I
PREMESSA
Oggetto del lavoro di tesi è il co-marketing, in particolare le sue applicazioni nel
campo dello sport. L’interesse per il tema nasce innanzitutto dal carattere di forte
attualità che esso riveste; nell’ultimo decennio un numero crescente di aziende sportive
ha fatto ricorso alla collaborazione per raggiungere i propri obiettivi, e il co-marketing
ha svolto un ruolo sempre più importante nello sviluppo di queste partnership. Un
secondo aspetto che ci ha spinti ad approfondire il tema in ambito teorico è la mancanza
di chiarezza riguardo alla nozione di co-marketing; l’argomento centrale di questo
lavoro è infatti trattato sporadicamente nella letteratura, soprattutto per quando concerne
la sua relazione col mondo dello sport. Inoltre i pochi contributi disponibili sono
caratterizzati da un’estrema eterogeneità, e questo rende difficile fornire una definizione
univoca dell’espressione. La scarsità di studi specifici, unitamente alla loro frequente
discordanza, costituisce dunque un altro motivo d’interesse nei confronti del tema co-
marketing, e in particolare del suo utilizzo in ambito sportivo.
Tra le molte discipline sportive interessate dal co-marketing, abbiamo deciso di
focalizzare l’attenzione della nostra analisi sul calcio, e tra le varie tipologie di
organizzazione attive in questo sport, abbiamo ritenuto opportuno concentrarsi sui club.
La scelta del calcio è stata dettata dall’enorme popolarità di cui gode questo sport e
dalla notevole attenzione che i media dedicano alle sue vicende, soprattutto in Italia. La
scelta di studiare più da vicino i club, piuttosto che le federazioni o le leghe, riflette la
necessità di considerare una realtà competitiva e concorrenziale, nella quale ciascuna
organizzazione cerca di massimizzare i ricavi e di ottenere risultati migliori di quelli
altrui.
A questo scopo la tesi si compone di tre capitoli, dei quali il primo ha natura
prettamente teorica, il secondo teorico-empirica, ed il terzo presenta due casi di società
sportive.
Il primo capitolo propone un’analisi sul ruolo della collaborazione tra imprese,
nella quale si illustra l’opportunità di questo tipo di rapporti e si pongono le basi per
l’introduzione del concetto di co-marketing. Successivamente vengono prese in esame
diverse definizioni di co-marketing, e tra queste viene individuata quella ritenuta più
adatta allo scopo dello studio; riferendosi a tale definizione si descrivono poi le
principali tipologie di attori del co-marketing, ovvero i soggetti che più frequentemente
prendono parte ad operazioni di questo genere. Infine vengono illustrati i possibili
II
impieghi dello strumento cooperativo, in relazione agli obiettivi che le aziende si
propongono di raggiungere.
Il secondo capitolo propone in primo luogo un’analisi degli aspetti fondamentali
della marca, ed in seguito un’osservazione delle connessioni esistenti tra co-marketing e
gestione del brand. Successivamente si introducono le relazioni che intercorrono tra
brand management, co-marketing, comunicazione e settore sportivo, evidenziando i
punti di contatto e le aree d’influenza reciproca. Il capitolo termina con una parte
empirica che presenta un esame delle attività di co-marketing svolte da federazioni,
leghe e società sportive, ed infine di alcune iniziative di co-marketing intraprese da
società calcistiche.
Nel terzo capitolo vengono affrontati due casi specifici relativi a società
calcistiche. Il primo riguarda l’Associazione Calcio ChievoVerona, una realtà operativa
di dimensioni ridotte, affermatasi ormai con pieno merito nella massima serie del
campionato italiano di calcio. Il secondo concerne l’Associazione Calcio Milan, uno dei
più importanti club calcistici al mondo. Il fattore comune tra le due organizzazioni
risiede nell’attenzione e nella cura per le attività di marketing e di co-marketing. Le
tematiche descritte sono esaminate ed interpretate alla luce delle evidenze teoriche
esposte nei capitoli precedenti.
1
CAPITOLO 1
“ORIGINE E SVILUPPO DEL
CO-MARKETING”
1.1 La nuova concorrenza e l’opportunità di
collaborazione tra le imprese
Nell’ambito della letteratura il concetto di concorrenza ha sempre ricoperto un
ruolo di fondamentale importanza. La centralità di tale nozione nel dibattito appare, in
effetti, scontata se si considera che proprio l’esistenza di soggetti che competono tra
loro per assicurarsi l’utilizzo delle risorse ed il raggiungimento dei fini (Vicari, 1989)
1
costituisce uno dei fattori principali nel funzionamento della società moderna.
Rimarchevole è inoltre il fatto che il contesto al quale gli studiosi hanno fatto
riferimento utilizzando il termine in questione sia rimasto, per molti anni,
sostanzialmente invariato.
Di conseguenza parrebbe lecito pensare che la concorrenza, col passare del
tempo, fosse giunta ad occupare un ruolo piuttosto definito nella letteratura, un ruolo
rimasto pressoché invariato ed immutabile nei suoi caratteri basilari. Tale giudizio non
sarebbe tuttavia corretto, soprattutto nel caso in cui si prendessero in considerazione gli
importanti cambiamenti verificatisi negli ultimi decenni per quel che concerne il campo
dei sistemi di produzione e delle modalità competitive. In particolare facciamo
riferimento all’enorme sviluppo del settore dei servizi e delle altre componenti
immateriali che accompagnano la produzione, la commercializzazione e l’uso dei beni,
al radicale cambiamento dei soggetti protagonisti della concorrenza stessa (non solo
singole imprese, ma anche reti di imprese o gruppi di imprese
2
) oltre alla crescente
1
Vicari S. (1989), Nuove dimensioni della concorrenza: strategie nei mercati senza confini, EGEA,
Milano.
2
Per approfondimenti su gruppi di imprese e reti di imprese si veda: Lomi A. (1992), L’organizzazione a
rete nella teoria organizzativa, in Lorenzoni G. (a cura di), Accordi, reti e vantaggio competitivo: le
innovazioni nell’economia d’impresa e negli assetti organizzativi, ETAS Libri, Milano; Boari C., Grandi
A., Lorenzoni G. (1992), Le organizzazioni a rete: tre concetti di base, in Lorenzoni G. (a cura di),
Accordi, reti e vantaggio competitivo: le innovazioni nell’economia d’impresa e negli assetti
2
frequenza con cui settori un tempo nettamente disgiunti si trovano ad entrare in
competizione tra loro, fenomeno consentito da un incessante e sempre più rapido
sviluppo tecnologico
3
.
L’analisi economica recente, dunque, si è trovata di fronte alla necessità di
definire i contorni di una “nuova concorrenza”, operazione da realizzare tenendo conto
degli sviluppi del mercato, delle imprese, delle tecnologie.
Nei suoi studi Sergio Vicari individua alcune “nuove”, rilevanti, dimensioni
della concorrenza
4
, dimensioni che in realtà erano già presenti nel passato, ma che
costituiscono certo una novità per via delle ragguardevoli variazioni d’intensità e qualità
che hanno subito nel tempo. Gli ambiti presi in esame sono quelli concernenti la
globalizzazione dei mercati, il concetto di concorrenza, le alleanze quali strumenti
concorrenziali e le acquisizioni come mezzi di competizione. L’intenso e recente
sviluppo dei suddetti fenomeni secondo Vicari sarebbe da imputare, in alcuni casi
direttamente, in altri indirettamente, ad una serie di evoluzioni quali appunto lo sviluppo
tecnologico, la flessibilità dei processi produttivi, l’allargamento e il miglioramento
delle reti informative e dei mezzi di comunicazione in generale, la crescente
interrelazione tra settori merceologici, l’omogeneizzazione degli stili di vita, e così via.
Si pone dunque il problema di come affrontare tali situazioni; ci si chiede in che modo
l’impresa dovrebbe porsi in relazione a questi fenomeni economici.
Un altro interessante contributo che possiamo individuare in letteratura è quello
di Francesca Golfetto, che affronta il problema da una diversa angolazione
5
. A parere
dell’autrice, infatti, il contesto della Nuova Economia
6
riporterebbe alla ribalta la
prospettiva “dinamica” della concorrenza: secondo tale impostazione l’innovazione è
posta al centro del processo competitivo, in netta contrapposizione con quanto accade
nella prospettiva “statica”. Non sono infatti stabiliti o individuabili a priori nè i
concorrenti, nè il mercato di riferimento; entrambi mutano incessantemente in base alle
nuove soluzioni di business adottate dalle imprese. Si tende ad evidenziare, in pratica, la
organizzativi, ETAS Libri, Milano; Lorenzoni G. (1997), Le reti interimpresa come forma organizzativa
distinta, in Lomi A. (a cura di), L’analisi relazionale delle organizzazioni: riflessioni teoriche ed
esperienze empiriche, Il Mulino, Bologna; Barbetta G. P. (1996), Il fenomeno dei gruppi di imprese in
Italia, Nova officina poligrafica laziale, Roma; Soda G. (1998), Reti tra imprese: modelli e prospettive
per una teoria del coordinamento tra imprese, Carocci, Roma.
3
Cfr. Valdani E., Ancarani F., Castaldo S. (2001), Convergenza: nuove traiettorie per la competizione,
EGEA, Milano.
4
Vicari S., op. cit.
5
Golfetto F. (2000), La concorrenza nella prospettiva della nuova economia, in Golfetto F., Podestà S. (a
cura di), La nuova concorrenza: contesti di interazione, strumenti di azione, approcci di analisi, EGEA,
Milano.
6
In questo caso il termine vuole indicare non solo i settori legati all’Information ed alla Comunication
Technology, ma, più in generale, tutti i campi in cui le nuove tecnologie stanno producendo innovazione.
3
capacità delle imprese di proporre l’innovazione anziché inseguirla; la possibilità,
presente in alcuni circostanze, di guidare il mercato, piuttosto che tentare di adattarsi ai
suoi movimenti
7
.
Anche Antonio Foglio
8
tende a sottolineare l’asprezza dell’odierno confronto
concorrenziale, sostenendo che, dato l’ingresso di nuovi antagonisti sui mercati,
l’impresa sarà in grado di operare in maniera competitiva solo se potrà disporre di
vantaggi competitivi, e che, secondo l’autore, si possono più facilmente raggiungere
ricorrendo ad alleanze e collaborazioni. Foglio individua tre motivazioni essenziali che
portano a ricercare il vantaggio competitivo in un’alleanza: l’esigenza di essere
altamente specializzati per tenere il passo con l’incessante sviluppo tecnologico,
l’importanza di penetrare in nuovi mercati o in nuove aree di mercato, la necessità di
confrontarsi con una concorrenza sempre più serrata
9
. La collaborazione tra imprese
diventa così, in talune circostanze, una valida strategia di marketing che, sfruttando i
punti di forza di ciascun partner, può portare alla risoluzione dei problemi posti
continuamente da tecnologia, mercato e concorrenza.
I casi ai quali si è accennato sono per noi di grande interesse poiché evidenziano
come la letteratura ci ponga di fronte ad un quadro globale di concorrenza radicalmente
mutato rispetto a quello presentato dagli economisti classici del XVIII e XIX secolo. A
cambiare sono state innanzitutto, come abbiamo visto, la rapidità di evoluzione e
alterazione del mercato ed alcune “dimensioni” della concorrenza. Anche negli ultimi
decenni i mutamenti in tal senso non sono mancati e, all’inizio del XXI secolo,
l’impresa si trova al centro di uno scenario complesso e caratterizzato da una forte
variabilità (fig. 1.1).
In un contesto come quello attuale, pertanto, si fa forte, da parte delle imprese,
l’esigenza di ricercare nuove soluzioni concorrenziali, mirate all’acquisizione di un
vantaggio competitivo che appare sempre più difficile da ottenere e, soprattutto, da
mantenere nel tempo. Negli ultimi anni l’incessante sviluppo delle tecnologie e della
globalizzazione hanno favorito enormemente l’aumento della pressione concorrenziale
pressoché in ogni campo, e tutto ciò ha fatto sì che, per le aziende, emergere fosse
sempre più difficile. Questi fenomeni hanno infatti determinato una crescita non
7
Questa teoria è chiaramente espressa nella “Dynamic Capabilities Perspective”, vedi Pisano G., Shuen
A., Teece D. J. (1997), Dynamic Capabilities and Strategic Management, Strategic Management Journal,
n.7, vol.18, pp. 509-533.
8
Foglio A. (1996), Alleanze strategiche per l’impresa, Franco Angeli, Milano.
9
Cfr. Buckley P. J., Casson M. (1997), An economic model of international joint venture strategy, in
Beamish, P. W., Killing, P. J. (a cura di), Co-operative Strategies: European Perspectives, New
Lexington Press, New York.
4
indifferente degli investimenti e delle competenze necessarie per distinguersi, nonché
una considerevole riduzione dei tempi massimi per la realizzazione di iniziative di
successo.
Fig. 1.1 – Principali condizionamenti verso l’impresa nello scenario del 2000
Fonte: elaborazione da Foglio (1996)
Considerate premesse di tal genere è ad oggi sempre più plausibile e frequente
che, per un’azienda, l’impiego di una sola delle strategie di base proposte da Porter
10
non sia sufficiente a tenere il passo della concorrenza; quello che si deve ricercare è
unire l’efficacia all’efficienza; aumentare la prestazione offerta al cliente diminuendo
parallelamente i costi per la generazione della prestazione stessa, nel tentativo di offrire
un output migliore ad un costo inferiore. La tipica distinzione fra “differenziazione
qualitativa” e “vantaggio di costo” tende così a dissolversi e viene rimpiazzata da una
prospettiva differente, in cui le due strategie coesistono. Raggiungere questo tipo di
situazione non è certo agevole, e richiede, tra le altre cose, ampie disponibilità
finanziarie o, altrimenti, la capacità di organizzarsi in termini di cooperazione. Per lo
10
Tra i molti obiettivi perseguiti dalle aziende nell’esercizio del marketing, uno dei più importanti è
sempre stato quello di riuscire a offrire un output di qualità elevata ad un costo ridotto, e per raggiungere
tale risultato sono state utilizzate nel tempo strade differenti, a volte separatamente, a volte
congiuntamente. In questo ambito, tre sono le strategie di base individuate da Michael E. Porter nei suoi
studi: la “differenziazione qualitativa”, che si utilizza allo scopo di far percepire il prodotto come unico
dagli acquirenti; il “vantaggio di costo” (o “leadership di costi”), che permette di conseguire prezzi
inferiori alla concorrenza sfruttando i costi minori; la “specializzazione” (o “concentrazione”), che si
focalizza su un segmento o un gruppo di acquirenti limitato cercando di soddisfare i loro bisogni specifici.
Sull’argomento, si veda: Grant R. M. (1999), L’analisi strategica per le decisioni aziendali: concetti,
tecniche, applicazioni, Il Mulino, Bologna.
IMPRESA
Globalizzazione
Maturità dei
settori industriali
Innovazione
tecnologica
Vulnerabilità della
singola impresa
Concorrenza
Aumento dei
trasferimenti di
tecnologia
5
più al fine di conseguire obiettivi di questo tipo, diviene oggi sempre più frequente il
ricorso ai rapporti con altre imprese, seguendo percorsi che, come avremo modo di
vedere in seguito, risultano piuttosto eterogenei.
Riguardo ai fattori principali (da intendersi in questo caso come cause, e non
come obiettivi da raggiungere) che hanno portato alla diffusione della pratica di accordi
e collaborazioni
11
, essi sono probabilmente da ricercare all’interno di alcuni
cambiamenti economico-sociali di particolare rilevanza nel contesto concorrenziale.
Fino a qualche tempo fa, infatti, il caso di un’impresa alla ricerca di alleanze con altre
imprese veniva comunemente giudicato come segno evidente di debolezza; oggi,
indubbiamente, le cose sono cambiate, e la ricerca di alleanze è, di norma, una vera e
propria strategia, piuttosto che una necessità. Una delle ragioni del cambiamento può
essere indicata nell’innalzamento della soglia minima di conoscenza necessaria per
competere nella maggior parte dei settori: mentre, nella maggior parte dei casi, le
alleanze del passato erano spiegabili con situazioni di difficoltà, inferiorità o
dipendenza, cui faceva seguito la decisione di collaborare con altre aziende, le
motivazioni prevalenti nelle attuali operazioni appaiono molto diverse, legate appunto
ad un’elevata necessità di competenze, specifiche e non.
Le circostanze attuali, determinate, anch’esse, dall’intensificazione di elementi
chiave quali lo sviluppo tecnologico
12
, il venir meno di confini definiti tra settori di
mercato
13
e l’incidenza del patrimonio conoscitivo rispetto al patrimonio fisico (tipico
di un’economia sempre più terziarizzata), rendono infatti conveniente l’operare in modo
coordinato, consolidando fattori produttivi, conoscenze ed esperienze. Le conseguenze
si manifestano come una propensione sempre più accentuata da parte delle
organizzazioni a combinare le proprie risorse con quelle di altre organizzazioni
14
.
11
Cfr. Valdani E., Ancarani F., Castaldo S., op. cit.
12
Riguardo allo sviluppo tecnologico e al venir meno dei confini tra i settori è interessante notare una
sorta di convergenza delle tecnologie: alcuni importanti settori, un tempo divisi, stanno progressivamente
convergendo, creando l’esigenza di integrare diversi prodotti in un sistema omogeneo. Ciò implica la
necessità di un ampio spettro di tecnologie, capacità progettuali, produttive e commerciali difficilmente
reperibili in una sola impresa. Per questo molte aziende, anche se tecnologicamente molto avanzate,
creano delle partnership volte allo sviluppo di prodotti o acquisiscono partecipazioni in altre aziende. In
questo modo imprese, che detengono determinate tecnologie, hanno la possibilità di rivolgersi a mercati
completamente diversi da quelli in cui le tecnologie sono state originariamente sviluppate. Le alleanze e
le collaborazioni tra imprese possono dunque costituire uno strumento adeguato per ottenere una
significativa presenza anche in quei mercati dove l’impresa non opera come “insider”.
13
Cfr. Vicari S., op. cit.
14
Cfr. Contractor F. J., Lorange P. (1990), Perché le aziende dovrebbero cooperare? La strategia e il
fondamento economico delle iniziative in cooperazione, in Contractor F. J., Lorange P. (a cura di), La
cooperazione tra imprese: joint ventures, alleanze tecnologiche ed altre forme di collaborazione per i
mercati internazionali, ETAS Libri, Milano.
6
Una spinta ulteriore all’incremento delle alleanze trae origine dalla
globalizzazione
15
: in molti settori la fruibilità su scala mondiale dei prodotti ha creato
situazioni di concorrenza tra le imprese dei diversi paesi industrializzati tali da
incoraggiare il ricorso alla cooperazione interaziendale, per affrontare la crescente
competitività. Tale fenomeno è dovuto a numerosi cambiamenti, quali
l’omogeneizzazione del potere d’acquisto e del livello culturale dei consumatori, la
facilità di accesso al prodotto, il livellamento del costo verso il basso nonchè la
vastissima diffusione dei mezzi di trasporto e di comunicazione; a ben vedere, tutti
elementi tipici della globalizzazione. Le aziende che mirano a diventare “globali”
devono prima di tutto preoccuparsi di aver accesso ai mercati della Triade
16
, per
sfruttare al massimo il proprio potenziale; devono essere in grado di gestire, o in alcuni
casi di guidare, l’innovazione; devono, inoltre, possedere le capacità per influenzare
attivamente la struttura competitiva del mercato
17
: nella maggioranza dei casi la singola
azienda non possiede tutti questi requisiti, e ricorre quindi alla cooperazione sfruttando
in tal modo l’opportunità di condividere il rischio con un partner, nonché di migliorare
più rapidamente la propria posizione competitiva (Abravanel, 1990)
18
.
Tra le ragioni del fatto che, recentemente, il numero degli accordi tra imprese
abbia superato in modo netto altri tipi di operazioni quali fusioni ed acquisizioni c’è
sicuramente il clima di sfiducia in tale direzione che ha caratterizzato gli anni novanta
19
:
gli anni ottanta si erano distinti per l’impressionante numero di acquisizioni e fusioni
nei paesi industrializzati; gli analisti hanno però evidenziato che l’80% delle fusioni
portate a termine da imprese americane non hanno raggiunto il loro scopo e non hanno
portato vantaggi effettivi all’impresa acquirente
20
.
15
Cfr. Desenzani L. (1990), Vincere senza combattere: come formulare un piano di alleanze, Il Sole 24
ore, Milano.
16
La “Triade” è costituita da Europa, Stati Uniti e Giappone; le tre regioni economicamente più
sviluppate.
17
Cfr. Golfetto F., op. cit.
18
Abravanel R. (1990), Le alleanze strategiche come via alla globalizzazione, SEME, Milano.
19
Le acquisizioni, d’altra parte, possono comportare svantaggi quali la cosiddetta “indigestione” o
l’investimento in attività di scarso valore. Il termine “indigestione” in questo contesto indica la situazione
in cui, una volta avvenuta l’acquisizione, il management dell’impresa acquisita viene progressivamente
smantellato e privato del suo ruolo. Molte piccole e medie imprese altamente innovative e dinamiche
acquisite da grandi corporations hanno finito per perdere la loro flessibilità e la loro capacità adattiva,
rimanendo ingabbiate nelle ragnatele burocratiche dei loro acquirenti. Inoltre le imprese acquisite spesso
includono attività ed assets che per l’impresa acquirente non rivestono alcuna importanza; ci si trova in tal
caso ad effettuare forti investimenti senza aggiungere valore all’azienda. Questo inconveniente,
evidentemente, può verificarsi anche nell’ipotesi di una fusione. Infine si deve sottolineare che nel caso di
fallimento di un’acquisizione o di una fusione le conseguenze in termini finanziari e di competitività
possono risultare gravissime per l’acquisitore o per i soci originari.
20
Lynch R. (1993), Cases in european marketing, Kogan Page, London.