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con interesse questa cintura islamica intorno al
Mediterraneo.
Quali che siano gli atteggiamenti, le inquietudini e le previsioni,
resta il fatto indiscutibile che ogni discorso sull'Islam e l'Europa
evoca, da entrambe le parti, memorie di eventi e di luoghi che
fin dalle origini hanno segnato l'incontro e gli scontri tra queste
due civiltà.
Lungo tutto il nostro secolo questo rapporto è stato coinvolto
nella progressiva disintegrazione dei tradizionali luoghi di
convivenza. Le ricche e numerose comunità ebraiche sono quasi
scomparse, vittime di persecuzioni o di un processo di
emigrazione (sovente forzata) che le ha portate a concentrarsi in
Israele.
La violenza che sta all'origine di questa dinamica (i campi di
sterminio nazisti) e che ne ha accompagnato lo sviluppo, ha
creato un'inimicizia tra ebrei e cristiani e tra ebrei e musulmani
destinata a proiettare le sue ombre per decenni, se non per secoli.
Il primo agente diffusore di questo Islam è, quindi, un popolo
migrante, mobile e destrutturato.
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Questi attori sociali di una migrazione forzata ma anche di una
mobilità volontaria, spesso analfabeti, sono i principali canali
umani di diffusione dell'Islam. Si tratta di canali di diffusione
spesso ignoranti e incolti, che hanno imparato a vivere l'uno
accanto all'altro e che tuttavia sembrano aver lasciato il passo ad
un processo di polarizzazione in cui prevale la tensione a
costruire realtà nazionali omogenee per caratteri culturali,
religiosi, etnici. Un intero patrimonio di esperienze, conoscenze e
istituzioni rischia di deperire ed andare perduto per sempre: il
degrado dei luoghi della memoria ebraici in Europa; l'erosione in
Medio Oriente del millet cioè del suo sistema giuridico; il lungo
silenzio in cui sono caduti gli studi di diritto islamico nelle
Università Europee.
Verso la fine degli anni settanta, i paesi dell'Europa occidentale
scoprono progressivamente che gli individui e i gruppi di
provenienza islamica definiscono la loro appartenenza non
soltanto sulla base della loro nazionalità o di una vaga cultura
d'origine più o meno affermata, ma sulla base del loro riferimento
attivo alla fede musulmana. Dal canto loro queste stesse
popolazioni, che spesso avevano portato l'Islam nelle loro valigie
7
senza saperlo, si scoprono gradualmente e profondamente come
musulmane. A mano a mano che esse si insediano in modo
stabile e sempre più definitivo, inducono gli europei autoctoni ad
accorgersi che non soltanto vi sono numerosi musulmani, di
antica immigrazione e ormai in procinto di diventare cittadini,
ma che la società europea stessa si trova cambiata sul piano
culturale, identitario, persino istituzionale.
E questo perché le popolazioni musulmane, a differenza di
quanto avveniva per le altre immigrazioni, non sembrano
accettare di fondersi nello spazio pubblico rendendosi invisibili,
cancellando la loro appartenenza di origine o affermandola
all'interno della vita privata o comunitaria. I musulmani, fin dai
primi anni del loro insediamento, sembrano porre in termini
nuovi la questione della loro <<integrazione>>; e pongono tale
questione più attraverso le forme di comportamento che
attraverso una teorizzazione o una rivendicazione ideologica
sistematica.
Comunque sia, essi mettono in difficoltà tanto le ipotesi
assimilazioniste delle immigrazioni, come quella francese,
quanto quelle di integrazione marginale, sociale o culturale come
8
quella britannica o tedesca; e mettono parimenti in difficoltà,
almeno in parte, le ipotesi di applicazione paritetica all'Islam
delle soluzioni adottate per regolare i rapporti tra le società e gli
stati europei con le rispettive religioni.
A un tratto gli europei sono indotti a concepire diversamente se
stessi rispetto al passato; essi devono includere questa nuova
componente della propria entità collettiva, devono iniziare
un'opera di ridefinizione talora inquietante. Europei d'origine ed
europei musulmani devono riformulare un progetto collettivo
capace di co-includere la nuova alterità rispettiva. Si tratta di una
operazione di ridefinizione difficile, che si svolge in un ambiente
storico inquietante per parti rilevanti delle popolazioni colpite
dalla crisi
2
. L'Islam che emerge sulla scena europea diventa una
posta in gioco tra posizioni opposte divenendo talvolta oggetto di
discussione, molto spesso oggetto di polemica i cui toni si fanno
esagerati: per gli uni l'integralismo incombe sull'Europa, avvolto
in un turbante di veli islamici mentre folle di musulmani
poligami gravano o graveranno pesantemente sulla previdenza
sociale; per gli altri, al contrario, l'Europa è un luogo di
9
corruzione e qualsiasi domanda posta ai musulmani a proposito
del loro Islam diventa segno manifesto dell'ostilità crescente dei
cristiani e degli infedeli all'Islam ed eventuale espressione del
razzismo viscerale dell'uomo bianco.
I musulmani pensano di incontrare un muro, un'opposizione, un
rifiuto alla loro richiesta di dare alla propria religione un posto
uguale a quello delle altre confessioni.
Alcuni europei irritati rispondono con grida di scandalo a quella
esigenza religiosa, che sembra mettere in discussione una società
della ragione. I musulmani appaiono ai loro occhi come gli
esempi più evidenti di simile fanatismo religioso, a tal punto i
codici nei quali si esprimono sono loro estranei e indecifrabili.
Questo clima polemico o, più spesso, questo dialogo tra sordi,
rende difficile il confronto sulle questioni di fondo che la
presenza dell'Islam pone realmente nello spazio europeo;
questioni di ampia portata, commisurate alle due civiltà che si
sono costruite nella storia una accanto all'altra o più esattamente,
l'una contro l'altra, e che tendono a coabitare nello spazio e
all'interno delle stesse istituzioni e dello stesso ambiente
2
Cfr. - A. RICCIARDI, Coabitazione e conflitti tra religioni nel Mediterraneo, in A.
10
culturale. Tali questioni di fondo, introdotte da questo nuovo
pluralismo europeo, non sono necessariamente portatrici di
novità positiva; e non sono neppure portatrici di una conflittualità
definitiva e radicale. Si tratta di questioni che occorre discutere
con urgenza inventando, per gli uni e per gli altri, nuove
procedure di riconoscimento reciproco. L'Islam europeo prende
forma su questo sfondo di instabilità.
Eppure, proiettata sul lungo periodo, la nuova presenza
musulmana in Europa costituisce la chance più rilevante e
concreta per riaprire un discorso di convivenza interreligiosa e
interculturale che minacciava di chiudersi. Si tratta insomma di
ricostruire i ponti caduti.
Una <<rivisitazione>> di fondamenti del diritto europeo che
consenta di integrare i valori di una differente cultura giuridica
nel contesto di un nuovo <<ius commune>>: è su questo terreno
che l'approccio giuridico può dare un contributo alla soluzione
dei problemi posti dalla presenza musulmana in Europa.
RICCIARDI (a cura di), Il Mediterraneo nel Novecento. Religioni e Stati, Edizioni S.
Paolo, Milano, 1994, pp. 19-59.
11
1. ISLAM E OCCIDENTE: TRA PAURE E SPERANZE
Riconoscere la complessità del problema è il primo passo per
assicurare una corretta soluzione: da questo punto di vista i
termini Islam ed Europa sono mistificanti se vengono assunti
come indicazione di due entità unitarie ed omogenee che di fatto
non esistono.
A prima vista questo richiamo alla poliedricità delle nozioni di
Islam ed Europa sembrerebbe confermato dalla eterogeneità dei
casi giuridici che segnalano l'esistenza di un punto di attrito tra
diritto islamico e diritto europeo: la questione del ripudio e quella
della macellazione rituale degli animali, le discussioni intorno
all'insegnamento della religione musulmana nelle scuole ed alla
possibilità di assentarsi dal lavoro per il tempo della preghiera, il
problema delle inumazioni con il solo sudario e quello del
foulard islamico disegnano uno scenario estremamente
composito che interessa il diritto di famiglia come il diritto del
lavoro, il diritto ecclesiastico come quello scolastico.
In realtà questi spunti di conflitto si compongono in costellazioni
coerenti sotto un segno dominante: nonostante la varietà di
12
sfaccettature che lo contraddistingue, l'Islam presenta infatti una
unità di fondamenti che gli consente di porre precisi e penetranti
interrogativi alla coscienza occidentale.
In Europa occidentale un lungo processo di secolarizzazione ha
portato a garantire la libertà religiosa, intesa come diritto
dell'individuo di operare in piena autonomia le scelte religiose o
areligiose che ritiene più conformi alla propria coscienza
religiosa.
Questo stesso processo di secolarizzazione ha
contemporaneamente condotto a neutralizzare la religione come
referente privilegiato dell'organizzazione sociale.
Il modello europeo resta pertanto lontano dal sistema prevalente
nel mondo islamico, dove la distinzione tra religione, politica e
diritto è molto meno netta che in occidente. In linea orizzontale
ciò conferisce al religioso un rilievo sociale molto più ampio e
visibile di quanto non sia solito nel Vecchio Continente; in
linea verticale modello islamico implica la subordinazione del
diritto alla religione
3
.
3
<<Quando a un musulmano è impedito obbedire a questa legge, egli sente di mancare
all'adempimento di un dovere religioso ( J. S. NIELSEN, Il diritto familiare nelle
rivendicazioni delle popolazioni musulmane in Europa, in I Musulmani nella società
europea, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1984, p. 79 e segg.).
13
Lo sviluppo del sistema giuridico, di conseguenza, si
svolge all'interno di argini che non sono modificabili per opera
dell'uomo poiché sono stati fissati dalla volontà
stessa di Dio.
Nel percorso di integrazione che si è in precedenza tracciato, ai
musulmani europei spetta un compito non facile: riuscire a
pensarsi europei senza sacrificare la propria <<diversità>>
musulmana. Non è una missione impossibile: l'esempio dei
cristiani in Medio Oriente - pienamente cristiani e al tempo
stesso pienamente arabi per lingua cultura e religione - ne è la
prova. Ma questo compito esige la capacità di progettare e
formulare le proprie richieste in termini che possano essere
compresi ed accettati dalla comunità di accoglienza.
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2. IL NUOVO ISLAM EUROPEO
La storia parzialmente comune delle immigrazioni europee ha
portato alla presenza di <<musulmani>> in Francia, in Gran
Bretagna e in Olanda, negli imperi cioè le cui colonie
comprendevano anche paesi musulmani
4
. Una presenza
musulmana di antica data si poteva osservare anche nelle parti
smembrate dell'impero austro - ungarico. E' però alla svolta degli
anni sessanta che, in senso proprio, comincia la storia
dell'immigrazione originaria dai paesi musulmani, nel momento
<<d'oro>> dell'economia europea. Le nazioni nord europee, una
dopo l'altra, concludono accordi per l'immigrazione con il
Maghreb, la Turchia, i paesi dell'Africa nera.
La Repubblica federale tedesca, alcuni mesi dopo l'innalzamento
del muro di Berlino, firma un accordo migratorio con la Turchia.
Contemporaneamente, musulmani di origine indiana, che agli
inizi del secolo erano emigrati nell'Africa orientale, lasciano
questi paesi e raggiungono il Regno Unito.
Una seconda fase dell'arrivo delle popolazioni musulmane è
4
Per una visione d'insieme della realtà europea, cfr. F. DASSETTO e A. BASTENIER,
Europa nuova frontiera dell'Islam, Edizioni Lavoro, Roma, 1991, p. 7 e segg.
15
quella che va dalla fine degli anni '60 alla chiusura delle frontiere
decretata in tutti i paesi del nord Europa dopo la prima crisi
petrolifera del 1974. Si tratta di un periodo importante dal punto
di vista quantitativo durante il quale si sono avete delle
ricongiunzioni familiari e sono giunti dei clandestini le cui
posizioni verranno regolarizzate in tutti i paesi europei fra la
metà e la fine degli anni '70. Queste popolazioni appena giunte,
si trovarono a fare i conti con l'esplodere della crisi, con la
disoccupazione e l'ostilità diffusa. In questo periodo, si modella
nell'opinione pubblica l'immagine del collegamento tra Islam,
crisi, disoccupazione e terrorismo.
Nello stesso tempo, la chiusura delle frontiere li rese consapevoli
che il loro insediamento nello spazio europeo era definitivo,
mettendo fine più rapidamente di quanto non fosse avvenuto in
altri momenti storici, all'illusione di un ritorno nel loro paese
d'origine dopo qualche anno di emigrazione che desse loro modo
di <<fare fortuna>>.
Una terza fase dell'arrivo della popolazione musulmana va dalla
metà degli anni '70 alla metà degli anni '80: le popolazioni
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musulmane portano a termine e consolidano il loro
insediamento.
Nello stesso tempo, un ciclo immigratorio inizia nei paesi del
Mediterraneo del sud, l'anello debole della catena di sbarramento
che i paesi europei avevano cercato di erigere di fronte
all'immigrazione. L'Italia e la Spagna imparano a vivere a fianco
della realtà musulmana.
Infine, dopo la fine degli anni '80 è cominciata una nuova fase,
che si basava ancora sui ricongiungimenti familiari, ma anche su
una relativa ripresa di immigrazione clandestina.
Il risultato di questo vasto processo è la presenza di diversi
milioni di persone di matrice culturale nuova rispetto alle antiche
popolazioni europee. Nell'insieme dei paesi europei si potrebbero
contare tra i sette e gli otto milioni di persone, anche se è difficile
stabilirlo con precisione poiché una parte considerevole di questa
popolazione ha ormai acquisito la nazionalità del paese in cui
abita.
17
3. VARIETA' DELLA PRESENZA MUSULMANA
L'Islam, sia esso trapiantato, che insediato in Europa, è
caratterizzato da una estrema varietà. Pur avendo un riferimento
religioso fondamentalmente comune, non esiste un modo unico
di essere concretamente musulmani
5
.
I musulmani europei provengono per la maggior parte dalle aree
sunnite dell'Islam: il Maghreb, la Turchia, la penisola indiana o
l'Africa sub sahariana, ma si debbono anche segnalare alcune
presenze sciite iraniane, per esempio nei paesi scandinavi o in
Italia, legate soprattutto al movimento di studenti e di rifugiati
politici. All'interno della grande comunità musulmana e di
un'unica fede l'Islam si manifesta tuttavia attraverso le sue
tradizioni culturali e linguistiche: quella arabo-maghrebina,
quella turca, quella indiana, quella balcanica e quella dell'Africa
nera. Tutte queste tradizioni culturali moltiplicano le differenze
proprie dell'Islam sunnita: il malekismo nel Maghreb, lo
hanefismo in Turchia, Pakistan e India. Ma fra i
musulmani d'Europa altre differenze riguardano
5
Per una visione più ampia del fenomeno cfr. AA. VV., Quaderni di diritto e di politica
ecclesiastica Edizioni Il Mulino, Bologna, 1996/1, pp. 3-28.
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l'appartenenza soggettiva all'Islam, tanto che è
assolutamente inesatto parlare di circa sette milioni di
musulmani; bisognerebbe parlare piuttosto di persone originarie,
direttamente o indirettamente, dei paesi nei quali la religione
musulmana è dominante o maggioritaria.
Già nei paesi musulmani l'intensità e il tipo di riferimento
all'Islam è vario, anche se necessita di mantenere un consenso o
la stigmatizzazione e la repressione dura di ogni forma di rifiuto
dell'Islam espressa pubblicamente rende i paesaggi, almeno in
apparenza, piuttosto omogenei. Le forme di adesione all'Islam in
maniera più esplicita sono relativamente differenti nel contesto
migratorio, dove gli individui sono strappati alla loro società e
sono costretti a ridefinire le proprie appartenenze sociali e i loro
riferimenti.
Alcuni, oggi meno numerosi di venti anni fa, dichiarano
esplicitamente il proprio agnosticismo. Altri, numerosi,
osservano una specie di silenzio che non si pronuncia
pubblicamente sulla questione di adesione alla fede, pur
continuando a rispettarne più o meno i divieti e le tradizioni.