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LOMBROSO E LA TEORIA DEL CRIMINALE: “LE ORIGINI”
Introduzione
Lombroso, all’anagrafe Ezechia Marco Lombroso, per soprannome era detto Cesare;
nome che per ovvie ragioni storiche si addice ai grandi, ai predestinati, a coloro che, nel
bene e nel male, consci della propria figura dovranno lasciare un segno tangibile del loro
passaggio terreno. Cercheremo di analizzare le teorie, il pensiero, le risultanze
scientifiche tratte da questa opera immensa come dati e come dimensioni, come universo
esplorato che è l’uomo delinquente, ma nel farlo, dovremo tenere conto di molteplici
aspetti, intersecati fra loro, considerando sia gli errori rilevati a posteriori, sia le grandi
intuizioni e l’immenso contributo che questa figura ha lasciato in eredità. A Cesare, prima
di procedere alle analisi dettagliate, dobbiamo riconoscere un grande merito: la nascita
della criminologia, l’aver ispirato la creazione della polizia scientifica, l ‘aver posto il
problema dell’analisi del soggetto criminale, aver cercato in ogni modo, di rendere un
servizio alla società, nella speranza di offrire strumenti adeguati a difendersi dalla
criminalità. Vedremo, certo, alcune elucubrazioni complesse, che oggi, sembrano assurde,
ma Cesare, si è preso la responsabilità delle sue affermazioni, ed è stato definito razzista,
sessista, squinternato; noi in questo percorso, dobbiamo cercare di aprire la mente, quasi
una finestra nel tempo e scorrere indietro sino ai suoi contemporanei ed ammirare seppure
con occhio critico, l’immensità della sua opera, così ampia che una dei suoi tre figli, Gina,
ha dovuto nei primi del 900 ridurne e riassumerne i contenuti per renderli più compressi
e comprensibili. Lombroso aveva discendenza ebrea, nacque a Verona nell’anno 1835, la
sua fortuna di nascita fu quella di appartenere ad una famiglia benestante, sua madre
Zefora, ebbe un influsso determinante sul carattere di Lombroso; Zefora era una donna
acculturata, decisa, condusse il figlio a Chieri ove conobbe David Levi, il cugino, grande
patriota e scrittore, da cui Cesare trasse ispirazione.
Cesare, grazie alle possibilità della famiglia, seguì tutto il percorso scolastico fino
all’università di Padova da dove nel 1854, a causa del proprio carattere schivo e di varie
delusioni amorose decise di spostarsi a Vienna per proseguire gli studi, e qui, iniziò ad
interessarsi seriamente ai problemi della psiche. La fine della sua formazione universitaria
coincide con l’unificazione del regno d ‘Italia, si arruola come medico dell’esercito,
impegnato in una forte campagna contro il brigantaggio: è quasi d obbligo concedersi una
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divagazione storica su tale fenomeno, non per abbandonare il tema in questione ma
semmai per inserire l‘uomo Lombroso nel contesto della sua epoca così da comprenderne
i valori, i concetti e le aspettative, che d’altra parte si tanto teoriche erano per i letterati
quanti drammaticamente pratiche per il popolo; l’Italia era fatta, ma dopo la sua unità
mancavano gli italiani, mai stati sotto un solo Re, culture diverse, lingue diverse,
immensa povertà diffusa soprattutto al sud e nelle isole. In questo contesto si inserisce il
brigantaggio; non si trattava di delinquenti isolati, ma di gruppi armati ed organizzati ove
si trovavano anche ex militari che non volevano piegarsi al nuovo regno. L’esperienza
militare, porta Lombroso nelle varie regioni, è questa l’occasione in cui eseguire
osservazioni antropologiche sulle caratteristiche fisiche degli individui in ogni parte
d’Italia, ancora poco contaminati da influenze migratorie. In seguito, divenne professore
di medicina legale, dedicandosi principalmente allo studio dei folli e dei
criminali; notevole l’elenco dei suoi lavori pubblicati, alcuni tra i più importanti sono:
L’uomo bianco e l’uomo di colore (1871); La medicina legale dell’alienazione (1873);
L’uomo criminale (1875); L’uomo delinquente (1876); L’antisemitismo e le scienze
moderne (1894); Il crimine, cause e rimedi (1899).
Gli ultimi anni della sua vita furono condizionati da una malattia cardiaca, essendo
dottore, fu consapevole dalla parabola della stessa, la sua ultima parte fu serena, trascorsa
in famiglia, con i tre figli, si spense nell’Ottobre del 1909. Il pensiero di Lombroso si
può riassumere genericamente in una sua famosa frase “il criminale è un essere atavistico
che riproduce sulle propria persona i feroci istinti dell’umanità primitiva e degli animali
inferiori.” Il pensiero di Lombroso si cala perfettamente nelle concezioni della sua epoca,
il XIX secolo segna il distacco dalla scuola classica; in campo giudiziario fino ad allora
le pene venivano inflitte con metodo punitivo secondo la Concezione introdotta da Cesare
Beccaria il quale sosteneva che ogni individuo essendo responsabile dei propri atti
avrebbe dovuto risponderne in merito al fatto commesso. Al contrario il concetto
positivista si occupa dello studio del criminale e non del crimine, la giustizia ha il compito
di difendere la società civile dai soggetti pericolosi, di cui studiare la personalità, diviene
quindi centrale la figura del giudice, il quale, non punisce più il reato in sé ma il suo autore.
Le sue convinzioni furono ispirate tra gli altri da J. Moleschott, olandese, naturalizzato
italiano dottore e scienziato contemporaneo di Lombroso che fu senatore del
regno d’Italia e appartenente alla massoneria, autore di vari libri tra cui “Circolazione
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della vita “, convinto materialista, asseriva che il bene ed il male non dipendono dalla
morale ma da leggi naturali, il male è una minaccia al proliferare della specie umana, il
bene è il seme della vita. Per lui la morte e la vita sono legate in modo indissolubile e
rappresentano appunto un circolo che si ripete. Il 1800 non vi sono dubbi in merito, è
stato definito il secolo della scienza, non solo per le sue scoperte applicate, ma anche per
le teorie, ovvero, la scienza era un argomento di grande interesse che spesso si intersecava
con la tecnologia e con il progresso della società, testimoniato peraltro dalle esposizioni
universali, ove venivano proposte le nuove scoperte. Altri ispiratori per le convinzioni di
Lombroso furono ad esempio Darwin che suscitava ovviamente dibattiti a riguardo
dell’evoluzione della specie, subordinata alla selezione naturale, Spencer e Lamark per il
positivismo evoluzionistico; esso teorizzava un’evoluzione positiva in ogni aspetto
biologico, filosofico ed assoluto, Spencer definiva infatti l’assoluto come una forza
misteriosa riscontrabile in tutte le manifestazioni osservabili nella natura ed avvertite
positivamente dall’uomo. Contrariamente a Darwin, il quale aveva elaborato le sue teorie
lasciando spazio a critiche ed ulteriori approfondimenti, egli fu sempre convinto che le
sue risultanze fossero esatte, pervaso da una personalità narcisista ed arrogante, suscitò
sentimenti contrastanti nella comunità intellettuale, politica e scientifica; fu lodato da
Freud e studiato da Jung ad esempio e ferocemente criticato tra gli altri dai francesi i quali
avevano una visione totalmente diversa della criminologia.
Lombroso concentrò i suoi studi soprattutto analizzando i matti ed i criminali, quei
soggetti, tonando al concetto poco sopra espresso, che presentano i tratti dell’uomo
primitivo, per cui le scelte non dipendono dalla volontà, ma sono determinate quindi dalla
biologia. Il battesimo delle sue osservazioni avvenne occupandosi del caso di Giuseppe
Vilella, un brigante, la cui autopsia rivelò alla base del cranio la fusione congenita
dell’occipite con l’atlante; c’era la mancanza della cresta occipitale interna e la presenza
di rilevazioni ossee del tutto anomale. Tale discrepanza dalla normalità, lo indussero a
concludere che il cervello del Vilella si era fermato allo stato fetale e che proprio a causa
di difformità organiche dovevano essere spiegati i comportamenti deviati; in poche parole,
l’essere criminale era riconducibile a fattori congeniti ed ereditari, assimilabile ai matti
considerando in aggiunta l’aggravante, se presente, del fattore epilettico e delle
condizioni sociali e politiche seppure tenendone minore conto. Egli poneva poi un
distinguo sul fattore ereditario che poteva essere diretto ovvero derivante dai genitori
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oppure indiretto, ovvero dovuto ad una famiglia definibile degenerata. Certo delle proprie
asserzioni, proponeva quindi di trattare i delinquenti come si trattano i pazzi, ovvero,
allontanamento dalla società e trattamenti medici terapeutici. I fattori esterni che potevano
incidere in modo importante sul divenire o meno un deviato erano l’età.
La razza, il sesso, l’abuso di droghe ed alcool, finanche il clima e le condizioni sociali
politiche ed economiche, nonchè la religione e l’istruzione. Infatti, l’essere istruiti
secondo lo studioso diminuiva i reati di sangue ma portava ad un aumento di quelli
sessuali e di truffa, invece, la religione era estranea da qualunque influenza sul gesto
errato. Lombroso viene ricordato come il fondatore dell’Antropologia Criminale; il suo
lavoro è stato influenzato dalla frenologia, dal darwinismo sociale e dalla fisiognomica.
Lombroso, oltre alle sue teorie, ha lasciato in eredità una tale quantità di materiale da
costituire un museo, da lui fondato, nel 1876 (museo di antropologia criminale), presso
l’università degli studi di Torino che contiene 684 crani e 27 resti scheletrici umani, 183
cervelli umani, 58 crani e 48 resti scheletrici animali, 502 corpi di reato utilizzati per
compiere delitti più o meno cruenti, 42 ferri di contenzione, un centinaio di maschere
mortuarie, 175 manufatti e 475 disegni di alienati, migliaia di fotografie di criminali, folli
e prostitute, folcloristici abiti di briganti, persino tre modelli di piante carnivore.
Prima della sua scomparsa Lombroso decise di donare il suo corpo alla scienza, il museo
conserva infatti il suo scheletro ed anche il suo volto conservato sotto formalina (non
esposto). Il Museo nacque come raccolta di oggetti che Lombroso aveva accumulato
lungo il corso di tutta la sua vita, custodendoli in un primo tempo nello spazio privato
della propria abitazione. Non esistono quindi criteri selettivi espliciti e prestabiliti, ma
solamente il tentativo di mettere del materiale insieme, preliminare alla collezione.
La figlia Gina, nella biografia del padre, descrive bene questa attitudine: “Lombroso era
un raccoglitore nato – mentre camminava, mentre parlava, mentre discorreva; in città, in
campagna, nei tribunali, in carcere, in viaggio, stava sempre osservando qualcosa che
nessuno vedeva, raccogliendo così o comperando un cumulo di curiosità, di cui lì per lì
nessuno, e neanche egli stesso, qualche volta avrebbe saputo dire il valore.” Non sempre
la ricerca di questi manufatti seguì un percorso propriamente etico o legale, come
confessa lo stesso Lombroso: “Il primo nucleo della collezione fu formato dall'esercito,
avendovi vissuto parecchi anni come medico militare, prima del '59 e poi nel '66, ebbi
modo di misurare craniologicamente migliaia di soldati italiani e raccoglierne molti