1
PARTE PRIMA
LA REALTA' NORMATIVA E PSICOLOGICA DELL'ADOZIONE
CAPITOLO PRIMO
ASPETTI STORICO-GIURIDICI DELL'ADOZIONE
1.1 LA LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI ADOZIONE
L'adozione è stata utilizzata ed applicata per secoli senza che esistessero leggi
che la regolamentavano. Nella Roma antica la legislazione dell'adozione definiva e
regolava gli interessi degli adulti senza figli naturali rispetto alla continuazione del
nome e del patrimonio. La situazione è rimasta immutata fino alla Rivoluzione
Francese; una prima regolamentazione si è avuta solo con il Codice Napoleonico,
anche se il fine primario di tale istituto non era educativo ma testamentario. Nel
1865, il primo codice civile italiano ripeteva le norme del codice napoleonico del
1804. In Italia l'adozione ordinaria, che è stata la prima forma di adozione,
finalizzata alla 111trasmissione di beni e alla tutela degli interessi patrimoniali, non
implicava un rapporto affettivo tra adottante e adottato mantenendo i diritti di
sussistenza da parte dei due genitori naturali nei confronti del figlio.
2
Tra le due guerre mondiali in Italia fu creato, con fini assistenziali, l'istituto
dell'affiliazione che stabiliva un rapporto educativo tra bambino e adulto anche se
garantiva solo un legame precario che poteva essere facilmente interrotto. Questa legge
ignorava il bisogno vitale per ogni bambino di instaurare rapporti affettivi stabili con un
nucleo familiare e, misconoscendo il diritto del bambino ad una famiglia, affermava il
diritto della famiglia sul figlio.
Si è dovuto aspettare fino agli anni '60 perché venisse riproposta una legge
sull'adozione in grado di mutare il destinatario principale del processo adottivo. Questa
esigenza è nata sotto la spinta di una serie di fattori: da un lato le pubblicazioni del
rapporto Bowlby sulle gravi conseguenze delle deprivazioni materne e gli studi di Spitz
sull'ospedalizzazione, dall'altro l'incremento delle coppie aspiranti all'adozione parallelo
all'aumento del numero dei bambini istituzionalizzati.
La legge n.431 sull'adozione speciale, introdotta nell'ordinamento giuridico italiano
nel 1967, ha mutato radicalmente l'ottica con cui il diritto aveva guardato al soggetto in
età evolutiva, e, sovvertendo la concezione tradizionale dell'adozione ha innescato un
capovolgimento della legislazione precedente, "una vera e propria rivoluzione
copernicana"
1
.
Indubbiamente nel cambiamento di prospettiva si è rivelata decisiva l'influenza della
Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo sancita dall'Assemblea Generale delle Nazioni
Unite nel 1959 che affermava il diritto del bambino ad uno sviluppo, non solo fisico, ma
anche psicologico, affettivo ed emotivo.
Mentre l'adozione ordinaria, ispirata al modello romanistico, si proponeva di
garantire una filiazione artificiale a chi non aveva discendenti, la nuova adozione
speciale attribuiva centralità prospettica al bambino all'interno della famiglia per
1 Marisa Pavone, Frida Tonizzo, Mario Tortello (1985), Dalla parte dei bambini, Rosenberg & Sellier,
p.117
3
realizzare il principio secondo cui "la famiglia è per il bambino e non il bambino per
la famiglia". Il minore è portatore dei bisogni fondamentali della persona e titolare di
tutti i diritti che l'ordinamento giuridico ha il dovere di rispettare e garantire ad ogni
essere umano. Si affidava così ai giudici il compito di scegliere, per il minore in stato di
abbandono, delle nuove figure genitoriali capaci di soddisfare i suoi bisogni psicologici,
affermando il primato della famiglia degli affetti su quella di sangue in modo da
sottolineare che "essere figli di" non equivale a "essere nato da" perché la vera
generazione non è biologica, ma spirituale ed affettiva.
Così si trovavano a convivere tre istituti profondamente diversi: l'adozione ordinaria,
l'affiliazione e l'adozione speciale, utilizzati alternativamente a seconda delle specifiche
situazioni. Dal 1967 al 1983 oltre quarantamila minori hanno trovato una famiglia
attraverso l'adozione speciale.
Ma la legge 431 del 5/6/1967, pur sferrando un duro colpo alla pratica del ricovero
in istituto, rimaneva sotto molteplici aspetti inadeguata: non era applicabile a minori di
età superiore a otto anni, conviveva con l'affiliazione che creava rapporti patrimoniali
fra affiliante e affiliato, era sostituibile da adozioni ordinarie di minori per chi non
possedeva requisiti di idoneità della speciale e non regolava il fenomeno delle adozioni
dei minori stranieri che, dal 1980, hanno superato numericamente le adozioni di minori
italiani.
Pertanto una riforma della legge sull'adozione speciale si rivelava inevitabile per
porre chiarezza sugli strumenti giuridici idonei a garantire in pieno i diritti dei minori.
Con l'approvazione e l'entrata in vigore della legge 4/5/1983 n.184, punto di arrivo di
un ampio dibattito culturale e socio-politico, le zone ancora grigie e lacunose della
precedente normativa hanno trovato una risposta positiva e chiarificatrice individuabile
nei seguenti punti cardine:
4
-tutti i minori da 0 a 18 anni diventano destinatari della legge;
-per tutti i minori esiste un'unica autorità giudiziaria rappresentata dal Tribunale
Minorile che decide se, quando e da chi possano essere adottati;
-tutti i minori sono considerati a pieno titolo soggetto e mai oggetto di diritti;
-l'istituto dell'affiliazione e dell'adozione ordinaria sono aboliti e l'adozione diviene
l'unico strumento e l'unico istituto giuridico per garantire una famiglia idonea e stabile
ad un minore in stato di abbandono;
-viene regolata l'adozione internazionale per i minori stranieri da parte di cittadini
italiani con procedure analoghe all'adozione nazionale.
-possono adottare i coniugi sposati da almeno tre anni e con una differenza di età
con l'adottando non inferiore ai diciotto anni e non superiore ai quaranta.
La legge 184/83 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori"
2
, tappa
cruciale nel cammino intrapreso negli ultimi decenni verso un progetto di difesa e
promozione dei diritti dei bambini abbandonati, ha voluto sottolineare il valore della
famiglia come comunità educante e strutturante dal momento che, come sostiene
A.Beria d'Argentine
3
, "ogni intervento teso a promuovere la personalità del bambino
non può non far riferimento alla famiglia, il luogo privilegiato dove si verificano i
processi fondamentali della crescita del minore, da quelli affettivi a quelli di consumo,
da quelli educativi a quelli di orientamento, da quelli di assimilazione dei valori a quelli
di socializzazione".
Alla base di questa nuova legge sta, senza dubbio, la consapevolezza della necessità
2 Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile del Ministero di Grazia e Giustizia, Relazione dello stato di
attuazione della Legge 4-5-1983 n.184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori"
3 Adolfo Beria d'Argentine (1991), Il valore socio-giuridico dell'adozione, Bambino Incompiuto 1, p.28
5
di salvaguardare il rapporto tra il bambino ed i suoi genitori. Infatti essa si apre con
l'art.1 che dispone che "Il minore ha diritto a essere educato nell'ambito della propria
famiglia" ma, demandando alla collettività il dovere di dare una famiglia sostitutiva
quando i genitori naturali non provvedano, aggiunge all'art. 8 che per il minore
riconosciuto in stato di abbandono morale e materiale da parte dei genitori e dichiarato
in "stato di adottabilità" dal Tribunale per i minorenni è prevista l'adozione da parte di
coniugi "idonei a educare, istruire e in grado di mantenere" gli adottati, ponendo così gli
adulti al servizio della formazione psico-affettiva del minore.
Come riferisce anche Dell'Antonio, dalla promulgazione della nuova legge si
evidenzia l'attenzione del legislatore alle riflessioni maturate da operatori psico-sociali e
giuristi sull'importanza di privilegiare e salvaguardare le relazioni affettive del bambino
con le figure genitoriali originarie e sulla necessità di garantire al minore abbandonato
un nucleo familiare sensibile e rispondente alle sue esigenze, in grado di accettarlo
completamente come persona nella sua concretezza, nella sua dimensione reale più che
ideale, scegliendo una coppia genitoriale sostitutiva, non generica, ma la più adatta agli
specifici bisogni di "quel" bambino con il suo vissuto.
Il riconoscimento ad ogni minore del diritto ad avere una famiglia è stato sancito
solennemente nella Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20/11/89
e ratificata dall'Italia il 5/9/91.
Nel voler ribadire l'attualità dei valori ispiratori della legge per una giusta e piena
attuazione del diritto del minore alla famiglia, è opportuno innanzitutto ritenere principi
irrinunciabili il fornire al minore, ai genitori d'origine e alla comunità sociale l'aiuto e il
sostegno necessario perché egli possa rimanere nella propria famiglia; far sì che tutto il
6
procedimento adozionale venga espletato rigorosamente dall'Autorità giudiziaria
minorile che deve poter contare sulla fattiva collaborazione dei servizi sociali locali; il
diritto del minore, sia italiano che straniero, ad essere adottato da parte di coniugi la cui
idoneità educativa ed affettiva sia preventivamente e accuratamente valutata e che
abbiano un'età compatibile con i bisogni del minore stesso; considerare l'adozione
internazionale un efficace ma estremo intervento a favore di quei minori che versano
effettivamente in situazioni di abbandono e che non possono trovare collocamento
familiare nel loro paese d'origine.
4
Il fenomeno del traffico dei minori la cui causa
primaria, afferma M. Cavallo
5
, "risiede in quel substrato culturale che vede il bambino
oggetto da possedere per farne un figlio da gestire e da plasmare secondo propri progetti
esistenziali", ha assunto in questi anni una grande e preoccupante rilevanza.
L'inadeguatezza della norma circa l'efficacia a limitare il traffico dei minori stranieri,
secondo l'autrice, è da mettere in relazione ai mancati controlli sulle associazioni
intermediarie, fatto principalmente imputabile all'infelice formulazione dell'art. 38 che
prevede la possibilità e non la obbligatorietà dell'intervento di organismi riconosciuti,
autorizzati e controllati dai Ministeri competenti italiani ed esteri quali tramiti
responsabili della correttezza procedurale nell'adozione di minori stranieri. Da ciò ne è
derivato una attività di intermediazione di dubbia serietà.
In riferimento a ciò, dunque, si rende palese l'esigenza di un rafforzamento delle
norme tese a contrastare il mercato dei minori e di una maggiore incisività alle
Istituzioni in materia di segnalazione dei minori in stato di abbandono, accertamenti
4 Davide Venturini (1992) Le associazioni di volontariato e la legge sulla adozione, Bambino
Incompiuto 1, pp. 156-159
5
Melita Cavallo (1991) Iniziative per stroncare il mercato dei bambini, Bambino Incompiuto 1,pp. 67-68
7
psico-sociali, valutazione e sostegno alle coppie aspiranti all'adozione, supporto e
verifica degli affidamenti preadottivi.
L'evidente grosso divario tra spirito innovativo della legge e sua pratica attuazione
rende necessario ridefinire i presupposti sostanziali di applicazione e alleviare la
complessità e la lentezza dei meccanismi processuali.
8
1.2 IL FENOMENO ADOZIONE IN ITALIA
Le domande di adozione rappresentano il serbatoio di risorse umane alle quali il
Giudice minorile può attingere per risolvere la situazione di un minore in stato di
abbandono.
La legge 184 prevede due categorie di domanda, che possono essere presentate
anche contestualmente: quella di adozione nazionale (art. 22 comma 1), come
dichiarazione di disponibilità ad ottenere in adozione un bambino italiano e quella
internazionale (art. 30), come richiesta di essere dichiarati idonei per adottare, all'estero,
un bambino straniero. Dal 1983 il problema della selezione delle coppie ha impegnato la
riflessione generale per due ordini di motivi: da una parte l'esigenza di ridurre al minimo
il possibile fallimento dell'adozione effettuando abbinamenti sempre più mirati e
circostanziati, dall'altra l'aumento dell'offerta rispetto al decremento del numero dei
bambini resi adottabili. Il numero complessivo delle domande di adozione tende
all'aumento ed emerge la tendenza delle coppie aspiranti ad orientarsi verso un bambino
straniero, evidentemente perché la via dell'adozione internazionale sembra soddisfare
prima, in senso temporale, le aspirazioni delle coppie.
A partire dalla richiamata legge, l'adozione internazionale, sviluppatasi in Italia a
partire dalla fine degli anni sessanta sull'onda di un movimento di solidarietà
transculturale che vede i primi bambini di colore adottati da coniugi con altri figli aperti
alle nuove prospettive interrazziali e al dramma dell'infanzia abbandonata, fa registrare
una continua ascesa statistica, ma come rilevano Farri Monaco e Peila Castellani,
6
"la
6 Marina Farri Monaco, Peila Castellani Pierangela (1994) Il figlio del desiderio, Bollati Boringhieri,
p. 113
9
quantità di richieste non sufficientemente supportate dalla consapevolezza dei
problemi e dall'elaborazione delle motivazioni profonde appare un segnale inquietante
in quanto offusca la qualità ed il senso autentico" di questa forma di adozione.
L'appropriazione prevale sulla donazione.
La rilevazione delle provenienze dei minori stranieri entrati in Italia a scopo di
adozione è iniziata nel 1986. In un quadro costantemente caratterizzato dal primato
dell'America Latina (specialmente del Brasile) spicca l'improvviso aumento delle
provenienze europee negli anni 1990-91 come diretta conseguenza dei rivolgimenti
politici verificatisi nei Paesi dell'Est, soprattutto in Romania, sia per la facilità delle
coppie italiane di recarsi in quel paese che per ragioni di prossimità somatica. E' infatti
da notare la bassa incidenza del numero dei bambini che giungono dal continente
africano per la persistenza di elementi culturali che orientano alla ricerca di un minore
dotato di caratteristiche somatiche simili alle nostre. Le coppie aspiranti all'adozione
tendono a dirigersi verso quelle Nazioni che, possedendo legislazioni più permissive o
presentando vuoti legislativi in materia, permettono le adozioni in tempi più brevi e con
possibilità di scegliere i bambini a discrezione. Tale inclinazione, però, favorisce il
fiorire del mercato dei bambini e stravolge il significato dell'adozione il cui scopo
primario contempla l'interesse del minore piuttosto che la soddisfazione dei bisogni
delle coppie.
7
Ma al momento in cui uno Stato emana leggi sull'adozione internazionale si verifica
uno spostamento dell'adozione privata verso uno Stato diverso e quando "il caso"
esplode, lo scandalo determina nel Paese d'origine del minore un irrigidimento se non
7 Ministero di Grazia e Giustizia - Ufficio Centrale per la Giustizia Minorile Relazione dello stato di
attuazione della legge 4-5-1983 n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori"
10
una chiusura totale delle adozioni da parte di stranieri (Merguici). Il fenomeno
dell'adozione internazionale è divenuto fenomeno di massa e di alternativa per accedere
con più facilità ad un bambino. Ma tale stato di cose presuppone conseguenze
preoccupanti: da un lato una domanda crescente rischia di sfuggire al controllo degli
organi pubblici confermando la tendenza a considerare l'adozione come fatto
privatistico, con il ricorso anche al mercato dei bambini, dall'altro la provenienza dei
minori stranieri dai paesi del Terzo Mondo fa sì che essi siano poco tutelati nei paesi
d'origine e anche nella fase di abbinamento con le coppie adottive italiane. Questo fatto
è confermato dalla relativa facilità ad ottenere una idoneità sull'adozione e dalla natura
della stessa idoneità quale forma di "patente" generalizzata ad essere genitori di un
bambino qualsiasi. Occorre quindi, a tal fine, un'assistenza specifica atta a rimuovere le
eventuali problematiche nascenti dalle difficoltà obiettive di adattamento del minore
nella nuova situazione. Per ovviare a ciò sarebbe auspicabile l'attivazione di Enti
autorizzati a svolgere pratiche di adozione internazionale, ma la legge n°184 dedica
all'intermediazione da parte di organizzazioni in materia di adozioni internazionali
soltanto la norma dell'art.38, precedentemente citato, e la mancanza di chiare norme
sanzionatorie di enti non autorizzati comporta che in Italia operino molte organizzazioni
che non hanno ancora conseguito l'autorizzazione o non l'hanno richiesta. In effetti la
domanda di adozione internazionale si rivolge solo in minima parte alle organizzazioni
di cui all'art. 38 della legge, preferendo altri canali. Nel nostro paese l'adozione
internazionale sta diventando ormai l'unico sbocco adozionale, visto l'esiguo numero di
bambini italiani adottabili annualmente; rimane però il fatto che dei bambini stranieri
entrati a scopo di adozione nel 1992 solo il 16% proviene tramite pratiche seguìte dalle
11
associazioni riconosciute ed autorizzate dallo stato, il resto è a carico di agenzie
non autorizzate o il risultato di iniziative individuali nei confronti delle quali è
veramente difficile avere fiducia ed attivare controlli seri.
Questa realtà è estremamente preoccupante perché l'istituto adozionale rischia di
trasformarsi "da intervento a favore dei minori abbandonati a strumento predatorio per
famiglie sterili, fisicamente e/o psicologicamente, che non esitano a indurre situazioni di
distacco dei bambini dalle famiglie d'origine tramite l'opera di mediatori e trafficanti
senza scrupoli, rendendoli oggetti di manipolazione anziché soggetti di diritti"
(Merguici).
Quando ci si pone di fronte al problema dell'adozione il solo criterio ammissibile è
la preminenza dell'interesse del minore, il suo diritto ad avere una famiglia e solo una
famiglia idonea. Si tratta di rendere giustizia, attraverso un atto d'amore a un innocente
che è stato privato di un bene primario ed essenziale, l'affetto di chi lo ha generato. Tale
criterio deve essere tenuto presente sia dagli aspiranti all'adozione sia da quanti fungono
da intermediari tra il minore e la famiglia (disponibile ad accoglierlo). Perciò se siamo
convinti che "l'ambito familiare è ancora l'unico nel quale il minore può trovare i
nutrimenti indispensabili al suo pieno ed equilibrato sviluppo psicofisico ... e che i
migliori modelli di riferimento per lui sono ancora i due adulti assunti come padre e
come madre... trovare al più presto i migliori genitori possibili per ogni minore che ne
sia privo costituisce l'obiettivo che deve vincolare in coscienza chi ha scelto di occuparsi
dell'infanzia più infelice"
8
.
La legge italiana n° 184, che ha avuto il merito di colmare un vuoto legislativo
8 Gabriella Merguici (1990), Il figlio che viene da lontano, Famiglia oggi n.44, pp.38-39
12
inquietante in materia di adozione internazionale disciplinandone la
procedura, amplia ulteriormente il concetto ispiratore della precedente legge del '67: il
minore in condizione di abbandono è il soggetto intorno al quale si costruisce
l'adozione. Questo salto culturale è sottolineato dalla normativa con cui viene per la
prima volta regolamentata nel nostro paese l'adozione internazionale dei minori che
nulla hanno in comune con i loro futuri genitori adottivi, né la lingua, né la cultura, né la
nazionalità, né i caratteri somatici.
La crescita zero della popolazione italiana, l'introduzione di meccanismi preventivi e
quindi la diminuita disponibilità di bambini adottabili nel nostro Paese ha fatto sì che
molte coppie rivolgessero la propria attenzione all'adozione internazionale, ritenuta
ormai ora "l'adozione del futuro".
Come anche Del Conte sostiene, è necessario sgombrare il campo da un equivoco di
fondo alimentato dalla pubblica opinione che tende a considerare l'adozione di un
bambino straniero di colore, o comunque di razza simile, azione molto meritoria.
L'adozione internazionale non è mezzo per fare "beneficienza" o per aiutare paesi in via
di sviluppo; non è fare il bene del bambino perché egli certamente crescerebbe meglio
nel suo ambiente socio-culturale, non è un aiuto alla crescita del paese di provenienza in
quanto alimentando "l'esportazione" di minori che rappresentano problemi si favorisce
in realtà una sorta di deresponsabilizzazione.
L'adozione internazionale è molto più semplicemente l'istituto per far sì che tutte (o
quasi) le coppie italiane che desiderano avere un figlio, possano realizzare la loro
aspirazione. Tutte le coppie quando richiedono l'adozione si prefigurano un figlio
piccolo, plasmabile "come se fosse nato da noi", ma bambini italiani da adottare non ci
13
sono; di qui la domanda di adozione internazionale volta ad ottenere un
bambino piccolo e sano (con problemi di inserimento di più facile soluzione). La coppia
prima della legge 184/83 si procurava all'estero un bambino con mezzi più o meno leciti
e poi provvedeva ad ottenere l'efficacia del provvedimento di adozione in Italia.
L'adozione internazionale, da istituto finalizzato a dare un bambino ad una coppia
che lo desidera potrà diventare una risposta al bisogno del minore di altra nazionalità,
qualora il paese di origine non sia in grado di fornirgliene una più idonea.
Anche secondo Pavone, Tonizzo, Tortello l'adozione internazionale deve essere
considerata come lo strumento che permette di dare una famiglia ai bambini stranieri
che ne sono privi e per i quali non è possibile trovare in tempo ragionevole una
soluzione idonea nel loro paese d'origine. In tale ottica la legge 184/83 ha riconosciuto
esplicitamente il diritto di questi minori ad una famiglia e la necessità che questo diritto
sia equiparato a quello di ogni minore italiano in stato di abbandono.