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CAPITOLO PRIMO
NUOVI CANALI DISTRIBUTIVI
1.1 – LA NASCITA DELL’E-COMMERCE
E’ necessario premettere che il commercio elettronico probabilmente non potrebbe
esistere se non fosse nato Internet e il WWW, ma non si vuole in questa sede partire
dallo sviluppo di Arpanet ed arrivare alla realizzazione del Web da parte dei
ricercatori del Cern, quanto fare alcune considerazioni su come l’E-commerce sia
un’invenzione di qualcosa che gia esiste.
Il commercio elettronico è la trasposizione nel mondo virtuale dell’antichissima
attività del commercio. L’esplosione di questo fenomeno segna simbolicamente una
tappa importante nell’evoluzione delle società umane: il raggiungimento di un
grado di sviluppo tecnologico tale da poter accogliere e gestire in un sistema
virtuale un sistema reale. In questa trasposizione, con perfetta analogia, si hanno
soggetti, regole, ordinamenti, servizi, strutture, prodotti e relazioni. Il commercio
elettronico non è quindi propriamente un servizio di Internet o di una qualsiasi rete
telematica, ma nel suo insieme è un’attività umana “tradotta” in un linguaggio
differente da quello “materiale”. I vantaggi che ne emergono possono essere enormi
e sono intriseci nel nuovo sistema. Infatti, la loro percezione anticipata ha fatto da
traino allo sviluppo dell’intero meccanismo.
La virtualizzazione permessa dall’Information Technology (IT) non coinvolge
ovviamente solo il commercio, ma include un insieme vasto di attività che ne
possono trarre beneficio, e l’E-commerce è una di queste.
L’E-commerce è una delle attività dell’E-business; quest’ultimo, che esiste
concettualmente da qualche anno, racchiude al suo interno tutte quelle attività come
il commercio elettronico che possono essere svolte mediante infrastrutture
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informatiche. Le attività che allo stato attuale possono essere virtualizzate sono
molteplici. Esso si amplia verso i servizi finanziari nel virtual banking e può
estendersi verso tutta la catena del valore che contraddistingue la nascita, la
produzione, la distribuzione e la vendita di un bene. E-business è anche
delocalizzazione del lavoro intellettuale mediante il tele-lavoro ed appartenenti
all’E-business sono anche l’informazione, l’intrattenimento e la didattica, tre settori
molto promettenti in quanto veicolano beni immateriali particolarmente adatti alla
virtualizzazione. Un altro ambito proprio dell’E-business è quello legato alla
consulenza e al servizio. Le tipiche categorie professionali quali avvocati, contabili,
fiscalisti ed altri, potranno rilasciare le loro consulenze più semplici in forma
telematica; anche i primi esperimenti di telemedicina sono in atto. Ovviamente si
tratta spesso di prestazioni di tipo informativo la cui validità è inversamente
proporzionale alla dimensione del problema analizzato, quindi il successo di queste
attività virtuali dipende in grande misura anche dalle caratteristiche sociali e
culturali del contesto applicativo.
Il commercio elettronico è costituito da operazioni che coinvolgono imprese e
individui, mirate allo scambio di beni materiali o immateriali a cui è assegnato un
valore, attraverso un’infrastruttura informatica o una rete di telecomunicazione, ed
esso in generale si estrinseca attraverso lo scambio di informazione che può essere
codificata in qualsiasi modo ed inserita in una procedura di acquisto che prevede
una transazione economica. Le parti che partecipano ad un’operazione di
commercio elettronico definiscono la tipologia di quest’ultimo. Si parla di
commercio elettronico business to business quando le parti coinvolte sono due
imprese distinte, mentre si parla di commercio elettronico business to consumer
quando la transazione avviene tra un’impresa ed un consumatore finale.
L’E-commerce ha come obiettivo principale quello di svincolare totalmente il
mercato da fattori temporali e spaziali con le conseguenze che ne derivano. Il
compratore non è più vincolato ad orari predefiniti e non si deve più preoccupare di
raggiungere fisicamente il luogo in cui avviene la vendita: può accedere in qualsiasi
momento da casa propria o dall’ufficio teoricamente a qualsiasi bene. Il primo
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risultato è che il problema relativo alla disponibilità di un bene in funzione della
copertura del territorio si risolve: Internet è un mondo senza confini la cui metrica
non ammette la dimensione spaziale. L’acquirente che acquista attraverso Internet
può accedere ad un insieme di informazioni impossibili da ottenere nel caso di
commercio tradizionale e può avvalersi di servizi personalizzati e più confacenti
alle aspettative personali che si riflettono anche nell’assistenza pre e post-vendita.
Inoltre l’acquirente ha la possibilità di monitorare e selezionare i prezzi più
convenienti in assoluto in uno spettro di offerta assai più ampio di quello
tradizionale.
A questi vantaggi per il compratore, specularmente, emergono vantaggi anche per il
produttore/venditore di beni. Questi vantaggi possono essere raggruppati sotto due
categorie: la razionalizzazione dei processi tradizionali e l’introduzione di nuovi
elementi di competizione. Nella razionalizzazione dei processi subentra una
riorganizzazione della supply-chain che coinvolge da un lato l’apparato produttivo
in termini di gestione dei magazzini e degli approvvigionamenti, dall’altro le figure
intermediarie che assumo pesi e ruoli differenti. La nuova matrice dettata dai
meccanismi dell’E-commerce fa si che l’impresa possa personalizzare sempre di più
l’offerta grazie ad una maggiore conoscenza delle esigenze della propria clientela e
dalla padronanza di processi produttivi più agili e flessibili. Tutto ciò produce un
aumento di competitività ed una teorica riduzione dei prezzi all’utente finale.
Infine, ma forse elemento più importante, l’E-commerce riduce drasticamente il
livello di ingresso nei vari mercati ridimensionando l’aspetto finanziario a favore di
quello di marketing e di prodotto. In altre parole l’E-commerce attenua
drasticamente il livello di rischio nel raggiungere e operare in nuovi mercati, anche
se non può essere considerato la soluzione di tutti i mali e la sua introduzione può
produrre effetti collaterali che ne vanificano i vantaggi. Inoltre è da considerare che
l’E-commerce attualmente non è un canale adatto ad ogni tipo di bene. Questi
elementi devono essere valutati in prima istanza a livello strategico in quanto
l’E-commerce non è solo una modalità di vendita ma è un nuovo modo di “stare sul
mercato.”
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1.2 – LE PREVISIONI SULL’E-COMMERCE
L’E-commerce, inteso come attività economica che si svolge tramite una rete
telematica, rappresenta uno degli aspetti più significativi dell’ampio processo di
E-business su cui si basa l’economia di rete. Stando al parere degli economisti, la
rivoluzione tecnologica in atto è paragonabile, per portata dei suoi effetti, al
passaggio dall’era agricola a quella industriale, avvenuta agli inizi del secolo
scorso. La possibilità di effettuare transazioni elettroniche senza intermediazioni e
vincoli di natura fisica, geografica e temporale costituisce l’aspetto distintivo del
nuovo business basato sulla tecnologia dell’informazione, il cui elevato potenziale
trova conferma nell’effervescenza dei titoli legati ad Internet e nella loro
capitalizzazione, diventata uno dei cardini su cui ruota il nuovo corso. Le grandi
fusioni avvenute e tuttora in corso tra società legate ad Internet, come tra i colossi
America on-line, primo provider mondiale di servizi Web, e Time Warner, il leader
del settore multimediale e della televisione via cavo, testimoniano il crescente
interesse per un mercato con enormi potenzialità di sviluppo e permettono di
accelerare progetti di sviluppo di altre società.
Allo stato attuale non è possibile effettuare delle stime univoche che indichino la
possibile direzione di sviluppo di Internet e in particolare dell’E-commerce. Anche
se nessuno ha dubbi sul roseo futuro che si prospetta, sarebbe interessante sapere
quale sarà, verosimilmente, il volume effettivo degli scambi e quanto dell’attuale
fatturato delle aziende che producono beni di consumo si trasferirà on-line.
Purtroppo, da questo punto di vista, le previsioni dei più importanti istituti di ricerca
spesso presentano differenze sostanziali generando una certa confusione, infatti, le
divergenze non sono solo sui futuri scenari, ma anche sulla capacità da parte del
sistema di fare previsioni attendibili, dovute alla mancanza di un parametro univoco
di valutazione del mercato e di serie storiche.
Recentemente, due società statunitensi tra le più note del settore, Jupiter e Forrester
Research, hanno diffuso i dati di loro ricerche sullo sviluppo del commercio
elettronico business to consumer da oggi al 2005. Jupiter prevede un volume
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complessivo d’affari di 85 miliardi di Euro, Forrester Research di 175 miliardi di
Euro. In questo caso è evidente il notevole “gap” tra i “pessimisti” di Jupiter e gli
“ottimisti” di “Forrester di 90 miliardi di Euro. Forrester Research, quindi, prevede
un giro d’affari dell’E-commerce indirizzato all’utente finale più che doppio
rispetto a Jupiter, proprio perché guardando nel dettaglio le due ricerche, si nota che
si perviene a delle stime differenti partendo da diversi scenari e possibili sviluppi.
Quella di Jupiter è stata presentata a inizio aprile ad Amsterdam nel corso del
“Jupiter Shopping Forum”; l’orizzonte, come per quella di Forrester, è il 2005. Si
stima che per tale data i consumatori europei dovrebbero spendere on-line 85
miliardi di Euro. Dalla ricerca emerge, inoltre un dato di particolare interesse; la
percentuale di vendite realizzate dalle cosiddette “dot-com”, le aziende nate
appositamente per la Rete e senza sedi fisiche tradizionali (che attualmente
realizzano il 51% delle vendite on-line), dovrebbe ridursi nei prossimi anni a causa
delle iniziative degli operatori tradizionali che conquisteranno lentamente quote del
nuovo canale distributivo. Se ciò si avverasse, una delle regole d’oro della new
economy, quella secondo la quale i first movers saranno i vincenti, verrebbe
smentita clamorosamente. Inoltre secondo una previsione dello studio di Jupiter chi
si accontenterà di vendere prodotti a basso prezzo sarà presto fuori dal mercato,
poiché la strada giusta pare sia quella di offrire prodotti di qualità e servizi
aggiuntivi, in modo da fidelizzare i consumatori.
Lo studio di Forrester Research, secondo il quale saranno 175 miliardi gli Euro che
i consumatori europei spenderanno on-line nel 2005, fa parte di una ricerca
intitolata “Retail’s Pan European Future”. Gli analisti hanno voluto sottolineare un
aspetto: gli operatori che si indirizzeranno ai soli mercati nazionali sono a rischio, la
strategia vincente è quella paneuropea, quindi chi venderà su un solo mercato
nazionale è destinato a soccombere di fronte agli operatori paneuropei. Anche
secondo Forrester gli operatori tradizionali si svilupperanno in modo significativo a
danno delle “dot-com” grazie alla loro presenza nel mondo reale, e già nel 2003
controlleranno i tre quarti del commercio elettronico. Forrester consiglia,
comunque, rapidità nell’intraprendere il mercato on-line, poiché ogni mese che
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passa gioca a favore delle aziende 100% Internet. La società di ricerche americana
prevede, inoltre, che nel 2005 il 7% del commercio al dettaglio in Europa si farà
on-line (il 9,3% in Svezia), mentre la Germania da sola rappresenterà il 24% delle
transazioni on-line complessive.
Prendendo ora in considerazione una recente ricerca formulata su scala mondiale da
Idc, entro la fine del 2000 il 65% delle aziende sarà dotato di un proprio sito Web e
il 30% svolgerà attività di vendita (nel 1999 le percentuali ammontavano,
rispettivamente, al 40 e al 24% del totale). Complessivamente, gli investimenti in
tecnologie raggiungeranno i 1.975 miliardi di dollari, mentre i ricavi
dell’E-commerce, soprattutto derivanti dal business to business (B2B), si
attesteranno quota 2.390 miliardi. Per l’Europa, impegnata in una fase di veloce
recupero nei confronti dell’America, le previsioni sono sostanzialmente positive. Le
rilevazioni dell’istituto di ricerca indicano il 2003 come data limite per il
raggiungimento del break-even degli investimenti in infrastrutture sostenuti dalle
imprese, di circa 400 miliardi di dollari, che dovrebbe tradursi in un giro d’affari
complessivo di 500 miliardi, il 70% dei quali provenienti dal segmento business.
L’analisi delle stime indica, principalmente, il netto distacco che separa gli Stati
Uniti dall’Europa, dove il rapporto tra investimenti hi-tech e prodotto interno lordo
è dell’1,4% contro il 4,6% degli Usa. Secondo gli analisti, tale divario potrà essere
colmato solo con la diffusione di un’imprenditoria disposta ad abbandonare gli
schemi tradizionali per lanciarsi verso nuovi traguardi. Nel prossimo futuro, quindi,
si potrà presumere di assistere allo sviluppo di un crescente numero di Internet
company, con una struttura organizzativa focalizzata sull’utilizzo dell’Information
technology, sull’intuito, sulla creatività e la rapidità d’azione.
Gli sviluppi più significativi avverranno sicuramente nell’ambito del business to
business, implementato dalle aziende che intendono usufruire dei vantaggi della rete
per semplificare i rapporti con i fornitori e i clienti, per ottenere una visione
integrata delle attività d’impresa attraverso l’utilizzo in tempo reale delle
informazioni, ma non è da trascurare la crescita esponenziale che ha caratterizzato
negli ultimi anni il B2C. Lo shopping in Rete, infatti, è diventato quotidiano negli
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USA ed è in rapida diffusione anche in altri stati. Secondo una ricerca di Ernst &
Young gli utenti domestici americani che hanno effettuato acquisti in Rete nel 1999
sono stati il 17%, ben il 10% in più rispetto al 1997 ed è previsto che entro il 2002
raddoppieranno l’entità dei loro acquisti on-line. In Europa i consumatori on-line
sono oltre 8 milioni, molti di meno rispetto ai 39 milioni di americani stimati,
soprattutto a causa della bassa penetrazione delle postazioni domestiche, ma anche
per il vecchio continente le stime di crescita sono molto positive, 28 milioni di
e-consumer entro il 2002, triplicando i valori attuali (Tabella 1.1).
Usa Canada Australia Regno Unito Italia Francia
Pc nelle case 53 56 47 41 26 14
Utenti on-line 34 39 22 29 14 5
Shopper on-line 17 9 5 10 2 1
Tabella 1.1 - Fonte: Ernst & Young - Largo Consumo
Le aziende europee devono ancora perfezionare le corrette strategie per comunicare
con il consumatore finale, ma le indagini realizzate da Kpmg evidenziano che sono
sulla buona strada. L’indagine sull’uso dell’E-commerce in Europa indica, infatti,
che il 20% delle imprese con un fatturato di 570 miliardi di lire ha sfruttato Internet
per lanciare nuovi prodotti destinati a essere esclusivamente venduti sulla rete,
mentre il 75% ha commercializzato prodotti e servizi già esistenti. Si rileva, inoltre,
una maggiore consapevolezza dei vantaggi offerti dalla Rete: il 12% degli
interpellati ha ultimato l’integrazione delle applicazioni per la commercializzazione
di prodotti on-line con la propria struttura informativa e il 51 % afferma di aver
realizzato forme di comunicazione interattiva e digitale con i clienti.
Interessanti risultano anche i dati relativi al fatturato, il 63% del campione utilizza
Internet come canale complementare a quelli esistenti, dal quale sviluppa il 4,3%
del giro d’affari complessivo, in crescita del 2% rispetto all’indagine precedente. Lo
studio di Kpmg, in Europa, rileva che gli Stati con un approccio più sofisticato
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all’E-commerce sono Germania, Gran Bretagna e Scandinavia; quest’ultima detiene
anche il primato delle vendite in rete, con un fatturato pari all’8,6% del totale. Sotto
il profilo quantitativo Datamonitor prevede che il mercato continentale raggiungerà
gli 8,6 miliardi di dollari nel 2003, dopo avere superato i 775 milioni di dollari nel
1999, considerando che l’Europa sarà presumibilmente “terreno di battaglia” tra gli
e-tailer americani e le aziende europee che si affacciano al commercio virtuale,
poiché il mercato è ancora da conquistare e si parla di una popolazione di
consumatori di 370 milioni di persone contro i 260 milioni di americani.
Di particolare interesse risulta la situazione italiana, che inizialmente disallineata
rispetto alla media europea, sul versante della crescita dell’E-commerce, mostra
buoni segnali di crescita. Basandosi sui dati raccolti dall’Osservatorio Internet Sda
Bocconi si può indicare Internet come una componente in progressiva affermazione
nell’ambito della realtà nazionale: il numero di utenti è in continua crescita e la
funzione svolta dal commercio elettronico assume una dimensione sempre più
significativa. In base all’ultima rilevazione dell’Osservatorio (realizzata attraverso
10.500 interviste telefoniche a un campione rappresentativo della popolazione
italiana di età superiore ai 15 anni), l’Italia conta 5 milioni di utenti, circa il doppio
rispetto alla ricerca precedente. L’universo dei visitatori è composto
prevalentemente da uomini giovani (il 37% ha meno di 25 anni), con un elevato
livello di scolarità. Il principale luogo di accesso rimane il posto di lavoro (36%),
ma aumentano i collegamenti da casa (31 %), da scuola e dall’università (19%). Il
principale ostacolo che rallenta la diffusione di Internet e dell’E-commerce, è
rappresentato dalla penetrazione della tecnologia informatica all’interno delle pareti
domestiche, bassa rispetto alla media europea, anche se in continua crescita: 11
milioni di persone possiedono un Personal computer e circa 4,5 sono dotati di
modem, mentre in relazione al commercio on-line, sono più di 400.000 gli italiani
che hanno sperimentato questa tipologia di acquisto, cifra tre volte superiore a
quella rilevata nel 1998.