come il più improbabile dei Presidenti Americani, Ronald Reagan riuscì a far rialzare
il paese da quella sorta di impotenza, adottando una strategia senza mezzi termini nei
confronti del “Impero del Male”. Nel secondo paragrafo il discorso si sposterà verso
lo sviluppo del comunismo in America Centrale, tratteremo quindi il caso Nicaragua
partendo dalla figura emblematica del Generale Augusto Sandino padre della
rivoluzione Nicaraguese contro gli Stati Uniti nei primi del ‘900, e creatore di quei
valori, che vennero portati avanti negli anni successivi dai ribelli Sandinisti, vincitori
nella lotta contro la dittatura filo-americana instauratasi dopo la morte del Generale.
Passero poi all’analisi di quel gruppo di combattenti chiamati Contras, sostenuti dagli
Usa per il ribaltamento del regime comunista che cominciava a rendere piede non
solo in Nicaragua. Il terzo ed ultimo paragrafo focalizzerà l’attenzione sul mondo
medio orientale, in particolare sul Iran, una volta capo saldo delle strategie americane
nella regione divenuto improvvisamente il nemico numero uno con l'ascesa al potere
da parte del’ Ayatollah Khomeini.
Nel secondo capitolo verrà analizzata la parte riguardante il caso Irangate, trattandolo
sotto tutti i suoi aspetti. Vi sarà una prima elencazione dei personaggi di maggior
rilievo, in modo da potersi districare nel groviglio di nomi e sigle che
caratterizzarono la vicenda. Verranno trattati i perchè dell'interesse americano nella
zona del Golfo Persico (oltre a quello più noto, degli ostaggi in Libano) e i motivi che
spinsero gli Usa a far del Medio Oriente uno degli scenari di primo piano della guerra
fredda. Non volendo di fatto ripetere gli stessi errori che permisero al' Urss di
insediarsi in America Centrale, gli Stati Uniti adottarono strategie nuove, molto
pericolose dal punto di vista ideologico (gli Usa ricordiamo erano i paladini dell'anti
terrorismo, costringevano gli alleati a evitare in tutti i modi contatti diplomatici,
economici, religiosi con gli estremismi islamici, arrivando anche alle minacce
personali, un esempio lampante fu il caso Achille Lauro che rappresentò il gradino
più basso delle relazioni Italia-Usa) ma estremamente redditizie sia a livello
economico che relazionale, queste nuove strategie possono essere ridotte ad un unica
parola, armi. Le armi furono infatti la chiave che aprì il cuore degli Iraniani, coinvolti
come erano in una guerra senza fine con i vicini Iraqueni, ottenere armamenti
tecnologicamente più avanzati e in grande quantità era di fondamentale importanza
per la propria sopravvivenza, guerra fomentata tra l'altro dagli stessi Usa, ma
tornando a noi, vedremo come gli Stati Uniti riuscirono, grazie anche all'aiuto degli
Israeliani, a portare armamenti e munizioni in quantità industriale nel paese del
Golfo, prestando particolare attenzione alla complessa rete di pagamenti e conti
correnti che caratterizzarono le varie transazioni economiche.
Il terzo capitolo è centrato sull'altro aspetto dello scandalo, il Contragate. Ci
spostiamo quindi in Nicaragua, per analizzare tutti gli sforzi più o meno legali che i
dirigenti Americani effettuarono per proseguire il lavoro che l'emendamento Boland
aveva bruscamente interrotto. Il Congresso per paura di inimicarsi gli stati limitrofi al
Nicaragua aveva di fatto sospeso tutti i finanziamenti in favore dei Contras,
obbligando Reagan e i suoi a ingegnarsi per racimolare più fondi possibili. E' qui che
l'operazione Iran si fonde con il caso Nicaragua creando lo scandalo, infatti i milioni
di dollari ottenuti dalla vendita delle armi nel Golfo Persico, furono dirottati per
aiutare i combattenti per la libertà, ma come vedremo i metodi per raggiungere lo
2
scopo non si limitarono alla sola compravendita di missili. Questi sono infatti
chiamati anche gli anni della droga, il crack fa la sua apparizione nei ghetti
californiani per poi addentrarsi in tutti gli Stati Uniti, tutto questo è riconducibile alle
strutture parallele del governo, CIA compresa, che gestirono enormi traffici
internazionali utilizzando i proventi per il sostentamento dei ribelli non solo in
Nicaragua, ma anche in Afghanistan, Cambogia e Angola. Basta questo per capire le
dimensioni e la portata di quel commercio.
Nel quarto ed ultimo capitolo, che chiuderà il precorso intrapreso, vedremo in che
modo il popolo Americano reagì alle rivelazione. Rivelazioni che cominciarono a
susseguirsi inarrestabilmente e freneticamente, riportate su ogni tipo di giornale dai
media, media che a loro volta non furono clementi con il Presidente, memori degli
anni passati in sordina e screditati a causa della sua emblematica presenza, pensarono
bene che era arrivato il momento della rivincita. A Reagan infatti veniva perdonato
tutto ma questa volta era diverso, gli Americani si sentirono traditi e spiazzati in
particolare dopo la prima confusa conferenza stampa indetta dalla Casa Bianca.
L’attenzione inoltre si focalizzerà su come, i personaggi maggiormente coinvolti
gestirono il caos che giorno dopo giorno, destabilizzava la credibilità del paese agli
occhi attenti e curiosi non solo dell’America ma di tutto il mondo, e su come gli old
boy del Presidente, per salvare, sia l’immagine dell’uomo, ma soprattutto quella
dell’amico preferirono essere travolti dagli eventi piuttosto che pentirsi delle proprie
azioni.
In conclusione spero che chi voglia leggere questo lavoro, a mio giudizio
estremamente interessante, trovi stimolante questo spaccato di storia che ignorato suo
malgrado dalla copertura mediatica.
3
Capitolo I
Le origini dello scandalo
Paragrafo 1.1
L’America di Reagan e le elezioni del 1980
Una delle più comuni interpretazioni delle elezioni presidenziali americane vuole che
sul loro esito, le questioni di politica estera abbiano un’influenza assai meno rilevante
dei problemi di politica interna. Le elezioni del 1980 costituiscono una delle poche
eccezioni a questa regola. E’ vero che sul loro risultato pesò la situazione economica,
ma un rilievo non trascurabile lo ebbe la sensazione della maggioranza
dell’elettorato, che Carter avesse incrinato il prestigio e l’influenza degli Stati Uniti
nel mondo
1
.
Le difficoltà, riscontrate da Carter in politica estera, autorizzarono già nel ‘77 i
neoconservatori ad attuare una pesantissima opposizione, accusando il governo
americano di essersi illuso che l’espansione comunista e la rivoluzione del Terzo
Mondo non fossero più una reale minaccia per gli Stati Uniti. Erano particolarmente
preoccupati: per la politica in Medio Oriente, per l’apertura al mondo arabo, per la
crisi di Teheran, senza tralasciare il netto spostamento politico di alcuni stati come il
Nicaragua in America Centrale. Dato che la linea tenuta dal governo era stata ispirata
dall’ideale di democratizzazione di questi paesi, quando i loro dittatori si erano
trovati ad affrontare sollevazioni interne, la stampa liberale denunciava come
scandalosa qualunque ipotesi di continuare ad aiutare un governo illiberale, di
conseguenza gli Usa, decisi a non intervenire, restavano immobili a osservare la
deposizione dei governi amici e l’istallazione di governi ostili agli interessi
americani
2
. Come affermò uno degli esponenti di maggior spicco dei
neoconservatori, Jeane Kirkpatrick (futura ambasciatrice ONU di Reagan),
l’amministrazione Carter sbagliava nel dichiarare di voler combattere tutti i regimi
autoritari credendo di poterli sostituire con governi democratici. Il ruolo degli Usa
doveva essere quello di evitare in qualunque modo la nascita di nuovi totalitarismi in
qualsiasi parte del mondo.
Carter era sceso a un punto tale di stima dell’opinione pubblica che anche la
possibilità di una nomination sembrava remota, riuscì comunque ad ottenere gli
appoggi necessari. Nelle file Repubblicane era chiaro che il prescelto fosse stato
Ronald Reagan, la sua piattaforma denunciava il trattato Salt II, definito un completo
fallimento e richiedeva una superiorità militare rispetto all’Urss, raccomandava una
diminuzione delle spese federali e delle tasse. Condusse una campagna elettorale
prudente, piena di buone maniere non affidandosi agli attacchi personali e sgonfiando
1
E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, Edizioni Laterza, p 1254
2
G. Borgognone, La Destra americana, Edizioni Laterza, p 156
4
le accuse di estremismo che gli lanciavano. La vittoria fu rotonda e ben presto i dubbi
e lo scarso consenso che il mondo politico gli concedeva lasciarono il passo alla
speranza di vedere nuovamente splendere gli Stati Uniti.
Un “Nuovo principio” era lo slogan scelto per la presidenza, riecheggiava nella forma
la “Nuova frontiera” di Kennedy (soprattutto la parte dedicata alla politica estera) e il
“New Deal” di Roosvelt (riferendosi all’eccessivo potere governativo), il
rinnovamento nazionale prometteva di “arrestare e rovesciare la tendenza del governo
alla crescita” riducendo le dimensioni dell’amministrazione federale considerando il
governo non come la soluzione bensì come il problema a causa della sua crescita
eccessiva e non necessaria. Il “Nuovo principio” riguardava anche i rapporti tra gli
USA e il resto del mondo, non a caso, ricordò i caduti del Vietnam, promise ad amici
e alleati un appoggio completo, ai nemici o potenziale avversari una strenua
opposizione in difesa della pace, affermando che per essa il popolo Americano e la
sua amministrazione si sarebbero sacrificati senza arrendersi ne ora ne mai
3
.
Reagan giunse alla presidenza senza avere alle spalle alcuna esperienza in politica
estera, portò però con se un inveterata ostilità nei confronti del comunismo che
risaliva alla sua esperienza come attore quando aveva assistito, in prima persona, ai
tentativi da parte dei comunisti di esercitare pressione ideologica sull’industria del
cinema grazie al controllo dei sindacati
4
. Grazie alla sua grande capacità di
persuasione e al suo linguaggio forte e talvolta minaccioso, costrinse gli Americani
ad accettare una retorica allarmistica e aggressiva. Il suo primo mandato fu
caratterizzato da un impeto antisovietico, riprese quindi le dottrine di Truman e
Dulles, riportando inevitabilmente al clima degli anni ‘47-’52, l’acme della guerra
fredda. Reagan abbandona definitivamente sia la politica di distensione, “Sinora la
distensione è stata una strada a senso unico, di cui l’Unione Sovietica si è servita per
seguire i propri fini”, sia quella di contenimento in quanto entrambe legittimano
l’Urss nel ruolo di altra superpotenza e impediscono la risoluzione definitiva della
guerra fredda anzi tendono a perpetuarla “L’occidente non conterrà il comunismo,
trascenderà il comunismo, lo bandirà come un bizzarro capitolo della storia
dell’umanità al quale si stanno scrivendo le ultime pagine”
5
, cosi parlava il Presidente
in una conferenza del ’81. Ancora più pesanti saranno le sue affermazioni in un
pubblico discorso in Florida quando paragonò il blocco sovietico, reo di aver
abbattuto un aereo di linea coreano con a bordo 269 passeggeri che stava sorvolando
il celi russi, negando con veemenza la tesi sostenuta dai sovietici, i quali affermavano
che il veivolo era impegnato in un operazione di spionaggio per conto degli Usa,
“All’impero del male” e “Il focolaio del male nel mondo contemporaneo”,
costringendo il Congresso e l’opinione pubblica ad accettare enormi spese per il
riarmo, sia convenzionale che non, dando il via a un nuovo scenario fantascientifico.
3
A. Levi, Tra Est e Ovest, Rizzoli, p 293
4
M. Jones, Storia degli stati uniti d’america, Bompiani, p 545
5
G. Valdevit,I volti della potenza,Carocci, p158
5