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INTRODUZIONE
Il seguente elaborato ha lo scopo di analizzare le dinamiche complesse
della società contemporanea e i diversi fenomeni che la riguardano,
soffermandosi ampiamente sui temi del pregiudizio, del razzismo e
della discriminazione.
Sovente si sente parlare di episodi discriminatori, di esclusione e
razzismo rivolti, nella maggior parte dei casi, a stranieri, gruppi o
minoranze che fanno pensare a quanto i concetti di inclusione,
tolleranza e uguaglianza siano ancora parecchio lontani dalla
concretizzazione nelle società odierne.
La discriminazione trova la sua matrice nel “pregiudizio” attribuito ad
una determinata minoranza e può essere riconducibile a molteplici
fattori quali l’origine etnica e razziale, il sesso, l’orientamento
sessuale o la religione. Ogni motivazione alimenta meccanismi
differenti sia individuali che sociali, talvolta diversi l’uno dall’altro,
ma con la medesima struttura: esclusione, marginalizzazione,
aggressione.
Posto a fondamento degli ordinamenti e delle Costituzioni moderne,
il principio di eguaglianza ha rappresentato uno dei principali oggetti
di studio del pensiero giuridico. Mirando a garantire un eguale
trattamento giuridico a tutti i consociati, e prescindendo dalle
caratteristiche intrinseche ad ogni individuo, si pone come obiettivo
quello di rimuovere le disuguaglianze determinate da condizioni di
vita materiali e sociali.
Sebbene su tale principio siano state scritte pagine e pagine, si
pongono costantemente nuovi interrogativi sull’uguaglianza a causa
di una società sempre più globalizzata e multiculturale. Tra questi,
quelli derivanti dalle differenze per sesso, razza e orientamento
sessuale restano tra i più impegnativi in quanto richiedono un
6
maggiore sforzo dell’attività giuridica per l’elaborazione di adeguate
disposizioni che siano rispettose dell’eguaglianza e della differenza.
La struttura dell’elaborato è suddivisa in cinque parti ciascuna delle
quali analizza il rapporto che sussiste tra il principio di eguaglianza e
le varie forme di discriminazione operate in sua violazione
rispettivamente nel territorio italiano, cinese e americano.
Tre Paesi differenti ma legati da comuni denominatori: difficoltà
decisionali su temi delicati, poca chiarezza nell’attività
giurisprudenziale e, probabilmente, anche un pizzico di disinteresse
nella tutela di comunità e minoranze.
La scelta di portare a comparazione tre ordinamenti differenti è ben
precisa: nonostante le ampie differenze di dimensioni giuridiche e
sociali, la disciplina normativa sul principio di eguaglianza
rappresenta una emblematica e pesante contraddizione.
I primi tre capitoli analizzano come il principio di eguaglianza si
inserisce all’interno del quadro costituzionale degli ordinamenti in
questione: premesso un inquadramento delle leggi razziali del periodo
fascista si procede con il peculiare excursus politico-sociale che ha
portato alla nascita Costituzione italiana. L’analisi del quadro
costituzionale dedica, infine, alcune riflessioni sull’approfondimento
dei lavori preparatori dell’art. 3 in cui si riscontra la problematicità
della costituzionalizzazione del principio di eguaglianza in epoca
fascista.
Si attraverserà il paradossale caso degli Stati Uniti d’America, dove il
problema dell’uguaglianza inizierà a sorgere molto più tardi rispetto
agli Stati Europei ma dove furono introdotti strumenti giuridici e
soluzioni che diventarono il modello per molti altri ordinamenti.
7
Infine si analizzerà la questione della tutela dei diritti e delle libertà in
Cina, collocata in posizione estremamente più critica rispetto agli
ordinamenti occidentali.
Le tematiche del percorso toccano valori che sono nati da
contraddizioni (come ad esempio la schiavitù e la segregazione
razziale negli Stati Uniti) e diritti e doveri che condizionandosi
vicendevolmente, determinano la legittimazione democratica.
I successivi due capitoli sono incentrati su tre specifici temi:
• razzismo: la nascita del fenomeno e la sua declinazione nelle società
contemporanee, i caratteri intrinseci della discriminazione razziale a
livello sociale e soprattutto istituzionale e la “strumentalizzazione”
della legge per fini violenti e xenofobi;
• omotransfobia: viene presa in esame la convivenza del fenomeno delle
comunità LGBTQI+ con l’atteggiamento giurisprudenziale delle
società moderne, le azioni intraprese a tutela della loro identità e la
consapevolezza del lacunoso processo di superamento di un sistema
ancora intollerante;
• disparità di genere: il percorso storico della lunga lotta delle donne per
il riconoscimento di diritti fondamentali attraverso l'analisi dei
complessi meccanismi di stigmatizzazione, violenza e
discriminazione che colpiscono la soggettività della donna in ambito
sociale e lavorativo.
L’analisi sarà costeggiata da un approfondimento degli strumenti di
tutela vigenti nella prospettiva dei tre ordinamenti costituzionali allo
scopo di sollecitare alcune riflessioni intorno all’opportunità di un loro
ampliamento, che sposti il focus della tutela antidiscriminatoria a
strategie di più ampio respiro culturale che ne contemplino anche la
dimensione collettiva.
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CAPITOLO 1. IL SISTEMA COSTITUZIONALE ITALIANO
1.1 DEFINIRE LA “COSTITUZIONE”
Cosa si intende con i termini “Costituzione” e “costituzionalismo”?
Attualmente l’esperienza comune identifica la Costituzione come
l’insieme di “regole fondamentali della organizzazione originaria e
sovrana, cioè dello Stato”.
L’assioma “ubi societas ibi ius” lascia intendere come già dall’alba
dei tempi ogni comunità politica era dotata di sistemi di regole –
identificati poi con le Costituzioni – che delineavano il corretto modo
di vivere all’interno di ciascuna società e <<il rapporto tra il diritto e
società>>
1
.
Il termine, però, ha conservato nel tempo varie accezioni e principi.
Originariamente, in epoca classica, Aristotele nel suo trattato “La
Costituzione degli Ateniesi” descrive lo sviluppo del sistema politico
ateniese e della sua democrazia. Per Aristotele la Costituzione
rappresentava la colonna portante dell’intero ordinamento in grado di
ordinare e coordinare il rapporto tra governanti e governati.
Nell’antica Roma, la Constitutio rappresentava una legge ritenuta
fondamentale in quanto emanata direttamente dall’imperatore.
Tuttavia, a partire dall’epoca Medievale, la Costituzione inizia ad
assumere un significato che potremmo quasi definire “moderno”. Era
infatti affermata una duplice convinzione secondo la quale da un lato
i principi costituzionali erano definiti tanto inviolabili quanto supremi
proprio perché espressione della coincidenza tra legge divina e legge
degli uomini; dall’altro invece si pensava che la superiorità delle leggi
1
P. Bilancia, E. De Marco, L’ordinamento della Repubblica – Le istituzioni e la società,
CEDAM, 2021, p.9.
10
derivasse da una lunga lotta di classe tra i vari ceti sociali che
trovarono riscontro nella consuetudine. Tuttavia nel Medioevo si
ignorava la parola ma non il concetto ed infatti la terminologia più
utilizzata era quella di legge fondamentale sulla base del concetto lex
supra regem, quia lex facit regem (che l’assolutismo modificherà con
rex facit legem).
L’influenza del positivismo giuridico porterà ad un concetto di
Costituzione meramente descrittivo. Le scuole di Hans Kelsen (1881-
1973) e a Carl Schmitt (1888-1985), per quanto ideologicamente
contrapposte, superano la concezione di personalità giuridica dello
Stato. Mentre per Kelsen il diritto è un insieme di norme e la
Costituzione ne rappresenta la fonte più alta nell’ordinamento
giuridico, per Schmitt la Costituzione non è altro che “il concreto
modo di esistere che è dato spontaneamente con ogni unità politica
esistente”
2
. La Costituzione dunque è la struttura di una comunità
politica organizzata, il cui controllo e ordine discendono
legittimamente dal potere sovrano e dagli organi che lo esercitano e
che si rende necessario e strumentale al buon funzionamento di ogni
ordinamento.
Oggi, per citare Zagrebelsky, la Costituzione è “l’organizzazione di
questa triade: economia, per assicurare i beni materiali; politica, per
assicurare ordine e sicurezza; cultura, per creare
senso d’appartenenza”. La genesi delle Costituzioni si rinviene nel
momento in cui ogni Paese decise di dotarsi di una carta che
2
“Lo Stato non ha una costituzione, conforme alla quale si forma e funziona una volontà
statale, ma lo Stato è la costituzione, cioè una condizione presente conforme a sé stessa,
uno status di unità e ordine. Lo stato cesserebbe di esistere se questa costituzione, cioè
questa unità e ordine, cessasse. La costituzione è la sua «anima», la sua vita concreta e
la sua esistenza individuale”. Carl Schmitt, Dottrina della costituzione, Giuffrè Editore,
1984, p.16.
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contenesse diritti e principi fondamentali da salvaguardare e l’assetto
istituzionale da adottare.
Per l’uso comune, la Costituzione indica la fonte primaria di ogni
ordinamento che ne definisce la natura, la struttura e l’organizzazione:
essa costituisce quindi lo scheletro di ogni Stato.
Tuttavia i caratteri delle Carte Costituzionali sono notevolmente
differenti. C’è chi sostiene che esse abbiano carattere meramente
“istituzionale” in quanto racchiudono delle regole strumentali per il
buon funzionamento di un sistema politico; altri invece ne sostengono
il carattere tanto storico quanto filosofico rappresentando, queste, il
percorso verso importanti cambiamenti. Le Costituzioni sono
sinonimo di libertà, frutto di rivoluzioni e rinascita da grandi
sconvolgimenti.
A partire infatti dalla fine del 1700 si crea un netto distacco tra il
potere costituente e il potere costituito: ogni scelta sul piano giuridico
sarà determinata e dovrà soggiacere ad un insieme di regole
fondamentali vincolanti.
Quando si parla di Costituzione è inevitabile parlare di
costituzionalismo
3
. Nonostante assuma connotati differenti in senso
naturale e giuridico, si può dire che in entrambi i casi allude sempre a
qualcosa di fondamentale. Ed invero il costituzionalismo moderno
ruota attorno a cinque nuclei forti: la costituzione scritta, il potere
costituente, la dichiarazione dei diritti, la separazione dei poteri, il
controllo di costituzionalità delle leggi.
3
“Il costituzionalismo è frutto di una miscela di fattori. Il primo più generale si riferisce
alla limitazione del potere interpersonale di qualsiasi tipo di istituzione sociale; il
secondo più specifico attiene, invece, ad una formula politica da cui discendono precetti
normativi e di organizzazione tecnico-istituzionale concreti”, F. Lanchester, Passato,
presente e futuro del costituzionalismo d’Europa, CEDAM, 2019, p.21.
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Il costituzionalismo è dunque sinonimo di libertà: rappresenta quella
tecnica giuridica che assicura l’esercizio dei diritti di ogni individuo e
la loro protezione da parte dello Stato il quale, al contempo, è posto
nella condizione di non poterli violare. Un esempio è il
costituzionalismo inglese che evidenzia come nella maggior parte
delle organizzazioni sociali ordinate debba esserci certezza del
diritto
4
.
Se però da un lato il costituzionalismo rappresenta la persecuzione di
ideale di libertà del cittadino nonché divisione dell’esercizio del
potere, dall’altro bisogna cogliere il senso tipologico del termine
ovvero che il costituzionalismo rappresenta il governo delle leggi e
non degli uomini, della razionalità del diritto e non del mero potere
ma che trova il suo valore implicito sempre e comunque nella difesa
dei diritti della persona, dell’individuo e del cittadino.
Dunque limiti al potere e democratizzazione costituiscono lo scheletro
del costituzionalismo contemporaneo sia per quanto riguarda il
rapporto tra governanti e governati (forma di stato) sia per i rapporti
fra i supremi organi costituzionali in relazione alla loro funzione di
indirizzo politico (forma di governo). Lo Stato di diritto
costituzionale caratterizza quindi un sistema che conferisce
supremazia ai valori costituzionali e che costruisce progressivamente
un ordinamento dove i diritti fondamentali degli individui e i rapporti
tra gli organi costituzionali sono sottoposti ad un continuo controllo e
garanzie di tipo giurisdizionale.
In definitiva il passaggio allo stato costituzionale ha comportato la
rivalutazione del contenuto di valore della costituzione potenziando il
4
N. Matteucci (a cura di), Antologia dei costituzionalisti inglesi, Bologna, Il
Mulino,1962 e Idem, Organizzazione del potere e libertà. Storia del costituzionalismo
moderno, Utet,1976.
13
ruolo della giurisprudenza nella tutela e nella garanzia dei diritti
individuali.
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1.2 LA NASCITA DELLA COSTITUZIONE ITALIANA:
STATUTO ALBERTINO E COSTITUZIONE REPUBBLICANA
Come già evidenziato, una Costituzione rappresenta lo scheletro di
uno Stato. Essa è la legge fondamentale e, in quanto tale, occupa un
ruolo di preminenza rispetto alle altre leggi.
I primi passi verso il Costituzionalismo furono mossi in Francia. La
rivoluzione di luglio portò al trono Luigi Filippo D’Orléans che
modificò l’assetto istituzionale del Paese attraverso l’emanazione
della Carta Costituzionale nel 1830.
La Costituzione francese fungerà da modello per molti testi
costituzionali – tra i quali anche lo stesso Statuto Albertino – per il
suo carattere “liberale”: il sistema istituzionale che ne deriva è un
sistema di libertà tutelate e garantite dalla Carta stessa.
La prima Carta Costituzionale italiana del 1848 trova la sua fonte di
ispirazione proprio nella Costituzione francese. Fu approvata dal re di
Sardegna Carlo Alberto e prese il nome di Statuto Albertino proprio
in ragione della sua concessione da parte del sovrano e sarà destinata
a sopravvivere fino all’avvento del fascismo
5
. Le innovazioni
apportate dallo Statuto furono determinanti per la forma di governo e
per l’affermazione di una monarchia costituzionale. Dalla sua natura
da Carta “ottriata” - ossia concessa spontaneamente dal sovrano che
rinuncia al suo potere assoluto – ne discende una ridefinizione di
forma di governo a carattere duale: un sistema di tipo orleanista in cui
i poteri erano ripartiti tra il Re e l’Assemblea rappresentativa.
5
Durante il periodo fascista, in realtà, lo Statuto Albertino non fu mai ufficialmente
abrogato ma venne semplicemente accantonato per poi essere ripreso successivamente
alla caduta del fascismo fino all’entrata in vigore della Costituzione italiana.
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Sebbene il Sovrano detenesse il potere esecutivo (potendo nominare e
revocare i ministri sotto sua diretta dipendenza) e il potere giudiziario,
la centralità della sua posizione era indubbiamente vacillante: la
nascita di istituzioni maggiormente rappresentative rappresentò un
netto distacco dall’esperienza degli Stati assoluti dovuta alla presenza,
adesso, di un sistema bicamerale composto da una Camera dei
Deputati e da un Senato.
Il Preambolo contenuto nello Statuto lo qualificava come “legge
fondamentale, perpetua e irrevocabile della monarchia”
6
. Con il
carattere di “legge fondamentale” di quella determinata forma di
governo, la monarchia sabauda intese tutelarsi preventivamente
contro qualsiasi ingerenza o evoluzione da parte delle istituzioni che
avrebbe potuto indebolire la sua carica di sovrano.
Nonostante lo Statuto prevedesse inoltre una netta separazione di
poteri tra le due Camere e il potere sovrano, tuttavia, si instaurò un
rapporto di solida collaborazione attraverso il quale si consoliderà
l’istituto della “fiducia”
7
. Ma pur essendo lievemente improntato sul
principio di separazione dei poteri, emergeva tuttavia ruolo
decisamente spiccato del Sovrano il quale poteva intervenire
nell’attività legislativa.
A seguito del processo di unificazione politica e nazionale, nel 1861
le nuove elezioni politiche portarono alla proclamazione del Regno
6
M. Borgato, M. Cardin, M. De Donà, C. Della Giustina, D. Trabucco, Lineamenti di
diritto pubblico italiano, europeo e internazionale, CEDAM, 2020, p.23.
7
I caratteri essenziali di una forma di governo parlamentare sono riconducibili al
rapporto di fiducia tra governo e parlamento. Negli ordinamenti in cui il Parlamento si
compone di due camere, il rapporto di fiducia si instaura tra il governo e le due camere
(Italia); talvolta, invece, il rapporto di fiducia si instaura esclusivamente con una sola
camera (Germania) in quanto rappresentativa dell’intero corpo elettorale. P. Bilancia, E.
De Marco, L’ordinamento della Repubblica, CEDAM, 2021, p.71.
16
d’Italia con il riconoscimento del titolo di “Re” a Vittorio Emanuele
II.
Tuttavia, a causa della flessibilità dello Statuto, si passò ben presto da
una monarchia costituzionale ad una monarchia parlamentare:
nonostante il potere esecutivo continuava ad essere esercitato dal
Sovrano, il Consiglio dei Ministri si rifiutava di restare in carica
quando non era ben voluto dal Parlamento. Si iniziò un processo quasi
di “restaurazione” dell’assetto politico-istituzionale, venendo istituito
un vero e proprio principio di fiducia tra Governo e Assemblea
legislativa ed infatti, col tempo, il potere decisionale politico passò
dalle mani del monarca a quelle del Governo il quale poteva operare
al meglio anche grazie alla collaborazione da parte della maggioranza
parlamentare.
Gli anni che seguirono furono caratterizzati da una forte debolezza e
instabilità istituzionale e del sistema politico che segnarono l’avvento
del regime autoritario fascista.
Senza troppo soffermarci su quelle che furono le dinamiche
istituzionali del ventennio fascista, ci limiteremo soltanto a dire che
nel periodo successivo al crollo del fascismo e allo scioglimento della
Camera dei fasci, nel 1943 l’Italia si ritrovò completamente nuda e
priva di una organizzazione statale.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, lo Stato non seppe
rialzarsi dal collasso e ciò impedì il ripristino del regime parlamentare
previgente tanto che nel 1946 il popolo italiano fu chiamato alle urne.
Fu indetto dunque un referendum istituzionale attraverso il quale,
mediante sistema proporzionale, i cittadini furono chiamati a scegliere
tra monarchia e repubblica. La consultazione popolare diede come sito
la vittoria di quest’ultima e, contemporaneamente al referendum, si
svolsero le elezioni per l’Assemblea Costituente che avrebbe avuto il