Da questo momento è compito delle Nazioni Unite risolvere il problema della
spartizione, il 27 Novembre del 1947 con la Risoluzione 181 si propone un nuovo piano che,
però non farà altro che scatenare la prima guerra arabo-israeliana e la relativa
autoproclamazione, il 15 Maggio 1948, dell'indipendenza dello Stato di Israele, dopo che la
Gran Bretagna aveva definitivamente abbandonato il campo.
I "Territori Occupati" sono composti dalla striscia di Gaza e dalla West Bank (Cisgiordania),
con il primo conflitto la striscia di Gaza passa sotto il controllo egiziano, mentre la West Bank
sotto quello giordano.
Con la guerra del 1967 entrambi questi territori vengono, invece, occupati da Israele che li
amministra come "Territori Occupati", tranne Gerusalemme est formalmente considerata
israeliana. Questa annessione non viene però, riconosciuta dalle Nazioni Unite che, a tale
proposito adottano la Risoluzione 242, nel Novembre dello stesso anno, chiedendo "il ritiro
delle forze armate israeliane dai Territori Occupati, la fine dello stato di belligeranza e il rispetto
della sovranità, integrità territoriale e l'indipendenza politica di ogni Stato della regione con il
diritto a vivere in pace entro confini sicuri e riconosciuti; una giusta soluzione del problema dei
rifugiati." (1)
L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, nasce nel corso degli avvenimenti
come movimento di liberazione, ed in quanto tale occorre seguirne l'evoluzione per studiare i
rapporti internazionali che vengono a costituirsi. Tutto ciò nell'ambito del diritto internazionale
e diplomatico.
Questa introduzione ci permette di comprendere meglio uno dei due protagonisti del
nostro studio, l'OLP, che dovremo necessariamente studiare a fondo prima di affrontare un
discorso delicato e particolarmente complesso: il rapporto diplomatico con lo Stato Italiano.
E' un discorso delicato, in quanto si affronta un problema di politica internazionale di non facile
soluzione, che ha coinvolto i maggiori Paesi mondiali, e che ha messo in pericolo la stessa
stabilità internazionale.
E' particolarmente complesso, perché si tenta di ricostruire attraverso un quadro più ampio, il
comportamento tenuto dall'Italia nei confronti di questo movimento.
La nostra ricerca vuole analizzare l'aspetto diplomatico di tale comportamento e, mentre
politicamente, è possibile trovare fonti in relazione all'atteggiamento dei vari governi e dei
partiti politici; diplomaticamente è pressoché impossibile dimostrare un determinato
atteggiamento dell'Italia nei confronti dell'OLP o dei suoi vertici.
Un comportamento di fatto, quindi, che è possibile ricostruire attraverso aspetti più
propriamente politici e soprattutto attraverso la posizione italiana all'interno del più ampio
quadro internazionale e del processo di pace.
E' per queste motivazioni, quindi, per conoscere ed inquadrare il problema, per
studiarne gli aspetti storico-giuridici, a noi più cari, che si è voluto affrontare la questione per
gradi: dal protagonista al suo ambiente, dalla sua nascita alla sua trasformazione.
(1): Risoluzione n°242 del Consiglio di Sicurezza delle N.U. del 22 Novembre 1967.
Accenniamo, inoltre, che l'interesse dello Stato italiano nei confronti del Medio Oriente
è soprattutto di carattere geopolitico in quanto la posizione dell'Italia è di tale importanza da
influenzare l'equilibrio e le decisioni internazionali.
L'Italia, quindi, spinta da un interesse sempre più fattivo dei partiti politici dell'arco
costituzionale e da motivi di sicurezza ed economici, legati soprattutto alle ricchezze petrolifere
dell'area in questione, si è fatta progressivamente più partecipe e protagonista del processo di
pace.
Questo cammino ha portato l'Italia sin dal 1974 a permettere l'apertura di un ufficio OLP
all'interno del proprio territorio, anche se attaché alla rappresentanza della Lega Araba, come
semplice ufficio di collegamento e informazioni. Solo nel 1989 il Parlamento italiano ha deciso
l'innalzamento dello status di questo ufficio a rappresentanza diplomatica, quasi alla stregua di
una ambasciata, nonostante l'ancora lontano riconoscimento a livello internazionale dell'Autorità
Nazionale Palestinese avvenuto nel 1993.
Malgrado questo riconoscimento si è ancora lontani da un pieno funzionamento dell'Autorità
Nazionale Palestinese e di conseguenza, anche se la Rappresentanza Generale Palestinese gode
di quasi tutte le immunità riconosciute ad una ambasciata, e così i suoi membri, essa non lo è
ancora a tutti gli effetti.
Il quadro fino ad ora tracciato, fa comprendere la particolare complessità del problema e
del ruolo che lo Stato italiano riveste, sia in quanto tale, sia in qualità di membro di
organizzazioni regionali e universali.
Fino a questo momento abbiamo descritto una breve sintesi di questo lavoro, ora vogliamo
descrivere il percorso che è stato seguito per arrivare al tema principale.
Come si è accennato, è necessario affrontare l'argomento per gradi, se si vuole
comprendere l'atteggiamento dello Stato italiano nei confronti dell'OLP e il suo status nella
diplomazia italiana.
Di conseguenza questo lavoro è strutturato in diverse sezioni, collegate fra di loro, ma allo
stesso tempo a sé stanti, alcune delle quali potrebbero sembrare non pertinenti al titolo della tesi,
ma ugualmente necessarie per poter affrontare l'argomento che si è voluto analizzare.
Nel primo capitolo si traccia la storia dell'OLP, il che è necessario per conoscerla sia da
un punto di vista storico, che giuridico.
L'OLP, oltre ad essere il soggetto della nostra attenzione, è un esempio importante nel diritto
internazionale nell'ambito della soggettività giuridica internazionale, in qualità di movimento di
liberazione. Analizzandolo in quest'ottica, saranno subito evidenti le molteplici problematiche
che l'hanno coinvolta, non solo in un contesto puramente giuridico, ma anche nell'ambito delle
relazioni internazionali di cui è stata protagonista.
L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina è divenuta, sin dalla sua nascita, soggetto
attivo di queste relazioni, protagonista in un quadro internazionale interagendo con i principali
soggetti di diritto: gli Stati e l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Di conseguenza si studia questa posizione in relazione a quei soggetti che si sono distinti in
questi rapporti, soprattutto Nazioni Unite, Comunità Europea, Stati Uniti, Unione Sovietica, e
ovviamente, Italia.
Dopo aver compreso, quindi, che cos'è l'OLP e qual'è il suo ruolo a livello
internazionale, è necessario ripercorrere i momenti fondamentali del processo di pace che le ha
permesso di realizzare, almeno in parte, il proprio obbiettivo: la liberazione della Palestina.
Questo processo, ovviamente, non si riferisce esclusivamente all'OLP, ma al conflitto arabo-
israeliano, all'interno della questione mediorientale; quindi, pur evitando di approfondire tutta la
problematica relativa al Medio Oriente, è stato indispensabile tracciare una sintesi che ci
permetta di capirne il meccanismo.
Ovviamente, questa analisi viene fatta da un punto di vista politico-diplomatico.
Tutto ciò viene descritto nel secondo capitolo, dove si comincia a delineare il ruolo che l'Italia
ha svolto in questo processo nei confronti dell'OLP.
Nel terzo capitolo, finalmente, possiamo considerare la posizione dello Stato italiano
nei confronti del Processo di pace, attraverso le sue azioni ufficiali e come esse possano aver
inciso nel conseguimento dei risultati di questo processo.
Il quarto capitolo è quello fondamentale per il nostro studio: la posizione dell'Italia nei
confronti dell'OLP. Si analizzano, infatti, le motivazioni che hanno spinto l'Italia a farsi spesso
sostenitrice dell'OLP e della questione palestinese, nel quadro della più complessa questione
mediorientale.
Avendo già evidenziato il ruolo dell'Italia nel Processo di pace, ci sarà più facile comprendere
tutte le dichiarazioni e le iniziative ufficiali del nostro Stato.
La politica estera della Repubblica italiana ha molteplici aspetti, molti dei quali si collegano ad
una politica internazionale e comunitaria, motivo per cui esaminiamo sia le azioni in comune
con Nazioni Unite e Comunità Europea, che il tema della cooperazione allo sviluppo. Questi
sono anche argomenti che ci permettono di capire come lo Stato italiano si sia impegnato nei
confronti della questione palestinese e, di conseguenza, dell'OLP.
Inoltre, considerando che le azioni del Governo nascono anche dalla mediazione delle diverse
posizioni delle forze politiche presenti nell'arco costituzionale, tracciamo anche un quadro
sintetico dell'atteggiamento dei principali partiti politici che hanno caratterizzato la politica
italiana.
Un paragrafo è dedicato anche alle più importanti visite in Italia dei principali esponenti del
mondo mediorientale.
In questa descrizione non si vogliono solo evidenziare gli sforzi italiani nel voler risolvere il
conflitto arabo-israeliano, ma anche sottolineare i numerosi incontri con gli esponenti dell'OLP,
per poi valutarne l'aspetto protocollare e della sicurezza.
Descritto e analizzato tutto ciò, possiamo affrontare la questione della presenza dell'OLP sul
territorio italiano, da un punto di vista giuridico e diplomatico.
L'ultimo capitolo è dedicato ad un caso emblematico per la comprensione
dell'atteggiamento italiano nei confronti dell'OLP: il dirottamento della nave "Achille Lauro".
1° CAPITOLO
L'OLP NEL QUADRO INTERNAZIONALE
1°Paragrafo:
Excursus storico sull'Organizzazione per la Liberazione della Palestina e la
questione palestinese.
1.1.1) La nascita dell'OLP.
Prima di intraprendere una analisi approfondita delle relazioni tra OLP e Stato italiano è
necessario tracciare, sia pur per tappe fondamentali, lo sviluppo storico del Movimento stesso,
prescindendo dalla storia del contesto geografico, analizzata nell'introduzione, che ha visto la
nascita dell'OLP e dello Stato di Israele.
L'OLP si costituisce nel 1964 a Gerusalemme con Presidente Ahmmed Shukari, ma sin
dall'inizio il movimento si articola in varie fazioni. Quella che riuscirà a prendere il sopravvento
sarà, un anno dopo, Al Fatah che diverrà il movimento leader con a capo Yasser Arafat.
Sarà proprio Arafat a farsi interprete di quel processo che porterà alla nascita nel 1993
(attraverso le trattative di Oslo e la firma dell'accordo di Washington con la storica stretta di
mano di Arafat e Rabin del 13 Settembre dello stesso anno) dell'Autorità Palestinese, della quale
Arafat verrà proclamato Presidente.
Per quanto riguarda questi diversi movimenti interni all'Organizzazione, dobbiamo
notare che, nonostante i differenti metodi operativi, gli obiettivi restano comunque comuni. Tali
obiettivi sono i principi racchiusi nella Costituzione, la Carta Nazionale Palestinese, datata
1963: una Palestina libera, unita, laica e democratica.
L'anno che segna il vero esordio di Al Fatah è il 1965, periodo in cui si viene a creare
un vero e proprio esercito, l'Armata di Liberazione Palestinese, ALP, che però non racchiude
tutte le forze esistenti nel Movimento. Due anni dopo, nel 1967, avverrà l'esautorazione di
Shukari e la sua sostituzione con Yahyia Hammouda artefice del tentativo di conciliare tutte le
forze esistenti. Questi sforzi porteranno, nel Novembre del 1968, agli accordi tra Al Fatah e il
Fronte Popolare di Liberazione Palestinese (FPLP); questi accordi consentono ad Arafat di
assumere di fatto il controllo dell'OLP.
Sempre nel 1968, nel mese di Luglio, viene prodotto il "Patto Nazionale Palestinese" in cui si
sanciscono i diritti del popolo palestinese in relazione alla Patria storica: la Palestina, con i
confini riferiti al tempo del mandato britannico. Viene considerata nulla la Dichiarazione
Balfour del 1917 e viene chiaramente disconosciuta la legittimità dello Stato di Israele, facendo
appello ai principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite, primo tra i quali, il diritto
all'autodeterminazione dei popoli.
In questa fase, quella della lotta nazionale, la "strategia" di liberazione è la lotta armata, unico
mezzo riconosciuto idoneo per la liberazione di "tutta" la Palestina. (1)
Solo dopo la guerra del Kippur, nell'ambito della 12° riunione del Consiglio Nazionale
Palestinese tenutasi al Cairo nel Giugno del 1974, l'OLP produrrà due documenti nei quali
riconosce, oltre alla lotta armata come strumento di soluzione del conflitto, anche la trattativa,
non più considerata un "tradimento".
Possiamo considerarla una svolta clamorosa nell'ambito del conflitto arabo-israeliano: inizia,
infatti, la possibilità di un processo politico.
(1): The Palestinian National Convenant (July, 17, 1968)
Rif. bibl.: 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7)
1.1.2) Riconoscimento dell'OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese.
Il processo di riconoscimento internazionale dell'OLP come legittimo rappresentante del
popolo palestinese inizia nel Settembre del 1973, quando l'OLP viene invitato alla Conferenza
di Algeri dei Paesi non allineati e in quella sede viene dichiarato ufficialmente rappresentante
del popolo palestinese. Due mesi dopo l'OLP riceverà analogo riconoscimento da parte della
Lega Araba.
A questo punto assistiamo ad una partecipazione sempre più viva dell'OLP all'interno degli
incontri che caratterizzano i maggiori movimenti pan-arabi, tra cui la partecipazione alla
Conferenza dei Paesi Islamici nel Febbraio del 1974, e nell'Ottobre dello stesso anno al Vertice
Arabo di Rabat in cui si promette pieno appoggio all'OLP riconosciuto, sempre, quale legittimo
rappresentante del popolo palestinese.
L'opera di Arafat non si limita, però, a far conoscere il proprio movimento all'interno
dell'area politico-geografica a cui appartiene; egli riesce infatti, nell'Agosto del 1974, ad
ottenere l'apertura di un ufficio a Mosca, capitale di quello Stato oggi conosciuto come
Federazione Russa, ma allora U.R.S.S., (nome che verrà utilizzato nell'ambito di questo
elaborato).
Anche l'Italia, già dal Maggio del 1974 accoglie un rappresentante dell'OLP, Nemer Hammad,
in qualità di direttore dell'ufficio di collegamento e informazioni, oggi "ambasciatore" della
Delegazione Generale della Palestina.
Nel contesto di questo processo una data particolarmente significativa è il 13 Novembre
del 1974, giorno in cui Arafat fa la prima apparizione alle Nazioni Unite; qualche giorno dopo
l'Assemblea Generale decide, con le Risoluzioni 3236 e 3237 (XXIX) del 22 Novembre, di
invitare l'OLP a tutti i dibattiti sulle questioni relative al Medio Oriente, in qualità di
rappresentante legittimo del popolo palestinese. Da questo momento, considerata la
partecipazione pressoché universale alle Nazioni Unite, l'OLP acquista a livello mondiale la
qualità di legittimo rappresentante del popolo palestinese e viene, inoltre, riconosciuto il diritto
all'autodeterminazione di questo popolo.
Il 12 gennaio del 1976 il Consiglio di Sicurezza invita ufficialmente l'OLP a qualsiasi
conferenza sotto l'egida delle Nazioni Unite relativa alla cosiddetta "questione palestinese", con
gli stessi diritti degli Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Questo è l'aspetto
che giuridicamente e da un punto di vista diplomatico risulta di particolare interesse: un
movimento di liberazione che riesce ad ottenere diritti pari ad uno Stato.
Nonostante questi riconoscimenti e gli accordi di Camp David del 17 Settembre del
1978 tra Israele ed Egitto, che chiudono finalmente la guerra del Kippur del 1973 tra i due
Paesi, in Medio Oriente il conflitto arabo-israeliano non vede tregua.
Questi accordi che hanno permesso la riannessione del Sinai all'Egitto e il ristabilimento della
relazioni diplomatiche tra i due firmatari, d'altra parte hanno allontanato l'Egitto dall'OLP, al
quale il primo era stato tradizionalmente legato.
Questi accordi sono stati menzionati non solo per la loro importanza nel conflitto mediorientale,
ma anche perché essi presentano un collegamento diretto alla questione palestinese, in quanto
vengono indicate precise condizioni per il raggiungimento di una situazione che possa garantire
sicurezza e pace nei Territori Occupati, senza fare minimo riferimento all'OLP.
Questa esclusione dell'OLP dall'eventuale soluzione della "questione palestinese", determina un
avvicinamento di Arafat all'Iran di Khomeini, allontanandolo da quella linea moderata che
aveva iniziato a caratterizzare la sua politica.
Questo fragile equilibrio determinerà altri tragici eventi, fra cui la "Guerra del Libano" del
Giugno 1982, ma i Paesi occidentali continueranno ad impegnarsi nel tentativo di trovare una
soluzione e far cessare il conflitto.
Nell'ambito di questo impegno si inserisce la Conferenza di Venezia del Consiglio Europeo,
tenutasi nel Giugno del 1980, che ha prodotto la storica "Dichiarazione di Venezia". Da questo
momento si moltiplicano gli incontri in cui il problema viene affrontato ed ha probabilmente
dato inizio a quel cammino che porterà al reciproco riconoscimento delle due parti in causa nel
1993.
Seguiremo questo cammino nel capitolo dedicato alle Conferenze e agli incontri che hanno
caratterizzato e preparato il processo di pace.
Fino ad ora abbiamo tralasciato il problema del terrorismo, tasto dolente, ma
fondamentale nell'evoluzione di questa storia, nel contrasto tra due popoli che si contendono la
stessa terra. Non vorremmo tracciarne un quadro completo, ma alcuni avvenimenti sono
fondamentali per comprendere le tappe salienti di questo processo. Purtroppo le rispettive
rappresaglie non riguardano solo l'area in questione, ma tutti quei Paesi del Medio Oriente,
palcoscenico in cui si muovono i protagonisti di queste drammatiche vicende. Parliamo dell'area
mediorientale, dei Paesi che ospitano i profughi palestinesi, dei Territori Occupati.
Anche altri Paesi vengono colpiti da questa piaga, l'occidente intero è vittima di gravi
circostanze di non facile soluzione, ma di grande effetto sull'opinione pubblica mondiale che
viene sempre più coinvolta in questi scontri sia come spettatrice, sia come vittima. Queste
azioni, è quindi facile comprendere, non sono solo un "regolamento di conti" diretto tra le parti
in causa, ma anche un modo per sollevare il problema di fronte al mondo intero.
Non vogliamo, in questa sede, esprimere giudizi in merito, ma solo sottolineare che
questi atti terroristici, in alcuni casi, sono valsi a scuotere i governi del mondo a spingerli ad
affrontare il problema e a rendersi protagonisti, a impegnarsi nel trovare una soluzione,
avvicinando le parti avverse ed utilizzando tutti i mezzi diplomatici a loro disposizione per
indicare un cammino di pace atto a risolvere questo storico problema che si trascina,
sostanzialmente da secoli e formalmente dalla fine del primo conflitto mondiale nel momento
della dichiarazione Balfour del 1917.
Tutto ciò è valso ad introdurre uno dei fatti dolorosi che hanno caratterizzato questa
storia. Nel 1982 Israele attacca il Libano del sud provocando il massacro di Sabra e Chatila e
l'esodo di massa dei fedayin indebolendo l'OLP, oltre a lasciare nella memoria storica una nota
estremamente drammatica. Questo massacro ha suggerito una nuova soluzione: il vero e proprio
inizio del processo diplomatico che parte da Tunisi, sede del Quartier Generale dell'OLP,
lontano dai Territori Occupati dove vivono migliaia di palestinesi. Inizia così una serie di
incontri, con Giordania, Israele e Stati Uniti, per l'eventuale creazione di un mini-Stato
nell'ambito della Giordania occupata: il cosiddetto progetto Reagan. Questo progetto, che pur
non riuscirà a venire accettato, rimarrà una tappa importante nel contesto generale del processo
di pace. Le opposizioni che hanno impedito la realizzazione di questo progetto sono quelle di
Israele e quella della fazione oltranzista di Abu Mussa, in netta contrapposizione con la linea
ufficiale di Arafat.
Nel corso del 1983 gli scontri continuano sempre più cruenti, prima nella valle della
Bekaa, poi in tutto il Libano. In seguito a questi avvenimenti, il comando dell'OLP è costretto a
trasferirsi a Tripoli, nel Libano.
Arafat decide, quindi, di avvicinarsi ai Paesi arabi più moderati, ed in particolare alla Giordania
in vista di un'eventuale Federazione giordano-palestinese.
In seguito a questi cambiamenti si dissocia dall'OLP la componente filo-siriana e il Rais Assad
si pone in netta contrapposizione nei confronti di Arafat.
Questa linea politica più moderata di Arafat non impedisce l'uccisione di tre turisti israeliani a
Cipro e la risposta di Israele consistente nel bombardamento del Quartier Generale dell'OLP a
Tunisi.
Dopo questo fatto anche da parte araba non tarda una controffensiva di notevole risonanza, non
solo il terrore che ha seminato nell'opinione pubblica mondiale, ma anche per le questioni
squisitamente politico-giuridiche che il caso ha sollevato.
Intendiamo riferirci al Caso dell'Achille Lauro, del 7 Ottobre 1985, al quale verrà dedicato un
intero capitolo, considerato il coinvolgimento diretto del nostro Paese in alcuni fatti relativi.
Accanto a questi episodi si sono verificati altri atti terroristici, rendendo sempre più difficile
l'impostazione del processo di pace.
Rif. bibl.: 4), 5), 6), 9), 10)
1.1.3) Dalla dichiarazione della costituzione dello Stato di Palestina agli accordi del 1994.
Una tappa fondamentale per lo sviluppo della strategia dell'OLP è costituita, nel 1988, nel
Consiglio Nazionale della Palestina dalla dichiarazione di indipendenza il 15 Novembre ad
Algeri. Questa dichiarazione propone "lo stabilimento di uno Stato di Palestina nella terra di
Palestina con sua capitale a Gerusalemme", facendo appello a tutti i membri della Nazione
Araba affinché ciò potesse realizzarsi ponendo termine all'occupazione israeliana.
La Risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, n°43/176 del 15 Dicembre 1988,
prenderà atto di questa proclamazione, riconoscendo i diritti legittimi del popolo palestinese, in
primo luogo quello all'autodeterminazione, e la necessità del ritiro di Israele dal territorio
occupato sin dal 1967.
Da questo momento prende avvio quel processo che ha portato ai recenti noti risultati,
seppure non alla completa soluzione di questo storico e drammatico problema. A seguito
dell'evoluzione subita nella struttura esistente, gli organi principali dell'OLP al momento dei
negoziati di pace erano i seguenti:
- il Consiglio Nazionale Palestinese (CNP), che ha funzioni di Parlamento, formato da 200
membri, su basi proporzionali relative alla Palestina e alla diaspora.
La maggioranza che ritroviamo all'interno di questo Consiglio è composta dalla corrente di Al
Fatah.
Il Consiglio si riunisce almeno una volta all'anno, mentre per ulteriori riunioni è richiesto il voto
della maggioranza dei membri.
- il Consiglio Centrale, organo intermedio tra il CNP e il comitato esecutivo, composto da 70
membri, parte membri del consultivo, parte del comitato di controllo e con presidenza CNP.
- Può essere considerato il Dicastero principale e sarà proprio questo, con presidente Arafat,
ad approvare l'intesa con Israele.
- - il Dipartimento Politico per gli Affari Internazionali, con funzioni di Ministero degli Esteri
con Faruk Kaddoumi al vertice.
- il Palestinian Executive Council Economic Recostruction, PECDAR, che ha assorbito il
Fondo Nazionale Palestinese dopo i contrasti con i vari donatori, tra cui Italia e Stati Uniti,
nato dalla richiesta di una maggiore trasparenza.
- il Dipartimento Economico, di notevole importanza dati gli stretti legami con il PECDAR.
E' coadiuvato da Abu Ala', presenza rilevante agli accordi di Oslo, e fondamentale
negoziatore, proprio con l'Italia, nell'ambito della cooperazione.
- il Dipartimento di Informazione, il WAFA, destinato all'informazione di stampa e
radiotelevisiva.
- il Comitato direttivo, con a capo Abu Hassen, numero due della geografia politica
palestinese e firmatario degli accordi di Washington del 1993.
- il Consiglio Economico Palestinese per lo sviluppo e la ricostruzione dei Territori Occupati.
Nonostante la guerra del Golfo abbia prodotto un rallentamento nel processo avviato nel
1988, per l'allineamento di Arafat sulle posizioni di Hussein e per il mutamento degli equilibri
politici nella regione, il cammino di pace è proseguito, anche grazie all'eliminazione da parte
dell'OLP, nel Settembre 1993, degli articoli più estremisti della Costituzione del 1964.
Concludiamo brevemente, riferendoci agli accordi di fondamentale importanza che
hanno contraddistinto il processo di pace: dopo le trattative di Oslo e l'accordo di Washington,
già citato e di cui si parlerà approfonditamente in seguito, il 5 Maggio 1994 è stato firmato
l'accordo Gaza-Gerico con cui è stata costituita l'Autorità Nazionale Palestinese, il cui
presidente è appunto Yasser Arafat, leader storico dell'OLP.
Rif. bibl.: 5), 8)
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1) Selenia: LA NUOVA ENCICLOPEDIA. European Book S.p.A, Roma, 1986, (pag.6888)
2) La Piccola Treccani, Volume VIII. Istituto della enciclopedia italiana. Giovanni Treccani
S.p.A., Roma, 1995, (pag.400).
3) Duroselle, J.B.: STORIA DIPLOMATICA dal 1919 al 1970. Edizioni dell'Ateneo, Roma,
1972, (pagg.24-30, 486-490, 568-578, 651-664).
4) Di Nolfo, E.: STORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI 1918 - 1992. Gius.
Laterza & Figli S.p.A., Roma- Bari, 1994, (pagg.78-83., 1099-1114.).
5) MAE: IL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO, Documentazione essenziale (1917-1987),
MAE-Direzione Generale degli Affari Politici, Ufficio IX, Roma, 1988.
6) Rubbi, A.: CON ARAFAT IN PALESTINA, Editori Riuniti, Roma, Giugno 1996.
7) Hammad, Nemer: LA FASE TRANSITORIA E L'INCERTEZZA DEL DOPO. Rivista
diplomatica n°98 , Roma, 1°/1996.
8) Capanna, M.: ARAFAT, INTERVISTA AL CAPO DELLO STATO PALESTINESE,
Rizzoli, Milano, 1989.
9) Risoluzione dell'Assemblea Generale delle N.U. n°3236 (XXIX) del 22 Novembre 1974.
10) Risoluzione dell'Assemblea Generale delle N.U. n°3237 (XXIX) del 2 Novembre 1974.
2°Paragrafo:
I Movimenti di Liberazione Nazionale
1.2.1) I Movimenti di Liberazione Nazionale
e il problema della soggettività giuridica internazionale.
Nell'ambito del diritto internazionale, affrontando lo studio della soggettività giuridica,
si discute il particolare problema dei movimenti di liberazione, e l'OLP viene assunta come
esempio principale.
In questo quadro, il diritto internazionale affronta il problema arrivando alla conclusione che tali
movimenti non possano essere considerati soggetti di diritto internazionale, ma che, al massimo,
possano godere di una soggettività limitata, che ha però scarsa rilevanza giuridica.
Occorre, quindi, studiare il caso particolare, la sua storia, per vedere quelle che sono comunque
le interazioni con i soggetti veri e propri e la rilevanza che essi gli danno attraverso questi
rapporti.
Dall'analisi di tali rapporti si può vedere che alcuni Stati instaurano con i movimenti di
liberazione nazionale relazioni internazionali implicanti, da parte di questi ultimi, l'esercizio di
capacità giuridico-diplomatiche.
Queste capacità si riconoscono soprattutto nel diritto di legazione e in quello di partecipare a
conferenze internazionali. Da questo comportamento è implicita, quindi, una forma di
riconoscimento che determina nei confronti di questi enti, da parte del soggetto riconoscente, le
due situazioni giuridiche distinte: internazionale e diplomatica.
E' ovvio e fondamentale ricordare come siffatto riconoscimento abbia carattere relativo e
provvisorio. Relativo, in quanto sussistente solo per le parti in causa; provvisorio, perché
saranno gli eventi storico-militari-politici a determinare eventuali evoluzioni nello status di
questi enti.
L'OLP, in quanto movimento di liberazione, rappresenta sostanzialmente un popolo
nell'esercizio del diritto di autodeterminazione, diventando protagonista di relazioni
internazionali, a differenza del popolo che rimane un ente sociale privo di un diretto rilievo
giuridico sul piano internazionale. E' per questa serie di circostanze che i movimenti di
liberazione vengono considerati come Stati in fieri, come nel caso dell'OLP riconosciuta
internazionalmente come operante entità politica.
Nel processo di liberazione vediamo che si arriva ad uno stadio in cui le aspirazioni del
movimento in questione sono precisate ed esso si organizza istituzionalmente. Dopo essere,
così, riuscito a strutturarsi, il movimento può iniziare ad agire ed uscire dalla clandestinità.
E' prassi, dal 1974 e proprio con l'OLP, nel sistema delle Nazioni Unite, invitare quei
movimenti di liberazione nazionale riconosciuti dalla Lega degli Stati Arabi e
dall'Organizzazione dell'Unità Africana in qualità di osservatori, ma data la complessità di
politica internazionale risulta difficile inquadrare questa problematica concreta in precisi schemi
giuridici.