PRIMO CAPITOLO SCIENZE DEL LINGUAGGIO E DELLA COMUNICAZIONE Nella prima dimensione costitutiva della glottodidattica analizzo
dapprima lo studio delle Scienze del Linguaggio, di seguito quelle della
Comunicazione per poi trovarne un punto di incontro nella
Sociolinguistica.
1.1. LINGUISTICA GENERALE.
A guidarci verso la conoscenza della Linguistica Generale è Berruto G.
1
Origini. La linguistica, lo studio scientifico delle lingue, è una disciplina
relativamente giovane. Fu nella prima metà dell’Ottocento che si
sviluppò come specializzazione autonoma, profilandosi nella sua fase
iniziale soprattutto come studio storico- comparativo delle lingue
indoeuropee. Ancor più giovane la Linguistica Generale che, in quanto
disciplina teorica non ha ancora un secolo di vita, facendosi
convenzionalmente risalire il suo atto di nascita alla pubblicazione
postuma delle lezioni ginevrine (1908-1911) di F. De Saussure , il
famoso “Corso di Linguistica Generale”. Egli pose le basi dello
strutturalismo il quale considerava la lingua come sistema in cui “ tout se
tient” ( tutto si tiene, tutto è in interrelazione reciproca) e in cui quindi il
valore di ogni elemento dipende dai suoi rapporti con gli altri elementi
del sistema. Lo strutturalismo si sviluppò in diverse direzioni in diverse
scuole europee, soprattutto tra gli anni Trenta e Cinquanta: la scuola di
1 BERRUTO G., Corso di Linguistica Generale , UTET Ed. Torino 1997
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Praga ( R. Jacobson, V . Mathesius), la scuola di Copenaghen ( L.
Hjelmslev, la cui teoria va sotto il nome di “glossematica”), la scuola
parigina ( A. Martinet) e la scuola di Londra ( J. R. Firth). Tratto che
accomuni queste scuole è la prospettiva funzionalista che considera il
linguaggio come strumento di comunicazione e vede le strutture
correlate con le funzioni. In America, a dispetto dell’orientamento
antropologico e tipologico presente a inizio Novecento nell’opera di A.
Sapir 2
, lo strutturalismo si diffonde invece in una versione fortemente
neopositivistica e descrittiva nota come “distribuzionismo” o
strutturalismo tassonomico di cui lo studio più importante fu quello di L.
Bloomfield che mira ad analizzare la lingua sulla sola base
comportamentale empiricamente verificabile dei messaggi in essa
prodotti prescindendo dalle funzioni e significati.
Altra data capitale per la Linguistica Generale è il 1957, anno della
pubblicazione di “Syntactic Structures” di Noam Chomsky, operante al
M.I.T di Boston, divenuto ben presto il linguista più influente e più noto
dei nostri tempi. La linguistica chomskyana, nota come
“generativismo”, affronta lo studio del linguaggio da una prospettiva
formale ed intende porsi in radicale contrapposizione allo strutturalismo
e ad ogni altra corrente della linguistica che privilegi induttivamente i
dati empirici. Egli si ispira a modelli da un lato matematizzanti,
dall’altro psicologici e vede il linguaggio come una facoltà mentale
basilarmente innata e con una sua organizzazione autonoma, da studiare
con metodi rigorosamente deduttivi. La teoria generativa ha avuto
sviluppi differenti nei suoi quaranta anni di vita che l’ hanno via via
2 SAPIR A, Cultura-linguaggio-personalità e antropologia , Einaudi Ed. Torino 1949
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modificata in assetto e categorie principali. Dalla teoria standard degli
anni’ 60 -70, alla teoria dei princìpi e parametri degli anni ’80.
Definizione 3
: la Linguistica Generale è “ il ramo delle scienze umane che
si occupa di che cosa sono e di come funzionano le lingue”. Oggetto
della linguistica sono in primo luogo le lingue storico-naturali ( vedi
linguistica comparativa), vale a dire le lingue nate spontaneamente lungo
il corso della civiltà umana e usate dagli esseri umani ora e nel passato; l’
italiano, il francese, il romeno, lo svedese, il russo, il cinese, il tongano, il
latino, il sanscrito, lo swahili, il tigrino, il piemontese ( non vi è, da
questo punto di vista, alcuna differenza tra lingue e dialetti), eccetera.
Per capire il linguaggio verbale umano dell’ homo sapiens può essere
utile, partendo un po’ alla lontana dal concetto di “Segno”, qualcosa che
sta per qualcosa d’ altro e serve per comunicare questo qualcosa d’ altro.
Categorie . Distinguiamo tre categorie all’interno del fenomeno della
comunicazione generale dove avremo:
1. una “comunicazione forte” , in senso stretto caratterizzata da:
emittente intenzionale, ricevente intenzionale (es. : linguaggi umani ed
animali, gesti, segnalazioni stradali).
2. una “comunicazione codice” con un passaggio di informazioni
caratterizzate da : emittente non intenzionale e ricevente( interpretante)
intenzionale ( es.: paralinguistica, prossemica, orme di animali).
3. una “comunicazione debole” con formulazione di interferenze
caratterizzate da: nessun emittente ( es. presenza oggetto culturale) e
interpretante ( es. modi di vestire ).
3 Ibidem Berruto G. 1997
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Il Segno si può definire come l’ unità fondamentale della comunicazione.
Esso è vario e precisamente può presentarsi sotto diverse forme e
precisamente:
Indici ( sintomi) : basati sul rapporto causa-effetto;
Segnali : motivati naturalmente/usati intenzionalmente;
Icone: dal greco eikòn, “immagine”: motivati analogicamente/
intenzionali. Es: carte geografiche, mappe, fotografie, disegni,
diagrammi, simbologie in orari e guide, onomatopee;
Simboli: motivati culturalmente/ intenzionali (es.: colore nero/bianco=
lutto).
Infine i Segni: non motivati/ intenzionali ( es.: comunicazione gestuale,
segni stradali).
Dalla prima all’ultima di queste categorie, la Motivazione che lega, nei
segni in senso lato, il “qualcosa” al “qualcosa d’ altro” che viene
comunicato diventa via via sempre più convenzionale, immotivata, meno
diretta. Parallelamente aumenta la specificità culturale dei segni in senso
lato: mentre gli Indici, in quanto fatti di natura, sono per definizione di
valore universale, uguali per tutte le culture in ogni tempo, i Simboli ed
ancor più i Segni sono dipendenti da ogni singola tradizione culturale.
Le proprietà della Lingua :
Una prima proprietà la Biplanarità , il fatto che ci sia in un segno due
facce, due piani compresenti ( il qualcosa ed il qualcosa d’ altro di cui si
parlava poco fa). Importanti allora le nozioni di Significante e di
Significato. Il primo è ciò che cade sotto i nostri sensi. Il secondo è la
parte non materialmente percepibile. L’ informazione veicolata dalla
faccia percepibile.
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Seconda proprietà della Lingua, la Arbitrarietà : i significati ed i
significanti che costituiscono il codice linguistico sono posti
convenzionalmente e non dati naturalmente. F. De Saussure nel suo
Corso di Linguistica Generale ne delinea quattro tipi e/o livelli diversi di
arbitrarietà, i quali vengono rappresentati dal triangolo semiotico.
Altra proprietà importante della Lingua la Doppia Articolazione . Essa
consiste nel fatto che il significante di un segno linguistico è articolato a
due livelli nettamente diversi, dove nel primo livello è scomponibile in
unità ancora portatrici di significato e che recano ognuno ancora un
significato e sono suscettibili di comparire col medesimo significato in
altre parole. Es. : gatto. Scomposto: gatt-o nome e singolare; gatt-i, gatt-
ino, gatt-are.
Ogni segno linguistico, di qualunque estensione, e in qualunque lingua, è
in linea di principio analizzabile, scomponibile in unità minime di prima
articolazione. Ad un secondo livello, seconda articolazione, esse sono
scomponibili in unità più piccole ma non più portatrici di significato: il
morfema gatt- è scomponibile nei suoni rappresentati nella scrittura da
lettere, elementi che non sono più segni in quanto non hanno un
significato e che chiameremo “Fonemi”. La doppia articolazione
consente una grande economicità di funzionamento: con un numero
limitato (nelle varie lingue poche decine) di unità di seconda
articolazione, si può costruire un numero infinito di unità dotate di
significato.
Ulteriore proprietà del Linguaggio verbale umano è la Onnipotenza
Semantica , che consiste nel fatto che tramite la lingua è possibile dare
un’ espressione a qualsiasi contenuto. Con la lingua si può parlare di
tutto. Ne consegue come sua diretta caratteristica la plurifunzionalità. Tra
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queste possiamo ricordare: esprimere il pensiero; trasmettere
informazioni; instaurare, mantenere, rapporti sociali ed attività
cooperative; manifestare esternamente i propri sentimenti; risolvere
problemi ed il creare mondi possibili. A tal proposito un grande linguista
di origine russa, R. Jacobson, identifica sei funzioni sulla base di un
modello dell’evento comunicativo e precisamente : la funzione fàtica
riguardante il canale (es. ciao gianni, pronto chi parla? ), la funzione
poetica riguardante il messaggio ( Ambarabbà cicci coccò, tre civette sul
comò che facevano l’ amore con….) ; la funzione espressiva che riguarda
l’ emittente ( es. : che bella sorpresa! ), la funzione conativa riguardante
il ricevente ( es. : chiudi la porta) e la funzione metalinguistica
riguardante il codice ( es. “pollo” due ll e la o chiusa e non polo). Infine
la funzione denotativa, referenziale che riguarda il contesto ( Es.: Treno
in partenza binario 2 ore 13.15).
Altra proprietà della lingua è la Produttività , infinita possibilità della
lingua di creare messaggi sempre nuovi, mai prodotti prima e parlare di
cose mai esistite. Essa è resa possibile dalla doppia articolazione che
permette una combinatorietà tra unità più piccole illimitata. E’ stata
definita anche “creatività regolare”.
Altra proprietà il Distanziamento . Tramite la lingua si può ipotizzare
cose distanti nel tempo, non immediatamente presenti.
Ultima proprietà si voglia ricordare la Equivocità della Lingua. E ssa
pone corrispondenze plurivoche fra gli elementi di una lingua.
Principi generali per la sua analisi
4
. Si definirà allora una lingua come
“codice”, con un insieme di segni dal significante primariamente fonico-
4 Ibidem Berruto 1997
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acustico, fondamentalmente arbitrario ad ogni loro livello e doppiamente
articolati, capaci di esprimere ogni esperienza esprimibile, posseduti
come conoscenza interiorizzata che permette di produrre infinite frasi a
partire da un numero limitato finito di elementi.
Frequentemente in linguistica vengono utilizzate tre dicotomie o
distinzioni binarie le quali costituiscono una sorta di princìpi generali
entro i quali si procede nella analisi della lingua:
“Sincronia-Diacronia”: si utilizzano per guardare alle lingue in due
diverse direzioni in relazione al tempo. Sincronia deriva dal termine
greco syn “insieme” e chrònos “tempo”. In essa si guarda allo sviluppo
della lingua facendo un taglio sull’asse del tempo e guardando a come
essa si senta in un determinato momento agli occhi e all’esperienza
dell’osservatore. Ad esempio, descrivere il significato che le parole
hanno oggi in italiano, analizzare com’è la struttura sintattica delle frasi
semplici in una lingua è operazione della linguistica sincronica.
Diacronia deriva dal termine greco dìa “attraverso” e chrònos “tempo”.
Essa guarda allo sviluppo delle lingue lungo l’asse temporale, nella loro
evoluzione storica. Fare l’ etimologia di una parola, cioè trovare la parola
di una lingua precedente da cui essa derivi e cercare di costruirne la
storia, è un’ operazione di linguistica diacronica.
“Sistema Astratto- Realizzazione Concreta”: fra potenza ed atto, fra
“ enérgeia ”, attività virtuale, e “ érgon ”, messa in opera. La distinzione è
operata nella linguistica moderna da tre terminologie principali: coppia
oppositiva “lingua –parola” trattata da F. De Saussure nel Corso lezioni
ginevrine di linguistica generale nel 1916; quella “sistema-uso”, che
troviamo ad esempio in L. Hjelmslev, rappresentante scuola strutturalista
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anni cinquanta e quella tra “competenza –esecuzione”, tipica della
linguistica generativa di N. Chomsky.
“Asse paradigmatico- Asse sintagmatico”: analisi cominciata da F. De
Saussure dove studia i rapporti nel funzionamento della struttura
linguistica: nell’asse paradigmatico le relazioni a livello del sistema
linguistico, nell’asse sintagmatico a livello della struttura che realizza le
potenzialità del sistema. La prima fornisce per così dire i serbatoi da cui
attingere le singole unità linguistiche, la seconda assicura che le
combinazioni di unità siano formate secondo le restrizioni adeguate per
ogni lingua. Esse rappresentano la duplice prospettiva secondo cui
funzionano le strutture, la combinazione di segni, e secondo cui esse
vanno viste.
Nella lingua esistono diversi livelli di analisi, stabiliti in base alle
proprietà della biplanarità e della doppia articolazione, che identificano
tre strati diversi del segno linguistico:
-lo strato del significante inteso come mero significante : fonetica-
fonologia
-lo strato del significante in quanto portatore di significato: morfologia e
sintassi -lo strato del significato: semantica
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Darò un conciso sguardo ad ognuna di loro 5
:
1. La fonetica deriva il termine dal greco significhi voce, suono. Essa
si distingue in tre campi principali: la fonetica articolatoria che studio
l’apparato fonatorio e come i suoni vengano articolati; la fonetica
acustica la quale studia i suoni in base alla consistenza fisica, in quanto
onde sonore che si propagano in un mezzo e la fonetica uditiva-
percettiva la quale studia i suoni a seconda di come vengono percepiti.
L’unità minima in fonetica è il fono che rappresenta ogni suono
producibile dall’apparato fonatorio umano trascrivibile con un simbolo
dell’alfabeto IPA, esso è la realizzazione concreta del linguaggio.
2. La fonologia studia l’ organizzazione e il funzionamento dei suoni
nel sistema linguistico. L’ unità minima di seconda articolazione è il
fonema. N. Trubeckoj 6
afferma che “la fonologia deve studiare quali
differenze di suono, in una data lingua, sono collegate a differenze di
significato, in quale rapporto stanno fra loro questi elementi di
distinzione (segni) e secondo quali regole essi si possono combinare fra
loro in parole (o frasi)”.
5 Sito wikipedia
6 TRUBECKOJ N. , Fondamenti di fonologia , pag. 16, Einaudi Ed. Torino 1971
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Realizzazioni foneticamente diverse ma prive di valore distintivo
vengono definiti allofoni. Le minime unità pronunciabili per costruire la
forma fonica delle parole sono le “Sillabe”, termine deriva dal greco e
significa “ prendere insieme”. La vocale costituisce sempre perno o
“apice” della sillaba a cui ha sempre bisogno di appoggiarsi una
consonante o una semivocale. Vi sono comunque in ogni lingua strutture
sillabiche canoniche. La pronuncia della sillaba avviene grazie
all’accento che ne dona la sua forza e intensità a seconda dei casi.
L’altezza di pronuncia si definisce tono e la lunghezza di pronuncia
riguarda l’ estensione temporale relativa con cui i foni e le sillabe
vengono prodotti.
3. La morfologia prende il termine dal greco morphé “forma” e logìa
“studio”, da lògos “discorso”. Il suo ambito è la forma, o meglio la
struttura, della parola. Si definirà “Parola” la minima combinazione di
morfemi costruita attorno ad una base lessicale, che funzioni come entità
autonoma della lingua e possa da sola costituire segno linguistico
compiuto. Essi formano una classe aperta e prendono il nome di morfemi
lessicali. Vi sono poi i morfemi grammaticali da cui avremo morfemi
derivazionali e flessionali, entrambi formano classe chiusa. I primi
derivano parole da altre parole. I secondi danno luogo alle diverse forme
di una parola.
4. La sintassi è il livello di analisi che si occupa della struttura delle
frasi all’interno delle quali troviamo i sintagmi nominali , verbali,
preposizionali. Il modo in cui i diversi costituenti si combinano nel dar
luogo alle frasi è governata da princìpi piuttosto complessi, che
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interagiscono nel determinare, a seconda del significato del messaggio da
trasmettere e del contesto pragmatico in cui viene trasmesso, l’ ordine in
cui si susseguono gli elementi e a conferire alla frase la struttura
sintattica con cui queste ci appaiono.
La prima classe di princìpi è interna alla sintassi stessa e tratta delle
funzioni sintattiche. Le tre funzioni sintattiche fondamentali sono:
Soggetto, Predicato Verbale, Oggetto.
La seconda classe di princìpi che intervengono nella costruzione ed
interpretazione di una frase sono i princìpi semantici che definiscono il
modo in cui il referente di ogni sintagma partecipa all’ evento
rappresentato dalla frase.
La sintassi del periodo o sintassi superiore studia le frasi complesse che
si possono rapportare tramite coordinazione o subordinazione a formare
un Testo che verrà definito come combinazione di frasi in un determinato
contesto dove funge da unità comunicativa. Entriamo nell’ambito della
“ linguistica testuale” e della “pragmatica linguistica”.
5. La semantica è quella parte della linguistica che si occupa di
significato . Esistono due modi di concepirlo: una concezione
referenziale o concettuale del significato ed una concezione
operazionale, contestuale descrive la regola d’ uso dei segni.
Il significato potrà essere:
- denotativo/connotativo a seconda se viene inteso in senso oggettivo o
soggettivo - linguistico/sociale . Il linguistico è formato da quello denotativo e
connotativo insieme, il sociale è quello che rappresenta nei rapporti tra i
parlanti in termini di dimensione sociale 36
- lessicale/grammaticale dove il primo rappresenta concetti della realtà
esterna ed il secondo di quella interna al sistema linguistico o struttura
dei segni.
Il livello semantico ha come unità minima linguistica il “Lessema”.
L’ insieme di lessemi produce in una lingua il suo “Lessico”. Lo studio
semantico avviene tramite un’ analisi componenziale, sistema del tutto
identico alla scomposizione dei numeri in fattori primi in algebra. I tratti
semantici di solito sono “binari”, cioè ammettono i due valori + e – ( Si e
No), ma sono utilizzabili anche tratti non binari.
Negli ultimi tempi è nata la nozione di significato di un lessema come
“prototipico” tratta dalle ricerche della psicologia cognitivista. Essa
ritiene il prototipo sia una sorta di immagine-modello ideale con cui
confrontare tutti i membri di una classe o categoria. Es. il termine
“uccello” viene dunque a coincidere con l’ uccello più tipico per una
certa cultura ( per noi probabilmente il passero o il piccione) e ne
possiede tutti i tratti costitutivi. Enunciato: una frase considerata nel suo
concreto impiego in una situazione comunicativa.
La pragmatica invece, studia che cosa si fa con la produzione di un
enunciato, in un determinato contesto situazionale e chiama direttamente
in causa l’ intenzionalità del parlante. Gli enunciati prodotti in tali
situazioni costituiscono degli atti linguistici dove la lingua viene studiata
come modo di agire. Gli atti linguistici possono essere di tre tipi: 1.
Locutorio, tratta del come formare la frase; 2. Illocutorio, tratta di perché
dire una frase, azione che si vuol compiere dicendola; 3. Perlocutorio,
tratta dell’effetto che si provoca nel destinatario.
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