V
Lo studio dello sfruttamento del lavoro minorile inizierà partendo da una
generale analisi del fenomeno, delle cause che lo sottendono e dei dati statistici
che consentono una configurazione territoriale della sua diffusione.
Saranno analizzati, inoltre, quelli che sono gli effetti deleteri di tutte le forme
di sfruttamento che possono essere attuate a danno del minore, le quali vengono
nel contempo a compromettere il pieno ed armonioso sviluppo della sua persona
e la costruzione della sua identità personale e sociale.
Si passerà, poi, ad un’analisi della posizione di specificità che il minore
riveste nell’ambito del contesto sociale, evidenziando il disinteresse che, a
lungo, la stessa società ha mostrato nei loro confronti, disinteresse che ha portato
addirittura a negare che i minori potessero essere titolari di veri e propri diritti.
Proseguendo nella trattazione, sarà analizzata la tutela concessa, sia in
ambito nazionale sia internazionale, ad uno dei fondamentali diritti del fanciullo:
il diritto all’istruzione, come mezzo primario per combattere la diffusione del
lavoro dei minori.
La seconda parte del capitolo riguarderà, invece, più propriamente, la tutela
del lavoro minorile, partendo dalla considerazione della capacità giuridica di
lavoro del minore ed analizzando, successivamente, le Convenzioni
internazionali relative al tema in questione, con particolare riferimento alla
Convenzione OIL n.138/1973, sull’età minima d’ammissione al lavoro.
VI
Di seguito, si procederà all’esame dei commi 2° e 3° dell’art.37 della
Costituzione italiana, riguardanti l’età minima d’ammissione al lavoro e la tutela
differenziata dell’attività lavorativa dei minori.
Dopo un breve excursus storico delle leggi intervenute in materia, si passerà
alla descrizione della legge fondamentale in tema di lavoro minorile: la legge
n.977 del 17 ottobre 1967.
In seguito, verrà esaminata la nuova normativa relativa al lavoro dei minori,
intervenuta con il d.lgs. n.345 del 1999, che ha, in parte, modificato alcune
superate disposizioni della legge precedente, adeguandola al diverso contesto
sociale in cui, oggi, si colloca il fenomeno in esame.
Il terzo capitolo della tesi porrà l’attenzione, in modo specifico, sulla tutela
penale del lavoro minorile, come forma di moderna schiavitù, della quale
saranno accennati i profili storici.
Dopo aver evidenziato le carenze, soprattutto sul piano sanzionatorio, del
diritto penale sul tema in questione, si analizzerà la normativa internazionale in
merito alla schiavitù, per proseguire con un’esposizione degli artt.600, 601 e 602
del c.p., relativi alla riduzione in schiavitù, tratta e commercio ed alienazione ed
acquisto di schiavi, per concludere con il caso dei bambini “argati” (minori
sfruttati per perpetrare furti), come forma di riduzione in schiavitù.
Infine, si passerà, dopo aver evidenziato alcune carenze nella tutela del
minore, allo studio di varie proposte e soluzioni poste in atto per cercare di
VII
difendere il fanciullo e di liberarlo dalla morsa dello sfruttamento e della
schiavitù, per poi sottolineare gli interventi del Nord e del Sud del mondo contro
tale turpe fenomeno e le azioni esercitate sul piano nazionale ed internazionale.
Si concluderà il lavoro con delle osservazioni finali sul tema trattato,
cercando di delineare alcuni problemi ancora irrisolti e di proporre delle
possibili soluzioni ad una questione che, con sempre maggiore forza, si sta
presentando allo sguardo dell’opinione pubblica.
1
CAPITOLO PRIMO
LO SFRUTTAMENTO DEI MINORI
1. Individuazione del fenomeno
Il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile non è soltanto un ricordo
del passato; esso è purtroppo una realtà odierna, a volte tragica.
Ciò di cui si discute non è, però, il lavoro inteso come attività che possa
educare ed aiutare il ragazzo a crescere ed a sviluppare la sua personalità.1
In discussione è il lavoro inteso come sfruttamento dei minori, come forma
di una moderna “schiavitù”.
Del resto le espressioni del disagio minorile sono molteplici ed investono
una lunga serie di momenti della vita di relazione.2
Scriveva, alla fine del XIX° secolo, G. Tarozzi: “La miseria modifica le
relazioni tra generante e generato, sì che il padre stanco di affannarsi come un
galeotto per dare pane a sé ed ai figli, vedendo di non riuscirci malgrado i suoi
stenti, li abbandona all’ingordigia degli speculatori che vedono nei fanciulli,
come nelle donne, macchine lavoratrici che rendono spesso come le altre ma
costano e consumano immensamente meno.”3
1
Un’attività che gli consenta di inserirsi in modo adeguato nel mondo del lavoro e di intrecciare relazioni
interpersonali di vario tipo.
2A. Colaiacomo, “La condizione dei minori in Italia”, in Affari sociali internazionali, 1997, 3, 105
3
“In lotta con il lavoro adulto, il lavoro dei fanciulli, mentre alimenta la concorrenza tra i membri della famiglia,
agevola il capitalista e riduce al minimo il costo di produzione.” (G. Tarozzi, I problemi del proletariato e la
legislazione sociale, Taranto, 1899, 163).
2
Lo stato di bisogno - inteso come condizioni di vita insoddisfacenti del
nucleo familiare, determinate, in genere, dalla disoccupazione/sottoccupazione
del padre e/o della madre - ne è probabilmente la ragione principale, specie con
riguardo a chi lavora presso terzi. 4
Il problema dello sfruttamento dei minori è stato per lo più affrontato con
riferimento alle gravi situazioni riscontratesi nei paesi in via di sviluppo.5
Infatti, anche se il fenomeno è abbastanza diffuso nelle aree industrializzate,
le indagini effettuate a livello internazionale e nazionale6 evidenziano che il
lavoro minorile è largamente riscontrabile soprattutto lì dove v’è una limitata
scolarizzazione dei fanciulli; dove le ristrettezze economiche sono tali da indurre
in qualsiasi modo alla ricerca d’integrazioni del reddito familiare; dove la tutela,
legislativa e contrattuale, dei lavoratori sia alquanto arretrata ed inefficace.
Tuttavia, pur se molti considerano il fenomeno frutto della povertà, la realtà
delle cose non sta in questo modo.
Infatti, si tratta di un problema che è causa e non conseguenza di povertà,
poiché comporta un abbassamento dei livelli retributivi ed una massiccia
riduzione di possibilità lavorative per gli adulti.
E’ possibile evidenziare che, già alla fine del XIX° secolo, i bambini
venivano utilizzati nei lavori familiari, nei lavori agricoli, nelle botteghe
4M.L. De Cristofaro, voce “Lavoro minorile”, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol.XVIII, Roma, Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato, 1990, 1.
5
Scarso, invece, è stato l’interesse per ciò che accade nel nostro paese. (A. Geria-F. Pittau, “Il lavoro minorile
in Italia: dati, problemi e prospettive”, in Affari sociali internazionali, 1999, 1, 145).
6A. Baglivo ,Il mercato dei bambini, Milano, Giuffrè, 1980, 25.
3
artigiane o in alcuni mestieri in cui è richiesta l’agilità e le minute dimensioni di
un bambino. Ciò non significa che questi lavori assumevano un’ accezione di
violenza e di sfruttamento dell’infanzia, perché realizzati in una rete di
solidarietà e integrazione familiare, o di bottega, che consentiva rapporti
interpersonali ed apprendimento di conoscenze utili per l’inserimento futuro nel
mondo degli adulti. 7
Un aspetto essenziale della lotta allo sfruttamento dei minori è la difficoltà di
individuare i bambini in condizioni di pericolo: il primo sforzo in questo senso
dev’essere quello, dunque, di “rendere visibile l’invisibile”, al duplice scopo di
combattere il problema e di mantenerlo sotto i riflettori dell’attenzione
mondiale.8
E’ giunto, perciò, il momento di intervenire; non è più possibile mascherare
le nostre responsabilità dinanzi alla nostra coscienza, non si può più essere
tacitamente complici di tale turpe fenomeno.
La questione dello sfruttamento del lavoro minorile, soprattutto nelle sue forme
più intollerabili e degradanti, rappresenta, quindi, una sfida per il presente ed il
prossimo futuro.9
2. Analisi delle cause
7A. C. Moro, Manuale di diritto minorile, Bologna, Zanichelli, 1996, 256.
8L. Pattarino Nigi, “Sfruttamento dei minori: una questione in agenda”, in Affari sociali internazionali, 1999, 3,
130.
9
L. Pattarino Nigi, ibidem, 121.
4
Per giungere ad una soluzione del problema, si rende necessaria un’analisi
delle cause che si pongono a fondamento di questo fenomeno.
Si deve innanzitutto evidenziare, com’è stato fatto precedentemente, che, pur
essendoci una stretta relazione tra povertà e lavoro minorile, non sempre
quest’ultimo è frutto inevitabile dell’indigenza.
Infatti, è possibile notare che ci sono nazioni con elevato reddito pro capite
che contano un gran numero di minori al lavoro, mentre ce ne sono altre, a basso
reddito, che hanno pochi bambini lavoratori.
Del resto l’avanzato sviluppo economico non sempre è sinonimo d’avanzato
sviluppo sociale ed i minori rischiano di essere le prime vittime di questa
discrasia.10
In realtà, il lavoro minorile si sviluppa quando la gente deve affrontare da
sola la propria povertà. Senza scuola gratuita, senza sanità gratuita, senza quella
solidarietà sociale che consente di soddisfare almeno i bisogni di base, le
famiglie attanagliate dalla povertà devono chiedere a tutti i loro componenti,
compresi i più piccoli, di darsi da fare per rispondere ad un unico imperativo:
sopravvivere.11
D’altra parte la povertà dipende anche dal fatto che i governi non sono
abbastanza attenti alle necessità dei deboli e più spesso ancora agiscono contro
10
A. Colaiacomo, “La condizione dei minori in Italia”, op. cit., 113.
11
Centro Nuovo Modello di Sviluppo , Sulla pelle dei bambini-Il loro sfruttamento e le nostre complicità,
Bologna, Editrice Missionaria Italiana, 1996, 39.
5
di loro. Dipende dal fatto che le terre, le miniere, le banche, le industrie sono
concentrate nelle mani di pochi proprietari, locali e stranieri, che usano questo
loro dominio economico per arricchire se stessi. 12
Ma il lavoro minorile non è solo frutto dell’ingiustizia e dell’egoismo
sociale. E’ anche frutto della sete di profitto13. I padroni, infatti, preferiscono
assumere i bambini invece degli adulti perché sono più docili e si lasciano
sfruttare senza opporre resistenza.
Tutto ciò è posto in essere attraverso un vero e proprio “traffico” di bambini,
inteso come ogni comportamento diretto a sradicare il minore dal proprio nucleo
familiare senza prenderlo in considerazione come persone, bensì esclusivamente
come oggetto: trafficare un bambino significa prevaricarlo nel profondo,
disattendere le sue esigenze primarie, violare i suoi diritti fondamentali, perché è
l’adulto che, possedendolo come oggetto, decide del suo destino.14
Bisogna ulteriormente rilevare che il fenomeno è legato ai grandi mutamenti
socio-economici: in Africa è aumentato nel corso del decennio scorso con la
crisi economica che ha investito l’intero continente e che ha avuto come
conseguenza pesanti tagli alla spesa pubblica (sanità, istruzione). In molti paesi,
poi, a causa delle agitazioni politiche ed i conflitti e la spaventosa diffusione
12
Centro Nuovo Modello di Sviluppo , “Lo sfruttamento”, op. cit., 40.
13
In nome del profitto, essi non esitano a strappare le terre ai piccoli contadini e a produrre beni di lusso per chi
ha denaro, invece che cibo per chi ha fame.
14
M. Cavallo, “Iniziative per stroncare il mercato dei bambini italiani e stranieri”, in Diritto della famiglia e
delle persone, 1992, 1218.
6
dell’AIDS, si è registrata la tendenza a ricorrere sempre più alla manodopera
infantile.15
Del resto, l’impiego di manodopera minorile è tollerato, proprio perché
funzionale al sistema economico nazionale che diventa così più competitivo ed
attira capitali esteri. 16
Altra grave causa del fenomeno, che costringe sempre più spesso i genitori
ad impiegare i loro figli in lavori, anche massacranti, è la trappola dell’usura.
Quando un contadino non riesce più a far fronte alle proprie spese ha una
sola strada da seguire: chiedere un prestito agli usurai. Essi prestano volentieri ai
contadini perché prendono le loro precauzioni. Mettono un’ipoteca sui loro
campi e quando il valore del debito diventa pari a quello della terra chiudono la
partita prendendosi tutto.17
Purtroppo l’usura non è la sola ragione che fa perdere la terra ai contadini.
Un’altra causa importante è l’espansione della produzione per l’esportazione
che, sottraendo terre agli agricoltori, li pone in una condizione di grave
indigenza.18
Ciò dimostra che lo sviluppo inteso come benessere popolare, prima ancora
che di crescita economica, ha bisogno di giustizia.
15
S. Bucci, “Schiavi dei giochi degli altri-Alle radici del problema”, in Il Mondodomani, 1998, 3, 6.
16
L. Pattarino Nigi, “Sfruttamento dei minori: una questione in agenda”, op. cit., 121.
17
Centro Nuovo Modello di Sviluppo , Sulla pelle dei bambini, op. cit., 43.
18
Ciò porta alla creazione di una situazione ideale per indurre le famiglie a sacrificare i propri figli (Centro
Nuovo Modello di Sviluppo , Sulla pelle dei bambini, op. cit , 49).
7
Un fatto è certo: a dispetto delle leggi nazionali ed internazionali, il lavoro
minorile si continua a praticare nel mondo e forse, in certi paesi, è anche
aumentato. Se oggi molti ragazzi svolgono attività consentite e regolamentate,
molti di più lavorano nell’illegalità.
Esistono ancora bambini minatori; piccoli pastori “assunti” illegalmente che
lavorano 15 ore al giorno; operai stagionali in miniatura costretti al lavoro in
campi infestati da pesticidi con seri rischi alla salute; bambini impiegati in
piccole fabbriche che manipolano minuscoli fili metallici, operazione assai
pericolosa per la vista; bambini che lavorano nel commercio, nelle piccole
attività industriali o che si guadagnano da vivere in strada con mestieri sempre
diversi, legali ed illegali. 19
Ma, come abbiamo già detto, questa triste realtà non tocca solo i paesi in via
di sviluppo.
Infatti, nei paesi dell’Europa centrale ed orientale il numero dei bambini al
lavoro è aumentato per il repentino passaggio da un’economia centralizzata ad
una di mercato. Anche nei paesi industrializzati, come il Regno Unito e gli Stati
Uniti, la crescita del settore terziario e la richiesta di una forza-lavoro più
flessibile hanno contribuito all’espansione del fenomeno.20
19
“La condizione dell’infanzia nel mondo”, Rapporto annuale dell’Unicef, 16 dicembre 1997 (v. sito internet:
www.uncef.it/).
20
S. Bucci, “Schiavi dei giochi degli altri – Alle radici del problema”, op. cit., 7.
8
Nel mondo industrializzato, poi, un problema a parte è rappresentato dai
bambini che arrivano sull’onda dei flussi migratori, e che sono più facilmente
preda di situazioni di violazione dei diritti fondamentali dell’uomo21e di
sfruttamento di ogni genere.
D’altra parte, pur in assenza di tonalità tragiche che caratterizzano i paesi in
via di sviluppo, anche in Italia non mancano motivi di preoccupazione.22
Anzi, proprio il nostro Paese è considerato il paese europeo con la più grande
popolazione di bambini lavoratori.
Ed inoltre, secondo diversi osservatori, non si tratterebbe solo di un
problema circoscritto alla realtà del meridione d’Italia, ma di un fenomeno di
proporzioni più vaste e di diffusione nazionale.23
Importante, comunque, ai fini dell’individuazione specifica del fenomeno di
sfruttamento è la distinzione tra vari tipi di lavoro che il minore può svolgere.
Si può parlare di lavori minorili, di una variegata serie di possibili attività
svolte da bambini e ragazzi ai cui estremi da una parte si trova il “child labour”
(quei lavori pesanti legati allo sfruttamento ed alla schiavitù) e dall’altra il “child
work” (forme più leggere di attività, non necessariamente penalizzate sotto il
profilo sociale). E’ importante anche distinguere tra lavoro consenziente, svolto
21
Situazioni che vanno dalla privazione di alcune libertà alla schiavitù (“Dove e quanti sono i minori che
lavorano”, v. sito internet: www.centerville.it/outlook).
Sul punto v. anche: D. Invernizzi, Il lavoro dei bambini e degli adolescenti in Italia e nel mondo, Milano,
Fratelli dell’Uomo, 1998, 65.
22
A. Colaiacomo, “La condizione dei minori in Italia”, op. cit., 106.
23
S. Bucci, “Schiavi dei giochi degli altri – Alle radici del problema”, op. cit., 2.
9
dai minori in accordo con i genitori per integrare il reddito familiare, ed il lavoro
forzato, quando il bambino viene allontanato dalla famiglia e ridotto in
schiavitù.24
Inoltre anche fattori culturali come la cultura del mestiere ed il fascino della
vita di strada, il mito dell’autonomia ed il fascino esercitato dai beni di
consumo, giocano il loro ruolo nella diffusione del lavoro minorile.25
Tuttavia, le ricerche effettuate tra il 1980 ed il 1990 attestano, con particolare
riferimento all’Italia, un’evoluzione delle cause.
Infatti, cominciano a farsi strada fattori di ordine istituzionale e socio-
culturale, come la carenza del sistema educativo e formativo, la fragilità delle
strutture culturali, associative, ricreative e del tempo libero.26
Il fenomeno del lavoro minorile, quindi, non può essere ascritto a cause
facilmente individuabili e removibili, ma ad un ventaglio di situazioni diverse.27
3. Indagini statistiche
Giunti a questo punto della trattazione si rende indispensabile quantificare,
grazie ai dati statistici, qual è l’incidenza del fenomeno non solo a livello
mondiale, ma, nello specifico, anche nella nostra nazione.
24
S. Bucci, op. cit., 3.
25
E. Porfiri, “Schiavi dei giochi degli altri-Napoli: garzoni e sciuscià”, in Il Mondodomani, 1998, 3, 9.
26
A. Geria-F. Pittau, “Il lavoro minorile in Italia: dati, problemi e prospettive”, in Affari sociali internazionali,
1999, 1, 151.
27
A. Geria-F. Pittau, ibidem, 149.
10
Purtroppo bisogna sottolineare che non esistono statistiche complete sul
lavoro minorile; nella gran parte dei casi, i governi ed i datori di lavoro si
rifiutano di ammetterne l’esistenza, o comunque non compiono rilevazioni
statistiche ufficiali. 28
Nel mondo ci sono circa due miliardi di bambini di età compresa tra gli zero
ed i diciotto anni. Nove su dieci, pari all’87%, vivono nei paesi in via di
sviluppo.29
Impressionanti sono i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale del
Lavoro (OIL) e dei vari organismi non governativi secondo cui il numero dei
bambini lavoratori nel mondo, di età compresa tra i 5 ed i 14 anni, oscilla
intorno ai 250 milioni, impiegati in un gran numero di attività lavorative
pericolose, malsane e persino illegali. 30
Le cause dell’inaffidabilità e dell’inesaustività di questo numero sono
svariate e dipendono in parte dal fatto che molti governi nazionali intervistati
non hanno risposto e che non si tiene conto dei milioni di bambini lavoratori che
hanno meno di 10 anni. 31
28
“Il lavoro minorile nel mondo”, dati Unicef-Italia, dicembre 1997 (v. sito internet: www.unicef.it/).
29
S. Bucci, “Schiavi dei giochi degli altri – Alle radici del problema”, op. cit., 1.
30
“Dove e quanti sono i minori che lavorano”, v. sito internet: www.centerville.it/outlook.
31
Inoltre non si considera quel grosso gruppo di minori lavoratori (soprattutto bambine) che passa inosservato,
cioè di quelli che lavorano nelle case, presso la propria famiglia o presso altri. (“Dove e quanti sono i minori che
lavorano”, ibidem).
Sul punto v. anche: D. Invernizzi, Minori: alla conquista dei diritti negati, Milano, Fratelli dell’Uomo, 1997,
18.
11
Questi piccoli lavoratori sono distribuiti quasi ovunque: Asia (60%), Africa
(32%), America Latina (7%), ma anche Europa ed America del Nord.32
Ed è proprio negli Stati Uniti che, nel 1996, grazie ai dati rilevati il 14
dicembre 1997 dall’Associated Press (AP), si è scoperto l’impiego illegale di
circa 290.000 bambini, di cui quasi 60.000 di età inferiore ai 14 anni; 13.000 di
loro lavoravano in negozi di dolciumi. 33
Per quanto riguarda l’Europa, da uno studio condotto in Inghilterra risulta
che a Birmingham il 43% dei ragazzi tra i dieci ed i sedici anni svolge lavori
espressamente proibiti dalla legge e che il 75% è assunto illegalmente.34
Per portare un altro esempio, anche in Russia, a seguito della mutata
situazione politica, stanno aumentando i bambini che lavorano: la metà di loro
ha meno di 15 anni. 35
In Asia la piaga del lavoro minorile è gravissima, non solo perché è il
continente col maggior numero di bambini al lavoro, ma anche perché conosce
le peggiori forme di lavoro minorile.36
In questo continente milioni di bambini lavorano in schiavitù e solo in India
si parla di 44 milioni di piccoli lavoratori. 37
32
“Il lavoro minorile nel mondo”, dati Unicef-Italia, dicembre, 1997 (v. sito internet come da nota 28).
33
“Il lavoro minorile nel mondo”, ibidem, 28.
34
“Dove e quanti sono i minori che lavorano”, v. sito internet come da nota 30.
35
“Dove e quanti sono i minori che lavorano”, ibidem.
36
“La condizione dell’infanzia nel mondo”, Rapporto annuale dell’Unicef, dicembre 1997, v. sito internet come
da nota 19.
37
Se ne contano 40.000 solo nell’industria dei tappeti. (Centro Nuovo Modello di Sviluppo Sulla pelle dei
bambini, op. cit., 14).