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INTRODUZIONE
La recente crisi finanziaria ha smentito la convinzione che, in presenza di un
mercato interbancario liquido ed efficiente, un intermediario finanziario ben
patrimonializzato potendo sempre ricorrere al credito a breve da parte di
altre banche, non possa avere problemi di liquidità.
Il mercato ha riscoperto il rischio di liquidità nella sua duplice veste,
funding e market liquidity risk. Ovvero, non basta considerare il rischio che
la banca non sia in grado di far fronte puntualmente e in modo economico ai
deflussi di cassa, attesi e inattesi, ma bisogna considerare la possibilità che
la vendita forzata e immediata, per necessità di liquidità, spesso costringe a
cedere alcune attività meno liquide ad un prezzo inferiore rispetto al valore
di mercato.
L’intento, che si propone di raggiungere questo lavoro, è quello di valutare
lo stato dell’arte del processo di Liquidity Risk Management, valutando le
metodologie e gli strumenti proposti dalle autorità competenti, e quale ruolo
rivestono all’interno delle prassi bancarie.
Una corretta politica di gestione impone di esaminare il rischio di liquidità
in funzione dell’area di impatto, dell’orizzonte temporale di analisi,
dell’origine e dello scenario economico in cui si manifesta, cosa che sarà
affrontata nel primo capitolo, rivolgendo particolare attenzione
all’interazione tra i vari rischi bancari. Nel secondo capitolo, si
affronteranno le metodologie e gli strumenti per il governo del rischio di
liquidità, quali ad esempio i liquidity stress test e i contingency funding
plan. Per giungere poi, nel terzo capitolo, alla misurazione di questo rischio.
Per quanto riguarda il funding liquidity risk, abbiamo presentato i tre diversi
approcci: degli stock, dei flussi di cassa e ibrido, maggiormente utilizzati
nelle prassi bancarie. Mentre, per quanto riguarda il market liquidity risk,
non ancora presente all’interno delle gestioni bancarie, ci soffermeremo, in
primis, sui modelli basati sul bid-ask spread, che è spesso considerato la più
importante misura della liquidità generale presente nel mercato in un
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determinato momento, per scambi di importo contenuto. Analizzeremo,
infatti, la misura di Roll (1984), che stima lo spread basandosi
sull’autocovarianza dei rendimenti e il modello di Bangia et al. (1999) che
implementa l’approccio Liquidity VaR. Successivamente, la nostra
attenzione si focalizzerà sui modelli che prendono in considerazione anche
dati relativi al volume e alle transazioni, vedremo il modello di
Madhavan e Smidt (1991) e il modello Angelidis e Benos (2005), che
risultano essere rispettivamente un affinamento della misure proposte da
Roll e da Bangia et al.
Il capitolo che chiude questo lavoro, vuole entrare “nel vivo” della gestione
del rischio di liquidità, e per farlo cerca di verificare il modus operandi delle
banche, ovvero come esso viene gestito, misurato, controllato, e con quali
strumenti. La scelta ricade su alcuni gruppi bancari a livello nazionale, tra
cui Unicredit, MPS, Carige, e a livello internazionale, tra cui Deutsche Bank
e Danmarks Nationalbank.
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CAPITOLO I:
IL RISCHIO DI LIQUIDITA’
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1. LA LIQUIDITA’ NELLE BANCHE
«Liquidity is easier to recognize than to define»: la difficoltà nel definire il
concetto di liquidità, efficacemente espressa da Crockett
1
, riflette il fatto che
nella storia più recente dei sistemi finanziari si è registrato un notevole
ampliamento della varietà di strumenti e delle tecniche di gestione
finanziaria che gli operatori economici hanno utilizzato per pianificare e
regolare i propri impegni di natura monetaria.
La liquidità assume, poi, connotazioni diverse a seconda che si consideri uno
strumento, un mercato o un intermediario.
In primis la liquidità di uno strumento finanziario indica la facilità con cui
esso può essere rimborsato oppure ceduto, anche in quantità elevate, su un
mercato secondario. Un'attività è definita liquida quando i partecipanti al
mercato possono negoziarne il quantitativo desiderato con rapidità e a prezzi
in linea con quelli osservati al momento in cui prendono la decisione di
scambiare (quindi l'atto di scambio non influenza il prezzo del titolo). Le
dimensioni della liquidità sono quindi: valore, tempo e probabilità.
La liquidità del mercato è quella degli strumenti finanziari in esso negoziati.
Possibili indicatori di liquidità sono i differenziali tra quotazioni denaro e
lettera, i controvalori scambiati o quelli quotati (in quest’ultimo caso,
sovente, non si considerano tutte le quotazioni, ma solo quelle che non si
discostano dal miglior prezzo più di un certo numero di punti-base); non
esiste tuttavia una misura universalmente riconosciuta di liquidità. La
liquidità di un mercato è influenzata da diversi fattori: il numero dei
partecipanti al mercato, la dimensione e la frequenza degli scambi, il grado di
asimmetria informativa tra i partecipanti al mercato, il tempo richiesto per
condurre a termine una transazione.
La liquidità dei mercati ha, poi, quattro dimensioni
2
:
1
Andrew Crockett, “Market liquidity and financial stability”, Banque de France, 2008.
2
International Monetary Fund: Financial Soundness Indicators, Washington, 2006, pag. 90;
A. Bervas: Market liquidity and its incorporation into risk management, Banque de France,
Financial Stability Review, n. 8, May 2006.
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1) Il grado di tensione (tightness), calcolato dalla differenza tra prezzo
di acquisto e di vendita (bid-ask spread), misura il costo di cambiare
la propria posizione per quantità modeste in tempi brevi. E’ spesso
considerato la più importante misura della liquidità generale presente
nel mercato in un determinato momento e dipende dal costo per il
market maker di processare gli ordini, dall’entità e dalla volatilità
degli ordini accumulati e dal grado di asimmetria informativa.
2) Lo spessore (depth), ovvero l’ammontare delle transazioni che
possono essere assorbite senza influenzarne il prezzo. Si osserva
3
che, il bid ask spread si allarga per quantità di ordini più elevate
4
.
Bisogna tenere in considerazione che il potenziale compratore
potrebbe richiedere uno sconto sul prezzo tanto più grande quanto
maggiori saranno la quantità domandata e la discrepanza informativa
sofferta, dato che un flusso imponente di vendite può far sorgere il
dubbio che colui che ha dato inizio alla transazione sia in possesso di
informazioni privilegiate.
3) L’immediatezza
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(immediacy), ovvero la velocità di esecuzione degli
ordini, si riferisce al tempo necessario fra l’invio della proposta di
negoziazione e il completamento della transazione.
4) La resilienza (resiliency), ovvero quanto prontamente i prezzi tornano
al livello antecedente al verificarsi di uno squilibrio negli ordini.
Graficamente (fig. 1.1) possiamo vedere che la differenza tra il bid e l’ask
price, definiti per quantità standard, rappresenta l’ampiezza del mercato,
mentre la quantità per la quale la curva di prezzo non è inclinata
positivamente riflette la profondità del mercato stesso. La resilienza si
3
In particolare, nell’ambito della teoria della downward sloping demand curve per i titoli.
4
Affronteremo questo aspetto quando presenteremo i modelli basati su dati relativi al
volume e alle transazioni. La fig. 3.4 ci mostra quanto detto graficamente.
5
Secondo alcuni, questa caratteristica sarebbe assumibile nelle precedenti, tuttavia una
certa scuola di pensiero, volta alla ricerca di nuovi modelli di equilibrio dei mercati, ne
sottolinea l’importanza e si pone piuttosto il problema di definire dei metodi di computo
che ne garantiscano la compatibilità con i modelli di pricing tradizionali, ed in particolare
di quelli multifattoriali.
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riferisce alla velocità con la quale il mercato si muove una volta che ha
raggiunto un punto della curva con inclinazione positiva.
Figura 1.1: Aspetti della liquidità del mercato
6
:
Fonte: Market liquidity and its incorporation into risk management, Banque de
France, Bervas, 2006.
Infine, la liquidità di un intermediario potrebbe essere definita, in modo
superficiale, come la differenza tra la liquidità media delle sue attività e
quella delle sue passività. In realtà, una simile definizione risulterebbe
insoddisfacente da più punti di vista. In primo luogo, perché è possibile
incrementare gli attivi liquidi non solo cedendo attività finanziarie o
chiedendone il rimborso, ma anche ponendole a garanzia di prestiti e inoltre,
se la reputazione dell'intermediario lo consente, ottenendo sul mercato
prestiti non garantiti; in secondo luogo, perché ciò che rileva, nel caso del
6
Vedi: Market liquidity and its incorporation into risk management, Banque de France,
Bervas, 2006.
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passivo, non è il grado di liquidità complessivo (sul mercato primario e
secondario), ma solo le possibili richieste di rimborso; in terzo luogo perché,
accanto alle attività e passività "sopra la linea", è necessario tenere conto
anche di tutti i diritti, opzioni, impegni che derivano da poste "sotto la linea",
come aperture di credito irrevocabili, contratti derivati, linee di liquidità
stand-by erogate a favore di terzi.
La definizione di liquidità si allarga alle banche, quali intermediari
finanziari capaci di trasferire potere d'acquisto, attraverso la creazione di
attività finanziarie che rispondono a differenti bisogni finanziari delle unità
economiche. La principale funzione economica svolta dalla banca consiste
nel trasferire risorse finanziarie (ossia, moneta) dai soggetti che ne
dispongono a quelli che invece ne difettano, ponendosi come controparte di
ciascuno di essi. Questa funzione, detta di intermediazione, è esercitata
attraverso la raccolta di fondi dai risparmiatori e la concessione di prestiti a
imprese e famiglie, per le loro esigenze di investimento e consumo.
L'attività di intermediazione svolta dalle banche avviene tramite la cd.
trasformazione delle scadenze
7
. La banca raccoglie risorse in forma di
depositi presso il pubblico, tipicamente rimborsabili "a vista", ossia su
richiesta del depositante, e li trasforma in attività finanziarie solitamente
meno liquide, come i prestiti, che di solito hanno durata superiore all'anno.
Poiché non tutti i depositanti prelevano contemporaneamente i loro fondi, la
banca è in grado di utilizzare parte della raccolta per finanziare attività
anche a più lunga durata, come i prestiti alle imprese e i mutui alle famiglie,
e consente ai risparmiatori di effettuare pagamenti o prelevamenti di risorse
in qualsiasi momento.
Nel corso dell’attività di intermediazione, gran parte dei flussi finanziari in
entrata e in uscita tende a compensarsi. Quando ciò non avviene la banca si
trova in presenza di uno squilibrio che porta o ad una eccedenza di flussi di
cassa in entrata rispetto a quelli in uscita, o viceversa alla prevalenza di
7
La trasformazione delle scadenze è quel processo per il quale la banca finanzia con assets
a lunga scadenza liabilities a breve scadenza per beneficiare delle spread positivo che
normalmente si ha sul mercato dei capitali.
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questi ultimi rispetto ai primi. Nel primo caso la banca si troverebbe con una
disponibilità di risorse monetarie detenute in forma infruttifera (cassa),
mentre nel secondo caso si troverebbe in una situazione di disavanzo di
cassa e quindi nella necessità di porre in essere operazioni per ottenere le
risorse monetarie sufficienti a coprire tale disavanzo.
Compito della gestione finanziaria è, in primo luogo, quello di mantenere
condizioni di equilibrio finanziario
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, nel senso di evitare, da un lato,
l’accumulo di eccedenze di riserve monetarie infruttifere che porterebbero a
penalizzare la redditività della banca e, dall’altro, le condizioni in cui i flussi
finanziari in uscita sono maggiori di quelli in entrata e quindi disavanzi da
finanziare mediante onerose operazioni di indebitamento. Come in tutte le
aziende, a maggior ragione in una banca, è necessario assicurare l’equilibrio
di questi flussi sia nel brevissimo periodo (tesoreria) sia su orizzonti
temporali più ampi (liquidità).
In stretta connessione con la situazione di liquidità dell’azienda è lo stato di
solvibilità, misurato dal rapporto tra valore dell’attivo e valore del passivo.
L’analisi di solvibilità non considera la dimensione temporale degli elementi
attivi e passivi del patrimonio; dato che non tutte le attività sono
prontamente liquidabili, ecco allora che una banca può essere
contemporaneamente solvibile e non liquida, a causa della presenza
nell’attivo di elementi che generano contante in momenti diversi da quelli
richiesti per l’estinzione di determinate passività.
Il processo diretto a garantire la solvibilità della banca, ovvero la sua
capacità di adempiere agli impegni di pagamento, è suddiviso in due fasi,
che realizzano rispettivamente le condizioni di equilibrio finanziario
8
“Per equilibrio finanziario può intendersi, almeno in prima approssimazione, la capacità di
una banca di detenere comunque un volume di attività liquide via via sufficiente a
fronteggiare la successione di quegli accadimenti gestionali che generano uscite monetarie
non suscettibili di essere differite nel tempo. Nella misura in qui queste sono ultime siano
prevedibili e in presenza di un volume di attività liquide inadeguato, la banca potrà
provvedere ad adeguare quest’ultimo, liquidando una porzione delle attività investite in suo
possesso oppure, non investendo, tutte o parte, delle entrate che consegue nle periodo
antecedente l’uscita da sostenere”. Patanè, La gestione della banca moderna, Edibank,
2004.
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(indicante la capacità di realizzare, in un orizzonte temporale più esteso,
un’armonica corrispondenza tra poste patrimoniali attive e passive, analoghe
per gradi di liquidità ed esigibilità) e monetario (indicante la capacità di
conseguire puntualmente un ordinato bilanciamento dei flussi monetari in
entrata e in uscita).
La prima fase si concreta nella gestione della liquidità, vale a dire
nell’insieme di quelle politiche attuate dalla banca per garantirsi, nel lungo
periodo, la capacità di far fronte tempestivamente ed economicamente agli
impegni di pagamento. La seconda fase del processo in esame si identifica
con la gestione della tesoreria, cioè l’insieme delle operazioni attuate nel
breve e brevissimo periodo, dirette a reperire attività liquide addizionali o ad
impiegare attività liquide temporaneamente in eccesso.
In particolare, mentre la politica di tesoreria è diretta a perseguire un
riequilibrio continuo ed istantaneo di breve periodo, la politica di liquidità si
pone, quindi, come fine ultimo quello di realizzare un equilibrio
“tendenziale”, conseguibile solamente nel medio-lungo termine.
Per una banca tale condizione di equilibrio diventa fondamentale perché la
fiducia nella moneta bancaria, alla base del funzionamento delle moderne
economie e dell’esistenza stessa delle banche, dipende dalla sua capacità di
onorare tempestivamente ogni proprio impegno.
Rispetto ai singoli risparmiatori, la banca ha il vantaggio di poter
diversificare maggiormente i rischi. Molti risparmiatori, che dispongono di
fondi limitati, non vorrebbero investire tutti i propri risparmi in un prestito a
una sola impresa, poiché il rischio sarebbe troppo elevato. Le banche hanno,
invece, una dimensione sufficiente per poter effettuare prestiti a molte
imprese - di settori e luoghi diversi - in modo da limitare la probabilità che
tutte quante possano trovarsi contemporaneamente in difficoltà. Le
caratteristiche delle passività bancarie, in larga parte prelevabili a vista e
utilizzabili per effettuare pagamenti, sono alla base della fragilità intrinseca
dei sistemi bancari. Se i depositanti decidono contemporaneamente di
prelevare integralmente i loro fondi le banche possono trovarsi in difficoltà.