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Introduzione
L’attenzione dello scrivente sarà rivolta allo studio della Pedagogia, con
l’obiettivo di determinare se nel ‘nuovo’ contesto delle Scienze Umane sia
effettivamente valorizzata o se ci sia da compiere qualche altro sforzo in tal
senso. Per far ciò, ci si concentrerà sull’odierno Liceo delle Scienze umane,
e sui mutamenti da esso subiti nel corso della sua secolare storia. Il
percorso si snoderà quindi dall’Ottocento con la nascita delle scuole normali
per la formazione dei Maestri Elementari dell’epoca, sino ad arrivare agli
anni Dieci del Duemila con l’istituzione del già citato Liceo.
Studiare le vicissitudini di quella che era una scuola a carattere prettamente
professionalizzante, rappresenta un modo di porre l’attenzione e quindi di
stabilire come ulteriore obiettivo di percorso se la strada della liceizzazione
sia stata o meno quella giusta da seguire.
Se liceizzare potrebbe esser visto come un modo per valorizzare una scuola
sullo base dello “standard di riferimento”, ossia il Liceo Classico da sempre
posto all’apice dell’Istruzione Secondaria, dall’altro lato non è detto che sia
la scelta più saggia. D’altronde sotto le spoglie del cambio di denominazione
si nascondono sia una nuova organizzazione, compresa quella della
Didattica, sia l’impossibilità per gli studenti diplomati di accedere
direttamente al mondo del lavoro; così com’era possibile fare per coloro i
quali hanno conseguito il Diploma presso l’Istituto Magistrale e i suoi ‘eredi’,
sino a fine anni Novanta/inizio Duemila. Ad oggi, invece, per accedere ai
Servizi per l’Infanzia, quindi a quella parte d’Istruzione slegata dall’obbligo
scolastico, dai tre mesi sino ai sei anni, è necessaria o una Laurea Triennale
in Scienze dell’Educazione o una quinquennale in Scienze della
Formazione primaria. Va da sé che nessuno voglia mettere in dubbio il
bisogno di formazione per chi abbia a che fare con i più piccoli, ma si è
proprio sicuri che la formazione garantita a quanti abbiano frequentato
l’Istituto Magistrale accedendo direttamente al mondo dell’insegnamento
non fosse sufficiente?
Certamente il mondo non è quello di cinquant’anni fa, ed anche chi lo
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popola, compresi i bambini in tenera età, sono oggi diversi cosi come lo
sono i loro bisogni, gli obiettivi e la preparazione richiesta agli Insegnanti;
pur volendo perseguire la strada della liceizzazione, per garantire una
preparazione migliore e più mirata non si sarebbe potuto estendere -
sviluppare- lo studio delle discipline Socio-psico-pedagogiche o delle ormai
Scienze umane? Anche il fattore ‘tempo’ legato al come si affrontino le
Scienze umane, con particolare riguardo alla Pedagogia, troveranno spazio
nella trattazione.
Quanto qui accennato e ulteriormente sviluppato nei capitoli a seguire, non
è solo il pensiero di un ragazzo giunto al termine del percorso di Laurea
Magistrale, ma anche quanto emerge dalle statistiche annualmente
condotte da “Almadiploma”. Come si leggerà nel paragrafo dedicato allo
“studente del Liceo delle Scienze umane”, coloro che proseguiranno gli
studi lo faranno principalmente per via del fatto che “serva la Laurea per
poter svolgere la Professione desiderata”. Di questi, una ampia fetta
sceglierà percorsi universitari a carattere medico-scientifico, quindi lontani
dall’insegnamento; forse perché percepito come trappola di precariato e
Professione mal retribuita?
Sarà per via della “deformazione professionale” di chi scrive, il quale avendo
conseguito la Laurea Triennale in Scienze Politiche, non riesce ad esimersi
dal voler scovare ‘l’inghippo’. A ben vedere, senza nulla togliere né alla
mutata esigenza formativa né alla qualità ed eccellenza di una preparazione
di carattere universitario, qualche soluzione alternativa la si sarebbe potuta
trovare. Non è che per caso la scelta ministeriale più che garantire una
maggiore e migliore formazione sia stata dettata dal voler spostare il
problema dell’accesso al mondo dell’insegnamento di qualche anno?
Magari nella speranza che il mondo universitario possa attrarre gli studenti
verso altre Professioni, onde evitare di finire in un comparto già
particolarmente ‘affollato’? “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si
azzecca”.
Tornando al principale argomento della Tesi, ossia la Pedagogia ed il suo
studio, si porrà l’attenzione tanto al ruolo del Docente quanto alla figura dello
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studente utilizzando come punto d’unione il principale strumento a loro
disposizione, il manuale.
Nel trattare le Scienze umane, eccezion fatta per le citazioni tratte da altri
testi ed autori, nonché dalle stesse Indicazioni ministeriali, chi scrive
utilizzerà di frequente il termine “interdisciplinarità”, sia a voler sottolineare
le connessioni esistenti tra le materie che compongono il modulo, sia poiché
condivide la visione di Visalberghi espressa nel volume “pedagogia e
scienze dell’educazione” di una multidisciplinarità, sinonimo di
pluridisciplinarità ma anche di interdisciplinarità approssimativa e quindi di
‘caos’.
A proposito della interdisciplinarità e dei legami esistenti tra le materie del
modulo di Scienze umane, voler evitare l’autoreferenzialità della Pedagogia
rappresenta senza ombra di dubbio un nobile intento, va fatta però la
massima attenzione, in quanto per valorizzare ogni singola disciplina vi è la
necessità di dare ad ognuna il giusto peso nonché il giusto spazio pur in
un’ottica d’interdisciplinarità. La Pedagogia, così come la si insegna e la si
studia all’interno del Liceo delle Scienze umane, schiacciata in un modulo
tra altri insegnamenti, ridotta a due ore settimanali, magari con Docenti
provenienti da percorsi afferenti più alla Psicologia o alla Sociologia, rischia
se non di scomparire, per lo meno di non essere pienamente valorizzata e
di conseguenza di occupare un posto all’ombra delle altre ‘Scienze’.
Poc’anzi si è fatto cenno alle scelte politiche, spesso dettate più da interessi
partitici che non rispondenti a reali bisogni, la scuola facendo i conti con le
innumerevoli riforme che l’hanno travolta Governo dopo Governo ne è un
chiaro esempio.
Nel secondo capitolo ci si concentrerà anche sull’alternanza scuola-lavoro
oggi diventata P.C.T.O. (“Percorsi per le competenze trasversali e
l’insegnamento”) con assonanze molto simili al T.S.O., ma assonanze a
parte, il ‘vizietto’ dei vari Ministri sembra esser quello di puntare a modificare
piccole cose senza volersi effettivamente occupare di risolvere problemi
maggiori, i quali probabilmente susciterebbero qualche reazione in più.
Meglio passare dall’“alternanza scuola-lavoro” al P.C.T.O., o apportare di
8
anno in anno modifiche all’ Esame di Stato, piuttosto che occuparsi di vere
riforme, quale potrebbe essere quella di una rimodulazione e
potenziamento della Didattica, relativamente alle discipline “antropo-socio-
psico-pedagogiche”, così da consentire ai ragazzi diplomati e con una
adeguata preparazione di poter accedere al mondo del lavoro nei Servizi
per l’Infanzia o di proseguire gli studi presso l’Università.
A conclusione della presente parte introduttiva, si vuole chiarire come pur
nel rispetto della parità di genere e delle politiche adottate in tal senso
dall’Università degli Studi di Padova, per una maggiore facilità di scrittura
nonché una migliore fluidità del testo si sia deciso di utilizzare i sostantivi
‘allievo’, ‘studente’, ‘ragazzo’, riferiti al tipo di persona al di là delle differenze
di genere.
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1. Il Liceo tra passato e presente
1.1 Alle origini del termine: il Liceo e l’educazione in Aristotele
Il termine Liceo trova la sua origine nel mondo greco, ove veniva utilizzato
in riferimento ad una moltitudine di significati, oltre ad essere uno degli
epiteti dati a Zeus (Λύκαιος); in seguito per la sua fama di sterminatore di
lupi (λύκος) passò a identificare Apollo; la radice (Λευκ- Λύκ-) inoltre era in
uso anche per indicare le divinità che avessero a che fare con il sole o la
luce.
Il Liceo, però nell’antica Grecia indicava anche un luogo geografico situato
ad est di Atene e che per via della sua ampiezza veniva utilizzato per le
esercitazioni militari, oltre che per tutte quelle attività inerenti alla disciplina
greca, ed utili alla crescita e formazione dei giovani. Già Pericle in questo
luogo alle pendici del monte Licabetto
1
vi fondò il ‘Ginnasio’
2
,
successivamente arricchito da Licurgo.
Fu sempre qui che Aristotele nel 335 a.C., vi fondò una propria scuola. Il
Liceo di Aristotele, si differenziava dall’Accademia di Platone in quanto, non
puntava a formare la personalità. L’educazione alla Scienza era articolata
in diversi settori di studio specialistico: dalla botanica alla zoologia,
dall’anatomia all’astronomia e dalla politica alla poetica. Benché la Filosofia
ricoprisse un ruolo di primaria importanza, Aristotele con la sua suddivisione
tra Scienze teoretiche, pratiche e poietiche, operò una distinzione tra la
Filosofia e tutte le altre Scienze.
In Aristotele, ritroviamo un forte legame tra Paideia e Metafisica, e tutta la
sua Pedagogia, ruota intorno al passaggio da potenza ad atto, per far sì che
un bambino possa diventare uomo, ossia animale razionale e sociale, è
necessario che tale sviluppo sia accompagnato dal Maestro il quale grazie
1
Λυκαβηττός: collina dei lupi
2
Γυμνάσιον: Luogo ove si praticavano esercizi fisici
10
alla sua funzione direttiva è in grado di far orientare lo studente tra Virtù
etiche e Virtù dianoetiche. Scopo dell’educazione è quello di puntare a
formare le giovani generazioni, i cittadini di domani.
Chi, se non lo Stato, dovrebbe adoperarsi per raggiungere tale obiettivo?
Nella sua Opera “Τὰ πολιτιϰά” (la Politica), ci offre, seppur in una forma
certamente diversa da come la si intende oggi, una visione di educazione
diretta dallo Stato, fissando un concetto importante quanto rivoluzionario: è
lo Stato virtuoso a plasmare e formare dei giovani virtuosi, sulla base di
un modello educativo che sia in sintonia con la forma politica, ossia la forma
di Governo, che lo Stato decide di darsi.
Si narra che Aristotele fosse solito tenere le sue lezioni all’interno del
‘Péripato’
3
, ossia il portico che circondava il luogo, ove sorgeva la Scuola.
Il Liceo comprendeva anche una biblioteca ed un orto botanico. All’interno
del Liceo le lezioni seguivano un calendario ben preciso ed era incoraggiata
la creazione di gruppi di lavoro tra gli allievi. Gli scritti di Aristotele che si
dividevano in: scritti esoterici-rivolti ai suoi discepoli, e scritti essoterici-rivolti
invece agli esterni-, rappresentavano il principale materiale di studio. La
Scuola rimase a lungo sede dei ‘peripatetici’
4
.
Morto Aristotele, il termine Liceo rimase in uso per indicare il luogo ove si
tenevano esercitazioni letterarie e filosofiche diventando in tempi
relativamente recenti un titolo scolastico e universitario.
3
Περίπατος: passeggiata.
4
I peripatetici erano gli allievi di Aristotele. Morto Aristotele l’indirizzo della scuola divenne
di tipo erudito-naturalistico, e più tardi l’erudizione si svolse facendo riferimento ai testi di
Aristotele.
11
1.2 Il Liceo nel sistema scolastico italiano
Molte nel corso dei decenni sono state le riforme che hanno modificato
l’ordinamento del sistema scolastico italiano, lo vedremo seppur
limitatamente al Liceo delle Scienze umane nel secondo capitolo.
Per quanto concerne la denominazione di Liceo, a seguito della “Riforma
Gentile”
5
il termine passò ad indicare il massimo che potesse offrire
l’Istruzione superiore alle giovani generazioni, in particolar modo il Liceo
Classico
6
, il quale con lo studio della Filosofia oltre che del Latino e del
Greco divenne il Liceo per eccellenza, una scuola d’élite destinata alla
formazione della futura classe dirigente.
Se con la Riforma Gentile si era arrivati a contare tre Licei
7
: Classico;
Scientifico; Femminile, attualmente nel panorama scolastico della Penisola
a seguito della Riforma Gelmini
8
si contano formalmente sei Licei ma nella
realtà dei fatti, scorporando i vari percorsi e curricula si arriva sino ad undici:
Classico, Scientifico, Tecnologico, Linguistico, delle Scienze umane,
Economico-sociale, Coreutico, Musicale, delle Arti figurative,
dell’Architettura-design-ambiente, dell’Audiovisivo-multimedia-scenografia.
Di questi, ben sei non prevedono l’insegnamento del Latino, in netta
controtendenza con quella scuola di eccellenza da esso certificata e voluta
5
Si tratta di un insieme di provvedimenti emanati con diversi Regi Decreti tra il 1922 ed il
1924 dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione del Governo Mussolini Giovanni Gentile.
Tale Riforma aveva la pretesa di dare all’Istruzione pubblica una formazione classica ed
umanistica ed un forte ancoramento filosofico a discapito anche di altre discipline come la
Pedagogia.
6
Ginnasio quinquennale (tre anni di corso inferiore e due di corso superiore con esame
intermedio) il quale dava accesso al Liceo Classico di tre anni.
7
Solo chi era in possesso del Diploma rilasciato dal Liceo Classico aveva diritto ad
iscriversi indistintamente a tutte le facoltà universitarie.
8
Per ciò che concerne l’istruzione secondaria, DL 137/2008 “Disposizioni urgenti in materia
di istruzione e università” convertito in Legge 169/2008.
12
da Gentile, prevedendo inoltre l’insegnamento della Filosofia soltanto a
partire dal triennio
9
, discostandosi sia dall’impianto neoidealistico sia dal
Liceo aristotelico fondato esclusivamente sull’insegnamento filosofico.
Certamente, come già detto, il percorso della scuola italiana tra riforme,
correzioni e sperimentazioni rivolte maggiormente alla salvaguardia di
interessi di partito nonché economici più che al reale miglioramento della
qualità dell’Istruzione e della preparazione delle giovani generazioni, non è
stato e non è certo semplice e ciò lo testimoniano anche gli stessi allievi con
la loro vivida voce. Svecchiare o rendere più appetibile l’offerta formativa
non significa trasformare tutto in Liceo ed anzi piuttosto che infoltire il
panorama liceale, bisognerebbe forse dare nuova linfa agli Istituti tecnici e
professionali, ancora oggi specie in alcune aree del territorio nazionale e tra
alcune fasce della popolazione, percepiti come scuole di ‘serie b’
10
e
fortemente ‘snobbate’. Pur non essendo argomento della presente Tesi, per
rendere più appetibile l’Istruzione tecnica bisognerebbe -come confermato
da vari esperti e Docenti- innanzitutto offrire reali sbocchi lavorativi al
termine del percorso di studi e facendo in modo che vi possa essere un
piano di studi flessibile o per usare il gergo universitario ‘a scelta dello
studente’
11
, attuabile ed utile anche nei Licei, ovviamente dando la
possibilità di scegliere tra una rosa di attività proposte in modo tale che
ognuno possa costruire l’offerta formativa di suo gradimento con un piano
su misura, pur tenendo in conto alcuni limiti in termini di “monte ore” oltre il
quale non eccedere. D’altronde come testimoniato dall’indagine condotta
9
A seguito della Riforma denominato secondo biennio più quinto anno.
10
L’indagine condotta da Almadiploma su 36457 diplomati nel 2020 testimonia come 20837
prediligano il percorso liceale, 12607 quello tecnico e soltanto 3013 il professionale.
11
Nel 2015 fu presentata una proposta di “curriculum personalizzato” alla VII Commissione
Cultura del Senato, sul modello americano ossia con la possibilità data agli studenti
dell’ultimo anno di corso di scegliere e personalizzare il loro percorso tra un set di materie.
Non se ne fece nulla.
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da “Almadiploma” nel 2020
12
su un campione di oltre mille diplomati del
Liceo di Scienze umane ad indirizzo tradizionale, oltre il 30% ha dichiarato
che se potesse tornare indietro sceglierebbe un percorso diverso per poter
studiare altre discipline. Spostando lo sguardo sugli Istituti tecnici, per ogni
cento studenti che vorrebbero cambiare indirizzo e/o scuola, il 45% lo
farebbe per studiare altre discipline. Percentuale non di poco conto e
superiore al 28% è relativa invece agli studenti degli Istituti professionali per
il medesimo quesito.
Lecito sorge chiedersi se i Ministri dell’Istruzione susseguitesi nel corso
degli anni oltre a modificare l’arcaico esame di Maturità, giocando sulla
presenza o meno di ‘tesina’ e prove varie, abbiano mai visionato tali dati ed
a quali conclusioni siano giunti. Com’è possibile che non si riesca a fare in
modo che i nostri studenti possano scegliere di focalizzarsi su alcune
materie piuttosto che altre? Com’è possibile che la maggior parte delle volte
ciò non si riesca a fare neanche nelle ore ‘extrascolastiche’ dedicate ai tanto
decantati Progetti? Basterebbe poco per poter trasformare i piani didattici e
renderli maggiormente a misura di studente. Basterebbe poco e forse il
problema è proprio questo.
Più semplice modificare tramite Atto amministrativo la Maturità o decidere
di tagliare ore e di abbassare a quattro anni il percorso di studi Secondario
di Secondo grado, piuttosto che chiedere a tutte le scuole Secondarie,
senza scadere in sperimentazioni di sorta, di riorganizzarsi proiettandosi
seriamente verso il futuro per costruire una scuola con una reale autonomia
decisionale ed amministrativa, decisamente lontana “dall’autonomia del
cane legato alla catena” odierna.
Infoltire non aiuta ed anche in tempi a noi recenti, per via di un abuso della
denominazione di Liceo, sì è fatto in modo che si creasse una distinzione
tra Licei d’élite Classico e Scientifico su tutti, e Licei considerati invece
inferiori. Con tale problematica si è dovuto confrontare anche chi ha fatto
parte della Commissione e della successiva “Cabina di regia” messe in piedi
12
Per ulteriori approfondimenti statistici, si rimanda alla consultazione dell’appendice A.
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per delineare le Indicazioni nazionali per i nuovi Licei in virtù della “Riforma
Gelmini”, così come si avrà modo di leggere nel terzo capitolo, in cui si
cercherà anche di analizzare le Indicazioni nazionali in particolar modo
quelle relative al Liceo di Scienze umane, ingiustamente vittima del
giochino ministeriale sull’abuso della definizione di Liceo.