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di coscienza circa l’importanza di un corretto comportamento del
consumatore per la qualità della vita ed, in generale, per
riequilibrare abitudini alimentari che non tengono conto della
necessità di salvaguardare accettabili livelli di equilibrio delle
comunità e del loro rapporto con l’ambiente.
La domanda per i prodotti agricoli si è evoluta a tal punto da
ampliare ed articolare la regolamentazione dei prodotti tipici di
qualità; a questo riguardo l’Assessorato regionale all’Agricoltura
ha promosso la costituzione di uno specifico organismo di controllo
denominato ISMECERT (Istituto Mediterraneo di Certificazione dei
prodotti e dei processi del settore agroalimentare) cui è stato
affidato il compito di certificare quei marchi collettivi campani ai
quali è stata accordata la protezione comunitaria; l’agricoltura
campana, ricca di produzioni tipiche di pregio, può ambire ad
ottenere un elevato numero di marchi collettivi riconosciuti. In
questo campo il successo di ogni iniziativa è soggetto sia all’azione
ed alla volontà dei produttori, sia al comportamento del
consumatore, al quale si richiede una maggiore consapevolezza e
competenza nella scelte alimentari, soprattutto quando si tratta di
produzioni tipiche.
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In questo campo l’esempio più completo è rappresentato dall’I.G.P.
“Limone di Sorrento” che, dopo un lungo iter, ha ottenuto il
riconoscimento della protezione transitoria a livello nazionale e
prossimamente lo otterrà anche a livello europeo. Elemento
caratterizzante del paesaggio della Penisola Sorrentina, gli alberi
di agrumi sono raffigurati già negli affreschi pompeiani,
testimoniandone la presenza in questa zona fin dal I secolo d.C.
Inizialmente furono gli aranci gli alberi di agrumi più diffusi
nell’area, ma attualmente sono i limoni i frutti più intensivamente
coltivati in Penisola. Si tratta, oggi come ieri, di una produzione
molto impegnativa che costringe gli agricoltori a difendere
continuamente i frutti dal vento salmastro e da condizioni
atmosferiche non sempre favorevoli, attraverso la realizzazione di
particolari pergolati, protetti a loro volta da frangivento vivi (filari
di ulivo) e frangivento morti costituiti da strisce di legno di
castagno sistemate verticalmente e fissate su una solida
impalcatura di pali sempre di castagno, posti ortogonalmente
rispetto alla direzione del vento dominante ed anche lungo il
perimetro del terreno coltivato. Il pergolato funge da struttura
portante e serve a sostenere le pagliarelle, stuoie di cannucce
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legate con strisce di castagno e collocate sul pergolato così da
formare delle strutture a forma di capanna (cogne), che
contribuiscono a caratterizzare il paesaggio della Penisola
Sorrentina. La pianta, quindi, viene allevata sotto copertura
consentendo agli agricoltori di posticipare la maturazione dei frutti
invernali, rendendo disponibile il prodotto tutto l’anno ma
soprattutto tra maggio e settembre, quando maggiore è la richiesta
sul mercato. Queste forme di protezione dell’agrumeto, riducendo
la quantità di illuminazione ricevuta dalle piante, ne rallenta le
funzioni vitali e favorisce l’elaborazione, in modo più efficace, delle
sostanze responsabili dell’aroma deciso e penetrante di questi
limoni dalla forma ellittica, dal colore giallo citrino e dal dolce ed
abbondante succo. Grazie a queste particolari proprietà
organolettiche, il Limone Sorrentino rappresenta una materia
prima molto ricercata per la produzione di dolci, gelati e liquori
tipici; senza dubbio il prodotto più caratteristico, tra quelli ottenuti
da questa “preziosa materia prima”, è il Limoncello, un liquore
prodotto da anni in questa zona ottenuto con l’utilizzo di soli
ingredienti naturali che precisamente sono: scorze di limoni
freschi, zucchero semolato, alcool ed acqua in dosi che rispettano
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le tradizionali ricette delle famiglie del luogo, da sempre dedite alla
preparazione del liquore di limoni, rendendola una delle abitudini
gastronomiche più sentite della Penisola Sorrentina e dell’Isola di
Capri. La gradazione alcolica del liquore di limoni di Sorrento è di
34° e va offerto rigorosamente freddo per poterlo gustare in
formato sorbetto, ovvero come bibita a moderata gradazione
alcolica di fine pasto; tuttavia il limoncello è ottimo anche lontano
dai pasti come ingrediente per cocktail e long drinks, qualificandosi
come tonico di particolare gradevolezza. Il suo colore varia dal
giallo al verde pallido, a seconda del grado di maturazione e
dell’epoca di raccolta dei limoni utilizzati; la totale assenza di
additivi, nella preparazione dell’infuso, comporta la formazione di
un “collarino” provocato dagli oli essenziali risaliti verso il collo
della bottiglia, prova questa della sua assoluta genuinità. Da
qualche anno, sull’onda del successo del Limoncello, sono stati
immessi sul mercato altri prodotti tra cui i più richiesti: la crema di
liquore di limoni, meno alcolica rispetto al liquore di limone e più
delicata per l’aggiunta della crema di latte nella preparazione, il
liquore di mandarino, la crema di mandarino, il liquore di fragole,
di melone, di arancia ed i babà mignon al liquore di limone; questi
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ultimi, prodotti sempre in maniera artigianale, vengono posti “in
bagna” per l’intera notte, al termine della quale viene aggiunta una
ulteriore quantità di liquore per colmare la parte assorbita dai
babà. Quello del Limoncello rappresenta uno dei casi di successo
più eclatanti degli ultimi anni nel settore alcolici, che costituisce un
business di oltre 70 mld/lire di fatturato ripartito tra oltre 200 case
liquoristiche tra cui alcune grandi aziende come Stock (che con
Limoncè detiene oltre il 30% del mercato), Averna e Molinari. Allo
scopo di tutelare il Limoncello, prodotto in modo tradizionale, dalla
concorrenza dei prodotti industriali, a volte ottenuti con l’utilizzo di
aromi naturali, e la ferma volontà di preservare tali tradizioni
gastronomiche e di sottrarle alla produzione industriale dei grandi
numeri, ha spinto le aziende locali più sensibili e dinamiche, a
creare strutture consortili per la valorizzazione del prodotto
locale. In Campania operano due consorzi tra produttori: “Il
Nettare delle Esperidi” e “Terra delle Sirene”. Il primo opera tra
Minori e Salerno e raggruppa le aziende: La Valle dei Mulini, I
Giardini di Ravello, I Sapori di Positano, Limunciel, Limonciello
Smeraldo e la Cooperativa Amalfitana trasformazioni agrumi Cata
; il secondo, fondato nel 1994, dopo alcuni problemi privati tra i
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consorziati, attualmente è composto da: Limoncello Capri,
Caprinatura, Piemme. Il consorzio “Terra delle Sirene”, di cui è
presidente Francesco Maresca, rappresenta anche gli interessi di
ben 180 limonicoltori riuniti nella cooperativa agricola Solagri, il
cui presidente è Mariano Vinaccia. I due consorzi si sono attivati
per l’ottenimento del riconoscimento dell’Indicazione Geografica
Protetta dei propri limoni (“Limone Costa d’Amalfi” e “Limone di
Sorrento”) perfezionando anche un disciplinare di produzione del
liquore che garantisca una certa uniformità e alto livello
qualitativo del prodotto. Anche se geograficamente la Costiera
Amalfitana (provincia di Salerno) è la parte Sud della Penisola
Sorrentina (provincia di Napoli), la qualità e l’origine dei terreni
differisce a tal punto da produrre due diversi tipi di limoni unici per
aroma, sapore, contenuto in oli e basso contenuto di acido citrico
grazie alle caratteristiche climatiche, la conformazione del
territorio e la peculiarità del terreno: lo “Sfusato Amalfitano” è un
tipo lunarico, coltivato con il sistema a “pergolato”; prende tale
nome per la sua forma affusolata e la pezzatura medio-grande, il
colore è giallo citrino, la buccia è piena e porosa, la polpa è ricca
di succo, gradevolmente profumata, con pochissimi semi; l’Ovale
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Sorrentino si presenta di pezzatura media, forma ellittica, buccia di
colore giallo citrino, spessore medio e ricca di oli essenziali, succo
abbondante, armonico rapporto tra acidi e zuccheri, semi in
numero medio, meno voluminoso e meno aggressivo al palato
rispetto allo “Sfusato”. Una buona parte della produzione di limoni
della cooperativa “Solagri”(circa 2500 quintali di prima e seconda
scelta) vengono assorbiti annualmente dalla trasformazione del
liquore di limoni; alle aziende di trasformazione è garantito un
prodotto senza trattamenti chimici, raccolti con stoccaggio
manuale senza danneggiamenti del prodotto e con consegna dello
stesso alla ditta produttrice nelle successive 48 ore dalla raccolta
dalla pianta; il limone di Sorrento è, inoltre, venduto sulle piazze di
Milano, Bologna, Fondi, Padova e Napoli in apposite cassette in
legno, marchiate con il bollino giallo-blu “Solagri”. La struttura
consortile realizza una vera e propria sinergia tra i produttori della
materia prima, il limone, e coloro che producono il liquore, nel
rispetto del disciplinare fissato dal consorzio stesso, che vieta
l’utilizzo di coloranti e aromi artificiali. L’esempio dei due
consorzi, prima nominati, dimostra come sia possibile attuare
un’unione anche tra mondi tradizionalmente in antitesi, come
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quello agricolo ed industriale, associando gli sforzi per la
valorizzazione e la difesa delle produzioni nostrane dalle imitazioni
e speculazioni: è questa certamente una delle formule vincenti del
terzo millennio, sorta proprio nel Meridione d’Italia, che ha destato
l’interesse dei media nazionali ed esteri, ed è portata avanti con
l’obiettivo principale di offrire una garanzia di qualità ed
omogeneità al consumatore, difendendolo dalle produzioni atipiche
che si discostano sensibilmente da quelle particolari offerte dalla
Regione Campania.
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CAPITOLO I
PENISOLA SORRENTINA, TERRA
DEGLI AGRUMI.
“conosci tu il paese dove il limone fiorisce…” (Goethe, 1600).
1.1 - Il territorio.
Poeti, scrittori, artisti, pittori e viaggiatori, d’ogni tempo e
luogo, si sono cimentati nel descrivere e raffigurare l’incredibile
bellezza e unicità della lingua di terra adagiata ai piedi della catena
dei Monti Lattari. Tale catena, costituendone l’ossatura, occupa
gran parte della Penisola Sorrentina con cime che sfiorano i 1.000
metri d’altezza: al di sopra delle altre svettano il Monte S.Angelo a
Tre Pizzi (1.440 metri) ed il Monte Faito (1.100 metri); questi
monti, che fanno da spartiacque tra il versante napoletano e quello
salernitano della Penisola Sorrentina, sono costituiti essenzialmente
da una serie carbonatica di dolomie e calcari del tria e del cretaceo
con sovrapposte le calcareniti del Miocene e formazioni detritiche
del Pliocene. I Monti Lattari si affacciano sul golfo di Napoli con
alte scogliere formando terrazze a picco sul mare.
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Con la denominazione di Penisola Sorrentina, propriamente,
s’identifica quel tratto costiero che separa il golfo di Napoli da
quello di Salerno: si estende tra Castellammare di Stabia e Punta
Campanella, ed è limitato ad est dal Monte Faito ed a sud dai Monti
Lattari; di là dalla Punta si staglia l’isola di Capri un tempo,
probabilmente, parte integrante del territorio della costa sorrentina
da cui si è nel tempo distaccato a causa di secolari movimenti
bradisismici e violenti terremoti.
Passando dalle vette montuose dei Lattari ai caratteri mediterranei,
tipici della costa, l’area complessivamente si presenta d’eccezionale
valore ambientale e paesaggistico, caratterizzata dalla perfetta
integrazione d’ecosistemi forestali ed agrari d’elevata produttività
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.
Tra le realtà turistiche della Campania, infatti, la Penisola
Sorrentina è quella che vanta sicuramente tradizioni più antiche:
considerata dai popoli che hanno abitato la regione nel corso dei
secoli come ideale luogo di villeggiatura, in essa è presente un ricco
e vasto patrimonio archeologico ed artistico testimoniato dalle
numerose ville romane venute alla luce, da documenti storici e
dalle opere di grandi letterati.
__________________________________
1
De Angelis Antonino, “Sorrento bosco di agrumi”, E.S.I., 1996.