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INTRODUZIONE
La crisi aziendale continua ad essere un tema attuale, non solo per l’effetto
negativo della recente crisi internazionale dei mercati finanziari, divenendo ormai
un problema permanente che interessa tutti gli agenti economici, in quanto questi
possono risentire di gravi conseguenze.
La costante crescita e dinamicità dei mercati, insieme al fenomeno della
globalizzazione ha portato livelli di rischio più alto per lo svolgimento dell’attività
economica di impresa. In tale senso, il rischio di una situazione di crisi è ormai
presente nel ciclo di vita di tutte le imprese nel mercato. La crisi aziendale può
essere considerata come una circostanza del tutto attesa che può sorgere per
moltiplici e complesse cause, sia di natura interna che esterna all’azienda. Le
cause interne sono quelle relative a eventuali deficit di capacità imprenditoriale
nelle decisioni strategiche ed operative, le cause esterne riguardano le condizioni
ambientali in grado di pregiudicare le decisioni adottate dal management.
In questo senso, si rende opportuno e necessario un costante e adeguato
monitoraggio delle condizioni interne e esterne all’azienda, con l’obiettivo di
identificare preventivamente e valutare i fattori di rischio che possono incidere
sulle fasi del suo ciclo di vita. Identificare preventivamente i segnali di una crisi
può essere di grande utilità per il management di una azienda, in quanto gli dà
modo di applicare le necessarie ed adeguate azioni correttive. Costituisce una
esigenza la rappresentazione di modelli capaci di individuare precocemente gli
squilibri che possono scatenare una crisi. Questi strumenti forniscono, infatti, non
solo indicatori fondamentali per gli interessi dei creditori e degli investitori, ma
anche parametri utili a migliorare la qualità delle decisioni e linee guide generali
volte ad aumentare le opportunità di sopravvivenza delle aziende che risentono di
tensioni a livello finanziario.
La previsione della crisi aziendale è oggetto di diversi studi, al fine di
permettere a tutti quelli che hanno degli interessi economici su una azienda di
disporre degli strumenti necessari per riconoscere la crisi in anticipo.
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Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi modelli di previsione della
crisi aziendale, applicabili alla realtà delle aziende di diversi paesi, settori e
dimensioni, attraverso diversificate tecniche. Tuttavia, siccome questi modelli
presentano delle limitazioni, si rende necessario continuare l’approfondimento
degli stessi attraverso la loro applicazione ad ogni realtà aziendale. I modelli
basati su dati contabili e parametri economici finanziari sono stati quelli più
diffusi nelle aziende, ma negli ultimi anni si è appreso che, adottando questi
modelli, non tutti i fatti rilevanti per una azienda sono sviluppati in modo
soddisfacente, poiché le rilevazioni contabili rappresentano parzialmente le
dinamiche di una azienda.
L’inadeguatezza dei risultati contabili a rappresentare la performance
complessiva di una azienda è riconducibile al fatto che vengono trascurati i fattori
immateriali dell’attività aziendale.
Inoltre, se si considera la crescente complessità del contesto ambientale in
cui le aziende si trovano ad operare, si è creata la necessità negli ultimi anni di
superare queste mancanze attraverso l’adozione di modelli multidimensionali di
misurazione della performance.
L’obiettivo di questa tesi è analizzare l’utilizzo del modello
multidimensionale dello Skandia Navigator nella previsione della crisi aziendale.
Il presente lavoro si svilupperà in una analisi letteraria di questo modello. In un
primo capitolo sarà fatta una descrizione della crisi, delle cause e dei segnali di
declino di una azienda, identificando le diverse tipologie di crisi che possono
affliggere le aziende.
Nel secondo capitolo saranno analizzati i fattori determinanti e le
caratteristiche della crisi della PMI, facendo un confronto con le caratteristiche
della crisi nelle grandi imprese e individuando i possibili interventi di risanamento
che vengono spesso attuati a seconda della gravità di ogni caso.
Un terzo e ultimo capitolo sarà destinato all’obiettivo principale di questa
tesi, vale a dire all’importanza della previsione della crisi e ai principali modelli di
previsione della crisi aziendale di tipo multidimensionale. Una attenzione
particolare verrà data al modello dello Skandia Navigator, strumento per la
misurazione del capitale intellettuale che focalizza la sua analisi su cinque aree di
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interesse del sistema aziendale, con interdipendenza tra di loro, in quanto
l’assenza o mancanza di una, comporta l’indebolimento di tutta l’organizzazione.
Ognuna di queste aree di interesse verrà analizzata e verrano individuati i diversi
indici utilizzati da questo modello per valutare la performance aziendale, i cui
risultati offriranno delle informazioni valide non solo dal punto di vista
finanziario ma anche a livello delle risorse umane che permettono al management
di capire in anticipo lo stato di salute di un’ azienda e di intervenire in caso si
verifichino le condizioni di uno stato di crisi. Infine per concludere verrà
evidenziata l’importanza di questo modello nella previsione della crisi aziendale,
così come le limitazioni legate al suo impiego.
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I CAPITOLO: LA CRISI AZIENDALE. ASPETTI INTRODUTTIVI
1.1. La crisi aziendale
La letteratura italiana, così come quella straniera, riguardo lo studio della crisi
aziendale, mette in evidenza una certa evoluzione nell’identificazione della
situazione di crisi. Lo studio della crisi aziendale si è sviluppato a partire degli
anni trenta, stimolato dai continui cambiamenti del contesto economico.
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A seconda delle condizioni economiche del momento, il metodo di studio
della crisi variava. Nei paesi anglossasoni è stato utilizzato il metodo del case
studies basato su una serie di casi di studi riferiti a casi aziendali specifici, che
permette di identificare sia le cause della crisi, sia i possibili interventi per
combatterla, incentrando così lo studio sulla previsione e sul risanamento della
crisi.
A partire dai primi anni ottanta gli studiosi si sono concentrati nella ricerca
delle cause della crisi d’impresa, distinguendole tra cause interne e cause esterne
all’azienda. Successivamente gli studiosi hanno impostato il loro orientamento
nello studio della crisi, considerandola un evento non occasionale nel ciclo di vita
di una azienda.
Anche gli studiosi italiani hanno dimostrato un interesse per il fenomeno della
crisi aziendale, differenziandola a seconda del settore economico coinvolto. Gli
studi in genere si sono basati su campioni di aziende sottoposte a progetti di
risanamento o a procedure concorsuali. Quest’analisi ha permesso di identificare
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Per l’autore Giorgino, «…è tuttavia possibile individuare due principali periodi di sviluppo. Nel
primo, relativo all’arco temporale compreso tra la depressione degli anni Trenta e i primi anni
Quaranta, si verifica il passaggio dell’analisi della crisi dagli aspetti macroeconomici a quelli
microeconomici e la problematica in questione è affrontata soprattutto in termini di possibilità di
revederne l’eventuale verificarsi al fine di individuare dei possibili strumenti di difesa. Nel
secondo periodo, più orientato al delicato problema delle responsabilità manageriali, si possono,
invece, identificare due principali filoni teorici sulla materia in oggetto, riconducibili
rispettivamente ad uno stampo anglosassone e ad uno italiano». Giorgino M., Crisi aziendale e
prevenzione . Metodologia e modelli per prevedere il prevedibile, FrancoAngeli, Milano, 2015,
pp. 15-16.
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le cause della crisi, ponendo sotto attenta osservazione le situazioni piu ricorrenti
interne ed esterne.
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Nell’esame degli studi nazionali ed internazionali, riguardo la definizione
della situazione di crisi, la previsione ed il processo di risanamento, si distinguono
i seguenti orientamenti:
- un orientamento classico
- un orientamento transizionale
- un orientamento entity based
L’orientamento classico si è fatto strada a partire degli anni Trenta del
secolo scorso, ed ha raggiunto la sua maturità negli anni Ottanta. In questi anni la
crisi è stata vista come un processo cumulativo a stadi che si manifestava quando
l’azienda subiva perdite economiche dovute ad una serie di squilibri ed
inefficienze; situazione che poteva degenerare provocando uno stato di insolvenza
e infine di dissesto finanziario. Questo processo a stadi influisce negativamente
sulla capacità reddituale dell’azienda, e costitusice da un’altra parte un importante
apporto agli studi in materia di crisi, evidenziando il processo cumulativo
attraverso il quale si sviluppa la crisi.
La crisi secondo l’orientamento classico è stata considerata come un
fenomeno utile alla selezione naturale in un ambiente competitivo, favorendo la
scomparsa, da una parte, delle aziende non efficienti, e dall’altra, la valorizzazione
di quelle più meritevoli. Se la crisi è uno stadio che non può essere evitato nella
vita di una azienda, allora può diventare un’ occasione qualificante per quelle
aziende che saranno in grado di fronteggiarla, divenendo così più forti.
Nonostante, la crisi sia stata vista come un’occasione di valorizzazione per
le aziende, gli studiosi però hanno incentrato il loro interesse più sull’elaborazione
di alcuni modelli di previsione dell’insolvenza aziendale e si sono concentrati
prevalentemente sull’ identificazione delle cause della crisi, specialmente quelle
di natura interna, cioè, l’ incapacità del management di gestire l’azienda.
Successivamente si è considerato il risanamento come una conseguenza della
crisi, ossia un passaggio fondamentale per consentire all’azienda di ritornare alla
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Giacosa E., Il fenomeno della crisi aziendale. Un modello di percezione del fenomeno della
crisi aziendale nel sistema impresa., FrancoAngeli, Milano, 2016, p.53.