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Introduzione.
Lo smaltimento dei rifiuti è un problema complesso data la loro eterogeneità e la
legislazione in continua evoluzione. Soluzioni tecnologiche sempre più avanzate
si rendono disponibili ai gestori di impianti, che procedono a un continuo
adeguamento degli stessi. Per alcune categorie di rifiuti la termodistruzione è un
passaggio necessario, sia per gli obblighi normativi, sia perchè costituisce la
miglior tecnologia in grado di ridurre i rischi per l’ambiente.
Scopo di questo lavoro di tesi è di mostrare se lo smaltimento di farmaci scaduti,
condotto in maniera tecnologicamente corretta in un moderno impianto di
termodistruzione, origina problemi ambientali diversi da quelli dello smaltimento
dei rifiuti urbani. Il lavoro sperimentale di questa tesi è stato condotto presso il
forno inceneritore dell’AMNIUP -Azienda Speciale Ambiente di Padova .
Almeno quattro problemi sono individuabili a priori nella termodistruzione
dei rifiuti costituiti da farmaci scaduti :
1) l’alto potere calorifico.
2) il contenuto di alogeni (Cl, ma anche Br e I).
3) la presenza di isotopi radioattivi in alcune specifiche e ben individuate
tipologie.
4) il contenuto di mercurio.
Altre sostanze specifiche potrebbero causare problemi difficili da individuare a
priori.
Questi fattori possono incidere negativamente sulla gestione di un forno
inceneritore, sia per ragioni di incompatibilità (isotopi radioattivi), aumento delle
emissioni inquinanti in atmosfera (Hg e alogeni) e nelle acque scaricate (Cl), o
tradursi in una riduzione della potenzialità di rifiuti da incenerire (potere
calorifico).
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1. Il processo di termodistruzione
L’incenerimento è un sistema di trattamento termico che, attraverso un processo
di combustione con presenza di aria in eccesso rispetto alla richiesta
stechiometrica, trasforma i rifiuti solidi in prodotti gassosi contenenti particelle
sospese (polveri), ceneri e scorie allo stato solido ed energia sotto forma di calore.
Con l’incenerimento si ottiene una elevata riduzione in volume del rifiuto trattato
con produzione di un residuo solido sterile. Rispetto ad altri sistemi di
trattamento, l’incenerimento richiede il minor impiego di superfice e l’impianto
può quindi essere localizzato in prossimità dell’area servita con benefici dal punto
di vista dei costi di trasporto e di traffico indotto. Con l’incenerimento è possibile
trattare congiuntamente rifiuti di diversa entità e provenienza: urbani, fanghi da
depurazione, ospedalieri ed industriali. Il recupero della energia contenuta nei
fumi caldi della combustione è una forma di riutilizzazione che rende inoltre
molto interessante questo tipo di trattamento.
2. Principi della combustione
La combustione, come è noto, è una reazione chimica esotermica in cui si libera
energia sotto forma di calore. A tale fine il rifiuto viene caratterizzato
sostanzialmente attraverso quattro parametri :
1) il potere calorifico.
2) il contenuto di umidità.
3) il contenuto di ceneri.
4) la percentuale di solidi volatili.
Si definisce potere calorifico (P.C.) la quantità di calore che si sviluppa per
effetto della combustione totale dell’unità di massa di rifiuto in condizioni di
temperatura e pressione standard. In particolare, si distingue un potere calorifico
superiore (P.C.S.) ed un potere calorifico inferiore (P.C.I.), a seconda che si tenga
conto o meno del calore di condensazione dell’acqua contenuta nei prodotti di
combustione sotto forma di vapore ed il suo raffreddamento in fase liquida fino
alla temperatura standard. Questa acqua è costituita prevalentemente dall’umidità
della massa in combustione e in proporzioni minori dall’acqua risultante dalla
reazione tra l’idrogeno del rifiuto e l’ ossigeno dell’aria.
Il contenuto di ceneri (scorie) rappresenta il materiale residuo che si ritrova al
termine della combustione completa del campione del rifiuto. Le scorie sono
formate prevalentemente da silice (SiO
2
), allumina (Al
2
O
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), ossidi di ferro, calcio
e magnesio. In esse sono presenti materiali inerti che non partecipano alla
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combustione (residui metallici, vetro, materiali ceramici ecc.), oltre che i residui
della combustione della frazione organica del rifiuto.
Sono infine definiti solidi volatili la frazione del materiale combustibile del rifiuto
che, riscaldato ad alta temperatura, volatilizza; la frazione residua del materiale
combustibile viene definita residuo fisso, o carbonio fisso, e viene espressa su
base secca e priva di ceneri. I solidi volatili sono responsabili della formazione
della fiamma: in assenza di solidi volatili (come per esempio nella combustione
del coke) la fiamma è praticamente inesistente.
3. Normativa : alcune definizioni
- Farmaco scaduto
Nella circolare n. 27/1983 il Ministero della Sanità ha fissato in cinque anni il
periodo massimo di validità dei medicamenti pronti per l’impiego. Sui lotti di
preparazioni galeniche officinali, specialità medicinali, sieri, vaccini e prodotti
assimilati deve essere riportata la dicitura : “VALIDITA’ ANNI CINQUE” ,
accompagnata dalla indicazione in chiaro della data di scadenza, calcolata a
cinque anni da quella di preparazione, salvo che non sia già fissato un periodo di
validità inferiore.
Deve essere inoltre riportata l’avvertenza “la data di scadenza indicata si riferisce
al prodotto in confezionamento integro correttamente conservato” .
Quindi, un farmaco che ha oltrepassato la sua data di scadenza, o non è stato
correttamente conservato, o ne è stato lesionato l’involucro esterno, diventa un
farmaco scaduto, che non può più quindi essere usato o immesso in commercio,
esso diventa un rifiuto e come tale deve essere smaltito.
- Rifiuto
Premessa . Sino a Marzo 1997 i“rifiuti” erano regolati dal DPR n. 915 del
10/9/82, e successivi aggiornamenti e integrazioni. Dal 1/3/1997 esso è stato
sostituito dal D.Lgs. n.22 del 5/2/1997, meglio noto come “Decreto Ronchi”
che recepisce le direttive CEE 1991/156 (rifiuti) 1991/689 (rifiuti pericolosi),
1994/62 (imballaggi).
In data 28/12/1997 esso è stato integrato e aggiornato dal decreto “Ronchi-bis”.
Comunque, al momento della stesura di questo lavoro, non sono ancora state
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promulgate tutte le norme attuative del decreto, e quindi si farà riferimento anche
alle norme e alle definizioni del DPR 915/82 .
Secondo il D.Lgs n. 22 del 5/2/1997, all’art.6 comma 1 si intende per rifiuto
“qualsiasi sostanza od oggetto ....di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di
disfarsi”. Inoltre (art. 7), i rifiuti vengono classificati, secondo l’origine, in urbani
e speciali e, a seconda delle caratteristiche di pericolosità, in pericolosi e non
pericolosi.
Secondo il vecchio DPR 915/82 un rifiuto è tossico-nocivo se contiene una
concentrazione di certe sostanze in quantità superiore a quella di una loro
corrispondente concentrazione limite (per esempio, se un rifiuto contiene cadmio
in concentrazione superiore a 100 mg/kg, concentrazione limite del cadmio, il
rifiuto è tossico-nocivo).
Non tutte le sostanze potenzialmente dannose hanno però una concentrazione
limite. O sono contenute in una tabella (Tab1.1 Del.C.I. 27/7/84) oppure devono
appartenere alla categoria delle sostanze altamente tossiche, tossiche o nocive
secondo i criteri della normativa nella etichettatura delle sostanze pericolose, DPR
n. 141 del 20/2/88, riportata di seguito:
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CRITERI GENERALI DI CLASSIFICAZIONE E DI
ETICHETTATURA DI SOSTANZE PERICOLOSE
Salvo disposizioni contrarie previste nei decreti specifici relative ai preparati
pericolosi, l’assegnazione delle sostanze alle categorie altamente tossiche (molto
tossiche), tossiche , nocive è effettuata secondo i seguenti criteri :
a) l’ assegnazione alle categorie molto tossiche, tossiche o nocive è effettuata
mediante la determinazione della tossicità acuta della sostanza o del preparato
commercializzato, su animali, espressa in DL
50
o CL
50
, prendendo come
riferimento i seguenti parametri:
Categoria DL
50
orale ratto
mg/kg
DL
50
cutanea ratto
o coniglio mg/kg
CL
50
inalatoria ratto
mg/litro/4 ore
Concentrazione
limite nel rifiuto,
mg/kg
Altamente tossiche
(molto tossiche)
= 25 = 50 = 0.5 500 (0.05%)
Tossiche 25-200 50-400 0.5-2 5000 (0.5%)
Nocive 200-2000 400-2000 2-20 50000 (5%)
b) “ se alcuni elementi dimostrano che per la classificazione non è opportuno
basarsi principalmente sui valori della DL 50 o della CL 50 poichè le sostanze o i
preparati comportano altri effetti di diversa natura, le sostanze e i preparati
devono essere classificati in base all’importanza di tali effetti.”
Secondo questa tabella poteva verificarsi che, per esempio, una compressa di
aspirina, con un contenuto in principio attivo di acido acetilsalicilico di 500 mg,
essendo il peso di una compressa 0.62 g (pari ad una concentrazione di 800000
mg/kg), e una DL
50
nel ratto maschio di 1500 mg/kg, ricadesse nella categoria
delle sostanze nocive.
Il paradossale risultato è che una scatola di comune aspirina potrebbe essere
considerato un preparato nocivo, di conseguenza non smaltibile in un impianto di
incenerimento per rifiuti solidi urbani, non autorizzato per i rifiuti tossico-nocivi.
Nel caso dei farmaci scaduti da avviare all’incenerimento risulta evidente come
la classificazione basata sulla DL
50
non abbia alcun senso, considerato il
procedimento di trattamento cui i rifiuti vengono sottoposti.
Questo è anche stabilito dal DPR 915/82, che al comma 1.1 afferma che
“ si stabiliscono criteri di assimilabilità di natura tecnologica rivolti a
permettere, senza maggior rischi per la salute dell’uomo e/o per l’ambiente, lo
smaltimento dei rifiuti speciali in impianti aventi le caratteristiche minimali
stabilite in funzione dello smaltimento,nei medesimi, dei rifiuti urbani.”