2guadagnato la fama di grande matematico anche al di fuori dei confini
francesi. L’ingresso di Poincaré nel dibattito filosofico risale ad una sera del
22 novembre 1886 quando, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno
accademico, presenta alla Societé Mathématique de France una memoria
dal titolo Sulle ipotesi fondamentali della geometria (Sur les hypothèses
fondamentales de la géométrie)
2
. In questo discorso, che verrà pubblicato un
anno più tardi sul Bulletin de la Société Mathématique de France, Poincaré
affronta dapprima uno specifico problema di geometria ed infine compie
alcune osservazioni, riunite sotto il titolo Remarques diverses. Esse
costituiscono l’embrione della concezione passata alla storia della filosofia
come “convenzionalismo”. Gli assiomi della geometria non sono né giudizi
sintetici a priori e nemmeno verità sperimentali; al contrario sono ipotesi e
tra tutte quelle che possiamo immaginare la nostra scelta cade sulle ipotesi
euclidee. I motivi di tale decisione sono da ricercare da una parte nella
semplicità delle ipotesi euclidee; dall’altra perché in natura sperimentiamo
l’esistenza di corpi solidi, i cui movimenti sono legati da relazioni che
assomigliano alle operazioni del gruppo euclideo. La geometria infatti altro
non è se non lo studio di un gruppo:
Que devons-nous donc penser des prémisses de la Géométrie ? En quel sens
peut-on, par exemple, dire que le postulatum d’Euclide soit vrai ? D’après ce
que nous venons de voir, la Géométrie n’est autre chose que l’étude d’un
groupe et, en ce sens, on pourrait dire que la vérité de la géométrie d’Euclide
n’est pas incompatible avec celle de la géométrie de Lobatchevski, puisque
l’existence d’un groupe n’est pas incompatible avec celle d’un autre groupe.
3
Matematici di formazione, Jules-Henri Poincaré e Federigo Enriques
furono due irregolari della filosofia. Nato a Nancy il 29 aprile 1854,
2
J.-H. Poincaré, “Sur les hypothèses fondamentales de la géométrie”, Bulletin de la Société
Mathématique de France, XV (1887), in Œuvres de Henri Poincaré, publiées sous les
auspices de l’Académie des Sciences, 11 voll., Gauthier-Villars, Paris 1916-1956, Tome XI,
pp. 79-91.
3
J.-H. Poincaré, “Sur les hypothèses fondamentales de la géométrie”, op. cit., p. 90.
3Poincaré inizialmente partecipò al dibattito filosofico sulla geometria
sollecitato da filosofi e matematici, che lo invitavano a precisare sia
l’affermazione per cui gli assiomi sono ipotesi che la propria concezione
dello spazio fisico. Tra i protagonisti vi erano Auguste Calinon, Georges
Lechalas e Charles Renouvier
4
. Da quel momento in poi l’interesse per il
problema dello spazio sarà una costante della produzione filosofica di
Poincaré che, come scrisse il cognato Pierre Boutrox, fu un “autodidatta in
filosofia”
5
. In tutte le opere epistemologiche troviamo pagine dedicate alla
discussione dei problemi legati alla conoscenza geometrica, alla genesi delle
nozioni di spazio matematico e fisico, fino agli Ultimi Pensieri (Dernières
pensées), pubblicati un anno dopo la morte avvenuta a Parigi il 17 luglio
1912.
Diversamente da Poincaré, l’interesse di Enriques per la filosofia
risale agli anni giovanili. Nato a Livorno il 5 gennaio 1871, affermò di aver
contratto l’“infezione filosofica” durante gli studi liceali a Pisa. Una
“patologia” che nel 1896 cominciava a manifestare un decorso ben preciso,
come emerge dalle lettere a Castelnuovo. Nel 1901 pubblicava sulla Rivista
Filosofica i primi risultati delle ricerche sul “problema filosofico dello
4
Calinon affermava la necessità di distinguere spazio fisico e spazi geometrici: il primo
deve essere determinato sperimentalmente mentre i secondi hanno natura strettamente
teorica. Le nuove geometrie costituiscono la “geometria generale”, della quale la geometria
euclidea è un caso particolare. Vedi A. Calinon, “Les espaces géométriques”, in Revue
philosophique, XXXII, 1891, pp. 368-375. Alla voce di Calinon seguiva quella di Lechalas,
che non condivideva la posizione empiristica di Calinon : le proprietà dello spazio fisico
per lui vanno ricavate per deduzione dalle leggi della geometria generale. Vedi G. Lechalas,
“La géométrie générale”, in Critique Philosophique, V, 1889, pp. 217-231. A Lechalas
rispose Renouvier, filosofo della scuola kantiana che considerava le nuove geoemtrie
semplici esercizi su supposizioni immaginarie. Come aveva insegnato Kant, gli assiomi
della geometria sono giudizi sintetici a priori, mentre non vi è alcuna prova dell’esistenza di
spazi diversi dall’euclideo. Vedi C. Renouvier, “La philosophie de la règle et du compas ou
des jugements synthétiques a priori dans la géométrie élémentaire”, in La Critique
Philosophique, V, 1889, pp. 337-348. A Renouvier rispose, seppur senza citarlo, lo stesso
Poincaré con il primo scritto dedicato espressamente a questioni di filosofia della
geometria. Vedi J-H. Poincaré, “Les géométries non-euclidiennes”, Revue Générale des
Sciences Pures et Appliquées, II, 1892, pp. 769-774.
5
Vedi P. Boutroux, “Henri Poincaré: l’œuvre philosophique”, in Revue du Mois, XV, 1913,
pp. 155-183.
4spazio”, nel saggio Sulla spiegazione psicologica dei postulati della
geometria
6
. Del resto la geometria era il campo d’azione di Enriques, che a
soli venticinque anni aveva ottenuto la cattedra di Geometria Proiettiva
all’Università di Bologna. Nell’articolo del 1901 prendevano corpo le
suggestioni provenienti dalla lettura delle opere di psicologia, logica,
filosofia che qualche anno prima aveva “assaporato con voluttà”.
Protagonista insieme a Castelnuovo e a Francesco Severi della fioritura
della scuola geometrica italiana
7
, Enriques approdava alla ricerca filosofica
sulla scia degli studi in campo geometrico
8
. Dello stretto legame tra
geometria e filosofia Enriques è un convinto sostenitore, tanto da ritrovare
nel nesso tra studi filosofici e geometrici l’origine del pensiero occidentale.
Secondo il matematico livornese “Alla Geometria sembra doversi concedere
un posto d’onore nel campo degli studii filosofici”
9
; se guardiamo alla storia
della filosofia vediamo che “Il movimento di pensiero che accompagna il
sorgere della nostra civiltà europea, s’inizia con una scuola di filosofi
geometri”
10
, alla quale appartengono giganti del calibro di Cartesio, Leibniz,
Kant e Comte. Pur rendendo difficilmente sostenibili le tesi dell’Estetica
Trascendentale, la scoperta delle geometrie non euclidee costituisce per
Enriques l’occasione per un ripensamento del criticismo kantiano, che ai
suoi occhi conserva elementi di interesse epistemologico. Più che relegare
6
F. Enriques, “Sulla spiegazione psicologica dei postulati della geometria”, in Rivista
Filosofica, 4, 1901.
7
Per un breve resoconto storico sulla scuola geometrica italiana rimandiamo a U.
Bottazzini, Il flauto di Hilbert. Storia della matematica moderna e contemporanea, UTET,
Torino 2003, pp. 286-291.
8
Raffaella Simili nota ad esempio che Enriques nella definizione di realtà in termini di
invarianza trae ispirazione dallo studio dei caratteri invariantivi delle superfici. La
definizione di realtà “viene disegnata come il prolungamento di una mappa geometrica sul
cui sfondo l’idea di invarianza, nel senso di caratteri fissi conservati attraverso le
trasformazioni, diviene il modo peculiare di ritrovare l’unità nel molteplice e di mantenere
l’identità attraverso i mutamenti”. Vedi R. Simili, “L’attitudine nuova di F. Enriques”, in G.
Oldrini, W. Tega, Filosofia e scienza a Bologna tra il 1860 e il 1920, Cappelli, Bologna
1990, p. 275.
9
F. Enriques, Problemi della scienza (1906), rist. anast. della seconda edizione (1909),
Zanichelli, Bologna 1985, p. 151.
10
Ibid., p. 151.
5Kant nel museo della storia delle idee, a parere di Enriques “Il progresso
della Geometria in questo secolo è venuto ad agire direttamente sopra lo
sviluppo del razionalismo, che allontanatosi dal suo paese di origine si
librava in più alti e arditi voli, mediante un resultato veramente
meraviglioso: la costruzione delle geometrie non Euclidee”
11
. Nemmeno le
leggi razziali del 1938 riuscirono a fermare la straordinaria vivacità
intellettuale di Enriques; di origini ebraiche, egli fu costretto ad
abbandonare la cattedra di Geometria Superiore ricoperta all’Università di
Roma, ma continuò il lavoro all’estero tra Francia, Spagna, Belgio,
Inghilterra, Svizzera e perfino Argentina. Nel frattempo riuscì a pubblicare
anche in Italia, utilizzando lo pseudonimo di “Adriano Giovannini”
12
. Tornò
nell’Italia liberata nel 1945, ma solo per un anno, giacché la morte lo
raggiunse il 14 giugno 1946.
Il nostro lavoro è dedicato all’esame delle posizioni di Federigo
Enriques e Jules-Henri Poincaré su un insieme di questioni che lo stesso
Enriques riassume con la formula “problema filosofico dello spazio”
13
. Il
11
Ibid., p. 151.
12
Vedi ad esempio F. Enriques (A. Giovannini), “L’errore nelle matematiche”, in
Periodico di Matematiche, 1942, pp. 57-65; F. Enriques (A. Giovannini), “Il pensiero di
Galileo Galilei”, in Archivio della Cultura Italiana, I, 1942, pp. 23-28.
13
Una definizione particolarmente chiara del “problema filosofico dello spazio” la
dobbiamo a Hermann Weyl. Partendo dalla distinzione tra “1) lo spazio, o più generalmente
aggiungendo il tempo, il mezzo esteso del mondo esterno; 2) la sua struttura metrica [che si
manifesta nelle relazioni di congruenza tra due distinte “parti di spazio”]; 3) la sua
occupazione materiale con un «quale» variabile da luogo a luogo [la porzione di materia
che occupa una certa “parte di spazio”]. Il problema filosofico dello spazio consiste
appunto nel concepire correttamente la distinzione e il reciproco rapporto di questi tre
momenti della realtà, il loro ruolo nella costruzione della realtà stessa”. Riguardo al
problema dell’origine e del significato dello spazio, secondo Weyl ciò è affare del
“metafisico, il più impaziente degli studiosi”, e consiste nel “comprendere la necessità dello
spazio e delle sue caratteristiche, partendo dall’idea di realtà data alla coscienza”. Vedremo
che quest’ultimo punto coincide, almeno in parte, con lo “spazio problematico” entro cui si
muove la riflessione di Enriques, che certo non era un “metafisico”. Infine vi è il problema
della natura della conoscenza geometrica, o meglio degli assiomi geometrici: “Come mai
le proposizioni della geometria possiedono una forza di persuasione così grande persino per
colui che non ha effettuato alcun esperimento, o ha effettuato esperimenti inadeguati, per
accertare la loro giustezza ?”. Vedi H. Weyl, Matematische Analyse des Raumproblems,
Springer, Berlin 1923; tr. it. Analisi matematica del problema dello spazio, a cura di A.
Loinger, Zanichelli, Bologna 1990, pp. 1-2.
6matematico livornese chiarisce in maniera esemplare cosa debba intendersi
con tale espressione nel saggio Sull’importanza scientifica e didattica delle
questioni che si riferiscono ai principi della geometria
14
; il problema dello
spazio riguarda l’origine e la natura dei concetti geometrici fondamentali e
il rapporto tra spazio geometrico e realtà fisica. Quest’ultima questione
trova poi sviluppo nella relazione istituita tra le scienze che vertono su tali
nozioni: la geometria e la fisica. La problematicità della connessione tra
concettualizzazione geometrica e spazio fisico è precisamente il perno
intorno al quale ruotano le discussioni seguite alla comparsa delle geometrie
non euclidee. Le scoperte di Carl Friedrich Gauss, Bernhard Riemann,
Nikolaï Ivanovič Lobačevskij e János Bolyai ebbero un impatto filosofico
enorme: da una parte insinuavano dubbi sul carattere necessario e unico
della geometria euclidea; dall’altra sconfessavano la dottrina kantiana dello
spazio. Non solo incrinavano la fiducia nella correttezza della geometria di
Euclide quale descrizione dello spazio fisico; altresì rendevano insostenibile
la visione della geometria come scienza fondata su giudizi sintetici a priori
e dello spazio come forma pura dell’intuizione sensibile. Seguiamo la
ricostruzione di Max Jammer, che nel suo Concepts of Space affronta dal
punto di vista storico il problema della relazione tra nozione di spazio e
teorie fisiche, che a noi interessa maggiormente. Egli espone chiaramente le
conseguenze epistemologiche delle nuove scoperte: da una parte era chiaro
che bisognava distinguere tra spazio matematico (o meglio tra spazi
matematici, visto che le nuove geometrie danno origine ad una pluralità di
spazi geometrici) e spazio fisico; dall’altra che non esisteva alcun modo per
determinare a priori la vera geometria dello spazio fisico. Come nota
Jammer, la scoperta delle geometrie non euclidee
Not only did it lead to a fuller understanding of the hypothetical nature of
pure axiomatic geometry, and so to an understanding of the nature of
14
F. Enriques, Sull’importanza scientifica e didattica delle questioni che si riferiscono ai
principi della geometria, Zanichelli, Bologna 1900.
7mathematics in general, but it lead also […] to the clarification of the concept
of physical space as opposed to the concept of mathematical space. With the
discovery of non-Euclidean geometry it became clear that there were no a
priori means of deciding from the logical and mathematical side which type
of geometry does in fact represent the spatial relations among physical
bodies. It was natural, therefore, to appeal to experiment and to find out
whether the question of the true geometry could be settled a posteriori.
15
Jammer sottolinea che di fronte al dubbio circa l’unicità della descrizione
euclidea, la reazione naturale fu cercare di determinare sperimentalmente la
vera geometria, allestendo una serie di esperimenti cruciali. Davanti alla
pluralità degli spazi matematici concepibili (e logicamente coerenti) i
fondatori delle geometrie non euclidee cercarono il responso del tribunale
dell’esperienza. Così fece Karl Ferdinand Schweikart, giurista con la
passione per la matematica, che per primo pensò alla concreta possibilità di
scoprire sistemi non euclidei; dopo fu Gauss che provò a misurare gli angoli
di un triangolo i cui vertici erano posti sulla cima di tre montagne. Infine
Lobačevskij pensò, come Schweikart, di rivolgersi all’astronomia. Tutti i
tentativi non riuscirono a riscontrare differenze apprezzabili rispetto
all’assunto euclideo, per cui la somma degli angoli di un triangolo è pari a
due retti. Come sottolinea Jammer, per i più fu naturale appellarsi
all’esperienza per determinare la validità della geometria non euclidea; certo
non per tutti, giacché Poincaré si oppose decisamente all’esperimento
cruciale in geometria, rilevandone l’impossibilità di principio: per il
matematico francese l’empirismo geometrico è viziato da una profonda
irragionevolezza, in sintesi è l’espressione di “un’idea falsa ma
profondamente radicata in non poche persone”
16
. Secondo Poincaré
l’esperienza può farci conoscere solo i rapporti tra i corpi, ma non i rapporti
dei corpi con lo spazio e tantomeno i rapporti tra le diverse parti dello
15
M. Jammer, Concepts of Space. The History of Theories of Space in Physics, Harvard
University Press, Cambridge-Massachusetts 1954 (1969), p. 146.
16
J.-H. Poincaré, La science et l’hypothèse, Flammarion, Paris 1902; tr. it. La scienza e
l’ipotesi, a cura di C. Sinigaglia, Bompiani, Milano 2003, p. 119.
8spazio. Di conseguenza pretendere di sperimentare su figure geometriche
non ha senso, come non lo ha domandare “se il sistema metrico sia vero e le
antiche misure false; se le coordinate polari siano vere e le coordinate
cartesiane false”
17
.
Il problema dello spazio riveste particolare rilevanza nella produzione
filosofica dei due autori in quanto entrambi maturano le rispettive
concezioni del rapporto tra conoscenza e realtà sul terreno della geometria,
discutendo la relazione tra struttura teorica della geometria e dimensione
empirica. Come sottolinea Enriques, nella riflessione filosofica sullo spazio
emerge chiaramente il “carattere peculiare” dello “spirito umano” che
ricerca continuamente “nel mondo reale i modelli concreti delle sue
creazioni”
18
. Abbiamo dunque cercato di ritrovare nella filosofia della
geometria dei due autori le tracce delle tesi epistemologiche generali, che
verranno sviluppate da entrambi negli anni successivi alla riflessione sul
problema dello spazio. Nell’esaminare la differenza tra la prospettiva
enriquesiana, tutta volta ad affermare la natura sperimentale della geometria,
e la concezione di Poincaré, per il quale la conoscenza geometrica è lo
studio di un gruppo, la nostra attenzione è rivolta principalmente a due temi:
l’origine della rappresentazione spaziale e il rapporto tra spazio
rappresentativo e spazio geometrico. Una scelta motivata appunto dalla
rilevanza di tali problematiche per la comprensione degli aspetti più generali
del pensiero degli autori, che dalla geometria passano a considerare il
rapporto tra teoria e fatti, la natura e il ruolo delle ipotesi scientifiche, i
problemi del controllo sperimentale, l’oggettività e la crescita della
conoscenza. Ad esempio Enriques sviluppa il nucleo del suo “razionalismo
sperimentale”, ovvero la concezione genetica delle teorie scientifiche,
nell’ambito della discussione sull’origine psicologica dei postulati
geometrici e dell’evidenza che li accompagna. Analogamente Poincaré
17
J.-H. Poincaré, La scienza e l’ipotesi, cit., p. 87.
18
F. Enriques, Problemi della scienza (1906), cit., p. 166.
9dalla genesi della geometria ricava la concezione del rapporto tra teoria e
fatti, che successivamente estenderà, con opportune limitazioni, alle teorie
fisiche.
Il nostro punto di partenza è costituito dalla critica di Enriques a
Poincaré, che nonostante abbia attirato l’attenzione di parecchi studiosi, è
stata trattata in maniera organica solo da Giorgio Israel
19
. Poincaré formula
le tesi del cosiddetto convenzionalismo geometrico a cavallo tra il 1886 e il
1898, anno in cui pubblicava sulla rivista americana The Monist il saggio
Sui fondamenti della geometria (On the foundations of geometry)
20
, nel
quale espone in maniera sistematica le proprie idee sulla geometria, sulla
natura ed origine dello spazio geometrico e sulle differenze tra quest’ultimo
e lo spazio rappresentativo. Qualche anno più tardi, precisamente nel 1906,
la casa editrice Zanichelli di Bologna dava alle stampe Problemi della
scienza, l’opera che maggiormente contribuì alla fama dell’Enriques
filosofo. Nelle pagine dei Problemi troviamo la prima esposizione completa
dell’enriquesiana “critica e confutazione” della posizione di Poincaré sulla
geometria, etichettata come un “nuovo nominalismo”. L’opposizione di
Enriques alle concezioni filosofiche di Poincaré fu netta, tanto che ancora
nel 1912 il matematico italiano parlava della critica all’empirismo del
collega francese definendola un “argomento specioso”, che è possibile
19
Vedi G. Israel, “Il positivismo critico di Federigo Enriques nella filosofia scientifica del
Novecento“ in Federigo Enriques. Filosofia e storia del pensiero scientifico, a cura di O.P.
Faracovi e F. Speranza, Belforte, Livorno 1998, pp. 19-43. G. Israel, “Poincaré et Enriques:
deux points de vue différents sur les relations entre géométrie, méchanique et physique”, in
L. Boi, D. Flament, J.-M. Salanskis (a cura di), 1830-1930: A Century of Geometry from
Riemann to Poincaré, pp. 107-126. G. Israel, M. Meneghini, “The essential tension at
work in qualitative analysis: a case study of the opposite points of view of Poincaré and
Enriques on the relationship between analysis and geometry”, in Historia Mathematica,
XXV, 1998, pp. 379-411.
20
Poincaré scrisse il saggio in francese su richiesta dell’astronomo americano Simon
Newcomb. Per la pubblicazione su The Monist fu tradotto in inglese da J. Mc Cormack.
L’edizione francese “Des fondements de la géométrie” risale al 1921 e fu curata da Louis
Rougier, allievo di Poincaré. Rougier dovette tradurre dall’inglese, poiché l’originale
francese nel frattempo era andato perduto. Nel nostro lavoro facciamo riferimento
all’edizione italiana curata da Ubaldo Sanzo, J.-H. Poincaré, Sui fondamenti della
geometria, ed. it. a cura di U. Sanzo, tr. it. di P. Fioravanti, La Scuola, Brescia 1990.
10
“ripetere press’a poco per ogni problema scientifico”
21
. Agli occhi di
Enriques Poincarè era colpevole di isolare arbitrariamente “dal corpo della
scienza” il problema del rapporto tra geometria e spazio fisico, con ricadute
pericolose per l’intero sapere scientifico. Enriques conosceva la fama del
“Poincaré matematico”, tuttavia la lettura de La scienza e l’ipotesi faceva
sorgere in lui il sospetto che il grande matematico francese stesse
ripresentando, sotto nuove vesti, l’apriorismo kantiano che, al pari
dell’empirismo puro, era uscito sconfitto dalla sfida posta dalle nuove
geometrie. Inoltre Poincaré, affermando la natura convenzionale dei principi
della geometria, riduceva la scienza a un puro gioco di simboli privandola di
qualsiasi valore conoscitivo reale. Circa trent’anni più tardi, ne La logica
della scoperta scientifica Karl Popper formulerà un giudizio simile: “Per il
convenzionalista la scienza naturale teorica non è un’immagine della natura,
ma una mera costruzione logica”, per cui la filosofia convenzionalista
esprime un’idea di scienza che presuppone la ricerca “di un sistema di
conoscenze basato sopra fondamenti definitivi”
22
. A parere di Enriques il
matematico francese stabiliva un ordine naturale nelle conoscenze, ponendo
la geometria in una posizione superiore e prioritaria rispetto alla fisica. Un
esito che egli non poteva assolutamente accettare e che lo convinse non solo
di dover confutare la visione di Poincaré, ma anche della necessità di
chiarire il significato fisico o “reale” della conoscenza geometrica.
Israel ha esaminato le differenze tra i due matematici dal punto di
vista kuhniano della tensione essenziale, concentrando l’attenzione sulla
ricerca di elementi riconducibili alla dialettica tradizione/innovazione
23
.
21
Vedi F. Enriques, “Spazio e tempo davanti alla critica moderna”, in F. Enriques (a cura
di), Questioni riguardanti le matematiche elementari, 2 voll., Zanichelli, Bologna 1912-14,
vol. 1, pp. 439-442.
22
K. Popper, Logik der Forschung, Springer, Wien, 1935; tr. ingl. The Logic of Scientific
Discovery, Hutchinson, London 1968; tr. it. La logica della scoperta scientifica, Einaudi,
Torino 1970, pp. 67-68.
23
Il riferimento è a T.S. Kuhn, “The Essential Tension: Tradition and Innovation in
Scientific Research”, in Calvin W. Taylor, Frank Barron (a cura di), Scientific Creativity.
Its Recognition and Development, Selected Papers from the Proceedings of the First,