10
abstract
Lo scopo di questo progetto di tesi è quello di mostrare
e di analizzare il collegamento fondamentale che esiste
tra la scrittura e l'architettura, entrambe espressione pe-
culiare dell’essere umano e dei suoi più ancestrali biso-
gni. Quella della comunicazione è, infatti, una necessità
connaturata all'essere umano il quale, fin dai tempi più
antichi ha sentito la necessità di instaurare un dialogo,
una connessione, un rapporto vivo con la realtà esterna.
Questo lavoro si prefigge così l'obiettivo di indagare le
basi di questa relazione partendo dai tempi più antichi
e, quindi, dalle prime forme di insediamento urbano, fino
ad arrivare alle forme espressive della città contempo-
ranea. L’argomento principale è quello della relazione
reciproca che si instaura da sempre tra il singolo, la co-
munità in cui vive e le molteplici forme architettoniche
che essa assume. Se la città dialoga costantemente con
l'individuo, mostrandogli percorsi, suggerendogli modi,
abitudini e stili di vita, non è forse vero anche il contrario?
Attraverso le teorie proposte da architetti, sociologi, an-
tropologi e psicologi, i quali hanno avuto un ruolo fon-
damentale nel processo di studio, di analisi e di ricer-
ca nell’ambito del contesto urbano, vengono analizzati
i molteplici codici interpretativi che ne sono alla base e
che costituiscono la sua identità formale. Lo strumento di
studio fondamentale è stato quello dell'analogia: criterio
di relazione principale nel comprendere le similitudini e
le differenze che legano tra loro differenti realtà, o che le
pongono in opposizione totale.
Il luogo non si costituisce solo come entità materiale, ma
come teatro di relazioni e pratiche sociali, come realtà
fisica in grado di influenzare profondamente le nostre
strutture interiori. Il nostro modo di pensare, la struttura
11
e la forma delle nostre relazioni, le nostre abitudini, così
come anche il nostro benessere fisico e mentale, dipen-
dono profondamente dal contesto fisico e sociale nel
quale siamo inseriti e all’interno del quale ci muoviamo.
Quando la relazione tra individuo ed ambiente si svilup-
pa, ha origine quel processo che possiamo definire di
identificazione, il quale consente all’individuo di apparte-
nere ad un determinato contesto e di rafforzare il proprio
senso di identità.
In uno scenario così complesso e profondamente ete-
rogeneo, il quale risulta dominato da una profonda stra-
tificazione formale e temporale di segni e di linguaggi,
viene riscoperto e portato in luce l’essere umano, con il
suo fondamentale ruolo di interprete e di veicolo fonda-
mentale di senso. Un’immagine, un testo, una compo-
sizione grafica all’interno del contesto urbano, instaura
con l’architettura della città un rapporto puramente vi-
suale, un codice visivo che è necessario interpretare e
coniugare in differenti e molteplici ambiti. L’immagine,
infatti, a causa della sua principale caratteristica di in-
terpretabilità, possiede in sé una debolezza intrinseca: il
suo carattere ed il suo significato sono sottoposti conti-
nuamente ad una forma di interpretazione esterna. Allora
diventa necessario che essa si inserisca all’interno di un
codice organizzativo (fornito dal linguaggio) che ne ren-
de condivisibile e decodificabile il significato.
E così la tipografia acquista un ruolo fondamentale
nell’ambito dell’identità urbana e sociale, in quanto risul-
tato di un movimento creativo ed ideologico, costante e
reciproco, tra lo spazio, la forma che esso assume, ed il
soggetto che si muove al suo interno.
12
La metodologia di ricerca è stata quella della ricerca
multidisciplinare intorno allo spazio urbano, dalla sua
prima fino alla sua più moderna e contemporanea mani-
festazione. L’individuo ha un ruolo centrale, quale artefi-
ce e principale destinatario di ogni possibile attribuzione
di senso. Allo stesso modo in cui egli vive lo spazio, lo
percorre e lo modifica, lo stesso spazio esercita questa
stessa forma di influenza su di esso. L’esito è quello di un
costante movimento di influsso e di influenza reciproca
che si esprime pienamente nella multivalenza del tessuto
urbano.
Ma, pur vivendo circondati quotidianamente da molte-
plici stimoli visivi, è sorprendente realizzare quanto si
sappia ben poco dell’alfabeto e della tipografia quali
espressione culturale dell’individuo e della società. Ed
è allo stesso modo fondamentale, dunque, analizzare lo
stretto rapporto che lega da sempre questi due ambiti
così da poter stabilire un dialogo consapevole e multi-
disciplinare tra di essi, in grado di fornire un senso di
identità pieno e maggiormente consapevole al singolo.
Protagonista principale di questa ricerca è infatti l’essere
umano, del quale la realtà architettonica e l’espressione
tipografica ed artistica costituiscono la diretta e più pro-
fonda espressione.
13
18
architettura
come idea
innata
L’architettura in quanto linguaggio si colloca tra i primi
atti fondativi della società umana per come la conoscia-
mo oggi. L’atto stesso del costruire, essendo un’attua-
zione fisica del primordiale istinto umano di comunicare,
di unirsi in comunità, e di cercare riparo, fa parte di un
ben più ampio ed innato patrimonio universale. Ancora
precedenti alle prime testimonianze scritte delle civiltà
antiche, sono giunte a noi forme primitive di costruzione,
piccoli insediamenti che già portavano in sé le basi di
qualsiasi altra forma architettonica. Con base mi riferi-
sco ad una struttura formale di riferimento che avrebbe
costituito, poi, l’atto primo, l’azione fondativa anche delle
architetture più socialmente e culturalmente avanzate.
L’idea architettonica è innata. È presente già nella co-
scienza collettiva degli esseri umani sotto forma di im-
magine primigenia, di rimando simbolico a qualcosa che
l’uomo non ha ancora coscienza di possedere.
Il termine idea ha la sua origine nel verbo greco ὁὁὁὁὁράω
(vedere) e nel latino v-id-ere. Il suo concetto è quindi
strettamente collegato a quello di visione, di immagine
precostituita, rappresentazione mentale che può esse-
re espressione di ciò che già esiste o anticipatrice di
ciò che potrebbe essere. Una ricerca etimologica sul
termine ci porta ad identificare il concetto di idea con
quello di "vedere attraverso la mente", con il proprio pen-
siero. Della stessa matrice è il termine ideale, il quale
designa un modello perfetto, mentale, verso cui tende-
re nell’azione così come nella conoscenza. Ciò che esi-
ste, quindi, ciò che ha una propria materialità, ha la sua
origine ed il suo fondamento in ciò che è immateriale.
Il primo atto fondativo dell’ambiente costruito è sempre
il pensiero umano, il quale agisce attraverso la modifica-
19
(...) Ammetti che capitasse loro naturalmente un caso come
questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad
alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguar-
do alla luce; e cosí facendo provasse dolore e il barbaglio lo
rendesse incapace di scorgere quegli oggetti di cui prima ve-
deva le ombre. Che cosa credi che risponderebbe, se gli si di-
cesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora,
essendo piú vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti
aventi piú essere, può vedere meglio? e se, mostrandogli an-
che ciascuno degli oggetti che passano, gli si domandasse e lo
si costringesse a rispondere che cosa è? Non credi che rimar-
rebbe dubbioso e giudicherebbe piú vere le cose che vedeva
prima di quelle che gli fossero mostrate adesso?¹
zione della materia. Ai filosofi greci, e per primo a Plato-
ne (IV sec a.C.) dobbiamo l’origine della dottrina delle
idee. Nella cultura greca le idee rappresentavano una
realtà indipendente e sovrasensibile, un modello im-
mutabile: forma precostituita di realtà precedente al
pensiero stesso. L’idea è, quindi, aspetto nella filosofia
platonica, e forma in quella aristotelica: espressione
primigenia della realtà. Nel famoso dialogo tra Socrate
e Glaucone, contenuto ne La Repubblica, “il mito della
caverna”, troviamo la descrizione principale della teo-
ria delle idee e di come l’uomo, per avvicinarsi ad esse,
debba allontanarsi dal mondo delle δόξαι ὁὁὁὁὁ(opinioni) per
poter raggiungere la realtà dell’ὁἐπιστήμηὁ (conoscenza).
L’uomo della caverna è allegoricamente prigioniero del-
le proprie credenze e delle proprie opinioni sulla realtà,
simulacri che non gli permettono di avere una visuale
piena del mondo, ma solo una sua visione falsificata. Egli
vede riflesse sulla parete della caverna solo le ombre
di oggetti reali, limite della sua conoscenza del mondo
fisico. Il mondo sensibile, quindi, non è la sede della
verità, ma è il luogo in cui si trovano solo le proiezioni,
corrotte dall’uomo e dalla loro materialità, delle idee,
le quali sono invece in un mondo altro, nell’iperuranio.
20
¹ Platone, Opere,
vol. II, Laterza, Bari,
1967, pag. 339.
² Sant’Agostino, Li-
ber octogintaW trium
quaestionum, qu.46
edizione Basilea,
1569, III, col. 548,
Panofsky Erwin, op.
cit., p. 93.
21
Dalla filosofia platonica e dal mito della caverna com-
prendiamo come sia necessario, per poter raggiungere
una conoscenza pura e non illusoria della realtà, allon-
tanare ed abbattere tutte quelle idee precostituite che ci
circondano ed influenzano continuamente. Nel corso dei
secoli, la concezione filosofica prevalentemente greca,
ha avuto la sua naturale evoluzione nelle teorie agosti-
niane secondo le quali le idee sono prototipi (o princi-
pi originali delle cose) immutabili e permanenti (...) non
nascono né passano, tutto quanto nasce e trapassa è,
per così dire, plasmato sul loro modello”
²
. Ma il mito di
Platone ci induce anche un altro ragionamento intorno al
mondo delle idee: l’idea archetipica di casa, di abitazio-
ne, rappresentata dalla caverna.
L’uomo primordiale, davanti alla necessità di proteg-
gersi e trovare riparo dalla realtà esterna, ha cercato
nell’ambiente circostante un luogo che rappresentasse
uno spazio altro, un microcosmo abitabile. La caverna
rappresenta la prima matrice spaziale alla quale l’uomo
riconosce la caratteristica spaziale della dimora. La sua
idea interiore di abitazione trova la sua rappresentazio-
ne concreta nello spazio scavato e chiuso su sé stes-
so della caverna: idea ancestrale di protezione. Nella
psicologia junghiana, infatti, la caverna rappresenta
simbolicamente la figura del ventre materno. Caverna
e tenda corrispondono a due principi abitativi differen-
ti, indice delle diverse idee e tipologie abitative che ne
costituiscono la base. Quel ben evidente disegno men-
tale necessario alla configurazione della città in cui vi-
viamo e della nostra stessa abitazione, si fonda su prin-
cipi mentali che sono innati all’essere umano. Ritengo
per questo necessario analizzare quali sono le forme
ed i principi che l’uomo non ha creato, ma ha ricono-