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CAPITOLO 1
LO SVILUPPO SOSTENIBILE E LA NASCITA DELLA
GREEN ECONOMY
1.1 Sviluppo tradizionale e sviluppo sostenibile
Il concetto di sviluppo sostenibile è un argomento relativamente recente in quanto il
dibattito riguardante la “questione ambientale” ebbe il suo inizio a cavallo tra gli Anni
Sessanta e Settanta del secolo scorso, in seguito alla presa di coscienza relativa alla
necessità di preservare il patrimonio naturale e dalla consapevolezza di dover ricercare
nuovi modelli di sviluppo in grado di garantire il miglioramento delle condizioni
economiche e sociali dell'intera popolazione mondiale.
L'uomo ha da sempre modificato l'ambiente circostante e utilizzato le risorse che la
natura gli offriva impiegandole per le proprie attività, che all'inizio erano
semplicemente attività fondamentali per la sua stessa sopravvivenza, come la ricerca e
la produzione di cibo, l'allevamento degli animali, la costruzione di manufatti, di
indumenti, di abitazioni e di strumenti per gli scopi più svariati.
Questo modello di sviluppo, basato principalmente sullo sfruttamento delle risorse
naturali, è stato per secoli l'unico modello conosciuto e perseguito dalla società e
funzionò a lungo per il fatto che le società avevano essenzialmente una struttura
agricola o al massimo, in tempi più recenti, di tipo pre-industriale, con bassa densità di
popolazione, produzioni artigianali e nelle quali la cultura prevalente era di riutilizzo e
riciclo delle risorse materiali.
Fu con l'avvento della Rivoluzione Industriale nel XVIII secolo in particolare, che lo
sviluppo tradizionale subì una forte spinta, a causa dell'elevata richiesta di energia da
impiegare nelle operazioni di estrazione delle materie prime e nella produzione dei
primi beni industriali. L'energia veniva ricavata inizialmente dai combustibili fossili e
successivamente ottenuta tramite l'impiego di elettricità, prodotti chimici e petrolio,
ovvero tutte risorse naturali presenti in quantità non illimitata sul suolo terrestre.
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Nel tempo si è assistito dunque ad un evoluzione di tale modello di sviluppo che ha
portato ad un costante aumento delle capacità produttive, intese sia come capacità
tecniche che come capacità organizzative, che a loro volta hanno permesso ad una gran
parte della popolazione di poter usufruire di una quantità di beni e servizi sempre
maggiore.
A partire dalla seconda metà del Novecento, il modello iniziò però a mostrare i suoi lati
negativi, in quanto fu sempre più evidente come tale sviluppo si fosse basato
principalmente sullo sfruttamento delle risorse naturali. L'emergere di fenomeni come
l'inquinamento globale (atmosferico, delle acque, del suolo), la scarsità di risorse
naturali e la diminuzione della biodiversità delle specie animali e vegetali, apparvero
dunque direttamente riconducibili ad uno sviluppo economico fondato sul prevalere
delle esigenze e delle attività dell'uomo rispetto al preservazione del contesto
ambientale.
Figura 1.1: Lo sviluppo tradizionale
Lo sviluppo tradizionale ha nel tempo ridotto il capitale naturale trasformandolo in
sviluppo economico. Questo processo può essere attenuato dalle innovazioni
tecnologiche che spostano verso destra la curva senza però risolvere il problema alla
base della scarsità di materie prime. La soluzione può essere dunque un nuovo modello
di sviluppo conosciuto come sviluppo sostenibile.
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Figura 1.2: Lo sviluppo sostenibile
Fonte: www.ecoage.it
Con tale termine si intende “un processo finalizzato al raggiungimento di obiettivi di
miglioramento ambientale, economico, sociale ed istituzionale, sia a livello locale che
globale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di
compromettere la capacità di quelle future di soddisfare i propri”.
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Figura 1.3: Rappresentazione grafica del concetto di sviluppo sostenibile
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Il concetto lega quindi la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione
economica, sociale ed istituzionale, in quanto solo l'integrazione tra queste può garantire
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Definizione di sviluppo sostenibile data da www.wikipedia.org
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L.Fusco Girard - P.Nijkamp, Le valutazioni per lo sviluppo sostenibile delle città e del territorio, Franco
Angeli, Milano
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un effettivo cambiamento e un miglioramento della qualità di vita dell'intera
popolazione mondiale, nel rispetto del contesto ambientale.
Infatti un ambiente degradato e depauperato delle sue risorse non può garantire uno
sviluppo durevole e soprattutto socialmente accettabile e la protezione dell'ambiente
diventa quindi una condizione necessaria per garantire uno sviluppo condiviso e
duraturo nel tempo.
Nel caso in cui vengano privilegiate solo una o due delle dimensioni sopra citate non si
raggiunge un completo sviluppo sostenibile ma ci si limita ad una sua forma ridotta
rispettivamente di tipo conservazionista, ecologista oppure semplicemente socio-
economica.
Lo sviluppo sostenibile è dato pertanto dall'unione delle seguenti tre dimensioni:
sostenibilità ambientale riguardante l’uso efficiente delle risorse ambientali nel
rispetto dei vincoli dati dalla capacità di rigenerazione e di assorbimento da parte
dell’ambiente naturale. L'ambiente non è più considerato una fonte di pericolo o una
risorsa da sfruttare, bensì una ricchezza da gestire con parsimonia e attenzione.
L'ambiente e l'uomo sono considerati allo stesso livello e, quest'ultimo, ha il
compito di preservare e proteggere il paesaggio, gestendo tutte le sue attività in
modo sostenibile senza penalizzare le generazioni future e riducendo al minimo le
conseguenze dell'inquinamento;
sostenibilità economica che presuppone invece l'utilizzo, nei calcoli economici, non
solo delle variabili capitale e lavoro, ma anche della variabile capitale naturale, data
dall’insieme dei sistemi naturali (mari, fiumi, laghi, foreste, fauna, flora, territorio),
dai prodotti della natura (agricoltura, caccia, pesca) e dal patrimonio artistico
costruito dall'umanità. Il principio cardine è “fare di più con meno”, cioè produrre
ricchezza adottando una maggiore efficienza nell'uso dell'energia e delle materie
prime, utilizzando quindi risorse rinnovabili, cioè tutte quelle fonti il cui utilizzo
attuale non pregiudica la loro disponibilità nel futuro (come le biomasse, l'energia
solare, l'energia eolica, l'energia idraulica) e sostenendo ed incentivando il
riciclaggio e il riuso di ogni tipo di scarto domestico o industriale avendo quindi
come scopo principale la riduzione delle emissioni inquinanti e la diminuzione dello
spreco di risorse;
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sostenibilità sociale che evidenzia, parallelamente ad uno sviluppo economico, la
necessità di migliorare le condizioni di vita garantendo un migliore accesso ai
servizi sanitari, educativi, sociali e al lavoro, ma anche spingendo per il
riconoscimento e la valorizzazione delle differenti culture e delle tradizioni locali, la
condivisione e la partecipazione popolare, nonché un cambiamento sostanziale negli
stili di vita dei consumatori, promuovendo comportamenti sociali e istituzionali
sostenibili.
Si potrebbe dunque interpretare lo sviluppo sostenibile come un'evoluzione della
comune economia di mercato, intendendo con ciò una migliore allocazione delle risorse
scarse accompagnata dall'aumento delle esternalità positive che vengono prodotte verso
l'ambiente circostante, al fine di ottimizzare l'intero sistema economico.
E' interessante inoltre sottolineare altri 2 aspetti che emergono dalla definizione:
1. l'approccio verso il cambiamento sostenuto da questo nuovo modello di sviluppo è
di tipo glocal, ovvero un mix tra globale e locale che considera dunque
fondamentale dare vita ad uno sviluppo globale, che coinvolga l'intera popolazione
ma che allo stesso tempo sia il risultato di un processo di valorizzazione delle
peculiarità e delle caratteristiche delle dimensioni locali.
2. oltre alla giustizia intragenerazionale, che dovrebbe garantire a tutti pari opportunità
e libertà di scelta di accesso al mercato, deve essere sostenuta con forza anche la
giustizia intergenerazionale, ovvero la possibilità di garantire attraverso
comportamenti etici e sostenibili di oggi la libertà di scelta delle generazioni future.
Se, da un lato, lo sviluppo sostenibile propone dunque il superamento della
contrapposizione tra sviluppo tradizionale e ambiente, dall’altro evidenzia come il
benessere e la qualità della vita non dipendano esclusivamente dalla ricchezza
economica generata da un Paese e misurata attraverso il suo PIL, ma sono dati
dall’aumento delle possibilità di scelta dei suoi cittadini.
A tal proposito verranno individuati negli anni diversi indici di sostenibilità ambientale,
che oltre a misurare le prestazioni ambientali di un Paese e il livello di benessere da
questo raggiunto in termini di qualità di vita della sua popolazione, si rivelano un valido
strumento di supporto e orientamento per i governi nazionali e locali per definire
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obiettivi di breve, medio e lungo periodo e per valutare in seguito le prestazioni delle
azioni concrete attuate sul territorio.
Gli indicatori individuati sono numerosi e tra i più conosciuti si ricordano:
Environmental Performance Index (EPI). Valuta la performance ambientale di una
determinata nazione ed è diviso in 2 categorie che considerano rispettivamente la
vitalità dell'ecosistema e la salute ambientale nei confronti dell'uomo. Osservando
l'andamento dei cambiamenti climatici, lo sfruttamento delle materie prime e il
mantenimento della biodiversità è possibile valutare quanto sia lo sforzo e quali
misure vengono adottate dal Paese per la salvaguardia dell'ambiente.
Human Development Index (HDI). E' utilizzato insieme al PIL per valutare la qualità
di vita della popolazione, tenendo conto non solamente di parametri economici ma
analizzando l'aspettativa di vita, il grado di istruzione, l'accesso ai servizi sanitari e
quant'altro possa “ampliare le possibilità di scelta umane di godere di una vita
lunga e sana”.
E' possibile comunque affermare che nonostante la molteplicità di tali indicatori
elaborati da più parti nel corso degli anni, un buon sistema di valutazione della
performance deve essere “multidimensionale”, ossia deve essere in grado di
rappresentare tutte le dimensioni della sostenibilità (ambientale, economica, sociale,
istituzionale), enfatizzando l'integrazione e i collegamenti esistenti tra questi 4 elementi.
1.2 Le tappe fondamentali a livello internazionale
La stagione delle Conferenze Mondiali relative al dibattito sul concetto di sviluppo
sostenibile ebbe inizio con la Conferenza Onu sull'Ambiente Umano tenutasi a
Stoccolma nel 1972: in tale occasione si affermò l'esigenza di intraprendere delle azioni
che tenessero conto non solo degli obiettivi mondiali di sviluppo socio-economico, per i
quali “la protezione ed il miglioramento dell’ambiente sono una questione di capitale
importanza”, ma anche avendo come “obiettivo imperativo” dell'umanità quello di
“difendere e migliorare l'ambiente per le generazioni presenti e future”.
L'interesse da parte delle istituzioni internazionali per un nuovo modello di sviluppo
scaturì dagli evidenti cambiamenti climatici che si stavano verificando in atmosfera, in
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acqua, sul suolo, su piante e animali a causa della sempre maggiore interferenza ed
espansione delle attività umane, e che già allora apparivano incontrollabili.
A dimostrazione di quanto si stava verificando, nello stesso anno il Club di Roma,
un'associazione non governativa di scienziati, economisti e premi Nobel, elaborò uno
studio commissionato dal MIT (Massachussettes Institute of Tecnology) di Boston, che
mostrò all'opinione pubblica quali erano stati gli effetti di tanti secoli di sfruttamento
dell'ambiente. Il Rapporto sui limiti dello sviluppo prospettava un arresto della crescita
economica a livello mondiale dovuto al continuo aumento della popolazione,
dell'industrializzazione e conseguentemente a causa della limitata disponibilità delle
risorse naturali e dell'aumento dell'inquinamento globale. Tali previsioni riguardo al
progressivo esaurimento delle risorse del pianeta erano tutte relative al periodo
successivo all'anno 2000. In tale rapporto è possibile cogliere i primi presupposti per un
nuovo modello di sviluppo in quanto si riteneva che “fosse possibile modificare i tassi
di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica,
sostenibile anche nel lontano futuro”.
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Successivamente, nel 1980, l' International Union for Conservation of Nature (IUCN)
elaborò il documento “Strategia mondiale per la conservazione” nel quale vennero
delineati degli obiettivi specifici che l'uomo avrebbe dovuto osservare nello
svolgimento delle sue attività:
mantenimento dei processi ecologici essenziali
salvaguardia e conservazione della biodiversità nel mondo animale e vegetale
utilizzo sostenibile degli ecosistemi
Ma il concetto di sviluppo sostenibile, che ad oggi tutti conoscono, apparve per la prima
volta all’interno del Rapporto Brundtland redatto nel 1987 dalla Commissione mondiale
per l’ambiente e lo sviluppo e che prese il nome dall'allora premier norvegese Gro
Harlem Brundtland, che presiedeva tale commissione. I risultati presentati in tale
rapporto, dal titolo “Our common future”, riguardavano uno studio approfondito sul
contesto ambientale mondiale nel periodo dal 1983 al 1987, dal quale emerse una
situazione assolutamente negativa delle condizioni dell'intero pianeta, in quanto
l'impiego di risorse non rinnovabili e la produzione di emissioni inquinanti risultava
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Rapporto “The limits to growth”, D.Meadows
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aver già superato i limiti sostenibili dall’ambiente. Fu quindi evidente che in mancanza
di una significativa riduzione nell'utilizzo di energia e di un sempre maggior spreco di
materiali, si sarebbe verificato, nel giro di qualche decennio, un declino incontrollato
della produzione industriale, del consumo di energia e della produzione di alimenti pro–
capite.
Così allora come afferma il rapporto stesso “lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere
una definitiva condizione di armonia, è piuttosto un processo di cambiamento tale per
cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello
sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali devono essere resi coerenti con i
bisogni futuri oltre che con quelli attuali”.
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Il declino non è dunque inevitabile, ma procedendo ad una revisione complessiva delle
politiche e dei modi di agire che hanno caratterizzato la crescita della popolazione e dei
consumi fino ad oggi ed incrementando l'efficienza con la quale materiali ed energia
vengono usati, è possibile pensare ad una società sostenibile sia dal punto di vista
tecnico che economico.
Il documento può essere considerato innovativo in quanto pur descrivendo in maniera
generale gli scopi da raggiungere per uno sviluppo sostenibile, senza entrare nello
specifico sulle vie da intraprendere per raggiungerli, per la prima volta diffuse l'idea che
solo dalla collaborazione tra Stati e organizzazioni istituzionali di tutto il mondo potesse
nascere la soluzione ai maggiori problemi ecologici e sociali del pianeta.
Se il Rapporto Brundtland affrontò in maniera generale la questione dello sviluppo
sostenibile, nello stesso anno, l'economista Herman Daly fece un passo in avanti ed
individuò tre principi operativi da applicare nel concreto all'utilizzo delle risorse
naturali
5
:
il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve superare quello di
rigenerazione;
il tasso di utilizzazione delle risorse non rinnovabili non deve superare il tasso di
sviluppo delle risorse rinnovabili surrogabili o utilizzabili in alternativa;
4
Commissione Mondiale sull’ambiente e lo sviluppo, Rapporto Brundtland, 1987
5
Herman E. Daly, Oltre la crescita. L’economia dello sviluppo sostenibile, Einaudi, 2001