3
INTRODUZIONE
Nel corso di un viaggio in Marocco, vissuto con il piglio dell’antropologo e il
taccuino sempre a portata di mano, ho avuto modo di rendermi conto personalmen-
te dello straordinario credito di cui gode la televisione satellitare Al−Jazira
1
,
onnipresente negli schermi televisivi accesi nei luoghi pubblici, tanto nelle città
come nei centri più isolati; una presenza capillare che non ha alcun paragone in
Occidente, superando di gran lunga anche quella della CNN nell’epoca d’oro, per il
canale all-news statunitense, della prima guerra del Golfo.
2
Il successo di Al−Jazira colpisce ancor di più se pensiamo che la sede della Tv
satellitare, dove viene realizzata la maggior parte dei programmi, è localizzata nella
città di Doha, la capitale del Qatar: uno stato della penisola arabica profondamente
differente dal Marocco e che vi dista più di seimila chilometri, in linea d’aria. Oltre
che geograficamente, una distanza enorme anche sotto il profilo storico e culturale,
che pare però non sussistere per la sterminata audience della televisione satellitare,
che supera mari e deserti, le frontiere politiche tra gli stati e le barriere culturali tra
le diverse etnie.
Così, in una fredda e sonnacchiosa alba d’un giorno d’inverno, ho potuto vedere
in piccolo caffè di Mulai Idris uno sparuto numero di avventori sorseggiare
l’abituale tè alla menta seguendo con grande attenzione le ultime notizie di
Al−Jazira. Ho avuto poi modo di osservare, nell’intricata Medina di Fez, una
1
Utilizzerò in questo testo la trascrizione in italiano del nome in arabo ( õnépYÆC ) della
televisione del Qatar, ossia “Al−Jazira”, invece della traslitterazione “Al Jazeera”, di riferimento per
i parlanti in lingua inglese ma utilizzata, a mio parere in modo improprio, anche all’interno di
alcune pubblicazioni italiane. I due principali quotidiani nazionali, ad esempio, hanno fatto scelte
opposte: “La Repubblica” ha preferito la trascrizione inglese in corsivo, ovvero Al Jazeera, mentre
“Il Corriere della Sera” ha optato per quella italiana in tondo, Al-Jazira. Letteralmente, il termine
significa sia “isola” che “penisola”. Anche il riferimento è duplice: alla penisola arabica ed al Qatar,
lo stato nel quale la televisione ha la propria sede e il cui territorio è costituito essenzialmente da
una piccola penisola nel Golfo Persico.
2
Nei paesi arabi la “prima guerra del Golfo” è il conflitto che ha visto contrapporsi Iran e Iraq negli
anni ottanta. Il più breve conflitto del 1991, che ha fatto seguito all’invasione del Kuwait da parte
dell’Iraq di Saddam Hussein, è conosciuta nella regione come “seconda guerra del Golfo”. In questo
testo si farà ricorso alla numerazione adottata nei paesi occidentali, con la consapevolezza però della
differente numerazione convenzionale che viene adottata nel mondo arabo.
4
piccola folla di persone accalcarsi sulla porta di una bottega ed esultare: stavano
assistendo ad un evento sportivo, trasmesso sempre da Al−Jazira.
3
Ho notato, infine, che il successo di Al−Jazira in Marocco era traversale alle classi
sociali: infatti, anche gli scintillanti televisori a schermo piatto del MacDonald’s
della moderna città di Casablanca erano tutti sintonizzato sulla televisione del
Qatar, come pure quelli di una elegante pâtisserie di Rabat.
Incuriosito, ho cercato di approfondire l’argomento, dialogando con alcune
persone del luogo, per capire quale fosse la ragione di questo straordinario seguito
di pubblico. Fu una brillante ragazza marocchina di nome Zineb, studentessa di
diritto all’università di Meknès, una delle affascinanti “città imperiali” delle
montagne dell’Atlante, a spiegarmi in francese che, semplicemente, «in famiglia
guardiamo sempre Al−Jazira per i telegiornali e le notizie, perché Al−Jazira dice la
verità».
Ma, forse, l’aneddoto che meglio spiega l’importanza della televisione satellitare
me lo raccontò il giovane gestore di un caffè in un piccolo centro turistico situato
sulle montagne del medio Atlante, del quale non voglio fare il nome per non
correre inutilmente il rischio – non si è mai abbastanza prudenti – di mettere nei
guai l’intera comunità.
L’uomo mi spiegò che c’era solo una persona, in tutto il paese, a possedere
decoder e antenna satellitare, ma che nessuno era più disposto ad accontentarsi
delle televisione di Stato marocchina. Così, tutte le famiglie si sono via via
collegate all’unica antenna installata nella cittadina, attraverso una complicata, e
ovviamente illegale, rete di cavi. «L’unico inconveniente – mi raccontò sorridendo
– è che tutti sono costretti a vedere in tv ciò che sta guardando il proprietario
dell’antenna». «Cioè – mi spiegò il titolare del bar – tante trasmissioni sportive e,
per le notizie, ovviamente Al−Jazira».
3
A partire dal 1 novembre 2003 al bouquet digitale di Al−Jazira si è aggiunto un nuovo canale,
dedicato esclusivamente allo sport. Le altre reti del gruppo sono: una canale per i programmi rivolti
all’infanzia (“Al Jazeera Children's channel”); Al-Jazira Mubashar, specializzato nella trasmissione
in diretta di eventi; un canale per le teleproduzioni della televisione di Doha (“Al Jazeera
production studio”); e un canale per la formazione e l’educazione (“Al Jazeera Training and
development centre”). Nel corso del 2006 verrà inoltre attivata Al Jazeera International, la rete
informativa interamente in lingua inglese, mentre è in corso di definizione l’avvio di un canale
destinato ai documentari (“Al Jazeera Documentary”), oltre ad una sezione riservata ai sondaggi e
alle inchieste d’opinione (“Centre for research and polling”).
5
Al-Jazira, Davide o Golia?
Prima televisione araba a dedicare interamente il proprio palinsesto
all’informazione, Al−Jazira è oggi conosciuta in tutto il mondo, nonostante la sua
storia inizi solo nel 1996. A dieci anni di distanza, dopo essere stata definita nei
media occidentali come “CNN del mondo arabo”
4
ma anche, in modo assai meno
lusinghiero, come “fiancheggiatrice del fondamentalismo islamico”
5
, oggi Al−Jazira
e il suo logo dorato costituiscono un brand globale
6
che non ha più bisogno di
particolari presentazioni, tantomeno di paragoni con altri network televisivi
nordamericani o europei. Nonostante la giovane età anagrafica, la televisione del
Qatar ha, infatti, superato in termini di notorietà la corazzata americana CNN o
l’autorevolezza britannica della BBC e gode finalmente di un’identità autonoma.
Di frequente, negli ultimi anni, gli scoop di Al−Jazira hanno più volte sorpreso il
mondo intero e il suo successo di pubblico a livello regionale è un dato dal valore
indiscutibile. Ma, a causa della sua diversità nel panorama dei media della regione,
Al−Jazira si è trovata spesso al centro di un fuoco incrociato di critiche, provenienti
da pressoché tutti i paesi arabi
7
ma anche da politici e opinion-maker occidentali.
Il modo spregiudicato, coraggioso, a volte irrispettoso del suo fare informazione
ha indispettito molti dei governi dei paesi arabi e continua a provocare pubbliche
diffide, critiche e accuse furiose. E’ accaduto più volte che dei paesi arabi richie-
dessero formalmente al Qatar di chiuderne gli uffici, sino ad arrivare ad aprire una
crisi diplomatica ufficiale con il paese del Golfo. I cui rappresentanti si sono
4
Cfr. p.e. Carlos Enrique Bayo, Al Jazira. La CNN árabe, da “El Periódico de Catalunya”,
Barcellona, 5 settembre 2004.
5
Cfr. p.e. Fouad Ajami, What the Muslim World Is Watching, da “The New York Times Maga-
zine”, 18 Novembre 2001; Robert Fisk, US Moves to Close Down Al Jazeera TV. Wolfowitz the
Censor, da “The Indipendent”, Londra, 1 agosto 2003.
6
Secondo lo studio “InterBrand’s 2004”, quello di Al−Jazira è il brand più riconosciuto al mondo
nel settore dell’informazione e dei media, il quinto più influente al mondo dopo Apple, Google, Ikea
e Starbucks.
7
Gli Stati che rispondono alla definizione di “paese arabo” sono i seguenti: Algeria, Arabia saudita,
Bahrein, Egitto, Iraq, Giordania, Palestina, Kuwait, Libano, Marocco, Oman, Qatar, Sudan, Siria,
Tunisia e gli Emirati Arabi Uniti. A quest’elenco bisogna aggiungere la Palestina, il cui status
giuridico, però, non è ancora stato definito. Questi paesi, di lingua e cultura araba, e la cui
popolazione complessiva è pari a circa 300 milioni di persone, non vanno confusi con i tanti Stati,
nel continente africano e in Asia, in cui la religione islamica è predominante ma le cui radici
culturali sono differenti. Si stima che i musulmani nel mondo siano in totale circa 1.300 milioni.
6
sempre difesi affermando che Al−Jazira gode di totale autonomia editoriale,
garantita costituzionalmente, rispetto alla quale il governo qatarense non ha il
potere d’influire.
Contemporaneamente, i resoconti di Al−Jazira del conflitto israelo-palestinese,
delle guerre in Afghanistan e in Iraq, il canale privilegiato di comunicazione
intrattenuto con Osama bin Laden, hanno scatenato l’ira di molti governi occiden-
tali, in primis di quello statunitense. Inoltre, critiche molto dure sono pervenute da
giornalisti ed esponenti degli schieramenti politici più conservatori; un’ostilità che
però sembra essersi, nel corso degli anni, fortemente ridimensionata.
Ricordiamo, per completezza, come negli ultimi mesi del 2005 si siano rincorse
sulla stampa internazionale alcune voci, davvero poco credibili, di piani statuniten-
si per bombardare la sede di Al−Jazira, situata nella capitale del Qatar, la città di
Doha.
8
Nonostante questi fantomatici propositi bombaroli, insinuati inizialmente
dalla stampa britannica, oggi anche gli Usa utilizzano Al−Jazira per rivolgersi al
pubblico arabo e tentare – compito assai improbo, considerato il diffuso risenti-
mento antiamericano che attraversa la regione – di riacquistarne la fiducia.
Nel corso della guerra in Afghanistan del 2001, la televisione satellitare del Qatar
è stata l’unica cui i talebani avessero concesso di mantenere i propri corrispondenti
all’interno delle due principali città del paese, la capitale Kabul e Kandahar, mentre
queste subivano i bombardamenti aerei dell’esercito statunitense. Un’esclusiva
mondiale che comportò un’inedita e bruciante sconfitta per l’invincibile armata
dell’informazione “dell’impero”, che aveva appena raggiunto, con la prima guerra
del Golfo, l’apice della propria notorietà. Era stata allora, infatti, la glorificata CNN
a condurre le danze, con le proprie dirette in esclusiva da Baghdad, svolgendo
quindi una funzione di filtro delle informazioni, punto di riferimento indispensabile
per i media del mondo intero.
Una vittoria sul campo che la televisione del Qatar pagò a caro prezzo: nel 2001
l’edificio all’interno del quale aveva stabilito la propria sede di Kabul venne
colpito da un missile americano, nel 2003 la stessa sorte toccò alla sede di Baghdad
(l’incidente provocò la morte del corrispondente di Al−Jazira, Tareq Ayoub) e nel
2004 anche a quella di Falluja.
8
Cfr. Alessio Altichieri, «Bush voleva bombardare Al Jazira, Blair lo fermò», da “Il Corriere della Sera”,
23 novembre 2005; Sherine Bahaa, Don't Bomb Al Jazeera, da “Al-Ahram Weekly”, Dicembre 2005.
7
Tutti contro Al−Jazira, quindi? Vero, almeno per lungo tempo; vero, meno però il
suo pubblico: decine milioni di telespettatori
9
che sinora non l’hanno mai abbando-
nata e al contrario continuano a premiarla. Per almeno tre ragioni fondamentali:
perché è visibilmente più libera ed affidabile rispetto ai media tradizionali; per la
qualità del prodotto giornalistico realizzato; per la capacità di saper interpretare in
modo sapiente la visione del mondo, i punti sensibili e le priorità che vengono
condivise dalle popolazioni che compongono il pur variegato mondo arabo.
Utilizzando la terminologia propria del marketing, la giovane televisione satelli-
tare del Qatar ha conquistato rapidamente per le genti arabe un “posizionamento”
d’eccezione, caratterizzato dall’elevata credibilità delle notizie. Questo è il primo,
importantissimo, fattore che l’ha da subito distinta dai tradizionali concorrenti, sia
dai canali nazionali terrestri, sia dalle televisioni satellitari saudite. L’immediatezza
e la genuinità dell’informazione dei suoi notiziari, infatti, stridono implacabilmente
con la rigidità di quelli delle televisioni di Stato, che spesso si limitano a lunghis-
simi e sterili resoconti degli incontri e delle strette di mano del potente di turno. E i
cui contenuti, inoltre, sono sottoposti a forme più o meno dirette di controllo da
parte dell’onnipresente ministero dell’Informazione.
Il secondo fattore del successo di Al−Jazira è la professionalità del suo staff,
composto nel suo nucleo iniziale da un gruppo di ex dipendenti della BBC. Questi
professionisti, di lingua araba ma formatisi in Europa, sono giunti alla televisione
del Qatar dopo il fallimento del progetto saudita di Orbit-BBC Arabic Service.
Giornalisti che hanno dimostrato di possedere le competenze e l’esperienza per dar
vita ad un servizio informativo capace di stare “sulla notizia” 24 ore su 24 e che ha
poco da invidiare ai principali network occidentali.
9
Secondo uno studio, nel 2003 approssimativamente il 70% degli arabi in possesso di un televisore
dotato di antenna satellitare si sintonizzavano prevalentemente su Al−Jazira per le notizie, i
documentari e l’informazione politica. I responsabili della catena televisiva affermano che il
pubblico delle televisione satellitare sia ragionevolmente stimato in un numero compreso tra i 40 e i
50 milioni di arabi, dei quali tre milioni in Europa e diverse centinaia di migliaia negli Usa: «We
have an estimated 40 million viewers in the middle east, 200 thousand households in the USA and
about 8 million viewers in Europe», rivela Taahir Hoorzook, dell’ufficio stampa di Al-Jazira, nel
corso di un colloquio telefonico. Ma nei periodi di crisi, sostengono i responsabili di Al-Jazira,
l’audience aumenta sino a raddoppiare questi valori. Per stime e dati sull’audience di Al-Jazira, cfr.
Zayani, Arab Satellite Television and Politics in the Middle East. Cit. in Donatella Della Ratta, Al
Jazeera Media e società arabe nel nuovo millennio, Bruno Mondadori, Milano (2005), pag. 33; cfr.
inoltre Hafiz Mirazi, discorso alla conferenza annuale del Middle East Institute., 19 ottobre 2001,
cit. in William A. Rugh, Arab Mass Media. Newspapers, radio and television in Arab politics,
Praeger Publishers, Londra (2004), pag. 231.
8
L’ultimo fattore che spiega la dimensione davvero panaraba dell’affermazione di
Al−Jazira è la domanda, cui la televisione ha saputo rispondere adeguatamente, di
un peculiare tipo di notizie, quelle cioè in grado di soddisfare l’impellente necessità
d’informazione delle popolazioni arabe: un pubblico potenziale di centinaia di
milioni di persone, parlanti la medesima lingua, che evidenziava il bisogno di
ricevere cronache affidabili di una realtà osservata ed analizzata da un punto di
vista condiviso.
Un bacino vastissimo che costituisce, peraltro, una valida opportunità anche dal
punto di vista commerciale, individuata anche dalle televisioni satellitari targate
Arabia saudita, lanciate subito dopo la prima guerra del Golfo, che però queste
ultime non furono in grado cogliere.
Di conseguenza, facendo ricorso ad una metafora forse provocatoria, Al−Jazira
rappresenta nel panorama dei media arabi la figura di un giovane “Davide” che è
riuscito, a sorpresa, a sconfiggere i “Golia” occidentali e sauditi dell’informazione.
Come vuole il personaggio della tradizione ebraica, anche questa piccola televisio-
ne del piccolo Qatar ce l’ha fatta, sulla base della propria abilità oltre che di una
buona dose di fortuna e di un’abbondante pioggia di finanziamenti.
La risposta giusta per vecchie domande
Il progetto di costruire una televisione satellitare destinata ad un pubblico
transnazionale non è assolutamente nuovo nella regione. Prima della nascita di
Al−Jazira l’ultimo tentativo era stato quello dei network satellitari sauditi Orbit,
MBC e ART. Rispetto ai quali, però, Al−Jazira evidenzia alcune fondamentali
differenze.
Dar vita alla televisione Al−Jazira ha rappresentato uno dei primi obiettivi di
Hamad bin Khalifa Al−Thani, dal 1996 Emiro del Qatar, un piccolo ma assai ricco
Stato della penisola arabica che si affaccia sul Golfo Persico. Secondo l’Emiro, una
televisione come Al−Jazira avrebbe dovuto rappresentare una ambasciatrice
d’eccezione della sua volontà, più o meno effettiva, di modernizzare il proprio
paese introducendovi delle riforme di tipo liberale.
9
Al−Jazira nasce quindi, come per tutte le principali esperienze televisive del mondo
arabo, per volere di un’entità statale che ha finanziato la sua implementazione (l’unica
eccezione è il Libano, in cui radio e tv sono di proprietà di gruppi privati). Così, sin
dall’inizio delle trasmissioni, dalle casse del Qatar vengono dirottati al network
televisivo costanti e cospicui capitali. Però, a differenza della prassi in vigore nella
regione e di ciò che accadeva ad esempio per le dirette concorrenti MBC, ART e Orbit,
non viene richiesta come contropartita la possibilità di poterne condizionare la linea
editoriale. Le istituzioni del Qatar “si accontentano”, invece, di approfittare della
straordinaria visibilità che questa televisione garantisce loro, sperando di poterne trarre
dei vantaggi politici nell’ambito della diplomazia regionale.
Una scelta che alla luce dei fatti si rivelerà vincente, dato che oggi il Qatar, grazie
ad Al−Jazira, è assai più importante ed influente nello scacchiere mediorientale. Si è
innescato così un meccanismo virtuoso: buona parte del potenziale politico del Qatar
dipende dalla condizione che Al−Jazira rimanga libera da qualsiasi pressione e
condizionamento. In caso contrario, una limitazione evidente alla politica editoriale
della rete televisiva inficerebbe la fonte stessa del credito di cui il paese gode nella
regione, causando un immediato contraccolpo sul piano politico-diplomatico.
La fortuna di Al−Jazira è repentina ma non nasce dal nulla. Bensì, essa è soprattutto
il punto d’arrivo di un percorso verso un la tecnologia satellitare già avviato da tempo
da diversi paesi. Il satellitare è il metodo di trasmissione che certamente meglio si
adatta alla regione: per la sua smisurata estensione, dalle sponde dell’Oceano
Atlantico a quelle del Golfo Persico, per la sua conformazione geografica e per la
distribuzione irregolare della popolazione sul territorio. Ma lo sviluppo di questa
tecnologia si fermò a lungo, bloccato dal muro del controllo che gli apparati statali,
spesso dispotici ed autoritari, avevano innalzato preventivamente per contenere la
libertà d’azione di mezzi di comunicazione troppo audaci. «Anche nel Medio Oriente,
la regione televisivamente più chiusa e controllata del mondo, la tecnologia satellitare
ha portato nuovi servizi transnazionali che oltrepassano le frontiere interne al mondo
arabo»,
10
superando cioè quei confini che separano le componenti di un’area del
pianeta dalla quale proviene una fortissima aspirazione all’unità ma nella quale la
storia ha seminato, sciaguratamente, un terribile odio fratricida.
10
John Sinclair, Elisabeth Jacka, Stuart Cunningham, New patterns in global television. Pheripheral
vision, Oxford University Press, Oxford (1996), pag. 4.
10
Il sistema dei satelliti Arabsat è il frutto di questa tormentata e intermittente
collaborazione tra i paesi arabi ed è in funzione sin dal 1985. Ma fu solo con la
prima guerra del Golfo che le antenne paraboliche spuntarono massicciamente sui
tetti delle città arabe; dai paesi del Maghreb, all’Arabia saudita, all’Iran.
Questa selva di antenne era però inizialmente sintonizzata sui maggiori network
occidentali perché, durante un periodo di grave crisi come la prima guerra del
Golfo, i cittadini arabi sentivano la necessità di accedere ad una informazione più
completa, che raccontasse gli eventi bellici e i balletti della diplomazia in modo
differente, che aggirasse per lo meno la censura dei media tradizionali. Era l’inizio
di una grave crisi di fiducia nei confronti del vecchio sistema dell’informazione,
che in molti paesi dimostrava con grande evidenza la propria inadeguatezza.
C’era quindi bisogno di un nuovo soggetto, capace di interpretare i sentimenti
dell’audience araba. Questo soggetto non poteva essere l’americana CNN, la
britannica BBC o la francese TFI, non solo per lo scoglio linguistico (che per i
poliglotti abitanti dell’area non rappresenta certo un problema insormontabile) ma
perché questi network sono tutti portatori di una propria visione del mondo,
differente rispetto a quella dei cittadini dei paesi arabi.
Infatti, il concetto di “nazione araba”, di natura politica, o quello della Umma, di
natura religiosa, non sono meramente delle idee astratte, ma comportano interessi e
preferenze peculiari, ma soprattutto implicano delle interpretazioni differenti della
realtà stessa.
Un esempio estremo è quello della tesi del “complotto sionista”, che secondo
moltissimi arabi spiega pressoché tutte le scelte politiche prese a livello globale. Una
teoria usata in modo indiscriminato e semplicista per giustificare crisi economiche,
guerre o attentati terroristici; eventi dietro i quali, secondo moltissimi arabi, vi è
spesso e volentieri il Mossad, ovvero il potentissimo servizio segreto israeliani.
Per una televisione araba è necessario prendere in considerazione quest’idea,
come pure molte altre, semplicemente perché essa è estremamente diffusa fra i suoi
telespettatori. Non sarebbe né ragionevole né positivo limitarsi a rimuoverla dalle
tematiche oggetto di discussione, come fanno invece i media occidentali, che la
tacciano – a mio parere giustamente, dato che si tratta di una scelta che dipende
strettamente dal contesto – come una semplice follia, ed evitano quindi di conce-
dervi spazio, se non in modo decisamente critico nei confronti di chi la sostiene.
11
La prima televisione a costituire un simile servizio televisivo internazionale
rivolto a tutto il mondo arabo, inserendosi quindi in questo nuovo spazio creatosi
dopo la seconda guerra del Golfo, è l’egiziana Space Net, che inaugura tempesti-
vamente le trasmissioni nel bel mezzo delle fasi più calde del conflitto. Nel 1993
l’Egitto avvierà un secondo canale satellitare, Nile Tv, che trasmette anche in
francese, inglese e più tardi in russo, finalizzato soprattutto a promuovere
l’immagine del paese all’estero e a favorire il turismo.
Così com’era accaduto negli anni cinquanta nell’ambito della televisione terre-
stre, l’altro grande protagonista della scena è l’Arabia saudita. Forte dei capitali
provenienti dalle rendite petrolifere, alcune compagnie private (assai vicine però
alla casa reale saudita) investono nella comunicazione satellitare. Nascono così la
MBC, che prestava un’attenzione particolare agli arabi che vivevano in Europa,
Orbit, che prima di Al−Jazira aspirava apertamente alla definizione di “CNN del
mondo arabo”, ed ART, più orientata all’intrattenimento.
Questi network avevano sede in Europa, a Londra e a Roma, e il loro successo
si basava su cospicue iniezioni di capitali petroliferi, che permettevano la
realizzazione di costosi progetti o l’acquisto di programmi di grido, come i più
famosi telefilm e lungometraggi di produzione egiziana, nordamericana o
europea. La loro linea editoriale rimaneva però la stessa delle tv terrestri del
proprio paese: piatta, ingessata, legata ad un utilizzo strumentale in sostegno del
nazionalismo saudita. Inizialmente queste tv beneficiarono di un buon seguito di
pubblico, in particolare MBC, ma di fronte al confronto implacabile con
Al−Jazira la loro avventura non si poté che risolvere in un vero e proprio
fallimento.
Artigianato orientale nel bazar dell’informazione
Con l’entrata in scena di Al−Jazira, la concorrenza saudita venne rapidamente sbaraglia-
ta. In termini di audience e di notorietà il successo è tale che non vi è più alcun dubbio
rispetto a chi possa aspirare al titolo di “CNN araba”. Ben presto, anzi, uno degli slogan
di Al−Jazira, diventerà: «Il mondo guarda la CNN e la CNN guarda Al−Jazira».
12
Questa frase, incisa su una targa posta in grande evidenza nella redazione del
network televisivo, a Doha, ricorda la circostanza che ha fatto entrare per il logo
dorato della televisione del Qatar nelle case dei telespettatori di tutto il mondo:
quando, il 7 ottobre 2001, la CNN ritrasmise in diretta il discorso del nemico
numero uno degli Stati Uniti, Osama Bin Laden, che Al−Jazira stava mandato in
onda in quel momento, in esclusiva mondiale. Da quel preciso momento la
popolarità del network è cresciuta senza sosta, dentro e fuori il mondo arabo. Tanto
che oggi il passaggio intermedio, attraverso la CNN è superfluo, è stato scavalcato,
e oggi si può affermare che, semplicemente: «il mondo guarda Al−Jazira».
La diffidenza con cui ancora oggi la televisione satellitare viene spesso giudicata
si spiega anche con il modo, davvero poco consueto e per molti versi provocatorio,
con il quale il nome di Al−Jazira è divenuto noto in Occidente. Ma questo episodio
è stato solo uno dei tanti che possono denotare, esemplarmente, la distanza
nell’approccio all’informazione che differenzia la tv del Qatar dai media occidenta-
li, ma anche rispetto ai media tradizionali arabi.
Rispetto ai primi la differenza risiede in una diversa “oggettività giornalistica”.
Un concetto costituito da due termini che sono fra loro antitetici: l’oggettività nel
giornalismo è sostanzialmente un mito, un’ideologia della professione, perché il
punto di vista dell’osservatore è determinante nella ricostruzione del fatto. E come
tutte le ideologie, il concetto di oggettività porta a squalificare il diverso, come
Al−Jazira, troppo facilmente definita come “faziosa”. Invece, nel contesto sociocul-
turale arabo, anche la televisione del Qatar è altrettanto oggettiva che CNN o BBC,
come vedremo nella terza parte di questo lavoro.
Anche rispetto agli altri media regionali Al−Jazira presenta delle evidenti diffe-
renze. La principale è il suo margine di libertà, che porta talvolta la televisione di
Doha a toccare degli argomenti considerati altrove alla stregua di veri e propri
tabù:
«Al−Jazira ha un margine di libertà senza precedenti che la rende un
paradiso per la libera espressione del pensiero nel mondo arabo. Infatti
è popolare proprio perché discute apertamente temi sensibili e affronta
argomenti controversi. Al−Jazira si avventura in territori di discussione
raramente solo sfiorati da altri broadcaster della regione. I suoi talk
show affrontano senza timore argomenti altrove nemmeno menziona-
bili, come la corruzione dei governi, il rispetto dei diritti umani da par-
13
te dei regimi arabi, la persecuzione degli oppositori politici, la legge
islamica (o Shari’a), la (in)compatibilità tra Islam e democrazia e il
fondamentalismo islamico».
11
Ma è proprio vero che Al−Jazira è una novità assoluta per il mondo arabo? Nel
suo essere spazio di confronto troviamo delle dinamiche che si erano forse
perdute nella storia degli arabi, schiacciate dalle impellenti problematiche del
controllo del potere negli Stati postcoloniali moderni.
In tempi più lontani, la conoscenza si diffondeva per le strada delle città arabe,
che erano all’avanguardia nelle scienze e nelle tecniche: «Il satellite ha restituito
al popolo il territorio del racconto, come nella Baghdad delle Mille e una notte
dove ci si faceva un’istruzione per strada, attraverso la comunicazione orale e non
passando anni nelle scuole e nelle università, imparando manuali a memoria».
12
Un’abitudine ad una educazione dal basso, più informale ma più libera, che la
televisione satellitare ha fatto ritornare in voga.
Sulle frequenze di un umanesimo nuovo
Il motto «l’opinione e l’opinione contraria» (altrimenti traducibile «l’opinione e
l’altra opinione») è sin dall’inizio alla base della linea editoriale di Al−Jazira.
Questa frase non rappresenta però un semplice slogan o un effimero leit motiv, ma
è divenuta invece la lente dell’obbiettivo utilizzato dalla televisione del Qatar per
guardare gli aspetti più controversi della realtà. A questo principio i dirigenti della
catena satellitare fanno spesso ricorso quando si trovano a scegliere “chi” e “che
cosa” mandare in onda.
Si tratta di un concetto elementare – sostanzialmente si tratta di una sorta di par
condicio in salsa araba – ma potenzialmente rivoluzionario, se confrontato con la
monotonia dei contenuti della programmazione fino a quel momento trasmessa
dalle televisioni di Stato.
11
Mohammed Zayani, Introduzione, in Mohammed Zayani (a cura di), The Al Jazeera Phenome-
non. Critical perspectives on new Arab Media, Pluto Press, Londra (2005), pag. 2.
12
Fatema Mernissi, Karawan. Dal deserto al web, Giunti Editore, Firenze-Milano (2004), pag. 38.
14
E’ questo uno dei principi che hanno dato all’“equipaggio” di Al−Jazira la sereni-
tà di chi sa di essere nel giusto (o per lo meno coerente con se stesso) per virare in
tutta tranquillità, proseguendo verso la prossima boa senza prestare troppo atten-
zione alle imbarcazioni avversarie: sono gli altri che, oggi, devono fare la propria
gara “su” Al−Jazira, inseguendola, marcandola stretto, cercando di imitarla.
Quindi, fuor di metafora, “l’effetto Al−Jazira” è evidente sui palinsesti televisivi
arabi, a partire dalla straordinaria – e forse eccessiva – diffusione dei talk show, un
format prima del tutto inesistente e considerato sovversivo: preoccupava che i
cittadini si sentissero legittimati ad esprimere pubblicamente le proprie opinioni.
Questa fase, nel panorama dei media del mondo arabo, è quindi caratterizzata da
una nuova era della televisione e dalla contemporanea diffusione di Internet. Si
tratta di un passaggio storico per l’intera società; una svolta che potrà portare, nel
lungo periodo, a numerosi e positivi effetti: un ritorno alla partecipazione e alla
politica, la garanzia di una maggiore libertà d’espressione e, forse, di una più
compiuta democrazia.
Si configura cioè l’inizio di un possibile “nuovo umanesimo” per il mondo
arabo. Come afferma l’intellettuale marocchina Fatima Mernissi: «La democrazia
è come quell’imbarcazione sovrana che galleggia sul fiume del tempo, obbligan-
doci a trovarci dinanzi a ciò che non siamo stai in grado di prendere in considera-
zione fino a ora nella nostra cultura musulmana: ‘aql (ragione) e ra’y (opinione o
giudizio personale)»
13
. La vincitrice, nel 2003, del prestigioso premio letterario e
culturale spagnolo “Príncipe de Asturias”, vede nelle nuove tecnologie la
possibilità di rivalutare la “ragione” e il “giudizio personale”; una radicale
mutamento culturale che costituisce l’opportunità per ridurre finalmente il gap tra
i paesi arabi e l’amato ed odiato Occidente: «Il potere del moderno Occidente è
stato costruito attraverso la propagazione statale, per mezzo delle scuole pubbli-
che, di quell’umanesimo a cui le masse arabe non hanno mai avuto diritto
d’accesso».
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Lo scopo di questo lavoro è capire sulla basi di quali ragioni sia possibile affer-
mare che Al−Jazira rappresenta per il mondo arabo un fenomeno nuovo, che pare
possibile, senza retorica, definire “rivoluzionario”. Comprendere cioè in che
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Fatema Mernissi, Islam e democrazia. La paura della modernità, Giunti, Firenze (2002), pag. 38.
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Idem, pag. 66.
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termini la televisione di Doha sia un medium dai caratteri di per sé innovativi che,
in aggiunta, è animatore di cambiamenti sul piano politico e sociale, ma soprattutto
su quello mediatico.
Tra le peculiarità di Al−Jazira vi è innanzitutto l’ingresso nelle trasmissioni
televisive dello jadal, parola araba che significa “arte della controversia”, ovvero
quella straordinaria capacità di divulgazione e confronto (in una sola parola:
comunicazione) che ha permesso al profeta Mohammed di fondare la potente
comunità dei musulmani in meno di un decennio. In programmi come “Opposite
Direction”, “More than one opinion” o “Whithout Borders”, trasmessi dalla
televisione del Qatar, si risveglia infatti questa medesima tendenza al dialogo, al
confronto e al pensiero critico, assopitasi per tanti anni per colpa del dispotismo
che ancora domina negli Stati che insieme formano il mondo arabo.
L’arrivo di Al−Jazira si inserisce in un momento di inedito fermento, nel quale la
rapida diffusione della tecnologie di Internet contribuisce a risvegliare la società
civile. La speranza di molti intellettuali è che gli effetti di questi nuovi linguaggi
siano positivi e si allarghino, non solo rispetto al panorama dei media della regione
ma coinvolgendo le stesse popolazioni, che si stanno dimostrando sempre più
politicizzate e desiderose di esprimere la propria rabbia ed il proprio scontento.
Per comprendere quali sono realmente le caratteristiche distintive della televisio-
ne del Qatar cercheremo di analizzarle e definirle dal punto di vista giornalistico.
Questo lavoro inizia, nella sua prima parte, con una sintetica lettura della storia
dei media arabi: stampa, radio, televisione analogica, Internet e televisione
satellitare. Nella parte seguente viene analizzata la posizione di Al−Jazira rispetto
ad alcune tematiche “scottanti” come la condizione delle donne e il fondamentali-
smo islamico, ed il suo ruolo di reale o potenziale stimolo per la società araba.
Infine, nella terza e ultima parte, vengono approfondite le caratteristiche dello
“sguardo” di Al−Jazira, inteso come rappresentazione giornalistica del mondo,
analizzando alcuni prodotti informativi del network all-news (un telegiornale e le
newsletter in lingua inglese) per capirne le tendenze di fondo e la composizione
dell’elenco di quelle che sono le priorità della sua agenda.