2
identificarsi e differenziarsi dal resto del mondo. Le marche oltre a
differenziare, valorizzano, in quanto sono portatrici di valori, nei quali
credono e cercano di promuovere. Essa è la fonte principale di generazione
del valore di un’azienda che, se forte, rappresenta un valore nel tempo;
viene paragonata ad un “Re Mida”
2
che trasforma in oro tutto ciò che tocca,
ma per essere intesa come moltiplicatore di valore deve assolvere ad una
sorta di prerequisito: la qualità, considerato a tutti gli effetti un must. La
marca crea valore sia per l’azienda che per il consumatore. Per
quest’ultimo riduce l’incertezza al momento della scelta, rappresentando
sicurezza ed affidabilità e minimizzando il fattore rischio che può essere
3
:
- funzionale: il prodotto non riesce con le sue prestazioni a soddisfare
le aspettative del consumatore;
- di integrità fisica: in quanto il prodotto/servizio può costituire fonte
di possibili pericoli per il benessere del consumatore;
- economico: il prodotto in questione non risulta all’altezza del
prezzo pagato;
- sociale: non sia in grado di garantire la legittimità sociale della
scelta, qualificandosi come fattore di integrazione sociale;
- psicologico: non sia causa di malessere psicologico per
l’utilizzatore;
2
L. Minestroni, L’alchima della marca. Fenomenologia di un moltiplicatore di valori,
Milano, Franco Angeli, 2002.
3
K. L. Keller, Strategic Brand Management. Building, Measuring, and Managing Brand
Equity, Prentice Hall, Upple Saddle River, 2003.
3
- temporale: l’acquisto non rappresenta una perdita di tempo, in
quanto la marca assicura un plus-valore, rappresentando la promessa
di una qualità superiore.
I rapporti tra la marca e il consumatore sono stati analizzati anche da
Kapferer che ne individua sei funzioni utili al consumatore
4
.
La nascita della marca
Prima del 1900 non esiste il termine marca distinto da quello di marchio,
inteso come procedimento di marchiatura, inizialmente operato sul bestiame
per contraddistinguerne la proprietà e successivamente applicato sull’intera
produzione con la precisa funzione di segnalare la provenienza del prodotto
a garanzia della qualità dello stesso. Alle origini della marca c’è un
venditore preoccupato di appellarsi “al buon ricordo” dei suoi clienti; questa
preoccupazione è vecchia, fin dal 2700 a.c. gli artigiani hanno manifestato
la volontà di affermare l’origine delle loro creazioni mettendogli un segno.
La differenziazione è la principale causa che porta al “fenomeno” marca: il
consumatore sceglie una determinata marca per le specificità che questa
gli offre. La storia della marca nasce con la rivoluzione industriale; la
produzione in serie trasforma il prodotto artigianale in merce industriale
4
J.-N. Kapferer e J.-C. Thoening, La marca, Milano, Guerini e Associati, 1991. Le
principali funzioni indicate sono: d’ identificazione, marca intesa come “memoria” del
prodotto; orientamento, la marca rende più semplice la scelta; garanzia, la marca è una
promessa; personalizzazione, l’immagine della marca consenta al consumatore una scelta
coerente con la sua personalità; ludica, relativa al “piacere” provato nell’effettuare gli
acquisti; praticità, cioè semplifica il processo decisionale al momento dell’acquisto
attraverso la memorizzazione delle precedenti esperienze di consumo.
4
rendendo gli scambi sempre più anonimi. Il crescente benessere economico
dovuto al miglioramento delle condizioni di vita derivanti dal lavoro in
fabbrica genera un aumento della domanda di merci quantitativamente
imponente e qualitativamente variegata; i beni, una volta considerati di
lusso, entrano a far parte delle pratiche di consumo quotidiane. La domanda
si trasforma: essa contiene una precisa istanza sociale di differenziazione e
distinzione.
Il ventesimo secolo inizia con una smisurata crescita economica,
caratterizzata dal fiorire di numerose marche (tab.1) accompagnate dalla
nascita di nuovi strumenti di comunicazione e dall’intensificarsi della
comunicazione pubblicitaria.
5
Fonte: Fabris G., Minestroni L., Valore e valori della marca, Milano, Angeli,
2004 pag 105
Tabella 1 Anno di nascita di alcuni brand
Marca Anno di nascita
Marca Anno di nascita
Agfa 1873
American Express 1850
Aquascutum 1853
Avon 1896
Badoit 1837
Bahlsen 1889
Ballantine’s 1827
Barbour 1894
Barilla 1877
BASF 1865
Bata 1894
Bayer 1899
Bausch & Lomb 1850
Benson & Hedges 1873
Bonduelle 1853
Borsalino 1857
Brooks Brothers 1818
Budweiser 1876
Buitoni 1827
Burberry’s 1856
Cadbury’s 1842
Campbell’s 1869
Cartier 1847
Chap Stick 1880
Chivas Regal 1858
Church’s 1873
Clarks 1825
Coca-Cola 1886
Cointreau 1875
Colgate 1806
Daimler 1890
Daks 1894
Del Monte 1886
Fiat 1899
Ford 1896
Galbani 1880
Glen Grant 1840
Guerlain 1828
Harrods 1849
Heineken 1864
Heinz 1876
Hermés 1837
Ivory 1879
Knorr 1870
Kodak 1888
Lavazza 1895
Levi’s 1850
Lipton 1889
Louis Vuitton 1854
Maggi 1883
Martini & Rossi 1879
Michelin 1889
Mitsubishi 1870
Nokia 1865
Pepsi Cola 1893
Philips 1890
Piaggio 1894
Pirelli 1890
Quaker 1877
Roger & Gallet 1862
Shiseido 1872
Singer 1851
Steinway 1853
Swarovski 1895
Tabasco 1868
Tag-Heuer 1860
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Questa evoluzione, caratterizzata ora da momenti di espansione e crescita e
ora da momenti di regressione, è possibile sintetizzarla in quattro fasi.
Una prima fase in cui le marche sostituiscono i prodotti: i prodotti
provenienti dalle fattorie o fatti artigianalmente vengono sostituiti dalle
marche, cosi come anche la produzione industriale anonima, venduta sfusa
sulle bancarelle dei mercati o presso i bottegai o i droghieri di quartiere,
lascia il posto alla marca. Le marche prendono posto in luoghi ad esse
consacrate: supermercati ed ipermercati, restando comunque, in questa
prima fase, confinate solo nei medio-grandi centri commerciali. Anche le
attività di comunicazione pubblicitaria volte a creare notorietà di marca
(brand awareness) sono ancora modeste, limitate sia dalle possibilità di
diffusione stabilite da una legislazione restrittiva , sia dal monopolio statale
dell’audiovisivo.
Una seconda fase segnata da un periodo di stagnazione economica che
porta al rallentamento dell’ascesa della logica di marca: gli shock petroliferi
del 1972-1973 sono causa non solo di crisi economica, ma anche di crisi di
valori culturali; viene attaccata la società dei consumi quale responsabile
della nascita di bisogni “artificiali”. Il sistema capitalistico viene criticato
perché portatore di un principio fondamentale: lo spreco, fortemente
condannato. Questo periodo di ristagno economico termina all’inizio degli
anni ’80 con l’avvio di un nuovo periodo favorevole per la marca.
Una terza fase caratterizzata da una vera e propria metamorfosi della
marca: essa cambia sia nel modo di funzionare che nel suo ruolo all’interno
del mercato, ma di nuovo un momento di stasi, il crack della borsa del 2001-
2002 e la crisi economica insediatasi in numerosi paesi industrializzati.
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Questo periodo è caratterizzato da alti e bassi, al boom pubblicitario si
affianca il disintegrarsi del monopolio pubblico dell’audiovisivo; le imprese
investono imponenti budget in pubblicità. Gli anni ’90 sono attraversati da
una recessione economica che segna la fine di un periodo di forte crescita
che coincide nell’attualità con la prima guerra del golfo. Un altro
avvenimento “semina” incertezze sulla forte vita delle marche: la
multinazionale Philip Morris per fronteggiare l’attacco di marche di
sigarette-discount riduce il prezzo delle Marlboro. Il risultato è il crollo
delle azioni della multinazionale ricordato come il giorno del “Marlboro
Friday”, i media americani denunciano l’avvenimento come l’inizio del
declino delle marche. Questo dibattito sulla fine annunciata delle marche
dura poco, perché il contesto socio-economico cambia rapidamente. Una
vigorosa ripresa economica si delinea a partire dal 1994, interrotta però dal
crack della borsa del 2001-2002.
Una quarta fase iniziata a cavallo tra la fine del ventesimo secolo e l’inizio
del ventunesimo secolo, attraversata da momenti di grave recessione
economica che mettono duramente alla prova la “forza” della marca: il
crack della borsa, il “fatidico” 11 settembre e la successiva guerra in Irak,
sono anni di terribile angoscia e paura, che con i loro sentimenti di
“rancore” non risparmiano nessuno, neanche la marca. Il successo planetario
di Naomi Klein
5
con il suo No logo ne è una conferma. Si indebolisce il
5
N. Klein, No logo, Milano, Baldini & Castaldi, 2001. E’ un libro intellettualmente
onesto, ben documentato, che giustifica particolarmente bene la sua carica contro
l’universo delle marche e delle aziende che le pilotano. La giornalista canadese raccoglie,
spiega ed analizza le ragioni della sua contestazione, fornendo una denuncia dettagliata
delle contraddizioni della nuova economia globale.
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consenso sui benefici delle marche; esse sono al banco degli imputati, la
fiducia nelle aziende è al livello più basso, mai registrato.
1.3. La marca “oggi” entra nel vissuto della quotidianità.
La marca è oggi partecipe della nostra vita, vive insieme a noi la
quotidianità; c’è chi l’ama, chi la odia, chi moralizza e contesta il logo
(marca), identificandola come la responsabile delle problematiche sociali
della post-modernità. Il branding permea ogni settore del consumo, anche il
mercato della frutta, un tempo unbranded oggi si differenzia ed identifica.
Anche l’eroe televisivo dell’ultima fiction diventa un brand come squadre di
calcio, rockstar, sportivi professionisti, che oltre ad occupare lo spazio sui
media, generano anche merchandising di straordinaria ricchezza e varietà
(gadgets di ogni tipo). La marca diventa la vera grande protagonista della
società post-moderna. In essa si delinea il profilo di un nuovo consumatore,
più maturo, più esigente, in grado di valutare le prestazioni e la qualità della
marca; egli si informa, legge e non si accontenta facilmente; un
consumatore che non perdona chi delude le sue aspettative. In questo nuovo
assetto la marca deve stupire il consumatore con performance superiori alle
sue aspettative, solo cosi riceverà in cambio fiducia e credibilità. Nel nuovo
orizzonte post-moderno la marca non incorpora più solo valori connessi al
comparto merceologico di appartenenza (la sicurezza per le auto, la salute
per l’alimentazione, la famiglia per i prodotti consumati nella casa ecc.), ma
si fa portatrice anche di grandi valori sociali come la tolleranza, il rispetto
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reciproco, tutela dell’ambiente, l’amicizia ecc. Nella sua nuova dimensione
la marca acquisisce “un cuore ed un’anima”; il consumo diventa un agire
dotato di senso. Oggi l’uomo non può fare a meno delle marche, ne ha
bisogno per districarsi nella complessità dell’offerta.
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II. IL FUTURO OLTRE I BRANDS
“I migliori brands superano sempre due
momenti cruciali di verifica: il primo
sullo scaffale del negozio quando un
consumatore decide se acquistare un
brand oppure un altro, il secondo a casa
quando usa il prodotto e ne è soddisfatto.
I brands che superano ripetutamente
questi momenti di verifica si conquistano
un posto speciale nel cuore e nella mente
dei consumatori instaurando con essi un
legame che dura tutta la vita.”
[A.G. Lafley leader di Procter & Gamble]
Il viaggio è finito
Il lungo viaggio da prodotti a trademarks e da trademarks a brands e da
brands a trustmarks è finito. Oggi le persone cercano legami emotivi,
qualcosa da amare; hanno aspettative più elevate e necessitano di una spinta
emotiva per prendere una decisione. Ripercorrendo l’evoluzione a cui è
stato sottoposto il prodotto vediamo come la prima tappa sia stata il
trademark, un differenziatore, un nome o un simbolo distintivo che
identifica legalmente un’azienda e i suoi prodotti. Ai brand sono seguiti i
trustmarks, credibili ma “poveri” di emozione ed entusiasmo; potevano
migliorare le cose, ma non sarebbero stati sufficienti per saltare ad un livello
superiore: quello dell’emozione. I brands sono esauriti; data la loro
moltitudine non riescono a creare differenze notevoli per farsi notare sui