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CAPITOLO II
LO SMART WORKING NELL’ORDINAMENTO
ITALIANO
2.1 Un quadro normativo per il lavoro agile: la legge 22 maggio 2017 n°81
Il 22 maggio del 2017 fu approvata la legge n°81 recante “Misure per la tutela del
lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione
flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. Pubblicata il 13 giugno 2017
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n°135, vigente dal giorno successivo.
Giungeva, quindi, a compimento l’iter legislativo della normativa tanto attesa ed
invocata da politici, imprenditori e sindacati, deputata a fornire una cornice legislativa
di rifermento alle esperienze flessibili di lavoro a distanza riferibili allo smart working,
in aggiunta alla disciplina del telelavoro. Le norme destinate disciplinare il lavoro agile
sono quelle che vanno dall‘articolo 18 all’articolo 23. L’articolato è inserito nel capo
secondo della legge, dopo le norme sul lavoro autonomo non imprenditoriale,
collocato nel capo primo, e prima delle disposizioni finali del terzo e ultimo capo. La
disciplina si colloca in quello che è stato definito, dapprima mediaticamente, ma poi
anche dagli addetti ai lavori, il “Jobs act del lavoro autonomo”. La legge infatti
contiene, per la prima volta, anche misure finalizzate a rafforzare le tutele economiche
e sociali per tutti i lavoratori autonomi, purché non siano imprenditori o piccoli
imprenditori. Il collocamento, delle due normative nel medesimo testo di legge,
riferibile, ictu oculi, a ragioni di drafting legislativo, ha generato due opposte correnti
di pensiero inerenti alle scelte di politica legislativa sottese al percorso di adeguamento
del diritto alla modernizzazione dei rapporti di lavoro. Da una parte, la critica
proveniente dagli ambienti sindacali che segnalano, sul piano sistematico, come la
coesistenza nel medesimo testo di legge dei due capi (uno dedicato al lavoro
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autonomo, l’altro al lavoro agile subordinato), sembra sottendere, come già fatto
emergere in sede di dibattito parlamentare
45
, “la possibilità di una ingovernata
ibridazione delle forme contrattuali e soprattutto una tendenziale assimilazione del
particolare (il lavoro agile) al generale (lavoro autonomo non imprenditoriale)”
46
,
nonostante la riconducibilità formale della modalità agile nell’alveo del lavoro
subordinato. La legge n°81/2017 risponderebbe ad una visione di politica legislativa
studiata e precisa. Il capo I, contente una normativa di tutela generale e omogenea per
i lavoratori autonomi, eserciterebbe in virtù della sua collocazione sistematica una
forza attrattiva verso la normativa speciale del lavoro agile. Inoltre, la previsione di
una disciplina della prestazione agile, solo individuale, tra soggetti posti in posizioni
asimmetriche (datore di lavoro e lavoratore) e incentrata sulla programmazione del
lavoro “per obiettivi”, avrebbe una portata destrutturante per il lavoro subordinato
così come regolato dall’art. 2094 c.c.
Altri autori hanno sottolineato, proprio in tema di contrattazione individuale, il
meritevole proposito della legge sul lavoro agile di superare la omogeneità della
contrattazione tipicamente Novecentesca, a favore di una maggiore personalizzazione
del rapporto tra lavoratore e impresa ossia una soggettivazione regolativa
47
. Essa
impone uno sforzo maggiore da parte dell’impresa nella gestione delle risorse umane
in relazione alla diversità di esigenze e ambizioni del singolo lavoratore dipendente. È
pur vero che il legislatore ha riservato per la modalità agile, caratterizzata da una
45
On. Tiziana Ciprini, nella relazione di minoranza ai progetti di legge n°4135-2014-3108-3120-3268-
3364-A-bis si legge: “Il legame tra il capo I che riguarda il lavoro autonomo, e il capo II, che riguarda il
lavoro agile, è la gig economy, (…)dove non esistono più postazioni lavorative con un posto fisso e a
tempo indeterminato. In questa prospettiva ci sarà sempre meno lavoro dipendente e sempre più lavoro
autonomo. Ecco che il lavoro agile, se non ben definito e normato, rischia di sfociare nella
bioeconomia(…) il tempo familiare viene colonizzato dal tempo di lavoro”, Atti Camera dei Deputati,
2 marzo 2017, camera.it
46
Cfr. Domenico Iodice, Riccardo Colombani, First Cisl, Il lavoro agile nella legge n°81/2017: flessibilità o
destrutturazione del rapporto, working paper n°9, ADAPT University Press 2017, bolledttinoadapt.it
47
Perulli Adalberto, La “soggettivazione regolativa” nel diritto del lavoro, in DRI n°1, 2019, pp 111-164
30
maggiore autonomia e responsabilizzazione del prestatore di lavoro, lo schema del
lavoro subordinato basato su dinamiche di controllo e direzione datoriale,
respingendo tutte le proposte presentate durante l’iter legislativo sull’estensione della
modalità anche all’ambito del lavoro autonomo. Secondo alcuni commentatori della
legge, in tale previsione vi sarebbe una evidente contraddizione. Ossia “i vincoli di
un’organizzazione gerarchica e fordista del lavoro” non si presterebbero al “ carattere
fiduciario e cooperativo che dovrebbe presidiare prestazioni di lavoro rese per il
tramite di nuove tecnologie e in funzione di obiettivi condivisi, per di più senza vincoli
di orario e luoghi di lavoro, che se non esclude in astratto l’esercizio del potere
direttivo del datore di lavoro, rende certamente superflua, se non intimamente
contradittoria, la previsione di forme di controllo sulla esecuzione della prestazione
piuttosto che sui risultati conseguiti dal lavoratore”.
48
Il paradigma della nozione di
subordinazione, dettato dall’articolo 2094 c.c., resta evidente anche nella disciplina del
lavoro agile, nonostante nel patto tra le parti del rapporto di lavoro ex art.18, legge n°
81/2017, sia compresa la possibilità di regolare, in maniera dettagliata, l’esercizio delle
prerogative datoriali in tema di direzione e potere disciplinare, in relazione alla parte
di prestazione lavorativa svolta all’esterno dei luoghi di lavoro. Per evitare dubbi,
l’articolo 21 co. 1 conferma, invece, che la titolarità degli stessi resta in capo al datore
di lavoro, in quanto coessenziali al lavoro subordinato. L’accordo di adesione alla
modalità agile diviene strumento di incremento dell’autonomia del lavoratore. Essa si
realizza grazie ad uno scambio tra la maggiore produttività per l’impresa e il
bilanciamento del tempo di lavoro e di vita per il dipendente, con la conseguente
48
In merito vd. E.Dagnino, M.Menegotto, L.Pelusi, M.Tiraboschi, Guida pratica al lavoro agile dopo la legge
n. 81/2017, seconda edizione, ADAPT University Press, 2020, pp. 6-25
31
valutazione, solo tendenziale e non esclusiva, del lavoratore sulla base dei risultati
prodotti
49
.
Con la normativa del 2017 sullo smart working, l’Italia dispone di un quadro
legislativo finalizzato ad arginare le episodiche esperienze, degli anni precedenti, fatte
di lavoro a distanza, nella forma del lavoro a domicilio o di rapporti atipici regolati da
contrattazioni collettive aziendali con contenuti molto diversi tra loro. Mariano Corso,
responsabile dell’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano sostiene
che la legge n°81 del 2017 “è una norma leggera e al tempo stesso rivoluzionaria,
perché supera retaggi di una visione angusta delle relazioni industriali e rimette al
centro la persona e la sua libertà e responsabilità personale, dando la possibilità di
prescindere da vincoli omologati e di sperimentare nuovi e più intelligenti equilibri”
50
.
Le aspettative del legislatore al momento dell’approvazione della legge n°81 erano
elevate. Soprattutto visti i risultati, non brillanti, delle disposizioni legislative dettate
in tema di lavoro a domicilio, ossia la legge n°877/1973 e della legge n°189/1998 sul
telelavoro per le pubbliche amministrazioni e degli accordi interconfederali per la
diffusione del telelavoro nelle imprese private. La disciplina del lavoro agile, secondo
le intenzioni del legislatore, serviva a superare l’insuccesso del telelavoro causato dalla
rigidità normativa cui si accompagnava e, così facendo, aprire la strada alla flessibilità
dello svolgimento della prestazione lavorativa nella forma del lavoro agile anche in
aziende di minor dimensione o tecnologicamente non avanzate. La normativa del 2017
promuove lo smart working come modalità di lavoro adatta a tutti gli ambiti
produttivi con benefici per i dipendenti, per le imprese, per la pubblica
amministrazione e, finanche, per l’intera collettività. Le aspettative sono state in gran
parte deluse, non avendo avuto questa modalità di lavoro una diffusione in linea con
49
In tal senso Franco Carinci, Dall’ordinamento del lavoro in fabbrica a quello del lavoro da remoto, in Michel
Martone (a cura di), “Il lavoro da remoto. Per una riforma dello smart working oltre l’emergenza”,
LaTribuna editore, 2020, pp.43-48
50
Mariano Corso, Lo smart working non piace più? Ecco l’errore più grave, 14 luglio 2020, agendadigitale.eu
32
le attese del legislatore in nessun ambito a cui era stata destinata. Tutto ciò fino alla
emergenza pandemica del 2020 allorquando il lavoro agile ha conosciuto una crescita
esponenziale e uno sviluppo repentino. È pur vero che nella normativa dettata in via
transitoria per il lavoro agile nel periodo dell’emergenza, risultano, palesemente,
traditi i principi e tratti qualificanti dell’istituto così come regolato dalla legge del 2017.
Viene meno la bilateralità dell’attivazione del lavoro agile. L’esecuzione della
prestazione è totalmente esterna ai luoghi dell’impresa e la finalità preventiva e di
tutela della salute pubblica emerge a discapito del bisogno di conciliazione tra tempi
di lavoro e di vita del lavoratore
51
.
2.2 Ambito di applicazione
Gli ambiti applicativi del lavoro agile possono essere i più vari. Innanzitutto, la
normativa si applica ai rapporti di lavoro subordinato del settore privato. Dalle
prestazioni a contenuto intellettuale o di concetto a quelle che richiedono ridotte
capacità specifiche o manuali, per cui l’attività può essere svolta, solo in parte,
all’interno dell’azienda sotto la direzione del datore di lavoro. Le disposizioni si
applicano anche ai “rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche di cui all’art.1, co. 2, del d.lgs. n°165 del 2001” (T.U. sul pubblico impiego). Come
espressamente previsto dall’art.18 della legge n°81, le pubbliche amministrazioni
possono usufruire di tale modalità di lavoro, disponendo delle linee guida contenute
nella direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri n°3 del 2017, emanata in
attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della legge 124 del 2015
52
. Inoltre, in virtù
51
Raffaele de Luca Tamajo, Francesca Maffei L’esperimento emergenziale e post emergenziale del lavoro agile:
consuntivo e spunti di riforma in Michel Martone (a cura di), Il lavoro da remoto. Per una riforma dello smart
working oltre l’emergenza, LaTribuna editore, 2020, pag.229 e ss.
52
Legge 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche”, meglio conosciuta come Legge Madia di Riforma della PA.
33
dell’articolo 14 comma 4 della medesima legge, anche gli organi costituzionali,
nell’ambito della loro autonomia, possono definire modalità e criteri per l’applicazione
del lavoro agile. Salvo coloro che non rientrano nell’ambito di applicazione del Testo
Unico sul pubblico impiego, nessun dipendente della pubblica amministrazione è,
quindi, potenzialmente escluso dalle misure, fermo restando la valutazione di
compatibilità della prestazione di lavoro con la modalità agile.
53
La legge sul lavoro
agile non individua dei destinatari privilegiati. È il datore di lavoro, azienda o pubblica
amministrazione, a scegliere, su base discrezionale, a quali dipendenti riservare questa
modalità agile di esecuzione della prestazione lavorativa. La scelta, in concreto, può
avvenire valutando la posizione di ogni singolo dipendente (caso per caso) oppure
attraverso la predisposizione di regolamenti interni o accordi aziendali, di criteri
oggettivi da seguire per l’individuazione di un insieme di lavoratori astrattamente
idonei, tra cui poi operare la selezione. L’originaria formulazione della legge n°81, non
prevedeva per nessuna categoria di lavoratori un diritto al lavoro agile, né alcuna
priorità di accesso a tale modalità. Tuttavia, il legislatore, con la legge di bilancio per
il 2019, inseriva nella normativa un accesso in via preferenziale al lavoro agile per
talune categorie di lavoratori. Difatti il comma 3-bis dell’art.18, inserito dall’art.1 co.
486 della legge n°145/2018, in vigore dal 1° gennaio 2019, prevede che “i datori di
lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di
lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle
richieste…formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del
periodo di congedo di maternità…ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di
disabilità”
54
.
54
Modifica intervenuta con legge n°145 del 30 dicembre 2018 (Legge di bilancio 2019), art. 1 co. 468.
34
2.3 L’inquadramento sistematico del lavoro agile
L’articolo 18 della legge n°81/2017 definisce il lavoro agile quale “modalità di
esecuzione del rapporto di lavoro subordinato”. La previsione dell’inquadramento del
lavoro agile nella disciplina del rapporto di lavoro subordinato è stata oggetto di
grande dibattito nella dottrina giuslavoristica. D’altronde, già dalla disciplina
codicistica emergerebbero delle perplessità. Il titolo II del libro V del codice civile del
1942 è dedicato al “lavoro nell’impresa”; così l’art. 2094 c.c. definisce quale prestatore
di lavoro subordinato “chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare
nell'impresa”. Entrambe le disposizioni esprimono una collocazione topografica,
l’impresa, come ambito elettivo di svolgimento della prestazione lavorativa. È
opinabile, per certi aspetti, la scelta del legislatore di aver inquadrato lo smart working,
nato nell’epoca della quarta rivoluzione industriale, in una categoria, il lavoro
subordinato, pensata per l’organizzazione industriale del Novecento. Parte della
dottrina ha rilevato come la normativa sul lavoro agile si inserisca in un processo di
destrutturazione della nozione classica di subordinazione. Tale processo è, per certi
versi, evidente. L’assenza di un unico e determinato luogo di lavoro esterno
all’impresa, gli orari di lavoro non rigidamente predefiniti, la disciplina contenuta nel
patto di lavoro in riferimento alle modalità di esercizio dei poteri datoriali all’esterno
dell’impresa, sembrano non coerenti con gli elementi sintomatici della subordinazione
così come individuati dalla consolidata giurisprudenza. Viene meno il valore
qualificatorio della prestazione in funzione della collocazione spazio-temporale,
rilevando maggiormente l’apporto del lavoratore all’organizzazione aziendale. La
centralità della categoria lavoro subordinato, ribadita nella legge sul lavoro agile e
segnata da modalità esecutive talvolta più simili al lavoro autonomo (logiche di
risultato e autodeterminazione), risponde alla necessità di garantire maggiore
flessibilità alle dinamiche giuridiche che disciplinano la prestazione di lavoro
subordinato con la tendenziale condivisione con il dipendente del rischio d’impresa,
35
tradizionalmente riservato esclusivamente al datore di lavoro
55
. Il legislatore del 2017
ha operato, quindi, una chiara scelta di politica legislativa in relazione alla collocazione
sistematica del lavoro agile nell’ordinamento del diritto del lavoro. La modalità agile
di svolgimento della prestazione, come descritta dal legislatore, con i suoi elementi
fondamentali ed eventuali, individua, quindi, la fattispecie lavoro agile. Tale
componente diviene elemento specializzante del rapporto di lavoro subordinato, che
ne costituisce il presupposto. Integrando, così, la fattispecie complessa di lavoro agile
subordinato. Tale elemento di specialità non è incompatibile con il principio di
indisponibilità che presidia la tipologia contrattuale di lavoro subordinato. Neanche il
legislatore potrebbe derogare al principio di indisponibilità del tipo contrattuale
lavoro subordinato né ai diritti garantiti per tale tipologia di rapporti. Oggetto di
regolamentazione, infatti, è esclusivamente la particolare modalità di esecuzione della
prestazione che concorre con la disciplina generale del lavoro subordinato.
56
Riguardo
la compatibilità del lavoro agile con le diverse tipologie di contratti di lavoro presenti
nell’ordinamento italiano, visto che il lavoro agile è una modalità di svolgimento dei
rapporti di lavoro subordinato, ne consegue che, in assenza di specificazione, tale
modalità sia applicabile alle diverse tipologie contrattuali nell’ambito della
subordinazione. Previsioni ostative al suo utilizzo dovrebbero essere contenute,
perciò, in eventuali contratti collettivi o aziendali. Nello specifico, nessuna
incompatibilità si profila rispetto ai rapporti a tempo pieno, siano essi a tempo
indeterminato che determinato. Per quanto attiene al contratto di lavoro part-time, la
previsione dell’art. 5 co. 2, D.lgs. 81/2015, che richiede la specificazione nel contratto
della collocazione temporale e della durata della prestazione lavorativa, mal si concilia
con il concetto di flessibilità che è proprio del lavoro agile. La preclusione potrebbe
55
Vd. Michele Tiraboschi, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva: la tortuosa via italiana verso la
modernizzazione del diritto del lavoro, WP CSDLE Massimo D’Antona, n. 335/2017
56
Vd. Michele De Luca, Legge sul lavoro agile: uno sguardo dal ponte sul sistema di tipologie contrattuali del
lavoro dopo il recente riordino, in Variazioni su Temi di Diritto del Lavoro, 2018.
36
essere superata soltanto rinunciando alla flessibilità temporale prevista dalla
normativa. Quanto al contratto di apprendistato, qualora gli obblighi formativi e di
affiancamento di cui all’art. 46 del d.lgs. 81/2015, possano essere gestiti virtualmente o
l’assenza del tutor sia limitata, non dovrebbero esserci ostacoli all’applicazione della
disciplina del lavoro agile. Nessun limite sembra porsi per il lavoro intermittente,
salvo l’impossibilità oggettiva di esecuzione della prestazione in modalità agile. Per la
somministrazione di lavoro, fermo restando la necessaria stipulazione dell’accordo di
lavoro agile con l’agenzia in quanto datore di lavoro formale, la sua effettiva
attuazione dipende dall’utilizzatore della prestazione lavorativa. In questo caso
sembra ragionevole procedere con la stipulazione di un contratto tra tutte le parti
coinvolte nello schema della somministrazione di lavoro: agenzia, utilizzatore,
lavoratore.
57
Così delimitato, si ritiene che l’ambito di applicazione del lavoro agile
costituisca una fattispecie positivizzata dal legislatore, ma non esclusiva, di
svolgimento del rapporto di lavoro subordinato a distanza e con l’ausilio di
strumentazioni tecnologiche. Essa concorre con il telelavoro, con il lavoro a domicilio,
e con altre modalità di esecuzione della prestazione da remoto da svolgersi nel rispetto
delle disposizioni di legge e della contrattazione collettiva
58
. Quanto detto è
compatibile con la tesi che sostiene la natura promozionale della legge sul lavoro agile.
Essa non intende escludere, né far ritenere illegittime forme flessibili di prestazione
diverse dallo smart working previsto dalla legge n°81/2017. L’art.20 della legge n.81,
come rilevato
59
, conferma, implicitamente, questa tesi, laddove stabilisce che le
57
Cfr. E.Dagnino, M.Menegotto, L.Pelusi, M.Tiraboschi, Guida pratica al lavoro agile dopo la legge n.
81/2017, seconda edizione, ADAPT University Press, 2020, pp. 6-30
58
Alessandro Boscati, L’inquadramento giuridico del lavoro da remoto tra potere direttivo e autonomia della
prestazione in Michel Martone (a cura di), Il lavoro da remoto. Per una riforma dello smart working oltre
l’emergenza, LaTribuna editore, 2020
59
In tal senso vd. Domenico Mezzacapo, Il lavoro agile ex legge n.81/2017: note minime e problemi aperti in
Gruppo Giovani Giuslavoristi Sapienza (a cura di), Il lavoro agile nella disciplina legale, collettiva ed
individuale. Stato dell’arte e proposte interpretative di un gruppo di giovani studiosi, in WP CSDLE “Massimo
D’Antona”.IT, Coll. vol. n. 6, 126
37
disposizioni si applicano “al lavoratore impiegato in forme di lavoro agile ai sensi del
presente capo”. Lasciando presupporre che vi siano altre forme di lavoro agile che non
rientrano nella legge 81/2017. Di conseguenza, le imprese potranno continuare ad
avvalersi di altri schemi di smart working, adottati precedentemente alla legge sul
lavoro agile del 2017, fermo restando la compatibilità degli stessi con le disposizioni
generali di legge e con i contratti collettivi applicati in azienda e la conseguente
esclusione dagli incentivi previsti dalla stessa legge.
2.4 Il lavoro agile come modalità di svolgimento della prestazione
lavorativa
Il capo II della legge n°81/2017 si apre con i 5 commi dell’articolo 18, recante in rubrica
“Lavoro agile”
60
. Il Legislatore precisa, al primo comma, le finalità e i tratti essenziali
della nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. La normativa
adottata con finalità di promozione di modelli organizzativi, basati sul lavoro agile, ha
un duplice scopo: per le imprese l’incremento della competitività; per il lavoratore la
conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro. Le finalità sono in linea con quanto
emerso nel dibattito parlamentare e con quanto sostenuto da giuslavoristi, economisti
e sociologi del lavoro, negli anni precedenti all’approvazione della legge. Ossia, la
necessità di dotare le imprese di una cornice normativa in relazione alle nuove forme
flessibili di organizzazione del lavoro indotte dalla digitalizzazione e, al contempo,
garantire ai lavoratori tutele, coerenti con l’evoluzione delle forme di svolgimento
60
Articolo 18, comma 1, Legge n°81/2017 stabilisce: “Le disposizioni del presente capo, allo scopo di
incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il
lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo
tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario
o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività
lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte
all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro
giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.”