pupil or a child, as the case may be, who is under his care, if the force
does not exceed what is reasonable under the circumstances”
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.
L’interpretazione maggioritaria, ha respinto le istanze di
incostituzionalità sollevate dall’appellante in relazione ad una
presunta discriminazione dovuta, in primo luogo, al diverso
trattamento riservato ai bambini nei confronti di eventuali violenze
lesive della loro dignità, integrità e sicurezza, nel caso in cui tali
condotte siano perpetrate a scopo prettamente educativo; in secondo
luogo alla legittimazione all’uso di punizioni inusuali o crudeli,
parimenti vietate dall’ordinamento giuridico canadese, nonché ad una
supposta incertezza nell’enunciazione della disposizione che la
Foundation ritiene possa favorire interpretazioni arbitrarie e talvolta
aberranti, causando l’impunità di condotte palesemente violente e
gratuite.
2. OPINIONE MAGGIORITARIA
a. Interpretazione della Section 43
I giudici hanno interpretato la Section 43 Criminal Code in
modo piuttosto estensivo, integrando la lettera della norma con istanze
esterne rappresentate dall’opinione pubblica e da quella degli esperti,
nonché con i criteri ricavati dalla precedente giurisprudenza, in
particolare le sentenze Ogg-Moss v. The Queen e R. v. Dupperon,
entrambe del 1984.
Prima di tutto è stato messo in evidenza come la scriminante ex
Section 43 sia indirizzata a determinati individui che abbiano rapporti
particolari con il soggetto passivo della condotta: insegnanti, genitori e
persone che ne fanno le veci.
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Trad.”Ogni insegnante, genitore o persona facente le sue veci, è giustificato nel caso in cui usi la
forza nei confronti di un alunno o di un bambino, allo scopo di educarlo, se la forza usata non
eccede ciò che è ragionevole in relazione alle circostanze”.
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Dalla norma si evince come la condotta che integra la
fattispecie in esame, e che quindi può considerarsi lecita, è
costituita dall’uso della forza su di un “bambino”, che prima facie
deve intendersi come “minore”, cioè persona che non abbia ancora
compiuto il diciottesimo anno di età, con lo scopo preciso di
educare e correggere, cioè di manifestare disapprovazione per un
suo comportamento attuale al fine di emendarne la condotta ritenuta
errata, esplicando in questo modo una funzione educativa. La
previsione della quale implica però che il bambino sia in grado di
capire e beneficiare concretamente della correzione. Ecco perché si
è ritenuto di dover integrare l’interpretazione con il parere di esperti
del settore dell’infanzia secondo i quali tale istanza non possa in
alcun modo essere recepita dai bambini di età inferiore ai due anni,
i quali non hanno ancora sviluppato capacità intellettuali tali da
poterla comprendere. Gli stessi esperti hanno inoltre rilevato come
le punizioni corporali debbano considerarsi inutili se esplicate nei
confronti dei “teen-agers”, cioè i minori compresi tra i tredici e i
diciassette anni di età, nei confronti dei quali tali atteggiamenti
hanno effetti preminentemente negativi e non certo educativi in
quanto scatenano comportamenti aggressivi e anti-sociali.
Se ne deduce che per “bambino” in relazione alla Section 43
debba intendersi un individuo di età compresa tra i due e i dodici
anni.
Per quel che riguarda invece, la consistenza materiale della
condotta, la Corte ha ritenuto che possano farsi rientrare nella
previsione della Section 43, in accordo con quanto tollerato dalla
società, solo quelle punizioni corporali che causino un danno fisico
“transitorio e insignificante“ al bambino, escludendosi chiaramente
tutte quelle condotte che implichino di per sé effetti dannosi di durata
o entità più consistente. Ecco perché è stato sottolineato che, alla luce
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di una corretta interpretazione della Section 43, debbano ritenersi
escluse dal beneficio di tale causa di giustificazione atteggiamenti
sanzionatori che implichino l’uso della forza direttamente sulla testa
del bambino per mezzo di colpi o schiaffi, o addirittura l’uso di
oggetti allo scopo di imprimerla in modo più violento.
Si è inoltre auspicato, in una materia così delicata come
quella delle punizioni corporali sui bambini e in presenza di una
norma che consenta il loro uso, anche se solo a determinati soggetti
e nel rispetto di particolari condizioni, un’interpretazione e una
conseguente applicazione casistica della disposizione, così come
anche la norma stessa richiede quando sancisce che la
ragionevolezza deve essere valutata “under the circumstances”, e
cioè tenendo conto di tutte le circostanze del caso (come ad
esempio le condizioni fisiche e psichiche del bambino), che possano
in qualche modo aiutare a determinare l’accettabilità sociale e
legislativa della punizione inflitta nel caso eventualmente oggetto di
controversia.
E’ inoltre convinzione della parte maggioritaria del collegio
giudicante che in generale è opinione diffusa tra i componenti la
società che, in relazione agli insegnanti, le condotte che possono
essere tollerate, e perciò fatte rientrare nell’ambito di applicazione
della Section 43, sono solo quelle mirate ad allontanare soggetti
turbolenti dall’aula presso cui si stanno svolgendo le lezioni e a
mantenere l’ordine in classe, nonché ad assicurarsi che le
disposizioni impartite siano rispettate. Non si ritiene infatti che
atteggiamenti tesi a punire i bambini da parte degli insegnanti, al di
fuori dei casi citati, possano svolgere quella funzione educativa ed
avere quell’effetto che invece scaturisce dall’applicazione di tali
comportamenti da parte dei genitori, in funzione soprattutto del
rapporto qualitativamente diverso che si viene ad instaurare tra
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genitori e figli rispetto a quello che questi ultimi stabiliscono con i
propri insegnanti.
Infine, la Corte ha sottolineato il fatto che, nella scelta di una
espressione prima facie vaga come quella di “reasonable under the
circumstances”, si celi in realtà la precisa volontà di far sì che la
disposizione contenuta nella Section 43 possa essere elastica ed
adattarsi alle concezioni sociali che come è noto cambiano con il
tempo, evitando così il rischio di cristallizzare la norma in
definizioni più precise ma dettate da concezioni attuali che sono,
per questo, destinate a divenire, nel tempo, anacronistiche: costumi
che all’inizio del Novecento erano considerati leciti e giusti, come
alcuni tipi di punizioni corporali, è logico che non possano più
considerarsi tali ai nostri giorni (si pensi ad esempio all’uso della
tortura)
b. Section 43: discriminazione o tutela?
Come tutti i sistemi giuridici democratici moderni, anche
quello canadese garantisce l’uguaglianza formale e sostanziale di
tutti i cittadini e li tutela nei confronti di ogni forma di
discriminazione, così come sancisce la Section 15 della Canadian
Charter of Rights and Freedoms. Ed è proprio su questa previsione
normativa che la Foundation ha basato la sua istanza fondamentale
e maggiormente dibattuta all’interno del collegio giudicante: tale
disposizione infatti prevede anche alcune forme tipiche di
discriminazione che vengono espressamente elencate e tra le quali è
compresa l’età. La Section 43 è stata perciò accusata di essere
discriminante nei confronti dei bambini nella misura in cui li priva a
causa della loro particolare condizione, dovuta appunto all’età, di
una tutela costituzionalmente garantita al resto dei cittadini.
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L’opinione maggioritaria della Corte si è pronunciata però
contro una tale interpretazione ritenendo che nel caso di specie non
è esatto parlare di “discriminazione”, bensì occorre intendere la
Section 43 come una “distinzione”: non è infatti esatto affermare
che i bambini vengono privati di una tutela costituzionale in modo
arbitrario, in quanto la differenza di trattamento è pienamente
giustificabile alla luce della condizione sociale dei bambini, i quali
necessitano di ricevere un’educazione finalizzata ad un loro
proficuo inserimento nella società adulta una volta raggiunta la
maggiore età; perciò tale privazione è volta ad un fine
“migliorativo” a favore dei bambini, perseguito attraverso la
garanzia che insegnanti e genitori possano svolgere il loro ruolo di
educatori senza dover essere costantemente sottoposti a sanzioni
penali a causa di comportamenti che non possono in alcun modo
essere rubricati come violenze o abusi, ma che sono, invece,
finalizzati al raggiungimento del “best interest of the child” Infatti,
incriminare genitori e insegnanti per tali condotte, esporrebbe i
bambini e le famiglie alle ingerenze della legge penale che sono ben
lungi dall’avere effetti benefici nei loro confronti. Lo scopo, infatti,
è principalmente quello di tenerli fuori dalle aule penali evitando un
loro coinvolgimento in situazioni che potrebbero essere più
deleterie per il bambino della punizione stessa, preservandoli in
questo modo dallo sperimentare circostanze che, come è stato
tristemente confermato dall’esperienza, sono per lui traumatizzanti
e dannose dal punto di vista psicologico.
L’obiezione sollevata dal ricorrente in base alla quale la
Section 43 autorizzi e legittimi le violenze nei confronti dei
bambini, diffondendo la convinzione che l’ordinamento giuridico
canadese consideri giusto l’uso delle punizioni corporali, è stata
confutata attraverso un’interpretazione sistematica della disciplina
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in esame: in primo luogo, l’ordinamento giuridico canadese
fornisce sufficiente protezione ai bambini da tutti quei trattamenti di
cui possono essere potenzialmente soggetti passivi e che implicano
un danno fisico non semplicemente “transitorio e insignificante” in
quanto tali atteggiamenti non possono essere fatti rientrate in alcun
modo nella scriminante ex Section 43; in secondo luogo, nonostante
il riconoscimento della possibilità di esercitare lo ius corrigendi
tramite l’uso della forza, seppur entro determinati limiti, è stata
premura dello stato canadese promuovere campagne volte alla
sensibilizzazione dei cittadini all’uso di punizioni alternative a
quelle corporali e la condanna dei loro risvolti negativi sui bambini;
senza chiaramente contare l’impegno dello Stato canadese sul
fronte dei diritti dei fanciulli che si è concretizzato nella
sottoscrizione di carte e dichiarazioni nonché nell’adesione ad
organizzazioni internazionali tra i cui obiettivi si annovera anche
quello della protezione dei minori.
3. INTERPRETAZIONE DEI GIUDICI DISSENZIENTI
Interessanti sono anche le opposizioni sollevate da alcuni
membri del collegio giudicante i quali, hanno evidenziato come
l’interpretazione proposta dal Chief Justice appaia forzata allo
scopo di fornire alla Section 43 Criminal Code la cornice giuridica
e la legittimazione costituzionale resasi necessaria a causa della sua
scorretta enunciazione materiale, suffragando ulteriormente la
prospettata presunzione di incostituzionalità in relazione alla
“vagueness” della Section 43 in quanto una tale interpretazione non
potrebbe in alcun caso essere prevista da genitori e insegnanti che
così di troverebbero nella posizione di non poter prevedere dove
finisce il comportamento lecito e inizia quello illecito, con una
evidente e profonda violazione del divieto di vaghezza legislativa
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