imprescindibile e dominante fino a quel momento, secondo cui vi sarebbe sempre una
contrapposizione tra reo, simbolo del male, e vittima, totalmente innocente. Egli è il primo ad operare
30
Cfr. GULOTTA, La vittima, Milano, 1976, p. 9.
31
Fonte: wikipedia, alle voci “criminogenesi” e “criminodinamica”.
32
Cfr. SAPONARO, Vittimologia, Origine, concetti, tematiche, Milano, 2004, p. 4; GULOTTA, La vittima, cit., p. 9 ss.
33
Cfr. FATTAH, La Victimologie: Qu’est-elle, et quel est son avenir, in Rev. intern. crim. pol. tec., 1967, p. 113;
SAPONARO, Vittimologia, Origine, concetti, tematiche, cit., p. 4.
34
Cfr. VON HENTIG, The Criminal and his Victim. Studies in Sociology of Crime, New Haven, 1948.
35
Ad esempio e per tutti, SAPONARO, Vittimologia, Origine, concetti, tematiche, cit., p. 8; GULOTTA, La vittima, cit.,
p. 5.
36
Cfr. VON HENTIG, The criminal and his Victim, cit. p. 384.
18
una classificazione all’interno della categoria “vittima”, introducendo tre concetti: il “criminale-
vittima”, la “vittima latente”, il rapporto tra criminale e vittima.
L’espressione “criminale-vittima” (the doer-sufferer) individua quel soggetto che può essere sia
criminale sia vittima, a seconda delle circostanze. Ad esempio, colui che durante l’infanzia è stato
vittima di maltrattamenti, spesso in età adulta diviene, a sua volta, autore dei medesimi reati; oppure
si pensi al “rendimento dei conti” tra appartenenti ad organizzazioni criminali. In tale categoria rientra
anche il soggetto che è contemporaneamente criminale e vittima, come nel caso dell’omicidio seguito
dal suicidio dell’autore; ovvero quel soggetto portato alla commissione di reati a causa di situazioni
contingenti, come ad esempio sommosse popolari o guerre civili
37
, ma che normalmente non avrebbe
mai commesso alcun crimine.
La vittima latente (the potential victim) è quel soggetto che presenta caratteristiche inconsce,
episodiche o permanenti, per cui è vittima di comportamenti criminosi. Possono essere caratteristiche
legate all’età, alla professione svolta, a particolari psicopatologie, oppure a condizioni sociali. In
questa categoria rientrano anche soggetti con una “predisposizione generale” a divenire vittime in
ragione di loro particolari caratteristiche permanenti o inconsce, per espiare una colpa o per provare
piacere masochistico, si tratta delle cosiddette “vittime nate” o “collezionisti di ingiustizie”
38
.
Infine, il rapporto tra criminale e vittima (the subject-object relation) dimostra come la vittima si
ponga in relazione dinamica sia con l’agente sia con il fatto di reato. Viene coniata la cosiddetta
“coppia penale” per descrivere quel particolare rapporto tra il delinquente e la “sua” vittima, che in
certi reati addirittura partecipa attivamente allo svolgersi dell’azione. Secondo Von Hentig, la vittima
può assumere nei confronti del reo un atteggiamento “apatico, letargico”, “sottomesso, connivente”,
“cooperante, contribuente”, “istigante, provocante, sollecitante”
39
; e, in relazione all’ultima delle
succitate categorie, distingue tra quattro forme diverse a seconda dell’intensità dell’istigazione, e,
quindi, della partecipazione della vittima alla realizzazione del reato:
a) offesa desiderata;
b) offesa quale prezzo per ottenere un maggior vantaggio;
c) offesa parzialmente dovuta all’azione della vittima;
d) offesa che non si sarebbe avuta senza l’istigazione o la provocazione della vittima
40
.
Gli studi di Von Henting hanno, in definitiva, rappresentato un grande contributo per l’individuazione
di efficaci strumenti per la prevenzione della vittimizzazione.
37
Cfr. VON HENTIG, The criminal and his Victim, cit. p. 383.
38
Cfr. VON HENTIG, The criminal and his Victim, cit. p. 383.
39
Cfr. VON HENTIG, The criminal and his Victim, cit. p. 420.
40
Cfr. VON HENTIG, The criminal and his Victim, cit. p. 419. Concetto poi ripreso da ELLENBERGER, Relations
psychologiques entre le criminel et la victim, in Rev. inter. crim. pol. tec., 1954, p. VIII.
19
B. Mendelsohn, israeliano che esercita la professione di avvocato in Romania, compie i suoi primi
studi sulla vittima sul finire degli anni ’30 del secolo scorso e rivendica la paternità del termine
“vittimologia”, sostenendo di averlo utilizzato per la prima volta a Bucarest nel 1947 durante una
relazione presso la Società Rumena di psichiatria, rimasta però inedita
41
, ragion per cui l’orientamento
oggi prevalente contesta la sua rivendicazione e riconoscere l’ideazione di tale neologismo a
Wertham, mentre la prima trattazione sistematica del tema a Von Hentig
42
. Ciò non toglie che
Mendelsohn può ragionevolmente essere considerato uno dei “pionieri” della vittimologia. Egli
sostiene che per ben comprendere il fenomeno criminale, si deve studiare la “coppia penale”
criminale-vittima, attraverso l’analisi dei tratti caratterizzanti ogni componente della coppia, nonché
le relazioni esistenti tra i due. In particolar modo, la vittimologia deve soffermarsi sulla figura della
vittima per individuare quegli elementi predisponenti alla vittimizzazione.
Anche Mendelssohn opera una classificazione all’interno della categoria “vittima”, distinguendo tra:
a) vittima totalmente innocente (o vittima ideale), che non ha minimamente provocato l’azione
criminale che subisce.
b) vittima con colpa lieve (o vittima per ignoranza), che dà un impulso involontario alla realizzazione
del reato. Si pensi al passeggero che a bordo di un’auto distrae il guidatore e, causando una sbandata
del veicolo, rimane ferito o ucciso;
c) vittima colpevole quanto il delinquente (o vittima volontaria), che collabora volontariamente alla
realizzazione del reato a suo danno, per esempio, nell’eutanasia o nel suicidio per adesione o di
coppia;
d) vittima maggiormente colpevole del delinquente, che, con una condotta provocatoria, determina il
reo a commettere il reato, ad esempio, la vittima provocatrice o la vittima imprudente;
e) vittima con altissimo grado di colpa, o vittima unicamente colpevole, che è unicamente
responsabile del reato commesso: ad esempio, l’aggressore che viene ucciso dalla sua vittima che
agisce in stato di legittima difesa oppure la vittima che – coscientemente o meno – si simula tale o,
ancora, la vittima immaginaria per diverse ragioni, quali paranoia, isterismo o mitomania.
Il contributo maggiore di Mendelsohn consiste nella promozione di un’azione politica diretta al
riconoscimento dei diritti delle vittime e alla nascita di servizi diretti al soddisfacimento dei loro
bisogni
43
. Proprio in considerazione di questo intento in cui ha profuso la sua attività, Mendelsohn è
41
Cfr. MENDELSOHN, Une nouvelle branche de la science bio-psycho-sociale: la Victimologie, in Rev. int. crimin. pol.
tec., 1956, p. 95 ss.; ID, La Victimologie, science actuelle, in Rev. dr. pén. crimin., 1959, p. 629 ss.; ID, La Victimologe
et les besoins de la societé actuelle, in Rev. int. crim. pol. tec., 1973, p. 267 ss.
42
Ad esempio e per tutti, FATTAH, La vittimologie: Qu’est-elle, et quel est son avenir, cit., p. 113; GULOTTA, La
vittima, cit., p. 5; SAPONARO, Vittimologia, Origine, concetti, tematiche, cit., p. 4.
43
Cfr. MENDELSOHN, La Victimologie, science actuelle, in Rev. dr. pén. crimin., cit., p. 625; ID, La Victimologe et les
besoins de la societé actuelle, in Rev. int. crimin. pol. tec., cit., p. 272 ss.; ID, La Victimologe et les besoins de la societé
actuelle, in Rev. int. crimin. pol. tec., cit., p.267 ss.
20
stato da molti paragonato a Cesare Beccaria, dato che entrambi hanno affermato la necessità di un
maggior rispetto della persona umana: il primo in relazione alla vittima del reato, Beccaria
limitatamente al reo
44
.
Mendelsohn è convinto che per realizzare gli obiettivi della vittimologia non si possa prescindere da
un’azione multidisciplinare, dunque che investa insegnamenti di diverse discipline, come la medicina,
il diritto, la psicologia, la sociologia, oltre che nozioni criminologiche. Inoltre, occorre un’azione che
vada in una pluralità di direzioni, quali possono essere, ad esempio, indire un congresso
internazionale
45
, costituire una commissione internazionale permanente ed un istituto mondiale di
ricerca, fissare una terminologia unica e indici di misura
46
.
1.3.2 Le diverse fasi nella storia della vittimologia.
La storia della vittimologia può essere suddivisa in tre fasi: la prima fase è denominata della
vittimologia cosiddetta “positivista o conservatrice”; la seconda fase è definita della “vittimologia
critica o radicale”; la terza fase è caratterizzata da una dimensione essenzialmente politica, si tratta
della “vittimologia dell’associazionismo”
47
.
La “vittimologia positivista o conservatrice” va temporalmente collocata tra la fine degli anni ’40 e
gli anni ’70 del secolo scorso, in cui operarono i padri della vittimologia prima citati. In questa fase
si individuano idonei strumenti di prevenzione della vittimazione. Inoltre, Mendelsohn, anticipando
i tempi, rivendica anche la necessità di una politica sociale a sostegno delle vittime dei reati. Si parla
di vittimologia positivista in ragione dell’influsso degli insegnamenti della Scuola Positiva
48
, per cui
la vittima con tutte le sue caratteristiche personali ed il suo comportamento è un possibile fattore
causale del crimine
49
. Nel nostro Paese non si può non citare, come sostenitore di questa visione,
Saponaro, che individua una “scala della partecipazione morale della vittima”
50
, che comprende la
vittima meno colpevole dell’autore, la vittima colpevole tanto quanto l’autore e la vittima più
colpevole dell’autore. A proposito del ruolo attivo che ha la vittima nella dinamica criminale, è
necessario menzionare anche l’importante contributo di Wolfgang, sebbene sia stato nel tempo
oggetto di numerose critiche. Quest’ autore, che conduce una ricerca sugli omicidi a Philadelphia tra
il 1948 e il 1952, introduce un concetto molto discusso che è quello di victim precipitation, in base al
44
Cfr. SAPONARO, Vittimologia. Origini, concetti, tematiche, cit., p. 14.
45
Cfr. MENDELSOHN, La Victimologie, science actuelle, cit., p. 625; ID, La Victimologe et les
besoins de la societé actuelle, in Rev. int. crimin. pol. tec., cit., p. 275.
46
Cfr. MENDELSOHN, Une nouvelle branche de la science bio-psychosociale: la Victimologie, cit., p. 95 ss.
47
Per la suddivisione in tre fasi cfr. M. PAVARINI, Relazione al convegno “La vittima del reato, questa sconosciuta”,
Torino, 2001, p. 1 ss., pubblicata in http://www.ristretti.it. Altri invece suddividono la storia della vittimologia solo in
due fasi: in tal senso cfr., ad esempio, A. SAPONARO, Vittimologia. Origini, concetti, tematiche, cit., p. 20.
48
Si veda supra, paragrafo 2.
49
Cfr. A. SAPONARO, Vittimologia. Origini, concetti, tematiche, cit., p. 19.
50
A. Saponaro, Vittimologia, Giuffrè, Milano, 2004.
21
quale si ribaltano i termini canonici dello stereotipo del rapporto tra reo e vittima, che sarebbe
l’artefice della interazione violenta, capace di innescare gli eventi e di causare l’azione delittuosa a
suo danno. La “precipitazione” si concretizza “qualora la vittima sia stata la prima ad impiegare
forza fisica direttamente contro colui che ne provocherà infine la morte, ossia la prima ad iniziare
un’interazione contrassegnata dal ricorso alla violenza”
51
. Questa prima fase ha sviluppato, seppur
in maniera embrionale, alcune nuove concezioni della figura della vittima del reato, poi perfezionatesi
nella seconda fase.
Il passaggio dalla prima alla seconda fase, detta della vittimologia critica o radicale, avviene
soprattutto grazie al contributo di E. A. Fattah
52
, secondo cui lo studio della “coppia penale” ci
dimostra, nella maggioranza dei casi, come sia difficile individuare chi è la vittima e chi è il colpevole,
per cui esigenze di equità richiedono una diversa repressione oltre che secondo la natura del reato e
della personalità del colpevole, anche secondo le caratteristiche della vittima e del suo
comportamento
53
. Problema centrale di questa fase della vittimologia è l’accertamento della
responsabilità della vittima nella genesi del reato. In ragione di ciò, la vittima è classificata in cinque
differenti categorie, a sua volta oggetto di sotto-classificazioni:
• vittima non partecipante, che può essere vittima passiva non partecipante, incosciente,
incapace, incosciente ed incapace;
• vittima latente o predisposta, dunque vittima con predisposizione biofisiologica, sociale,
moralmente o psicologicamente predisposta
54
;
• vittima provocatrice, a sua volta distinta in vittima per provocazione indiretta, per
provocazione diretta, vittima consenziente che determina l’azione, vittima non consenziente
che provoca l’azione;
• vittima partecipante, sotto-classificata in vittima passiva che non impedisce l’azione, vittima
attiva;
• falsa vittima, immaginaria o simulatrice che sia
55
.
51
S. Vezzadini, La vittima di reato tra negazione e riconoscimento, Clueb, Bologna, 2006, pp. 105-106.
52
Cfr. M. PORTIGLIATTI BARBOS, Vittimologia, in Dig. disc. pen., Torino, 1999, p. 322; E. A. FATTAH, La victime
est-elle coupable? Le role de la victime dans le meurtre en vue de vol, Montréal, 1971, p. 71. Fattah nel 1966 pubblica
negli Annales internationales de la criminologie il suo primo lavoro sul tema della vittima, dal titolo Quelques problèmes
posés a la justice pénale par la criminologie; e, in seguito, sotto la direzione di Ellenberger, pubblica la sua tesi dottorale,
intitolata La victime est-elle coupable? (1971) e numerose altre opere sempre in materia di vittimologia.
53
Cfr. FATTAH, Quelques problèmes posés a la justice pénale par la criminologie, in Ann. int. crim., p. 335-361.
54
Nelle predisposizioni biofisiologiche rientrano: a) età; b) sesso.
La predisposizione sociale può essere dovuta a: a) professioni o mestieri; b) status; c) condizioni economiche; d)
condizioni di vita.
Tra le predisposizioni di tipo morale o psicologico si possono citare: a) devianze sessuali: in modo particolare gli
omosessuali sono soggetti ad essere vittime di rapine ed estorsioni in quanto, per nascondere la propria condizione, si
precludono spesso l’aiuto degli altri; b) stati psicopatici; c) tratti del carattere.
55
Cfr. FATTAH, Vers une typologie des victimes, in Rev. int. pol. crim., 1967, p. 162 ss. In precedenza l’A. aveva
classificato le vittime in tre diverse categoria: a) vittima desiderosa, che desidera l’atto delittuoso nei suoi confronti,