Introduzione
Lo spunto di questa tesi nasce dall‘attualità, dalla quotidianità del vivere
costantemente ‗in emergenza rifiuti‘, dalla volontà di capire l‘assurdità di una
situazione durata quindici anni durante la quale anziché progettare una soluzione a
lungo termine ci si è limitati a tappare le falle, preoccupandosi esclusivamente dello
smaltimento dei rifiuti, che dovrebbe essere l‘extrema ratio, piuttosto che delle
possibilità di riduzione conversione, riutilizzo, riciclo,.
Per meglio comprendere tale fenomeno, è sembrato opportuno cercare un termine di
paragone giuridicamente esterno al nostro sistema ma affine all‘esperienza italiana, e
campana in particolare.
Le peculiarità storiche e giuridiche della Spagna rappresentano l‘ideale paradigma per
analizzare la realtà nostrana e per coglierne appieno differenze, pregi e difetti,
considerando anche lo stato avanzato del processo di integrazione europea che è alla
base di una omogeneità sempre più avanzata fra gli ordinamenti degli Stati membri.
Avendo il privilegio di poter guardare all‘esperienza iberica da un ottica privilegiata,
grazie ad un esperienza Erasmus nella città di Valencia, è parso logico associare
queste due realtà geograficamente e culturalmente molto vicine, eppure sotto molti
aspetti radicalmente opposte.
La funzione primaria della comparazione è, infatti, per antonomasia, la conoscenza
degli ordinamenti stranieri, che molto spesso favorisce anche una migliore
comprensione dell‘ordinamento nazionale.
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Per comparazione giuridica si intende un‘operazione intellettuale di raffronto fra
ordinamenti (macrocomparazione) o loro componenti (microcomparazione) compiuta
in modo sistematico e secondo gli schemi di una precisa metodologia giuridica;
l‘approccio che ho scelto è quello del cd. metodo problematico che consiste nel porre
al centro dell‘indagine un problema giuridico di carattere pratico da affrontare
mediante il ricorso a tutti quei formanti (come ad esempio la dottrina, o la
giurisprudenza,) che hanno offerto possibili soluzioni all‘oggetto della trattazione. In
questo campo peraltro non è possibile tralasciare l‘aspetto storico, stante la contiguità
tra comparazione e storia del diritto e l‘impossibilità di comprendere ciascun termine
della comparazione senza conoscerne la storia.
Fondamentale importanza rivestono, in un analisi di diritto comparato, tanto i
formanti verbalizzati che quelli non verbalizzati, o crittotipi; tra i formanti
verbalizzati vanno approcciati in primo luogo quelli principali ovvero dottrina,
giurisprudenza e diritto positivo; ma per comprendere un fenomeno a tutto tondo non
possono tralasciarsi altri formanti come le dichiarazioni di scienza (specie in un
campo estremamente tecnico come quello dei rifiuti), o le ideologie, né tantomeno i
meta-formanti, ovvero quelle parti dell‘ordinamento che pur non costituendo formanti
legali incidono ugualmente sull‘assetto giuridico di uno Stato, come le formule
politiche o altri a carattere economico e culturale. Questo spiega il perché tra le fonti
di questa tesi vi siano anche siti internet, articoli di giornale, resoconti di conferenze
e convegni, riviste specializzate e atti non vincolanti, spesso a carattere divulgativo,
emessi da enti locali che meglio possono chiarire il quadro generale all‘interno di
un‘ottica diacronica.
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All‘interno di una branca del diritto sviluppatasi di recente come il diritto ambientale,
il campo dello smaltimento dei rifiuti è probabilmente quello maggiormente connesso
con la problematica ambientale intesa nel suo complesso, basti pensare solo agli
innumerevoli inquinamenti causati dai rifiuti, che sono in grado di contaminare
qualsiasi specie animale o vegetale del globo, al pari di un virus letale. Parliamo di
una contaminazione che cresce di pari passo allo sviluppo della civiltà e quindi viene
spesso considerata come una conseguenza inevitabile e irreversibile dei livelli di
benessere attuali che impongono uno standard di consumo continuo e irresponsabile.
L‘aumento della produzione di rifiuti infatti, unitamente ad una gestione inadeguata e
allo smaltimento incontrollato nelle discariche sono minacce che hanno un‘incidenza
diretta sul suolo, sull‘acqua e sull‘aria oltre ad inevitabili ripercussioni a livello
paesaggistico, e in definitiva anche economico. Oggi assistiamo a fenomeni quali
l‘isola di rifiuti grande due volte il Texas, l‘interramento di rifiuti pericolosi che
rendono tossico suolo e sottosuolo, l‘utilizzo di rifiuti nelle filiere di produzione per
risparmiare sui costi di produzione, o ancora l‘affermarsi di ecomafie che fanno dello
smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, uno dei loro business di punta, ma le
preoccupazioni ecologiste sono tutt‘altro che recenti. In particolare negli ultimi
decenni, si è registrata una progressiva ―ecologizzazione‖ sia della vita politica, che
del mondo produttivo, che delle discipline scientifiche. All‘interno di questo processo
il diritto ha avuto un ruolo fondamentale, non solo attraverso la legislazione, ma
anche attraverso l‘elaborazione dottrinale e concettuale che, prendendo spunto
prevalentemente da nozioni di altre scienze (in primis l‘ecologia) ha contribuito alla
creazione di concetti nuovi e originali come quelli di valutazione di impatto
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ambientale o sviluppo sostenibile. Come si può facilmente intuire la materia è
sterminata, e al confine tra scienze giuridiche e scienze chimiche e biologiche, e solo
in tempi recenti è stata compresa in tutta la sua importanza e porta dritti alla questione
finale sottesa all‘annoso problema dei rifiuti, ovvero la sostenibilità del nostro
modello di vita, il paradosso di una società che consuma più di quanto può
permettersi di sostenere e con i suoi rifiuti contamina e avvelena la terra e i suoi
abitanti. Questa è infatti la sfida del futuro per i Paesi più avanzati e industrializzati
nei quali il rapporto tra la qualità della vita e il volume di rifiuti prodotti è
direttamente proporzionale.
A queste difficoltà se ne aggiungono altre di carattere più tecnico quali la mancanza,
a livello comunitario e internazionale, di un sistema organico delle fonti, problema
correlato con la ―novità‖ della materia (l‘affermarsi di una sensibilità giuridica
concreta per le tematiche ambientali è piuttosto recente sia a livello internazionale
che nazionale), la sovrapposizione delle competenze che si verifica in Italia, in
seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione, in materia ambientale e non solo
(e che ha dato luogo ad importanti sentenze della Corte Costituzionale), la tendenza
―inflazionistica‖ della legislazione ambientale italiana, solo apparentemente mitigata
dalla recente approvazione di un testo unico ambientale (D. Lgs. 152/2006) che ha
prodotto, nel volgere di pochi anni un insieme legislativo disomogeneo, di difficile
decifrazione e ancor più difficile attuazione. Inoltre, di fronte a questo marasma di
norme la dottrina e l‘opinione pubblica italiana hanno mostrato una preoccupante
forma di assuefazione che ha spinto il dibattito politico e giuridico in materia di
ambiente ad una progressiva settorializzazione.
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Questi sono i motivi per i quali in questo ambito (smaltimento dei rifiuti) non è
possibile prescindere da una panoramica generale sulle normative ambientali che
restituisca il senso della profondità e della complessità del problema,
inscindibilmente legato con numerosi campi del diritto ambientale e quasi a cavallo
tra diritto internazionale, comunitario, costituzionale e amministrativo.
Si ritiene opportuno prendere le mosse dal diritto internazionale che, oltre a
rappresentare un utile bussola per stabilire l‘importanza attribuita dai singoli stati a
determinate tematiche costituisce spesso anche la cartina di tornasole di
provvedimenti che in seguito vengono adottati nei parlamenti nazionali e/o in quello
europeo. Inoltre il campo delle relazioni internazionali fornisce validi spunti che
aiutano a prefigurare le future tendenze globali e costituisce il terreno d‘elezione per
il bilanciamento degli interessi mondiali. Bypassare una pur schematica disamina di
questo aspetto per concentrarsi direttamente sul cuore del problema (ovvero lo
smaltimento dei rifiuti) non permetterebbe di cogliere appieno l‘ampiezza e
l‘importanza della materia, senza riuscire peraltro ad inquadrare la questione nei
termini corretti, in quanto si condurrebbe un‘analisi carente di riferimenti
extraeuropei, che non riuscirebbe inevitabilmente a fornire una reale percezione
dell‘universalità del tema in questione.
Dopo questa breve parentesi introduttiva, utile per tastare il polso della tutela
ambientale a livello internazionale, si analizzeranno i provvedimenti dell‘Unione
Europea riguardanti la materia ambientale in generale, che vincolano tutti gli Stati
membri e costituiscono un diritto sovranazionale sempre più collegato con gli
ordinamenti dei singoli stati membri, fino a costituire un tutt‘uno, un sistema che per
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essere compreso va letto nella sua integrità. Altrettanto importanti, anche se analizzati
nel capitolo successivo, sono i procedimenti della Corte di Giustizia in merito
all‘emergenza rifiuti in Campania, nonché il ruolo delle altre istituzioni europee al
riguardo.
La trattazione prosegue poi, secondo un iter ―discendente‖, con l‘analisi del diritto
italiano: partendo dalle disposizioni costituzionali riguardanti il ‗valore ambiente‘ si è
cercato di ricostruire, servendosi anche di pronunce giurisprudenziali e di autorevoli
filoni dottrinali, il tessuto di un sistema di non agevole comprensione, nel quale le
competenze, dopo la recente riforma costituzionale, risultano frammentate tra centro
e periferia, per giungere infine alla codificazione del 2006 con cui apparentemente si
è semplificata e riorganizzata una materia che fino a qualche anno fa appariva come
un‘intricata selva in cui ci si poteva imbattere in tutto e nel contrario di tutto.
Dopo una breve parentesi sul diritto emergenziale l‘analisi si sposta sull‘oggetto
specifico della trattazione, e quindi sull‘emergenza rifiuti in Campania: da un‘analisi
diacronica delle normative riguardanti lo smaltimento dei rifiuti si giunge alla cd.
gestione straordinaria in cui la ‗dittatura dell‘emergenza‘ ha permesso l‘instaurarsi di
un diritto derogatorio rispetto a quello ordinario, esplicantesi principalmente nei
poteri extra ordinem attribuiti, dopo la dichiarazione dello stato d‘emergenza, al
Commissario Delegato, vero e proprio deus ex machina del sistema.
Anche a causa dell‘enorme mole di dati in questione, l‘elaborato si incentra sullo
smaltimento dei rifiuti urbani, e sulla ripartizione delle competenze, trattando solo
marginalmente la gestione del ciclo integrato delle altre tipologie di rifiuti.
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Si passa quindi alla disamina del Piano Regionale per lo smaltimento dei rifiuti del
1997, per compararlo successivamente col Piano Regionale dei rifiuti urbani del
2007 e comprenderne progressi e differenze; questi documenti, redatti dal
Commissario delegato per l‘emergenza rifiuti, in maniera partecipata con gli enti
locali, costituiscono importanti testimonianze della strada che la regione Campania
intende intraprendere per riemergere da una situazione disastrosa.
In questa sede sono volutamente tralasciate tutte le questioni attinenti alle
responsabilità dei soggetti preposti alla gestione del ciclo dei rifiuti in Campania che
porterebbero inevitabilmente seco un indagine su tutti procedimenti civili e penali
riguardanti non solo l‘emergenza rifiuti ma l‘intera emergenza ambientale in atto
nella regione, che ha peraltro radici ben più remote, e che inevitabilmente troverebbe
implicati non solo i suddetti soggetti ma anche esponenti della criminalità organizzata
che da decenni utilizzano i terreni di questa regione per occultare o incendiare le più
disparate e dannose tipologie di rifiuti, provenienti da mezza Europa.
Il terzo capitolo, incentrato sull‘esperienza spagnola, si apre con una breve
introduzione storico-giuridica, nella quale risaltano differenze e analogie con la
Repubblica Italiana, per poi appressarsi sempre più al cuore della trattazione; si
analizza quindi la Costituzione spagnola in ottica ‗ambientalista‘ estrapolandone i
numerosi riferimenti in materia, senza tralasciare le più significative pronunce del
Tribunal Costitucional.
Si procede con il resoconto della situazione attuale, a livello normativo e governativo,
con le inversioni di rotta delle politiche ambientaliste iberiche all‘ombra della crisi
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economica mondiale in uno scenario mutevole e di difficile lettura in cui dietro ogni
scelta sono presenti colossali interessi economici nazionali ed europei.
La legge 10 del 1998 costituisce il fulcro di tutta la normativa statale in materia di
rifiuti e la sua analisi prepara il terreno all‘indagine sulla gestione dei rifiuti nella
Comunità Valenzana, che costituisce in quest‘ambito una delle punte di diamante del
sistema spagnolo. La norma di riferimento è costituita dalla legge regionale 10 del
2000 sulla cui base sono stati approvati i due Piani Integrali dei Rifiuti della
Comunità Valenzana del 1997 e del 2010 logicamente giustapposti ai due Piani
Regionali dei rifiuti della Regione Campania.
.
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CAPITOLO 1
LA TUTELA DELL’AMBIENTE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE E
COMUNITARIO: LINEE GENERALI
1.1.La mancanza di un sistema organico delle fonti per la tutela dell’ambiente
Il diritto dell‘ambiente non conosce un vero e proprio sistema delle fonti e ciò
ha causato un eccessivo proliferarsi di norme abilitate ad innovare la materia. Ciò in
parte è dovuto alla moltiplicazione dei livelli di governo dell‘ambiente, non solo in
senso orizzontale, cioè tra organi appartenenti allo stesso ordinamento giuridico, ma
anche in senso verticale, tra organi appartenenti a ordinamenti giuridici distinti.
Bisogna prendere atto della necessità di ricondurre la disciplina giuridica a tutte le
tipologie di atti di produzione normativa generalmente riconosciute dall‘ordinamento
giuridico, tenendo conto che si rendono indispensabili interventi normativi a tutti i
livelli territoriali di governo: internazionale, comunitario, nazionale, regionale e
locale.
L‘eccessiva proliferazione ha provocato difficoltà di coordinazione degli interventi
normativi, facendo sorgere delle vere e proprie rotture tra fonti e principi che ne sono
alla base, determinando inevitabilmente dubbi interpretativi. Problematica è infatti la
loro conoscibilità, resa ardua dal variegato ventaglio degli atti in concreto prodotti e
soprattutto dal loro mancato coordinamento. Questa situazione è dovuta al fatto che la
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normativa ambientale spesso nasce per far fronte a situazioni di emergenza; si tratta
sostanzialmente di una materia ― nuova‖, ancora in piena evoluzione.
Il quadro legislativo che ne deriva risulta essere ipertrofico, incoerente e poco chiaro.
I motivi sono molteplici. Una della difficoltà della sistemazione della materia è
causata dal lento recepimento delle direttive comunitarie nell‘ordinamento italiano,
come in quello spagnolo, per cui si avverte la necessità di un‘urgente
razionalizzazione e sistemazione del sistema fonti per la tutela del diritto
dell‘ambiente.
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1.2.Nozione giuridica di rifiuto e alcune precisazioni terminologiche
Secondo la definizione data dalle autorità europee attraverso le direttive (in
particolare la direttiva n. 75/442 CEE come modificata dalla direttiva 91/156 CEE) e
accolta dai legislatori italiano e spagnolo
1
, i rifiuti sono quelle sostanze o quegli
oggetti di cui il detentore o il titolare si devono disfare, si stanno disfacendo, hanno
l‘obbligo di disfarsi o hanno deciso di disfarsi. L‘essenza del concetto risiede
nell‘obbligo e/o nel costo, che gravano sul detentore di una sostanza o di un oggetto
inutile (e che non si riesce a vendere proprio perché nessuno ritiene la cosa utile o di
valore), che la dismissione del rifiuto in forma corretta comporta. Ciò conduce alla
reale chiave di volta della questione: il carattere distintivo del rifiuto consiste nel suo
essere una cosa non più oggetto di diritti. Ci si riallaccia quindi all‘art.810 del codice
civile
2
, per il quale sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti
(pubblici,come ad es. le miniere, privati, come ad es. le cave o collettivi come l‘aria o
l‘acqua del mare); al contrario le cose tout court saranno, per esclusione, tutte quelle
che non possono formare oggetto di diritti. Per chiarezza espositiva, a latere di questa
1
A seguito dell‘entrata in vigore della legge 8 agosto 2002, n. 178, che all'articolo 14 conteneva
l'interpretazione autentica della definizione di «rifiuto» contenuta nel. D. Lgs. 22/97 ( c.d. ― Decreto
Ronchi‖), la Corte di Giustizia del Lussemburgo, con sentenza dell‘11/11/04 (causa C-475/02) aveva
dichiarato l‘incompatibilità della normativa italiana di attuazione che precisava la nozione di rifiuto
contenuta nella direttiva 75/442 CEE, con la normativa comunitaria. In seguito, l‘Italia, con il D. Lgs.
152/06, adegua il suo ordinamento a quello europeo, accogliendo la nozione giuridica europea di
rifiuto contenuta nella direttiva 91/156 CEE. L‘ordinamento spagnolo (e in particolare la Comunità
Valenciana) recepisce tale definizione nella Legge 10/200, art.4.
2
Nell‘art.810 cod. civ. è chiara questa distinzione tra beni e cose, mentre in altre disposizioni del
codice civile questi due termini vengono usati come sinonimi, dando luogo ad aspre critiche
dottrinarie.
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dicotomia abbiamo un‘ulteriore distinzione tra cose oggetto di sovranità statale (ad
es. il sottosuolo) e cose non oggetto di sovranità statale (ad es. il sole e la luna).
Dunque i rifiuti ,che beni non sono, nonostante potrebbero esserlo stati in precedenza,
sono cose materiali, oggetto di sovranità statale, che possono essere allo stato
gassoso, liquido o solido, di cui il detentore , il proprietario o colui che le ha prodotte
vuole liberarsi, in quanto non più utili per sé e per gli altri (altrimenti potrebbero
essere venduti). Quindi per potersene disfare in ossequio a quanto stabilito dalla
legge, deve assumere degli obblighi: innanzitutto, finché li detiene, lo deve fare
correttamente e in modo che non inquinino; poi deve contattare un servizio pubblico
o privato, a seconda dei casi, e infine consegnarli correttamente all‘impresa o ente che
gestisce il servizio. Questa consegna non viene fatta a titolo gratuito, salvo rari casi:
se si tratta di un‘industria, essa dovrà pagare l‘impresa che raccoglie quel tipo di
rifiuti, mentre se si tratta di un servizio pubblico, vi sarà una tassa per questo servizio;
se il servizio è reso da un privato si instaura un rapporto bilaterale e dunque un
contratto, se invece il servizio è reso dal comune o da un‘azienda comunale o sotto il
controllo pubblico, come è in genere per il servizio di nettezza urbana, siamo in
presenza di un rapporto unilaterale.
In definitiva i rifiuti sono cose materiali oggetto di obblighi, nel senso che, nel
momento in cui ce ne si disfa, bisogna rispettare i relativi obblighi. Il discrimen
fondamentale per stabilire concretamente quali sono rifiuti e quali no (e quindi la
differenza tra rifiuti-cose e beni) risiede nella forma di smaltimento dei medesimi: nel
caso in cui la dismissione sia avvenuta dietro pagamento di un corrispettivo (indice di
un contratto di compravendita) a colui che vuole disfarsene, allora queste cose
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avranno un valore, seppur minimo, e non saranno sottoposte al regime dei rifiuti
(essendo ancora beni), al contrario se la dismissione è avvenuta a titolo gratuito
oppure se è stata pagata una cifra per il servizio di rimozione, ci troviamo in presenza
di rifiuti (o cose tout court). Quindi, semplificando, si può affermare che i beni sono
le cose oggetto di diritti, i rifiuti sono le cose oggetto di obblighi
3
.
Di nessuna difficoltà è stata la trasposizione delle norme comunitarie in materia di
classificazione dei rifiuti, all‘interno dell‘ordinamento spagnolo, con la legge 10/98,
che verrà trattata infra; di certo più complesso è problematico, a causa perlopiù delle
numerose discipline che hanno innovato in materia, risulta l‘adattamento nel diritto
italiano, che solo di recente sembra aver trovato la giusta chiave di lettura e una felice
soluzione legislativa.
In seguito all‘approvazione della direttiva 2008/61/CE del 17 giugno 2008, ed il suo
recepimento ad opera del D. Lgs. 4/2008 che modifica il Testo Unico Ambientale (D.
Lgs. 152/2006), le materie prime secondarie rimangono espressamente escluse dal
regime dei rifiuti, sia che si tratti di quelle derivanti da attività di recupero individuate
dagli appositi decreti, sia che si tratti di quelle che sono già tali senza necessità di
trattamento.
La disciplina dei sottoprodotti viene mantenuta con alcune modifiche; in buona parte
essa rispecchia le proposte avanzate a livello comunitario in sede di revisione della
Direttiva Rifiuti e l‘evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.
3
R. FEDERICI, La nozione giuridica di rifiuto: una teoria a confronto, audizione presso l‘Università di
Roma La Sapienza del 2003
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Ai sensi dell‘art. 183 del D. Lgs. 4/2008 i sottoprodotti devono rispondere ai seguenti
requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato
alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione,
integrale, ed avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di
utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti
merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia
luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente
diversi da quelli autorizzati per l‘impianto dove devono essere utilizzati; 4) non
debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o trasformazioni preliminari per
soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale, di cui al punto 3), ma
posseggano tali requisiti sin dalla fase di produzione; 5) abbiano un valore economico
sul mercato.
E‘ da sottolineare che i sottoprodotti sono da considerarsi prodotti a tutti gli effetti, e
nella loro gestione le imprese devono rispettare le norme applicabili ai prodotti; la
nuova disciplina presenta numerose inclusioni, nel novero dei sottoprodotti, riguardo
a materiali, come ad esempio il coke, le rocce da scavo o i residui della lavorazione
della pietra, che prima erano espressamente esclusi da tale categoria. Si
implementano, a norma dell‘art. 185, come sottoprodotti, sostanze e materiali
disomogenei, fra cui materiali litoidi, o terre da coltivazione, anche sotto forma di
fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli, e riutilizzati in
ambito agricolo, materiali fecali e vegetali provenienti da attività agricole utilizzati
nelle medesime attività o in impianti aziendali per produrre energia, calore o biogas, e
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