manifesta in termini sempre più preoccupanti e che viene
necessariamente affrontato e risolto in modo globale(
2
).
La contaminazione delle acque del mare va ricollegato a varie
cause:
- gli scarichi dei fiumi che sfociano in esso;
- gli scoli diretti delle acque residue industriali e domestiche;
- lo scarico dovuto alle esplorazioni e allo sfruttamento delle
risorse naturali del sottosuolo marino;
- gli idrocarburi caricati dalle navi e in particolare dalle
petroliere(
3
).
La principale fonte d’inquinamento è rappresentata proprio dalle
navi cisterna.
Queste navi sono responsabili di un cosiddetto inquinamento
volontario, riferito allo scarico intenzionale od operativo dei residui
risultanti dal lavaggio delle cisterne in mare e a quello delle acque di
(
2
) «Dalla fine degli anni Sessanta, l’inquinamento rappresenta
un’emergenza tenuta sotto osservazione specie nei paesi industrializzati:
normative nazionali e internazionali tendono a prevenire le possibili forme e a
porre rimedio ai suoi effetti. Importanti decisioni in tema di protezione ambientale
sono state assunte dalla conferenza di Rio de Janeiro nel 1992 (UNCED e Agenda
21).» Sito internet Eni, nel settore Le parole dell’ambiente, cit.
(
3
) A. FERONE, Le convenzioni internazionali sull’inquinamento del mare
da idrocarburi, in Riv. dir. int. 1972, 94
zavorra(
4
) che, contenute in serbatoi adibiti al carico di idrocarburi,
sono inevitabilmente inquinanti.
A questo fenomeno si contrappone quello che viene definito
come inquinamento accidentale(
5
), molto più pericoloso per la gravità
delle conseguenze e per le dimensioni dei danni e molto più
complesso per le implicazioni giuridiche che ne derivano.
In queste condizioni agli Stati si presenta una situazione con due
tipi di interessi contrastanti tra loro: da una parte c’è l’interesse a
prevenire e a porre rimedio all’inquinamento, dall’altra l’interesse
all’uso del mare, inteso come libertà di navigazione e di sfruttamento
delle risorse naturali dell’ambiente marino.
Quando questi interessi non riguardano i singoli Stati ma fanno
capo a più Stati diversi, il rilievo giuridico dell’inquinamento si pone
sul piano internazionale, ed è interesse di tutta la Comunità
(
4
) «Acqua di mare utilizzata dalle navi petroliere per riempire le loro
cisterne, al fine di mantenere la stabilità quando effettuano viaggi con carico
parziale o senza carico. Può essere stivata in apposite cisterne (zavorra segregata)
o ad uso misto. In quest’ultimo caso l’acqua di zavorra deve essere pompata in
serbatoi del porto di caricamento per essere opportunamente trattata
(Deballasting).» Sito internet Eni, settore Le parole dell’ambiente, cit.
(
5
) «Scarichi accidentali di greggio (o di un prodotto petrolifero), da un
pozzo (in terra o in mare), da una condotta, da una nave, dovuti ad una errata
manovra, oppure ad un incidente durante la produzione o il trasporto di
idrocarburi.» La sopraccitata definizione è stata tratta dalla terminologia
Versamenti di greggio, presente nel sito internet dell’Eni, nel settore Le parole
dell’ambiente, cit.
internazionale conservare o difendere le caratteristiche tipiche
dell’ambiente marino.
Per questo motivo gli Stati hanno cercato di raggiungere una
disciplina internazionale sia promuovendo accordi, progetti di
convenzioni, trattati ed altro(
6
), sia avvalendosi di istituzioni
specializzate, prima fra tutte l’IMO(
7
).
Il problema ha iniziato a manifestarsi sin dai primi decenni del
ventesimo secolo, ma ha raggiunto la sua vetta più alta per effetto
della tendenza dell’industria navale a costruire petroliere giganti,
inclinazione dovuta alla chiusura del Canale di Suez in seguito al
conflitto arabo-israeliano del 1967.
(
6
) BERLINGERI, Progetto di Convenzione internazionale per la disciplina
della responsabilità per danni da polluzione da idrocarburi, in Dir. mar., 1968,
520 ss; FERONE , Le convezioni internazionali sull’inquinamento del mare da
idrocarburi, cit., 94 ss; ivi 111-112; MANCA, Commento alle convenzioni
internazionali marittime, I, Milano, 1974, 249 ss; CAMARDA, Convenzione
«Salvage 1989» e ambiente marino, Milano, 1992, 56; VINCENZINI, La
Convenzione internazionale di Londra del 1989 sul salvataggio ed il contratto
L.O.F. 1990, Milano, 1992, 13.
(
7
) La sigla IMO è l’acronimo dell’International Marittime Organization,
un tempo IMCO, Intergovernmental Marittime Consultative Organization. «È
un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata nel 1959. I suoi principali
obiettivi sono lo sviluppo di misure internazionalmente accettate per migliorare la
sicurezza in mare, la prevenzione dell’inquinamento marino da parte delle
petroliere, il miglioramento del traffico marittimo. L’IMO facilita, a livello
internazionale, la stesura e l’adozione di convenzioni, protocolli, codici di
comportamento e raccomandazioni.» dal sito internet dell’Eni, nel settore Le
parole dell’ambiente, cit. Di seguito, ogni qualvolta si farà riferimento a tale
organizzazione, sarà impiegato esclusivamente l’acronimo IMO.
E proprio nel marzo di quello stesso anno la “Torrey Canyon”(
8
),
una grossa petroliera di circa 125.000 tonnellate, si incagliò sulle
secche di Seven Stone, una località compresa fra le isole Scilly e
Land’s End e conosciuta come particolarmente pericolosa per la
navigazione.
La nave, battente bandiera di comodo liberiana, era attrezzata con
i più moderni ritrovati in materia di tecnica navale ed aveva ottenuto
dal Lloyd’s Register of Shipping la massima classificazione (100-A 1).
In seguito all’incaglio 60.000 tonnellate di petrolio si riversarono
in mare.
Le operazioni di soccorso e di recupero, affidate ad una società
olandese specializzata, non diedero alcun risultato, e dopo una
settimana di vari tentativi l’equipaggio abbandonò la nave mentre il
(
8
) A. FERONE, Le convenzioni internazionali sull’inquinamento del mare
da idrocarburi, cit., 111. Un esame dei gravi problemi giuridici che tale incidente
ebbe a provocare è presente anche in DU PONTAVICE, La pollution des mers
par les hidrocarbures, Paris, 1968, p. 5 ss.; GILL-BOOKER-SOPER, The wreck
of the «Torrey Canyon», New York, 1967; SPINEDI, Problemi di diritto
internazionale sollevati dal naufragio della Torrey Canyon, in Riv. dir. int., 1967,
p. 654 ss.; BROWN, The lessons of the Torrey Canyon. International Law
Aspects, in Current Legal Problems, 1968, nella traduzione italiana curata dal dott.
M. DE MEO pubblicata su Riv. dir. nav., 1968, p. 113 ss.; QUENEUDEC, Les
incidences de l’affaire du Torrey Canyon sur le droit de la mer, in Annuaire
français de droit int., 1968, p. 701; KEETON, The Lessons of the Torrey Canyon.
English Law Aspects, in Current Legal Problems, 1968, p. 94.
petrolio, che continuava ad uscire dallo scafo, raggiunse le coste
britanniche per un’estensione di cento miglia.
Il Governo britannico, al fine di contenere l’inquinamento già
prodottosi procedette, dopo aver informato la società proprietaria della
nave, al bombardamento del relitto.
In seguito, per un mutamento di vento, furono investite dalla
macchia di petrolio(
9
) anche le coste francesi, causando danni ingenti.
La Commissione d’inchiesta nominata dal governo liberiano per
individuare le cause dell’incidente concluse che esse erano da
ascriversi esclusivamente al comportamento del comandante e che al
momento dell’incidente tanto la nave che le sue attrezzature erano in
perfette condizioni e funzionavano normalmente.
L’accaduto risvegliò nell’opinione pubblica un forte interesse
verso i gravi problemi dell’inquinamento accidentale, tanto da far
decidere l’IMO a convocare una conferenza internazionale con lo
scopo di adottare una o più convenzioni riguardanti i differenti aspetti
di tale problema.
(
9
) «A causa del vento, delle onde e delle correnti la macchia tende a sparire
naturalmente per effetto dell'evaporazione, della dispersione e della
biodegradazione. Se invece la macchia di petrolio raggiunge la costa, si ha
inquinamento costiero.» La sopra citata definizione è stata tratta dal termine
Macchia di petrolio, presente nel sito internet dell’Eni, cit.
La conferenza si è svolta a Bruxelles nel novembre 1969 con la
partecipazione di quarantotto stati, oltre ad osservatori di diverse
organizzazioni internazionali ed ha discusso, in linea preliminare, le
seguenti problematiche, ritenendole le più importanti al momento:
- l’opportunità di studiare una nuova disciplina internazionale
uniforme che regolasse la responsabilità per danni causati da
petrolio grezzo o in generale da merci pericolose;
- il campo di applicazione territoriale della convenzione;
- la natura dei danni;
- la natura delle merci alle quali applicare la nuova disciplina;
- la natura della responsabilità, se per colpa od oggettiva;
- l’attribuzione della responsabilità al proprietario o armatore
della nave ovvero al proprietario, caricatore o ricevitore della
merce;
- l’opportunità di fissare un limite del debito del responsabile del
danno;
- l’opportunità di adottare un sistema di assicurazione
obbligatoria(
10
).
Al termine dei lavori della conferenza sono stati approvati due
progetti di convenzioni relativi rispettivamente all’intervento in alto
(
10
) Si fa riferimento all’elenco adottato da F. BERLINGERI, Progetto di
Convenzione internazionale per la disciplina della responsabilità per danni da
polluzione da idrocarburi, cit., 521 ss.
mare in caso di incidenti che provocano inquinamento da
idrocarburi(
11
) e alla responsabilità civile per danni da inquinamento
da idrocarburi(
12
); ma, poiché il risarcimento dei suddetti danni, come
considerati in quest’ultima, potrebbe rivelarsi inadeguato, accanto ad
esse è stata adottata una risoluzione che richiedeva all’I.M.O.
l’elaborazione di un progetto di creazione di un Fondo Internazionale
per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi; progetto
successivamente realizzato con la Fund Convention(
13
), adottata
(
11
) International Convention Relating to Intervention on the High Sea in
Cases of Oli Pollution Casualties, generalmente nota come la convenzione
«Intervention», entrata in vigore il 5 maggio 1975, ed attuata in Italia con il
D.P.R. 27 maggio 1978, n. 504. Una sua traduzione italiana è riportata in
STARACE – PANZERA, La protezione internazionale del mare contro
l’inquinamento, Milano, 1979, oppure in appendice a MANCA, Commento alle
convenzioni internazionali marittime, cit., 455 ss.
(
12
) International Convention on Civil Liability for Oil Pollution Damage,
nota come C.L.C. 69, entrata in vigore a livello internazionale il 19 giugno 1975
ed attuata in Italia con il D.P.R. 27 maggio 1978, n. 504.
(
13
) International Convention on the Establishment of an International Fund
for Compensation for Oil Pollution Damage, (Supplementary to the International
Convention on Civil Liability for Oil Pollution Damage1969), nota come I.F.C.
1971, od anche come F.C. 1971, o come Fund Convention, ratificata e resa
esecutiva in Italia con legge 6 aprile 1977, n. 185 ed attuata con D.P.R. 504/1978,
cit. La traduzione in lingua italiana è riportata in STARACE – PANZERA, La
protezione internazionale del mare contro l’inquinamento, cit. Per la ricostruzione
del sistema determinato da tali convenzioni si veda fra i tanti, in lingua italiana,
RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, I, Milano, 1987, 1537 ss.; le relazioni di
TULLIO, La responsabilità civile per inquinamento marino provocato da navi, e
di ZUNARELLI, Le prospettive di sviluppo del sistema internazionale di
responsabilità e compensazione per i danni da inquinamento derivati dal
trasporto marittimo di idrocarburi basato sulle convenzioni C.L.C. – 1969 e
sempre a Bruxelles nel dicembre del 1971 ed entrata in vigore, a
livello internazionale, il 16 ottobre 1978.
La nascita della Convenzione FUND 1971 ha dato luogo ad un
sistema di sister conventions in cui quest’ultima era complementare
alla prima, ossia alla C.L.C. 1969, e vi faceva espressamente
riferimento nel Preambolo: «the States parties to the present
Convention, being parties to the International Convention on Civil
Liability for Oil Pollution Damage, adopted at Brussels on 29
novenber 1969 …»(
14
); pertanto la condizione necessaria per prendere
parte alla Convenzione sul Fondo era che lo Stato fosse anche parte di
quella sulla responsabilità.
Questo vincolo è rimasto stabile anche nei testi delle due
convenzioni emendate dai Protocolli del 1984, che, però, non sono
FUND – 1971, negli atti della giornata di studi La tutela del mare – contributi per
una discussione, Milano, 1992, rispettivamente 27 e 47. Per la qualificazione
come «sister conventions» delle due convenzioni in questione, si veda HUNTER,
The Proposed International Compensation Fund for Oil Pollution Damage, in (4)
J.M.L.C., 1972, 117 e 119: «They are essentially sister conventions, intended as
whole to cover the entire field of liability for oil pollution damage and as such
intricately linked to one another». Per una presentazione più approfondita
dell’argomento in questione si rinvia al 2.4 di questo capitolo.
(
14
) Del resto le due convenzioni sono il risultato di un lungo lavoro di
collaborazione tra l’I.M.O., allora I.M.C.O., e il C.M.I., a tal riguardo si consulti
MENSAH, The Co – Operation between the Comité Marittime International
(CMI) and the International marittime Organization (IMO) in the Development of
Uniform International Law, in Dir. mar. 1999, 153 ss.
mai entrati in vigore(
15
), e fra quelli dei Protocolli di Londra 1992 che
invece sono già in vigore(
16
). Da questo momento in poi, in oltre, il
Fondo internazionale per il risarcimento dei danni da idrocarburi sarà
siglato a livello internazionale con l’acronimo I.O.P.C.F.,
International Oil Pollution Compensation Fund.
(
15
) I Protocolli di Londra 1984 non hanno incontrato il favore di alcuni stati
industrializzati, particolarmente interessati a ricevere idrocarburi, i quali hanno
ritenuto di esagerati i maggiori oneri che essi imponevano in seguito all’aumento
dei livelli risarcitori previsti. Su questo argomento si consulti ZUNARELLI, Le
prospettive di sviluppo del sistema internazionale di responsabilità e
compensazione per i danni da inquinamento derivati dal trasporto marittimo di
idrocarburi basato sulle convenzioni CLC 1969 e FUND 1971, in La tutela del
mare – Contributi per una discussione, atti del Convegno di Pavia del 25 maggio
1991 a cura di BAJNO, cit., 47 ss.
(
16
) Il vincolo di cui sopra non è stato reso valido per i Protocolli di
emendamento del 1976, infatti, in questo caso era possibile aderire alla
convenzione C.L.C. nel testo emendato dal protocollo del 1976 e alla convenzione
FUND nel testo originale del 1971. Questa è del resto la situazione riscontrata
nell’ambito del contenzioso sul caso Haven come si può desumere dal Trib.
Genova, 14 marzo 1992, in Dir. trasp. 1992, 927, con nota del COMENALE
PINTO, L’obbligazione risarcitoria a carico dell’IOPCF: un contenzioso forse
strumentale.
2. Peculiarità del sistema della CLC
2.1 Individuazione dei soggetti su cui grava il regime di
responsabilità
Il regime di responsabilità della Civil Liability Convention (
17
) si
presenta come un meccanismo complesso che, pur mostrando sotto
certi aspetti alcune analogie con altri regimi risarcitori, nel suo
insieme rappresenta un quid novi per ciascuno degli ordinamenti in cui
è destinato ad operare.
In particolare, molto combattuta è stata l’imputazione
dell’obbligazione risarcitoria al proprietario(
18
) della nave incidentata,
pur se solo in parte, poiché esso è affiancato anche da un Fondo
internazionale di garanzia, visti i danni ingenti che tali avvenimenti
provocano.
Tra l’altro, nell’art. 3, par. 2 del testo inglese della Convenzione
si fa riferimento all’ dell’owner della nave e tale vocabolo nel diritto
(
17
) Da adesso in poi denominata C.L.C.
(
18
) Della disciplina della responsabilità per danni da polluzione da
idrocarburi si parlerà approfonditamente nel secondo capitolo del presente lavoro,
in questa parte si delineerà solo il percorso che ha condotto all’attuale normativa.
marittimo inglese può assumere una molteplicità di significati e di
implicazioni(
19
) che ne rendono la traduzione non sempre univoca.
Il giusto abbinamento con il termine italiano proprietario è
comunque confermato dall’esplicazione che della voce stessa viene
data, ai fini della Convenzione, nell’art. 1, par. 3, nell’ambito delle
«Definitions»: «per “owner” si deve intendere “la persona (o le
persone) a nome del quale (o delle quali) la nave è immatricolata o, in
difetto di immatricolazione, la persona (o le persone) cui appartiene la
nave.”»(
20
)
(
19
) Per l’illustrazione della polivalenza del termine in questione FRANCHI,
Dizionario giuridico, I (Inglese/italiano), Milano, 1984, p. 1088.
(
20
) «Tale conclusione sembra ormai potersi dire pacifica: cfr.
BERLINGIERI, Corso di diritto marittimo, I, Milano, s.d., ma 1981, p. 139;
RIGHETTI, Trattato di diritto marittimo, I, cit., 1540. Per il richiamo alla figura
dell’armatore si veda utilmente CORBINO, Il trasporto marittimo e per acque
interne di merci pericolose non nucleari nell’ordinamento giuridico italiano, in
Trasporti (35), 1985, 51 ss.; in BONELLI, La limitazione del debito armatoriale,
in Dir. mar., 1983, 130, e parrebbe in RINALDI BACCELLI, La responsabilità
extracontrattuale del costruttore di aeromobile, Padova, 1987, 78, sembra essere
dovuto esclusivamente all’inserimento in contesti di più ampia portata.» M.
COMENALE PINTO, La responsabilità per inquinamento da idrocarburi nel
sistema della CLC 69, Padova, 1993, 63