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Sex and the City, X-Files, C.S.I., Desperate Housewives e Doctor
House sono capaci, meglio delle forme espressive tradizionali, di
deformare la realtà quotidiana fino a renderla finalmente
riconoscibile.
1
”
La scelta dell’ottica statunitense deriva dall’enorme capacità
avanguardistica che l’industria culturale e televisiva Usa ha saputo
dimostrare in questi anni, un’abilità senza pari in confronto ai
prodotti europei ed italiani in particolare. La nostra analisi
cronologica partirà dal 1998, anno della messa in onda su HBO di
Sex and the City, primo frutto di genio creativo di questa
rivoluzione telefilmica. Inoltre sarà utile capire meglio la fonte di
tali opere analizzando il ruolo e la strategia editoriale del canale
statunitense nella produzione, trasmissione e conseguente
identificazione con i prodotti seriali.
Infine sarà utile concentrarsi sulla rivoluzione di tipo socio-
culturale che ha investito lo spettatore: dal fenomeno del fandom
alle nuove modalità di fruizione, dal ruolo che ha assunto Internet
come strumento chiave nella consumazione del prodotto ad eventi
di portata nazionale come il Telefilm Festival di Milano.
La serie tv, quasi con discrezione, è riuscita ad esaltare e
moltiplicare esponenzialmente le regole dell’intrattenimento. Un
nuovo genere di spettacolo si è progressivamente consolidato, fino a
produrre vere e proprie opere d’arte. Un genere che dietro la
presunta superficialità della produzione in serie e sotto l’apparente
facilità della scrittura industriale, nasconde le stesse strutture
narrative, le stesse tecniche figurative, gli stessi procedimenti
1
Aldo Grasso, Buona Maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e
dei libri, Mondadori, Milano, 2007.
3
stilistici rintracciabili nei capolavori della cultura cosiddetta alta.
Opera aperta, identificabile ed evocativa, quindi, e allo stesso tempo
macchina industriale perfettamente calibrata e intrecciata nei temi e
nelle forme.
4
Capitolo 1
Forme e significati del mondo seriale
1.1. La nuova e potente risorsa telefilmica
1.1.1. …è scoccata l’ora delle serie tv
Sfatiamo il luogo comune che la televisione sia solo contenitore dei
peggiori modelli di comportamento e stia naufragando nell’abisso
della mediocrità culturale. La televisione trasuda trash, propone
visioni distorte e avvilenti della nostra società, ma ancora riesce a
creare prodotti capaci di ripagare i nostri sensi e il nostro intelletto:
parliamo del 22% della programmazione tv, percentuale abilmente
occupata dalle serie tv di produzione statunitense. Grazie alle reti
satellitari lo spettatore italiano negli ultimi anni ha potuto godere
con regolarità di un prodotto nuovo, complesso, intelligente,
studiato; quei telefilm troppo spesso e troppo a lungo considerati un
riempitivo, suscettibile di ogni possibile alterazione di palinsesto,
stanno scalando la piramide di qualità televisiva. Le serie degli
ultimi anni sono sorrette da una sceneggiatura e da una scrittura
sempre più audaci e affascinanti, frutto di consistenti investimenti
produttivi, e si rivolgono sia ad un tradizionale pubblico di massa,
sia ad una base di fan consacrati al prodotto. Il punto di forza della
serialità televisiva sta nel duplice aspetto positivo che scaturisce
dalla visione: lo spettatore gode del piacere di una nuova storia, ed
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è rassicurato dal ritorno dell’identico
2
, dello schema narrativo e dei
personaggi che ha imparato a conoscere e a cui si è affezionato.
Niente di più semplice? No, non è affatto semplice trovare, ideare e
sviluppare una storia capace di entrare e stimolare profondamente
l’animo dello spettatore post-moderno che tutto ha già visto,
riproposto in ogni salsa mediatica, e che fatica a stupirsi
positivamente di fronte al piccolo schermo. La storia deve meritare
di essere narrata. Le serie tv sono sempre più studiate per catturare
il pubblico e riuscire a produrre dei veri e propri cult: il fine è
riuscire a coinvolgere totalmente gli spettatori-fan nell’universo
fantastico e legarli a sé in una passione viscerale che non smetterà
di alimentarsi puntata dopo puntata, stagione dopo stagione e che,
se ben congeniata, sfocerà oltre i confini dello schermo televisivo
investendo anche il privato. Chi ha mai bevuto un Cosmopolitan e
desiderato un paio di Manolo Blahnik prima del successo globale di
Sex And The City?
Il telefilm diventa giorno dopo giorno parte essenziale della cultura
popolare. Conosciuti, citati, sfruttati, al di là del successo
momentaneo e delle mode, le serie televisive sono la nostra riserva
moderna di fiabe e di sogno, momento di evasione spensierato e
allo stesso tempo rappresentazione dell’evoluzione di una comunità
socio-culturale e dell’immagine che ha di sé stessa. Specchio della
società che riflette i nostri sogni, le nostre paure, speranze e
memorie, che conquista con l’universalità dei temi trattati offrendo,
però, al suo interno, chiavi di lettura diverse per ciascun Paese. Un
enorme successo o un flop saranno indicatori importanti riguardo ai
2
Aldo Grasso, Buona Maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e
dei libri , Mondadori, Milano, 2007, p. 14.
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valori etici ed estetici del pubblico
3
, alla sua adesione o meno ai
modelli e alle forme di vita proposte nella serie.
1.1.2. Series VS Cinema?
La serialità televisiva ama raccontare storie, tante e diverse. Una
moltiplicazione di sguardi, tanti quante le vite che vengono narrate
sul piccolo schermo. In questo le serie rappresentano la più
popolare delle armi narrative al servizio della televisione, prodotto
di consumo tra i più rappresentativi ed avvincenti. I network
statunitensi si sono accorti di questa potenzialità, sfruttandola ed
esaltandola nell’America del nuovo millennio, attraverso
investimenti produttivi al pari delle realizzazioni hollywoodiane.
Non è un caso vedere un regista cinematografico acclamato come
Quentin Tarantino mettersi in fila per scrivere e dirigere il doppio
episodio finale della quinta stagione di C.S.I. (Crime Scene
Investigation, 2000, CBS), ed incontrare personalità internazionali
del calibro di Michael Douglas, Madonna, Elton John, Jennifer
Lopez, nella veste di guest star nella sit-com Will & Grace (1998,
NBC). Viene da chiedersi in che modo un’istanza autoriale forte
possa riprendere, esaltare o modificare le caratteristiche del format
che la ospita. Non esistono ovviamente regole assodate per queste
variazioni. Di certo, il salto da un medium all’altro diventa capace
di dar vita ad esperimenti interessanti che stimolano lo spettatore su
più fronti e rendono più fervida la creatività seriale, senza alterare
troppo i suoi ingredienti di successo. Il celebre capostipite di tale
3
Maria Pia Pozzato, Giorgio Grignaffini, Mondi seriali. Percorsi semiotici nella fiction, Link
Ricerca, RTI, 2008, p. 10.
7
tendenza fu proprio il surreale David Lynch, che realizzò uno dei
cult più ricordati e amati della televisione, I segreti di Twin Peaks
(1990, ABC), destinato, per la singolarità legata alla natura
autoriale, ad una spontanea eccentricità rispetto alle caratteristiche
del genere investigativo dell’epoca. Tanto si è indubbiamente
smosso nell’intimità linguistica della scrittura e della produzione
telefilmica. Una dimensione dello spettacolo, soprattutto, che
rispetto al cinema gode di una possibilità in più: la durata e quel
procrastinare gli appuntamenti narrativi che fanno della continuità il
segreto del successo di uno spettacolo televisivo. Del resto, un film
ha un inizio e una fine. Una serie tv può durare svariate stagioni con
un carico di ore che permette di approfondire trame e personaggi
ben oltre la normale soglia di conoscenza che un film
cinematografico consente
4
. Ed è proprio il finale del film che spesso
diventa elemento decisivo per il successo. In televisione, invece, la
situazione si capovolge: è l’inizio a caricarsi dell’importante
responsabilità di convincere lo spettatore a restare sintonizzato su
quel canale. E’ vero che il telefilm contemporaneo riesce quasi a
diventare un genere a sé stante, facendo uso di budget spesso
rilevanti, regia dinamica di stampo quasi hollywoodiano (anche per
la dislocazione dei set e le maestranze usate), e pellicola o alta
definizione digitale. L’assimilazione di stile e risorse produttive tra
series e cinema, tuttavia, non implica l’esistenza di una
competizione tra i due mezzi. Tra questi imperi c’è un legame
ininterrotto e complementare, dove l’uno assimila qualcosa
dell’altro, con la consapevolezza di non poter varcare i confini di
4
Mario A. Rumor, Created by. Il nuovo impero americano delle serie tv: Buffy, C.S.I., Alias e
tutte le altre, Tunué Le Virgole, Latina, 2005, p. 20.
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una distinzione concettuale importante: la serie è il tempio degli
scrittori, è la scrittura intelligente a fornire l’alibi per la nuova
consistenza visiva e linguistica del prodotto seriale dell’ultimo
decennio, mentre il cinema si divide meglio tra registi e attori,
factory delle meraviglie, degli effetti speciali e delle big star
5
.
1.2. Classificazione del telefilm
Il telefilm, recitano i dizionari della televisione, è un prodotto di
fiction concepito per il piccolo schermo, e perciò destinato alla
trasmissione in video. Articolato in puntate o episodi raggruppati in
serie, il telefilm propone brevi racconti, in sé conclusi, ma spesso
collegati tra loro come episodi di cicli che presentano personaggi
fissi invariabili, caratteri strutturali costanti e un’ambientazione che
resta per lo più invariata
6
. Telefilm è una parola squisitamente
italiana (poco usata in area anglofona dove si preferisce parlare di tv
series, specificando il genere di appartenenza: western, hospital,
soap, sit, drama….)
7
, che di per sé non vuol dire nulla, eppure,
secondo alcuni, è un termine perfetto che racchiude in sé la cultura
pop che rappresenta. Dal punto di vista linguistico significa
semplicemente film a distanza. Il prodotto è frammentato in episodi
mediamente conteggiati per stagione come 22 sui network e 13
sulle cable. Questi numeri non sono affatto casuali, ma definiti sulla
5
Mario A. Rumor, Created by. Il nuovo impero americano delle serie tv: Buffy, C.S.I., Alias e
tutte le altre, Tunué Le Virgole, Latina, 2005, p. 25.
6
Leopoldo Damerini, Fabrizio Margaria, Dizionario dei telefilm, Garzanti, 2004.
7
Aldo Grasso, Buona Maestra. Perché i telefilm sono diventati più importanti del cinema e
dei libri , Mondadori, Milano 2007, p. 9.