1
INTRODUZIONE
La presente tesi si pone l’obiettivo di gettare luce sulla rielaborazione in chiave
moderna delle fonti classiche da parte di Baltasar Gracián. In particolare si presterà
attenzione a come tale iniziativa abbia consentito all’insigne gesuita secentesco di
tracciare una nuova figura di saggio. A tale scopo, verranno prese in esame tre opere
dell’autore: El Héroe, El Discreto e l’Oráculo Manual y arte de prudencia. Tuttavia,
sarà soprattutto su quest’ultima che il focus del mio lavoro si manterrà costante.
L’ambito di riferimento è, invero, quello della prudenza, e cioè quella nuova tipologia di
saggezza che, nella prima metà del Seicento, viene plasmata sulla base del moderno
contesto sociale. Attraverso specifici paradigmi, giunti a una definitiva maturazione
proprio con l’Oráculo, lo scrittore gesuita cerca di consegnare al lettore attento
un’efficace guida per uscire indenne dal pericoloso labirinto del mondo laico
1
. Ma
perché si possa giungere a un simile risultato, l’esclusivo insegnamento dei classici non
basta: “más se requiere hoy para un sabio que antiguamente para siete”
2
, sentenziava,
infatti, il belmontino. Da qui, l’urgenza di adeguarsi ai tempi, alle priorità di un’epoca
più che mai caratterizzata dalla logica del calcolo e del profitto, dall’egoismo e dalla
continua lotta tra gli individui per una supremazia che si costruisce sulle spalle del
rivale. Del resto, a più riprese, Gracián ci offre l’immagine di un mondo “in cui dai
rapporti sociali è bandita ogni forma di sincerità e di onestà, ogni forma di virtù, e in
cui, quindi, per ciascuno, l’altro è in fondo il nemico da cui guardarsi”
3
. In questo
contesto ostile, il sapiente, non solo è colui che dedica la propria vita al continuo
perfezionamento di sé, ma è anche colui che deve celare con prudenza le proprie qualità
per potersi sottrarre alle insidie dell’umano consorzio
4
. In altre parole, se nell’antichità
si ricercava un accordo fra l’essere saggio fuori e dentro, ora con Gracián si giunge
inevitabilmente a uno sdoppiamento: bisogna essere luce all’interno e ombra all’esterno,
1
Cfr. Marc Fumaroli, “Dall’Oráculo Manual all’Homme de Cour”, in Baltasar Gracián, Oracolo manuale
ovvero l’arte della prudenza (a cura di Giulia Poggi), Adelphi, Milano, 2020, pp. 165-167
2
Baltasar Gracián, “Oráculo manual y arte de prudencia”, aforisma 1, in El Discreto; Oráculo manual y
arte de prudencia (a cura di J. Ignacio Díez Fernández), Penguin, Barcelona, 2017, p. 215.
3
Furio Semerari, La fine della virtù: Gracián, La Rochefoucald, La Bruyère, Dedalo, Bari, 1993, p. 40.
4
Cfr. Marc Fumaroli, “Dall’Oráculo Manual…” cit., pp. 206-208.
2
soltanto in questo modo possono essere ora conservate quelle antiche virtù, divenute
tanto più eccellenti e rare in quanto condannate alla segretezza per poter brillare
intensamente. Per di più, il vir prudens graciano, ed è questa la novità più importante,
pur conservando intatte tali virtù nel proprio intimo, le trasforma in astute tattiche di
autoconservazione ed autoaffermazione. In questo senso, la ripresa delle arcaiche
saggezze ha come obiettivi primari la sopravvivenza e il trionfo del prudente in ambito
sociale e politico
5
. In particolare, lo stoicismo senecano costituisce la principale fonte
d’ispirazione per la pratica filosofia graciana. Assai frequenti sono, infatti, i riferimenti
alla dottrina morale di Lucio Anneo Seneca. Seppure in minor misura, ugualmente
presenti sono i richiami allo stoicismo epittetiano, all’etica epicurea, alle favole di
Esopo, alla filosofia aristotelica, platonica, socratica e ciceroniana. Inoltre, nell’ambito
storiografico, emergono anche dei rimandi alle Vite dei dodici Cesari di Svetonio, ma
soprattutto alle Vite Parallele di Plutarco e agli Annales di Tacito.
Scendendo più nel dettaglio, il primo capitolo si centrerà sui momenti salienti
della vita di Gracián: il rapporto con Lastanosa e la cerchia oscense, la protezione
offertagli dal mecenate sin dall’inizio della sua carriera di scrittore e, infine, i contrasti
con la Compagnia di Gesù. Tutti elementi, questi, che hanno fortemente inciso sulla sua
traiettoria letteraria e filosofica. Basti pensare al fatto che il belmontino scrivesse sotto
lo pseudonimo di Lorenzo Gracián, praticando, in un certo senso, quello stesso gioco di
occultamenti su cui si basa gran parte della sua filosofia prudenziale. Ciò, per sottrarsi
all’obbligo di ottenere l’autorizzazione alla pubblicazione da parte della Compagnia,
come esigeva il suo voto di obbedienza (non immischiarsi in politica e nelle cose
pertinenti al secolo).
Il secondo capitolo, invece, sarà dedicato all’enucleazione dei principali pilastri
sui quali si regge l’impianto teorico del pensiero graciano. In primo luogo, si tratterà del
tema della padronanza di sé e del dominio delle passioni, di chiara derivazione stoica ed
epicurea. Rielaborati entrambi da Gracián sotto l’influsso del tacitismo, questi
contribuiranno alla nascita della nueva Razón de Estado de ti mismo. In secondo luogo,
ci si occuperà della declinazione del razionalismo stoico, vicino a quello graciano per
ciò che concerne i concetti di ragione e giudizio, in funzione di un saper vivere pratico,
intimamente connesso alla phrónesis aristotelica e alla prudentia ciceroniana. In terzo
5
Cfr. Ivi, p. 195.
3
luogo, si analizzeranno quelle fondamentali virtù o prendas che sono necessarie alla
composizione di un héroe, fra le quali spicca l’occultamento delle proprie capacità e
intenzioni. L’attenzione si sposterà, poi, sul tema della costruzione di sé, e su come, in
questo caso, la ripresa dei modelli classici (Socrate, Cicerone, Seneca, Plutarco) devierà
verso la ricerca di un nuovo fine: il dominio dell’altro.
Nel terzo capitolo, verranno, infine, esaminati quegli aspetti più legati alla prassi
prudenziale. Innanzitutto, ci si concentrerà sulla tecnica dell’adattamento, nella quale si
rinvengono dei nessi con le Epistulae di Seneca e le Favole di Esopo, e su quella della
dissimulazione, arte questa che consente di istituire un parallelismo tra la figura del
prudente e quella del Tiberio di Tacito. Successivamente, emergerà la coscienza
elitistica del saggio graciano, che, ancora una volta sulla scia di quello stoico, lo porta a
distaccarsi dal volgo per trovare rifugio presso una ristretta cerchia di sapienti. In
compagnia di siffatti uomini, il discreto si dimostrerà assai più autentico e sincero di
quanto non lo sia mai stato in qualunque altra relazione interpersonale, senza però
abbandonare totalmente quella regola della circospezione che, per il suo bene, gli
impedisce di rivelarsi all’altro nella piena completezza. In ultimo, si indagherà la
particolare concezione graciana della fortuna, che mostra una certa derivazione
senecana ed epittetiana. Facendo riferimento ad essa, si può stabilire in che modo, e con
quali comportamenti, il prudente giunge al trionfo finale sul destino, assicurandosi una
fama stabile e duratura.
4
1. L’AGIRE DEL GESUITA
1.1 Il rapporto fra Baltasar Gracián e Don Vincencio Juan de Lastanosa
La figura di Lastanosa riveste una particolare importanza nella vita di Gracián,
poiché senza il suo intervento decisivo oggi forse non avremmo potuto conoscere molti
dei suoi testi. Come infatti sostiene Miguel Batllori, è proprio grazie al fondamentale
impulso di Lastanosa che “se inicia su carrera de escritor, no de pensador, que esta
comenzaría sin duda desde que tuvo uso de razón”
6
. Don Vincencio lo sostenne nella
pubblicazione e nella composizione di alcune opere, procurandogli i libri di cui aveva
bisogno e offrendogli il proprio parere laddove fosse necessario
7
. Inoltre, come vedremo
più tardi, fu sua l’idea dell’Oráculo Manual.
Le circostanze, che portarono Gracián a conoscere questo illustre personaggio,
sono strettamente connesse alle dinamiche della sua esperienza all’interno della
Compagnia di Gesù. Ad essa si legò indissolubilmente il 25 luglio del 1635 con
l’emissione dei quattro voti nella Chiesa di San Sebastián a Gandía, terminando così il
suo percorso di formazione. Divenuto ufficialmente un “professo”
8
, da qui in poi si
sarebbe dedicato per intero alla predicazione e all’insegnamento. A quel tempo la
Compañía conservava ancora parte dello spirito errante dei primi gesuiti, la cui
vocazione era quella di prestare servizio a Dio in tutto il mondo. Ciò spiega i continui
6
Miguel Batllori, “La vida alternante de Baltasar Gracián en la Compañía de Jesús”, Archivum
Historicum Societatis Iesu, XVIII, 1949, p. 12.
7
Adolphe Coster, Baltasar Gracián (a cura di Ricardo del Arco), Fernando el Cátolico, Zaragoza, 1947,
p. 15.
8
Nell’ambito della Compagnia di Gesù, coloro che aspiravano agli ordini sacri erano tenuti ad affrontare
un periodo di formazione che, partendo dal noviziato, terminava con la solenne assunzione dei tre voti
(castità, povertà, obbedienza) più un quarto, ovvero quello relativo alla speciale obbedienza al Papa; essi
divenivano, dunque, “professi” e si dichiaravano disponibili ad essere inviati ovunque il Santo Padre
avesse ritenuto indispensabile la loro presenza per il bene della Chiesa (cfr. William Bangert, Storia della
Compagnia di Gesù (a cura di Mario Colpo), Marietti, Genova-Milano, 2009, pp. 52-54; Ignacio de
Loyola, Constituciones de la Compañía de Jesús (a cura di S. Arzubialde, J. Corella, J. M. García
Lomas), Sal Terrae, Maliaño, 1993, pp. 57-61.
5
spostamenti a cui Gracián sarà sottoposto nell’arco della sua esistenza e che gli
permetteranno di scoprire nuovi ambienti e di confrontarsi con mentalità diverse
9
. Il
trasferimento nel 1636 al Colegio de Huesca, in Aragona, segnerà un momento cruciale,
poiché proprio qui entrerà in contatto con Lastanosa, un grande signore locale, di
qualche anno più giovane, che molto presto sarebbe diventato suo mecenate. Don
Vincencio, rimasto orfano del padre in giovanissima età, dovette essere un uomo serio e
ponderato, un uomo che si sposò a soli diciotto anni con la quattordicenne doña Catalina
Gastón y Guzmán
10
. La vita condotta da questo giovane prócer oscense corrisponde
perfettamente a quella di un grande signore rinascimentale: erede grazie al nonno
materno, Juan Baráiz y Vera, della signoria di Figaruelas (oggi Figueruelas) e del
famoso palazzo di Huesca, quando aveva soltanto quindici anni soffrì la scomparsa del
padre Juan Augustín, general de galeras al servizio del re Felipe III. A partire dal 1632
– anno in cui morirono la madre Esperanza Baráiz y Vera, il nonno Juan e il fratello di
questo, Galacián Baráiz y Vera – don Vincencio, allora venticinquenne, si trovò a dover
amministrare da solo una certa fortuna, in un momento in cui il prestigio della casata era
in forte declino
11
. In breve tempo, riuscì ad accrescere la reputazione della propria
famiglia, aumentandone notevolmente il patrimonio e, soprattutto, facendo del palazzo
dei Lastanosa un punto di riferimento della attività intellettuale e artistica di Huesca e di
tutto il regno aragonese. Sin da ragazzo Vincencio, mosso dalla ricerca di una gloria
umanistica, aveva aspirato a trasformare in un vero e proprio museo quella casa che
aveva ereditato. La realizzazione di questo proposito verrà ricordata non solo nella
Memoria o Índice (1635) della biblioteca composta dallo stesso Lastanosa, ma anche
nella Habitación de las Musas, recreo de los doctos, asilo de los virtuosos del figlio don
Vincencio Antonio
12
. Di fatto, nel palazzo del Coso, la principale via oscense, egli
9
Cfr. Miguel Battlori, “La vida alternante de Baltasar Gracián...” cit., p. 21.
10
Cfr. E. Correa Calderón, Baltasar Gracián: su vida y obra, Gredos, Madrid, 1961, pp.19-22; Miguel
Batllori, “La vida alternante de Baltasar Gracián...” cit., pp. 10-12.
11
Cfr. Carlos Garcés Manau, “Un Lastanosa poco conocido (1665-1679)”, Argensola, 115, 2005, p. 42;
Lastanosa y Baráiz de Vera, Vincencio Juan de, Gran Enciclopedía Aragonesa, consultato al sito
http://www.enciclopedia-aragonesa.com/voz.asp?voz_id=7800 in data 6/02/2022; Lastanosa y Baráiz de
Vera, Vincencio Juan de, Real Academia de la Historia, consultato al sito http://dbe.rah.es/biografias/102
52/vicencio-juan-de-lastanosa-y-baraiz-de-vera in data 6/02/2022.
12
Si vedano anche Las tres cosas más singulares que tiene la Casa de los Lastanosa en este año 1639,
scritta dal medesimo don Vincencio, e infine la dettagliata Descripción de las antigüedades y jardines de
don Vincencio Juan de Lastanosa, hijo y ciudadano de Huesca, ciudad en el Reyno de Aragón di
6
allestì un pregevole museo e una ricca biblioteca
13
. Tra i tesori custoditi meritevoli di
menzione appaiono, in particolare, la quadreria, con opere di Tiziano, Tintoretto, Dürer,
Ribalta, etc., la serie di sculture in bronzo o in marmo, la collezione di pietre e anelli
preziosi, di mappe di continenti stampate in Francia e in Olanda, o ancora le raccolte di
monete antiche, greche e romane ma anche iberiche, che evidenziavano la sua passione
per la numismatica
14
. Lastanosa, collezionista incallito, riuscì persino a mettere a punto
una sezione dedicata alla storia naturale, con mostre di minerali, animali imbalsamati e
altre curiosità, e una alla fisica, nella quale raccolse alcuni degli strumenti più singolari
della sua epoca, dando forma a un autentico laboratorio. La complessità di tale sezione è
rammentata dallo stesso Gracián nella seconda parte de El Criticón:
A la primera vista creyeron sería algún obrador mecánico; mas cuando vieron
globos celestes y terrestres, esferas, astrolabios, brújulas, dioptras, cilindros, compases y
pantómetras, conocieron ser los desvanes del entendimiento y el taller de las
Matemáticas, sirviendo de alma muchos libros de todas estas artes y aun de las vulgares,
pero de la noble pintura y arquitectura había tratados superiores
15
.
Degno di nota è il fatto che i trattati, qui richiamati, siano le opere di Giorgio
Vasari, Leonardo Da Vinci, Leon Battista Alberti, Vitruvio e molti altri ancora, con una
spiccata predilezione per i testi di epoca rinascimentale. Per ciò che riguarda invece la
biblioteca, Lastanosa consegnò ai suoi eredi una collezione pari a oltre 1000 volumi fra
testi a stampa e manoscritti: si tratta di una cifra significativa se rapportata ai soli 220
volumi lasciati in eredità dal nonno, don Juan de Lastanosa, nel 1596
16
. Assieme ai
giardini e all’armeria, la biblioteca costituiva, inoltre, parte integrante delle tre
Francisco Andrés de Uztarroz (Zaragoza, 1647). Cfr. E. Correa Calderón, Baltasar Gracián…cit.., p. 23;
Fermín Gil Encabo, “Perfiles de Lastanosa, ciudadano de Huesca y mecenas de Gracián”, in Aurora
Egido, José Enrique Laplana Gil, Mecenazgo y Humanidades en tiempos de Lastanosa, Instituto de
Estudios Altoaragoneses, Zaragoza, 2008, p. 206.
13
Il catalogo della biblioteca pubblicato da Karl-Ludwig Selig, The Library of Vincencio Juan de
Lastanosa, Patron of Gracián (Genève, Droz, 1960), ci offre uno spaccato dettagliato relativo alla vastità
di questa collezione libraria.
14
Don Vincencio Juan de Lastanosa è anche autore di due trattati sulla materia: Museo de las medallas
desconocidas españolas (Huesca, 1645) e Tratado de la moneda jaquesa (Zaragoza, 1681). Cfr. E. Correa
Calderón, Baltasar Gracián…cit., p. 23; Lastanosa, Vincencio Juan de, Proyecto Lastanosa, consultato
al sito https://web.archive.org/web/20090307223353/http://www.lastanosa.com/contenido.php?gama=1
&tipocontenido=2&elemento=21 in data 6/02/2022.
15
Baltasar Gracián, El Criticón (a cura di Santos Alonso), Cátedra, Madrid, 2019, II, IV, p. 373.
16
E. Correa Calderón, Baltasar Gracián…cit., p. 22.
7
meraviglie del palazzo
17
, ed è proprio qui che Gracián ebbe modo di approfondire la sua
conoscenza dei classici con un occhio di riguardo alla filosofia morale, perno su cui
ruota gran parte dell’opera graciana, come vedremo in seguito. Nel Catalogo di Selig
sono in effetti presenti le opere di moralisti antichi come Cicerone, Epitteto, Seneca,
etc., e di altri autori greci e latini come Plutarco o Tacito
18
. Pertanto, risulta evidente
come Lastanosa, definito dal gesuita “el hombre de todas horas”
19
, fosse un
appassionato lettore e conoscitore dei classici, ai quali riservò un ampio spazio
all’interno della propria libreria. Questa sua intensa e accesa passione nei confronti del
sapere, ben riflessa nella varietà dei beni raccolti nella propria dimora, trovò un ulteriore
canale di manifestazione nell’attività di mecenate, un impegno che dovette svolgere con
così grande oculatezza da meritarsi gli elogi dello stesso Gracián:
[...] aragonés mecenas de todos los varones estudiosos, dando vida a sus obras
modernas y resucitando las antiguas, merecedor insigne de una agradable y agradecida
inmortalidad
20
.
Lastanosa offrì protezione, aiuto e sostegno a pittori, come Jusepe Martínez o
Juan Jerónimo Jalón; a scultori e alchimisti; a incisori, come Francisco de Artiga; a
tipografi, come Juan Nogués o Juan Francisco de Larumbe, i quali si occuparono, tra
17
È interessante notare come Baltasar Gracián riservi un certo spazio alla lode di queste tre meraviglie
nella seconda parte de El Criticón. Infatti, se nella Crisi Segunda, intitolata Los Prodigios de Salastano
(anagramma che sta per Lastanosa), si allude all’impressionante estensione dei giardini, ai suoi labirinti e
alla stupefacente varietà di fiori e piante esotiche ivi presenti, nella Crisi Cuarta, denominata El Museo
del Discreto, vi è una descrizione allegorica del ricco catalogo di libri contenuti nella biblioteca del
mecenate, mentre la Crisi Octava, che ha come titolo Armería del Valor, è destinata alla celebrazione
della sua collezione di armi.Cfr. Baltasar Gracián, El Criticón, ed. cit., II, II, pp. 318-320; Ivi, II, IV, pp.
373-379; Ivi, II, VIII, pp. 443- 455.
18
A titolo esemplificativo si possono citare: i Siete libros de Séneca. I. Providencia, II. Vida
bienaventurada, III. Tranquilidad del animo, IV. Constancia del sabio, V. Brevedad de la vida, VI.
Consolación, VII Pobreza, emprenta del Reyno, Madrid, 1627, e Los libros de beneftcijs, emprenta del
Reyno, Madrid, 1629; i Morales de Plutarco, Juan de Brocar, Alcalá de Henares, 1548, e Apotegmas de
Plutarco, Miguel de Eguía, Alcalá de Henares, 1533; la Doctrina del estóico filosofo Epicteto, que se
llama comunmente Enchiridion, Pedro Lasso, Salamanca, 1600; i Libros de Marco Tulio Cicerón, en que
trata de los officio, de la amicicia y de la senectud, Juan Steelsio, Amberes, 1546; gli Aphorismos
sacados de Cornelio Tacito, Sebastian Mateuat, Barcelona, 1614. Cfr. K. L. Selig,, The Library of
Vincencio...cit., p. 18, 28, 41, 53, 51, 63. A completamento delle informazioni bibliografiche si è fatto rife
rimento al Catálogo BNE, consultato al sito http://catalogo.bne.es/uhtbin/webcat in data 6/02/2022.
19
Lorenzo Gracián, El Discreto, Pedro le Grand, Amsterdam, 1665, VII, p. 44.
20
Lorenzo Gracián, Agudeza y Arte de Ingenio, Juan Nogués, Huesca, 1649, LVII p. 345.
8
l’altro, della stampa degli scritti del medesimo Lastanosa e di quelli di Gracián; ma,
soprattutto, a scrittori e umanisti, come Juan Francisco Andrés de Uztarroz e lo stesso
gesuita, per i quali si fece carico finanche delle spese per la pubblicazione delle loro
opere. In sostanza, seguendo le orme dei grandi signori rinascimentali italiani,
l’aragonese si compiacque nell’esser circondato da letterati e artisti, i quali certamente
riconobbero nel suo palazzo un rifugio “de cuantos en la ciudad sienten vocación por los
estudios eruditos, por las letras y las artes”
21
.
Baltasar Gracián, che tra il 1636 e il 1639 risiedeva a Huesca, entrò a far parte
proprio in questi anni della cerchia lastanosina, la cui fama nel corso del Seicentosi
andò consolidando, da un lato grazie alla fitta corrispondenza intrattenuta dal mecenate
con alcuni eruditi aragonesi (come il cronista Ximénez de Urrea
22
) e stranieri (come il
francese Filhol
23
o il gesuita tedesco Kircher
24
), dall’altro grazie agli illustri visitatori
21
E. Correa Calderón, Baltasar Gracián…cit., p. 30.
22
Francisco Ximénez de Urrea (1589-1647), fu uno storiografo e collezionista aragonese che svolse
l’incarico di Cronista mayor del Reino de Aragón fra il 1631 e il 1647. Egli, inoltre, condivideva con il
suo amico Lastanosa la passione per la numismatica. Urrea, come don Vincencio, possedeva infatti una
cospicua collezione di monete, e fu, tra l’altro, autore del Discurso de las medallas desconocidas
españolas, trattato incluso nel Museo de las medallas dello stesso Lastanosa. Cfr. Jiménez de Urrea y
González de
Munébraga, Francisco, Real Academia de la Historia, consultato al sito http://dbe.rah.es/biografias/13307
/francisco-jimenez-de-urrea-y-gonzalez-de-munebraga in data 6/02/2022; María Angeles Campo Guiral,
“Tres Poemas inéditos en torno a El Discreto de Gracián”, Alazet, 3, 1991, p. 108.
23
Rispetto a François Filhol, canonico della cattedrale di Tolosa, non disponiamo di molte informazioni.
Grazie al carteggio con Lastanosa, però, apprendiamo che il francese, proprio come lo spagnolo, aveva
riunito una biblioteca e un museo nella sua casa a Tolosa. È molto probabile che le relazioni fra i due
cominciassero prima del 1644, giacché a quell’anno risale la pubblicazione del Diseño de la insigne y
copiosa Biblioteca de Francisco Filhol di Uztarroz, il quale, per la realizzazione dell’opera, fu guidato da
ciò che Lastanosa gli aveva riferito in merito alla collezione del tolosano. Cfr. Ricardo del Arco, “Los
Amigos de Lastanosa. Cartas interesantes de varios eruditos del siglo XVII”, Revista Histórica, 8, 1918,
pp. 290-294; E. Correa Calderón, Baltasar Gracián…cit., p. 31.
24
Athanasius Kircher (1601-1680), considerato come uno dei massimi scienziati della Compagnia di
Gesù, si occupò nei suoi studi delle più svariate materie: dal magnetismo (Magnes, sive de Arte
magnetica, 1643) all'ottica (Ars magna lucis et umbrae, 1646), dalla geologia (Mundus subterraneus,
1665) all’egittologia (Oedipus Aegyptiacus, 1652-54). Riguardo allo scambio epistolare (1653-1663) fra
Lastanosa e Kircher, che in quel periodo insegnava in Italia al Collegio Romano, va segnalato l’interesse
mostrato dallo spagnolo per i suoi libri, di cui desiderava delle copie. Finalmente, nel 1660 riceverà da lui
tredici opere, molte delle quali dedicate ai geroglifici e agli obelischi egizi. Cfr. Carlos Garcés Manau,
“Vincencio Juan de Lastanosa: una biografía”, in AA.VV., Vincencio Juan de Lastanosa (1607-1681). La
Pasión de Saber, Instiuto de Estudios Altoaragoneses, Zaragoza, 2007, p.34; William Bangert, Storia
della Compagnia di Gesù…cit., pp. 206-208; Eduardo Sierra Valentí, “El Geocosmos de Kircher. Una
cosmovisión cientifica del siglo XVII”, Geo Crítica, 33-34, 1981, pp. 6-17; Silvio Curto, “Gli inizi
dell’egittologia italiana”, Egitto e Vicino Oriente, 3, 1982, p. 84.