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comunitario, ma ci aiuta a comprendere quello che è veramente il suo
spirito e ciò che fa dell’Unione Europea una democrazia.
Per illustrare il metodo di analisi utilizzato, riporterò un paragone
che uno dei più grandi studiosi di lobbismo europeo fece tra il suo campo
di studi e quello del gioco degli scacchi, ovviamente sotto l’aspetto
metodologico. Eising, infatti, sostiene che la competenza della materia si
basa sullo studio dei casi e su analisi descrittive di situazioni particolari;
questo avviene anche per quanto riguarda l’ambito degli studi sul lobbismo
europeo.
I testi pubblicati su entrambi gli argomenti vanno a cadere
rispettivamente in due categorie. Troviamo infatti le trattazioni fondate su
criteri accademico-teorici e i lavori scritti da esperti sul campo, più simili
a dei manuali. I primi risultano spesso inutili a livello pratico, mentre i
secondi sono aridi dal punto di vista teorico.
Questa trattazione persegue il fine di compiere uno studio
sull’argomento capace di mantenere un equilibrio tra i due punti di vista,
fornendo così al lettore un valido strumento per comprendere le dinamiche
che riguardano questo particolare tema.
Nello sviluppo della tesi il lettore sarà portato a chiedersi se è bene
rendere lecito un tipo di attività mirata ad influenzare le scelte delle
pubbliche istituzioni che dovrebbero difendere interessi generali, portando
in primo piano interessi particolari.
Per rispondere a questo quesito è importante osservare l’argomento
sotto un duplice punto di vista. In prima analisi si deve constatare che
l’interesse generale non sempre coincide con la somma di interessi
particolari. In seconda istanza, gli interessi generalmente al centro
dell’attenzione sono quelli più forti e meglio organizzati della società,
quindi quelli meno meritevoli di appoggio politico, in quanto già
espressione di posizioni dominanti.
A tale proposito è importante sottolineare come le lobby siano
organismi costituiti per influenzare il potere e non per amministrarlo in
prima persona.
Negli ultimi anni questo fenomeno è in costante aumento anche negli
organismi internazionali come l’Unione Europea.
Con tutta probabilità le cause sono da ricercarsi nella fisiologica
crescita del potere degli esecutivi e dei partiti a discapito delle istituzioni
parlamentari. Tutto ciò comporta che nelle democrazie moderne il luogo
della decisione politica si stia spostando, anziché all’interno delle
istituzioni proprie, verso le relazioni tra enti deputati e gruppi esterni.
In aggiunta, oggigiorno, ad un parlamentare è richiesto un lavoro
legislativo da svolgersi in di periodi piuttosto brevi sui temi più disparati;
le informazioni fornite dai gruppi su tali tematiche possono risultare
preziose, tanto da portare gli studiosi a parlare di “tesoro informativo
delle lobby”.
Chi svolge questo tipo di attività è a conoscenza del fatto che il
controllo in uno stato si costituisce sulla reale distribuzione del potere in
un sistema politico e sociale, e non soltanto sui dettami costituzionali.
Tutto ciò ci aiuta a ricondurre il fenomeno lobby ad un risultato
sintomatico del processo che ha creato un divario tra le democrazie
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partecipative e i cittadini. In esso si nota l’inefficienza degli istituti di
democrazia partecipativa; quasi sempre tali strumenti democratici sono sì
presenti, ma spesso volutamente non utilizzati o mal impiegati, ampliando
così il divario tra cittadini elettori ed istituzioni e sviluppando nei primi un
sentimento critico nei confronti dei partiti politici e dei loro
rappresentanti eletti.
Tutto ciò ha contribuito ad indebolire i partiti politici, che oggi si
trovano nella necessità di richiedere l’appoggio dei gruppi di interesse,
creando così una commistione in cui spesso prevalgono proprio questi
ultimi.
Con la mia trattazione intendo sostenere che il lobbying autentico si
ispira ai più alti valori della cultura liberale, in opposizione ai fini oscuri
della corruzione, e fornisce un valido strumento di sinergia per le
istituzioni odierne, che si ritrovano ad averne necessità. Senza di esso, gli
istituti democratici non sarebbero in grado di ottenere autonomamente il
risultato da loro perseguito: compiere le scelte migliori per il bene della
collettività.
In conclusione, intendo importante evidenziare come l’obiettivo della
regolamentazione del lobbying non sia orientato a limitare o eliminare la
rappresentanza di interessi, quanto a disciplinarla per evitare forme di
lobbying poco professionale, creando così un chiaro spartiacque tra ciò che
è il lobbying autentico, fatto di rapporti leciti, e ciò che è illegale.
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CAPITOLO PRIMO
COS’E’ LOBBY
Sommario: 1. Democrazia: definizioni e forme. – 1.1. Principio di democrazia
partecipativa. - 2. Lobby: etimologia. – 2.1. Lobby: Teorie dei Gruppi.
– 2.2. Gruppo di interesse o gruppo di pressione. – 3. Evoluzione
storica. - 3.1. Le corporazioni. – 3.2. Nascita della Lobby Moderna. – 4.
Lobby in Italia oggi – 5. Gli Stati Uniti d’America.
1. Democrazia: definizioni e forme.
Il termine democrazia deriva dal greco démos (δήμος), ovvero popolo,
e cràtos (κράτος), cioè potere. Letteralmente significa governo del popolo.
Dalla sua nascita nelle polis greche il sistema democratico si è sviluppato
fino ai giorni nostri per affermarsi come principale modello di governo su
scala mondiale. Nel corso della storia, tale ordinamento si è evoluto
adattandosi alle varie contingenze e periodi. Questo ha comportato un
mutamento rispetto alle condizioni iniziali e una varietà di esiti. Se infatti
volgiamo l’occhio alla situazione odierna degli stati nazionali, ci
accorgeremo che, nonostante la maggioranza di essi abbia adottato un
sistema di governo democratico, difficilmente ne troveremmo due di
eguali.
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L’evoluzione ha portato a distinguere all’interno degli ordinamenti
democratici due sistemi principali: i sistemi a democrazia diretta e quelli
a democrazia rappresentativa o indiretta.
“La democrazia diretta è quella forma di governo nella quale i
cittadini, in quanto popolo sovrano, sono anche legislatori, aventi il
diritto costituzionalmente garantito di proporre e votare direttamente le
leggi ordinarie e la costituzione, attraverso diversi istituti di
consultazione popolare e diverse forme di partecipazione popolare.”1
Esempi di istituti di democrazia diretta sono, in Italia, il “referendum
abrogativo”2 e la “legge di iniziativa popolare”3.
La Svizzera è attualmente l’unico stato che applica la democrazia
diretta a livello nazionale, cantonale e comunale. Il popolo può bloccare
tramite referendum una legge o una modifica della costituzione decisa dal
1
SCHIAVONE G., La democrazia diretta, Bari, 1997, pag. 26.
2
La Costituzione italiana prevede numerosi tipi di referendum: quello abrogativo di leggi
e atti aventi forza di legge (art. 75), quello sulle leggi costituzionali e di revisione
costituzionale (art. 138), quello riguardante la fusione di Regioni esistenti o la creazione
di nuove Regioni (art. 132, c. 1), quello riguardante il passaggio di Province o Comuni da
una Regione ad un'altra (art. 132, c.2). L'art. 123 c. 1 prevede che gli statuti regionali
regolino l'esercizio del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione.
L'articolo 75 della Costituzione riserva l'iniziativa referendaria al popolo (500.000 elettori)
e alle Regioni (5 Consigli regionali), che possono proporre all'elettorato l'abrogazione,
totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge. Il quorum, ovvero il
numero minimo di elettori che devono prendere parte alla tornata elettorale perché il
referendum sia valido, è fissato al 50% più uno degli aventi diritto al voto, eccezione fatta
per i referendum costituzionali ove non è previsto. La Corte Costituzionale deve
pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del referendum, prima che esso venga posto
in essere.
3
La legge di iniziativa popolare è un istituto relativo all'iniziativa legislativa, mediante il
quale i cittadini possono, attraverso una raccolta di 50000 firme, presentare al
Parlamento (o ad un ente amministrativo locale, come la Regione) un progetto di legge,
affinché questo sia poi discusso e votato.
E’ prevista dall’Art. 71 della Costituzione. Gli art.48 e 49 della successiva legge 25
maggio 1970, n.352, stabiliscono che il progetto, accompagnato dalle firme degli elettori
proponenti, deve essere presentato ad uno dei Presidenti delle due Camere, il quale lo
presenta alla Camera di competenza, che deve verificare il computo delle firme e
accertare la regolarità della richiesta.
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parlamento o può imporre un cambiamento legislativo o costituzionale
attraverso una legge di iniziativa popolare.
Un uso della democrazia diretta in paesi più vasti, o a più elevato
numero di abitanti, comporterebbe però un innalzamento del rischio
dell’affermazione di interessi particolari che andrebbero a ledere
l’interesse collettivo, esponendo così il sistema ad una possibile paralisi
dello stesso per l’impossibilità di trovare una sintesi comune nelle
decisioni.
Oggi più comune è la democrazia rappresentativa, cioè quella forma
di governo nella quale il ruolo dei cittadini è soltanto quello di elettori che
delegano il proprio potere politico ai loro rappresentanti eletti.
Un buon bilanciamento tra democrazia diretta e democrazia
rappresentativa è la base per il funzionamento di un moderno stato
democratico, in quanto fornisce al cittadino, oltre la possibilità di eleggere
i propri rappresentanti, la garanzia di partecipare al controllo dell’azione
delle istituzioni.
“Presupposto fondamentale di una moderna democrazia è quindi
garantire ai propri cittadini la più ampia possibilità di compartecipazione
allo svolgimento della vita democratica del paese”4, senza per questo
ledere l’interesse collettivo rispetto all’interesse particolare.
4
CATTANEO A., Fare lobby. Manuale di Public affairs, Etas, 2007, pag. 140
20
1.1 Principio di democrazia partecipativa.
A fondamento dei sistemi a democrazia diretta troviamo il principio
di democrazia partecipativa.
Definiamo principio di democrazia partecipativa quel principio per cui
viene riconosciuta ai cittadini di uno stato la possibilità di partecipare
direttamente al processo formativo decisionale, cioè alla creazione,
modificazione o abrogazione di leggi e delibere. Viene così garantita la
partecipazione politica (nel senso ristretto del termine) della società
civile organizzata.
In tal modo viene affermato il principio della partecipazione, inteso
come valore della democrazia che si esplica nel diritto all’eguale
rappresentanza, ma tale partecipazione sociale ha come conseguenza una
precisa funzionalità, intesa in termini di efficacia, efficienza e legittimità.
L’idea base di questa forma di democrazia è proprio quella di includere nel
processo decisionale più attori possibili, incrementando così l’efficienza
delle policies e legittimando il sistema politico in toto.
E’ quindi proprio sul principio di democrazia partecipativa che si
fondano tutti quegli istituti insiti negli ordinamenti democratici che danno
al cittadino la possibilità di instaurare un dialogo diretto con le istituzioni.
La presenza di questo principio si evince chiaramente anche nei testi
che costituiscono e regolamentano l’Unione Europea.
I fondatori, intuita la necessità di garantire la partecipazione
democratica diretta dei cittadini ai processi decisionali, hanno inserito nei
trattati istituti e principi che garantiscono questo principio. Alcuni esempi
sono il principio di sussidiarietà, uno dei pilastri del funzionamento
21
dell'Unione Europea, oppure la possibilità garantita ai gruppi che tutelano
e rappresentano interessi particolari di partecipare alla formazione e
modificazione degli atti legislativi emanati dalle istituzioni; tali gruppi
sono normalmente denominati anche “lobby”.
Una democrazia è partecipativa se i gruppi di interesse possono
essere coinvolti nel processo politico, in modo da agire simultaneamente
per aumentare l’efficienza del policy-making ed assicurare la
partecipazione della società civile organizzata.
Nel recente tentativo, poi fallito, di Costituzione Europea, emerge la
volontà di ascoltare, nella società civile, non solo gli interessi economici
ma anche quelli dei privati attraverso molte forme di consultazione
obbligatorie e dettate da logiche dall’alto. Un chiaro esempio è il “diritto
di iniziativa legislativa cittadina; esso permette ai cittadini europei
(minimo un milione) di sollecitare la Commissione affinché presenti una
proposta legislativa rientrante nel quadro delle sue attribuzioni.”5 Nello
stesso testo costituente all’interno del titolo sesto, intitolato “La vita
democratica dell’Unione”, si trova sancito, tra i principi cui si deve fare
riferimento, il carattere sia partecipativo che rappresentativo dell’UE.
Nonostante il progetto di Costituzione non sia stato poi realizzato, questi
principi rimangono saldi nella realtà comunitaria e sono stati ribaditi nel
trattato di Lisbona.
Concetti come quello di democrazia partecipativa, oltre a contribuire
alla costituzione di sistemi di “checks and balances” del potere all’interno
di un’istituzione che si voglia dire moderna, sono cornici concettuali
5
Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, Titolo 1, Art. 47, par 4.
22
fondamentali entro le quali è possibile analizzare il fenomeno dei gruppi di
interesse e la loro partecipazione al sistema di decision-making
comunitario.
2. Lobby: etimologia.
Possiamo definire Lobby “l’insieme delle tecniche e della attività
finalizzate alla rappresentanza di interessi particolari presso le istituzioni
chiamate a governare i contesti socio economici. La lobby o il gruppo di
pressione indica il gruppo portatore dell’interesse o della causa da
tutelare; lobbista o stakeholder, il personale interno o esterno
dell’organizzazione per la quale si applica la rappresentanza.”6
Lobby è parola di derivazione latina medioevale (da “lobia” = loggia,
portico).
Secondo Adrian Room7 questa parola venne usata per la prima volta
da Thomas Bacon in “The relikes of Rome” nel 1553; fu poi ripresa nel
1593 da William Shakespeare in “Enrico VI (parte 2)”, con il significato di
“passaggio”, “corridoio”.
Fonti differenti fanno derivare l’espressione lobby da “lauba”,
termine presente nell’Antico Alto-Tedesco, che significava “deposito di
documenti”; lobby rappresenta l’evoluzione della parola nell’adattamento
inglese.
6
GRAZIANO G., Le lobbies, Laterza, Roma, 2002, pag. 22.
7
ROOM A., Dictionary of changes in meaning, London & New York, 1986, pag. 36.