propria vocazione turistica, commerciale e storico culturale,
né tanto meno, una spiccata immagine di destinazione
turistica.
In altri termini, è sempre mancata l’idea di Benevento come
centro d’interesse turistico-culturale, ed è spiacevole
sottolineare come si registrino notevoli carenze inerenti al
concetto semplice ma essenziale della customer satisfaction,
che, all’interno del tourism marketing, assume poi la
connotazione di “accoglienza” e “senso dell’ospitalità”.
Sono presenti dunque le risorse endogene; ciò che manca è un
piano strategico di marketing che sappia trasformarle in
“qualità attrattive” uniche e ben identificabili, che rendano
Benevento immediatamente percepibile nella mente del turista
come città da scoprire ed apprezzare nel tempo.
D’altro canto, le recenti evoluzioni della domanda e delle
motivazioni turistiche, associate alle parallele evoluzioni
legislative di promozione del settore, assegnano al turismo dei
beni culturali un ruolo centrale.
Infatti, accanto al tradizionale ruolo di accrescimento della
cultura personale, si affianca anche quello di risorsa capace di
generare un indotto economicamente molto rilevante, sia nel
mercato dei servizi turistici (alberghi, ristoranti, attività
commerciali, etc.) che in quello della produzione culturale
(cataloghi, brochure informative, allestimenti, etc.).
Inoltre ciò che rende una destinazione “appetibile” in senso
turistico, e quindi, capace di creare vantaggi competitivi, è la
capacità di apprendere dagli errori compiuti. Due sono state le
tipologie di apprendimento oggetto d’interesse; una definita
learning by doing, nella quale gli esiti delle precedenti azioni
giungono a perfezionare le conoscenze possedute; l’altra
definita learning by failing, nella quale assume rilievo
l’esperienza derivante da strategie rivelatesi inadeguate in
precedenti situazioni.
In relazione a ciò, il lavoro svolto ha avuto due fili conduttori:
™ il confronto con azioni strategiche compiute da altre
realtà territoriali;
™ l’analisi ed il superamento degli errori di
pianificazione compiuti in passato.
La parte ultima del lavoro, quella più propriamente operativa,
partendo da queste premesse, si propone tre micro-obiettivi
primari:
™ Evidenziare l’unicità del luogo e delle risorse
esistenti;
™ Individuare il target a cui rivolgere l’offerta turistica
del “Prodotto Benevento”;
™ Creare un flusso turistico d’elite che rappresenti un
consistente contributo all’economia locale.
In sostanza il piano di marketing turistico culturale vuole
mettere in evidenza la città, organizzando e potenziandone le
risorse, al solo scopo di creare un’immagine di Benevento
come “piccola città d’arte”.
1° CAPITOLO
Teorie a favore del vantaggio competitivo territoriale
1.1 Il Marketing Territoriale: la centralità del
territorio nei processi di sviluppo
Promuovere città, centri urbani e regioni, principalmente al fine
di incoraggiare il turismo o di migliorarne il profilo, è una
consuetudine vecchia di secoli. Negli ultimi due decenni,
quest’ambito di attività è cresciuto sostanzialmente, e con esso è
emerso un nuovo tipo di attività di marketing.
Questa attività di marketing è una componente essenziale del
successo di molte località ed ha svolto un ruolo in progetti
degni di nota, in quanto ha focalizzato l'attenzione e gli
investimenti sulle stesse in modo molto positivo. Molte città e
regioni hanno oggi delle strategie di marketing.
Tuttavia, esiste un’importante e potenzialmente esplosiva
differenza fra il fare marketing per prodotti e servizi e
promuovere un territorio.
I luoghi sono fatti dalle persone e dalle loro percezioni (anche
gli ambienti “naturali”). In un certo senso, un “luogo”
rappresenta un coacervo di idee messe insieme da gruppi
differenti, talvolta nel corso di molti anni. Alcune di queste idee
possono sembrare essere in conflitto; i luoghi sembrano diversi
a seconda dell'età, del background culturale o delle condizioni
(ad esempio, quella di disabile) delle persone che li osservano.
Esistono insiemi d’identità pluristratificate, che le persone
attribuiscono a luoghi importanti per loro: il luogo in cui si è
nati, in cui si vive, in cui si lavora, in cui ci si è sentiti
minacciati, in cui si è incontrato il proprio partner. Tutto questo
fa di un “luogo” una cosa molto complessa ed il marketing ha la
tendenza o a ridurre ogni cosa ad un minimo comune
denominatore o a favorire una percezione particolare di quel
prodotto.
Un sistema territoriale è connotato da una serie di elementi ben
identificabili, legati sia alla dotazione di risorse (fisiche,
infrastrutturali, produttive, turistico-culturali), sia ai caratteri
distintivi assunti nel tempo per effetto delle dinamiche storiche
e socio-culturali e del grado di contaminazione prodottosi per le
relazioni con altri contesti territoriali.
Per quanto possa sembrare ovvia, quest’osservazione non è
tenuta spesso nella debita considerazione da quegli interventi
che considerano totalmente programmabili dall’esterno le
condizioni di “convenienza” per incidere sulle decisioni di
localizzazione degli investitori: si assume talvolta con
disinvoltura, quasi dimenticando i modesti risultati conseguiti
da anni d’intervento straordinario e di progetti speciali, la
prospettiva di pianificare flussi di risorse finanziarie e di
“attrezzare” il territorio con infrastrutture, confidando poi,
nell’adeguamento dell’efficienza amministrativa locale per
gestire i processi di attrazione dei nuovi investimenti.
Questa logica, che può aver avuto successo in particolari
condizioni e, comunque, in aree “greenfield”, non appare oggi
percorribile in un territorio “denso” come quello del
Mezzogiorno: “denso” in senso stretto perché costellato da
diffuse e significative realtà di sistemi di impresa locali e di
“preesistenze” culturali ed ambientali; ma denso anche di
stratificazioni di modelli e cicli di intervento pubblico, che
hanno lasciato sul territorio segni contraddittori, di realizzazioni
infrastrutturali di grande rilevanza come di opere incompiute, di
realtà imprenditoriali forti come di residui di speculazione
economica, di capacità progettuale vera e di cultura dello
sviluppo come di attese assistenzialistiche.
Un territorio denso va quindi analizzato e scomposto nei suoi
sottosistemi: per ogni componente vanno evidenziati i punti di
forza e di debolezza e vanno accompagnati i soggetti che a
diverso titolo ne sostengono il processo di sviluppo.
Occorre poter analizzare e rappresentare ai potenziali investitori
che cosa un territorio rappresenta dal punto di vista:
™ sociale: quantità e qualità delle risorse umane
presenti; qualità dei servizi per la popolazione; qualità
urbanistica ed insediativi; funzionamento degli assetti politico-
istituzionali; legalità;
™ produttivo: diffusione di imprese e servizi produttivi;
esistenza di vocazioni produttive locali; presenza di distretti o di
filiere produttive; grado di cooperazione tra imprese;
™ della dotazione di infrastrutture: accessibilità;
collegamenti; diffusione di infrastrutture di base (porti,
aeroporti, autostrade, ferrovie, aree attrezzate per insediamenti
produttivi); presenza di infrastrutture ambientali (depurazione,
smaltimento);
™ dell’efficienza dell’apparato amministrativo:
efficienza; presenza di servizi per la semplificazione
amministrativa; presenza di enti strumentali intermedi e
diffusione delle strutture associative;
™ delle risorse ambientali, naturali, paesaggistiche e
culturali: presenza di aree protette; vincoli ambientali; beni di
particolare rilevanza naturalistica o storico-culturale.
Se un sistema territoriale non viene analizzato e rappresentato
complessivamente in tutte queste componenti, può risultare
riduttivo individuare alcuni fattori, che pure possono avere
influenza maggiore nella scelta di localizzazione, ma che non
garantiscono sull’efficacia del processo di integrazione del
nuovo investimento sul territorio in tutta la sua evoluzione
successiva.
La promozione di un territorio a partire dalla capacità di
rappresentarlo complessivamente in tutte le sue articolazioni,
evidenziando correttamente le criticità oltre che i punti di forza,
è efficace se rende leggibili anche la presenza e l’azione dei
diversi soggetti locali che ne sostengono (o ne rallentano, in
caso negativo) i processi di sviluppo.
In un sistema locale gli attori dello sviluppo non sempre sono
immediatamente ed univocamente rinvenibili negli attori
istituzionali, siano essi appartenenti alla pubblica
amministrazione, al sistema creditizio, agli enti intermedi o alle
rappresentanze del mondo economico e del lavoro: proprio
l’analisi delle esperienze di concertazione, seguita al rinnovato
ruolo delle amministrazioni locali e dei sindaci ed alla
diffusione delle esperienze di programmazione negoziata, ha
evidenziato la difficoltà di definire l’apporto dei diversi attori
locali in base alla collocazione istituzionale o ai ruoli
precostituiti. Si è avuta una notevole asimmetria ed alternanza
di diversi attori nell’interpretare e sostenere i processi di
sviluppo: dove i processi di coesione hanno funzionato si è
prodotto sostegno reciproco tra sistema delle imprese ed
amministrazioni, con un ruolo trainante talvolta di una parte
talvolta dell’altra, e spesso con la presenza di nuovi soggetti in
grado di catalizzare le energie positive.
Lo stesso sistema di offerta, inteso sia come proposta di modelli
organizzativi (i patti, le agenzie di sviluppo, etc.), sia come
sistema di governo degli incentivi e dei flussi di risorse
finanziarie, ha prodotto e può produrre sia effetti di traino
effettivo verso logiche di sviluppo, sia effetti perversi di
regressione verso nuove forme di dipendenza.
Se si riconosce, secondo quanto detto in premessa, la centralità
del territorio nei processi di sviluppo, occorre sostenere i
percorsi progettuali e procedurali che partono da
un’approfondita analisi dei bisogni: interpretare e valorizzare la
domanda di sviluppo che proviene dagli attori territoriali e su
tale domanda incanalare, senza subirla acriticamente, l’offerta
di flussi finanziari derivanti da interventi pubblici o da
investimenti esogeni.
Il valore, quindi, si produce creando attrattività mediante la
sedimentazione della cultura e dei fattori di sviluppo piuttosto
che producendo interventi artificiali per l’attrazione.
Il termine “marketing territoriale” si presta ad una lettura
semplificata che non rispecchia i diversi approcci disciplinari
con i quali il tema è stato proposto in sede teorica e le diverse
angolazioni assunte dalle applicazioni in sede sperimentale.
In prima ipotesi, infatti, il richiamo è alle strategie ed alle
attività messe in opera dalle imprese per individuare ed
ampliare il mercato di sbocco dei propri prodotti: applicata al
territorio l’azione sarebbe quindi rivolta ad individuare ed
acquisire “clienti” e “quote di mercato” in competizione con
altri territori. La semplificazione è evidente: si è già detto della
complessità dei sistemi territoriali e della conseguente difficoltà
ad assimilare le strategie per un territorio a quelle di un soggetto
imprenditoriale unitario; ma, soprattutto, si è sostenuto come la
promozione di un territorio verso il mondo esterno è
strettamente legata a quello che il territorio esprime in termini
di sviluppo interno.
Necessariamente bisogna riferirsi a politiche e strumenti
differenziati, che hanno obiettivi e target di riferimento diversi e
che necessitano di metodologie ben strutturate; spetta poi
all’attività di pianificazione strategica sul territorio rendere
compatibili e coerenti i diversi strumenti di marketing adottati;
diventa quindi decisivo individuare un soggetto unitario
(amministrazione, agenzia, rete di agenzie) che coordini e
rappresenti al mondo esterno il “prodotto” offerto dal territorio.
Una prima accezione fa riferimento al marketing territoriale
come “politica”: organizzazione dell’offerta di dotazioni
infrastrutturali, di incentivi economici, di servizi pubblici con lo
scopo di attrarre investimenti esterni e sostenere lo sviluppo
locale.
Un secondo approccio è più direttamente riferibile al tema dello
sviluppo: processo finalizzato alla creazione di valore per i
residenti di un determinato territorio.
Più in generale il marketing territoriale è stato definito come
l’analisi della domanda e dei bisogni degli stakeholders di un
territorio per costruire e rafforzare rapporti di scambio
vantaggiosi sia con i residenti del territorio stesso sia con
clienti/mercati esterni: il marketing tende quindi a creare un
circolo virtuoso tra soddisfazione dei residenti, capacità di
attrazione verso l’esterno e valore.
La pluralità degli approcci riscontrabile anche nelle definizioni
porta quindi a segmentare le azioni di marketing: si parla di
marketing d’area, di marketing locale, urbano, turistico.
Se si concorda con l’assunto che per attrarre risorse
dall’esterno, bisogna in primo luogo migliorare il livello di
soddisfazione ed il grado di dinamismo della popolazione e
delle imprese operanti in un territorio, assume particolare
rilievo la definizione dell’ambito territoriale di riferimento.
E’ piuttosto difficile definire in modo aprioristico il
dimensionamento territoriale efficace per un’azione di
marketing; tuttavia, considerate necessarie le funzioni a livello
statale e regionale (almeno per quanto concerne la
programmazione, l’indirizzo ed il coordinamento), l’ambito
territoriale intermedio costituisce quello in cui più
frequentemente sono riscontrabili gli elementi comunemente
ritenuti necessari a sostenere una strategia di marketing: una
popolazione abbastanza numerosa, una sufficiente diffusione
d’imprese, meglio se articolata intorno a filiere o
specializzazioni produttive, un’offerta di risorse umane
professionalmente qualificate, la presenza di centri di ricerca e
formazione.
Le leve di un progetto di marketing territoriale possono essere
ricondotte a quattro elementi fondamentali:
1) la progettazione di un insieme efficace di beni e servizi
territoriali; 2) la creazione di incentivi per gli utenti interni ed
esterni al territorio di riferimento; 3) il miglioramento delle
condizioni di accesso all’area; 4) la promozione dei valori e
dell’immagine del territorio.
L’obiettivo di attrarre investimenti esogeni al territorio va
sempre perseguito sviluppando coerentemente azioni per il
sostegno delle imprese endogene già operanti ed opportuni
interventi per la creazione di nuove imprese con il concorso
dell’imprenditoria locale.
Il riferimento al marketing territoriale viene spesso, in maniera
riduttiva, riportato alla capacità di attrazione d’investimenti
esogeni ed in particolare di investimenti esteri.
L’attenzione dei governi locali verso le politiche di marketing si
è sviluppata prevalentemente a partire da processi di
deindustrializzazione o di mancato decollo di nuovi interventi
per insediamenti industriali, quando si è andata esaurendo,
soprattutto nel Sud Italia, la spinta sostenuta dall’intervento
straordinario e dal sistema delle partecipazioni statali con la
crisi di alcuni settori portanti (siderurgia, chimica).
A fronte di uno scenario globale che si è andato caratterizzando
per il notevole aumento quantitativo dei flussi di investimenti e
per la diversa composizione qualitativa degli stessi, da industria
di base a nuove tecnologie e servizi, l’Italia, come gli altri Paesi
europei a forte industrializzazione, ha visto diminuire la sua
competitività, accrescere la tendenza delle sue imprese ad
investire all’estero e diminuire nettamente gli investimenti in
entrata.
Se rimane aperto quindi il problema di garantire un reale
coordinamento delle iniziative e di evitare che la
sovrapposizione di competenze diventi un vincolo per
l’attuazione degli investimenti, è interessante notare come le
iniziative che si stanno sviluppando in molte aree, costituiscano
una premessa utile per impostare politiche di attrazione e di
marketing fortemente ancorate alle specificità dei territori ed
alle esigenze di integrazione tra sviluppo locale e nuovi
investimenti.