Ho avuto così l’opportunità di rendermi pienamente conto della
realtà della lingua asturiana e della sua dignità , e ho deciso di
assumerla ad oggetto della mia tesi.
Ho condotto ricerche di tipo storico circa la sua “evoluzione”, i
tentativi di pianificazione linguistica (status planning e corpus
planning), e, infine, le iniziative portate avanti dall’organismo nato
dalle elite universitarie, l’ ”Accademia della Lingua Asturiana”, per
tutelare i diritti linguistici dei parlanti della comunità.
Mi sono reso conto del grande lavoro fatto dal Movimento per
l’ufficialità linguistica e, malgrado l’obiettivo di far diventare
l’asturiano lingua ufficiale delle Asturie non sia stato ancora
raggiunto, importanti passi verso la meta sono stati già fatti.
In varie occasioni, durante il mio percorso universitario, mi è
capitato di ascoltare discussioni e dibattiti inerenti al tema della
pianificazione linguistica, alle problematiche che porta con sè da un
punto di vista sociale e non soltanto squisitamente linguistico; nel
caso specifico dell’asturiano, lo stigma sociale di cui per secoli questa
varietà ha sofferto è ancora estremamente presente nella popolazione,
soprattutto in ambito universitario, e il processo volto a dare alla
lingua un prestigio che ne cambi l’approccio all’utilizzo da parte dei
parlanti credo che sia ancora lungo e ricco di ostacoli.
Gli anni ottanta hanno segnato il consolidamento di una coscienza
linguistica in svariati settori della società e l’affermazione di un vero e
proprio movimento regionalista-linguistico che fece entrare il
“problema dell’Asturiano” ,per la prima volta, dentro le agende
politiche dei governi che si succedettero nelle Asturie; oggi, tuttavia,
gli organi che monitorano la lingua segnalano viva preoccupazione
circa le reali possibilità dell’ Asturiano di sopravvivere nel nuovo
millennio. Ho deciso quindi di articolare il mio discorso in tre
principali nuclei tematici, ognuno dei quali tratta ambiti differenti ma
complementari.
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Il primo capitolo riguarda la contestualizzazione storica delle
differenti lingue ufficiali all’interno della Spagna, protette dall’Art. 3
della Costituzione, per poi approfondire specificatamente il discorso
relativo al Principato delle Asturie, la lingua e la coscienza linguistica
del popolo con riferimento alla particolare situazione di bilinguismo e
di vero e proprio “conflitto-linguistico” presente nella regione. Una
situazione abbastanza grave, per la quale è imprescindibile un piano
di normalizzazione linguistica che miri a mettere un freno al processo
di sostituzione linguistica che si sta vivendo e che può finire -se non
cambiano le condizioni sociali- solo con la morte della lingua.
Intento del secondo nucleo tematico è quello di entrare nel merito
della normativizzazione linguistica, analizzando i provvedimenti
giuridici presi a questo proposito soprattutto nell’ultimo decennio.
La co-ufficialità della lingua risulta essere la richiesta prima di
alcune èlite sociali che sostengono che la sopravvivenza dell’
Asturiano debba necessariamente passare attraverso il
raggiungimento di una “legge” che funga da sostrato su cui porre le
fondamenta nell’elaborazione di una seria politica di pianificazione
linguistica e normalizzazione sociale, che coinvolga sinergicamente
tutte le forze pubbliche, politiche e private.
Secondo le ultime ricerche sociolinguistiche, infatti, il 60% della
popolazione è favorevole all’ ufficialità, ma grande è il gap tra ciò che
la popolazione reale chiede e quelle che sono le decisioni prese dai
dirigenti dei partiti politici egemoni, poco sensibili ai diritti linguistici
dei cittadini che rappresentano, come spiega l’Accademia della Lingua
in un pamphlet sulla repressione linguistica asturiana, divulgato lo
scorso aprile.
Nel terzo capitolo, poi, ho cercato di capire quelle che sono le
situazioni in cui la lingua trovi un suo naturale impiego mettendo in
relazione gli usi e gli ambiti linguistici della popolazione con l’offerta
linguistica presente sul territorio. Lo spazio e la visibilità sociale dell’
Asturiano sono molto limitati fuori dai circoli di interazione primaria,
6
messi comunque in pericolo da fenomeni, recentemente registrati, di
rottura della catena di trasmissione generazionale della lingua nei
nuclei familiari più giovani.
Quanto minore è la visibilità sociale nello spazio pubblico
(impossibilità di relazionarsi con le autorità nell’idioma autoctono),
tanto maggiore sarà la progressiva crescita di una sorta di spinta
,dettata dalla pressione sociale dei “parlanti-potenziali”, di
abbandonare la lingua madre e abbracciare il castellano. Questa
tendenza è ugualmente condivisa dalle altre comunità bilingue
spagnole, per quanto in Catalogna e nei Paesi Baschi tale trend sia
stato, nel corso degli anni, invertito grazie all’ingente supporto della
classe politica al problema linguistico.
Al contrario, oggi, le Asturie registrano il processo più veloce di
regressione della propria lingua in relazione anche alla mancanza di
fondamenta nel terreno della normalizzazione sociale.
Nel terzo capitolo, quindi, ritenendolo essenziale ai fini del mio
lavoro, ho cercato di analizzare i modi di una efficace azione di
pianificazione linguistica nella sua fase di “acquisition planning”.
Inevitabile, quindi, considerare l’ importante ruolo svolto dal sistema
educativo e dai mezzi di comunicazione nel contesto regionale
asturiano.
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CAPITOLO 1
1. LA SITUAZIONE LINGUISTICA IN SPAGNA
1.1 Il Castellano e le altre lingue ufficiali
Appartenente al ramo indoeuropeo delle lingue romanze, l’attuale
spagnolo è l’evoluzione di uno degli antichi dialetti nati dal latino di
un piccolo territorio del Nord della penisola, la Castiglia.
Ovviamente la penisola iberica conserva tracce di un popolamento
ben più antico di quello strettamente legato alla diffusione del latino e
alla diretta evoluzione nella lingua odierna, ma , è scarsa la
conoscenza che si ha delle popolazioni che occuparono il territorio
prima dell’arrivo dei celti nel VII secolo a.C. e dei precedenti
occupanti, aquilani, iberici e tartessiani, le cui lingue influirono però
sul processo di apprendimento del latino. I primi,in particolare, sono
sopravvissute grazie ai loro discendenti baschi, presenti a tutt’oggi
nel territorio a nord-est della penisola confinante con l’attuale
Francia
1
.I celti, giunti in Hispania, antico nome della penisola iberica,
si stabiliscono nella vallata dell’Ebro. Le uniche tracce della loro
lingua, celtica di tipo arcaico e ben differente dal gallico, è rimasta nel
nome di alcune città della penisola come Coimbriga (attualmente
Coimbra), La Coruña e Segovia
2
.
1
Walter, Henriette;L’avventura delle lingue in Occidente,Bari-Roma,Editori Laterza,1999,p.159
2
Lapesa, Rafael; Historia de la lengua española, Madrid, Escelicer, 1968, pp. 11-39
8
Sul finire del III sec a.c. ebbe inizio la conquista romana che ,rapida
ed efficace nella provincia di Betica (l’attuale Andalusia) e nella
capitale Cordova, avviò un processo di latinizzazione degli abitanti.
Tale conquista porterà inevitabilmente alla graduale scomparsa delle
molte lingue presenti che lasceranno solo esigue tracce, quali ad
esempio i toponimi. A differenza del Sud, le popolazioni del Nord
opposero una grande resistenza culturale alla sottomissione: primo
fra tutti il popolo basco, che continuò ad utilizzare la propria lingua
in tutti i contesti familiari, nonostante avesse appreso il latino portato
dalla progressiva occupazione romana. All’avvento delle invasioni
germaniche, intorno alla fine del III secolo d.C., con vandali in
Andalusia, gli Svevi nell’ovest e i Visigoti nel resto del paese, la
maggior parte della popolazione della penisola era già latinizzata
3
.Il
regno visigoto, che ricopriva quasi tutta l’attuale Spagna a eccezione
della Galizia e del Paese Basco(occupati dagli svevi) è durato quasi
300 anni, dal 409 al 711 lasciando si importanti tracce nelle
istituzioni e nel diritto, ma ben più scarse a livello linguistico, a causa
della ormai avvenuta assimilazione e consolidazione del latino
nell’intera penisola.
Con la conversione dei Visigoti al cristianesimo, nel 589, iniziò un
periodo di pacifica convivenza tra occupati e invasori,durato più di un
secolo,che portò alla fioritura delle arti e delle lettere, allo studio
della grammatica e della retorica. Bisogna a questo punto considerare
il processo che ha portato alla formazione delle differenti varietà
regionali del latino volgare. Con la progressiva penetrazione del latino
in tutti gli ambiti formali e informali, infatti, si vanno creando varianti
dialettali influenzate dal sostrato regionale esistente. Vengono quindi
poste le basi per una caratterizzazione e differenziazione dell’uso del
latino all’interno dell’intera penisola, fenomeno che spiega l’attuale
3
Hanriette, Walter;L’avventura delle lingue in Occidente,Bari-Roma,Editori Laterza,1999,p.165
9
varietà linguistica. Ovviamente, le cause che hanno portato a questo
processo di caratterizzazione regionale sono molteplici e da ricercarsi
nella situazione storica e geografica della penisola prima della
romanizzazione. Il latino, infatti, ha una penetrazione differente nei
vari territori dell’impero, a seconda della loro distanza dai principali
centri di divulgazione, ed è per questo motivo che si verifica una
consolidamento di arcaismi nei territori occidentali e una diffusione
di innovazioni in quelli orientali, a più stretto contatto con il cuore
dell’impero. Inoltre, bisogna sottolineare il processo di decadenza
dell’Impero,che portò a una disgregazione del controllo centrale sui
singoli territori. Nel corso del tempo,quindi,vediamo una progressiva
affermazione di Lingue con connotati più o meno regionali, dalle
quale si sono originate gli attuali castellano, catalano, gallego e
basco. Quella che comunemente noi definiamo "Lingua
Spagnola”,ossia il Castellano originario della regione di Castilla-La
Mancha, è lingua ufficiale dello Stato Spagnolo come recita
l'articolo 3° della Costituzione Spagnola del 1978,comma 2:
<<“1.El castellano es la lengua oficial del Estado español.
Todos los españoles tienen el deber de conocerla y el derecho de
usarla.
2.Las otras lenguas españolas serán también oficiales en sus
respectivas Comunidades Autónomas y de acuerdo con sus
Estatutos.
3.La riqueza de las diferentes variantes lingüísticas de España es
una herencia cultural que será objeto de respeto y protección
especial.(...)”>>
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In questo articolo rintracciamo lo spirito del profondo rispetto
delle proprie radici;parole, queste, che tendono ad acquistare maggior
valore oggi, se rilette con lo sguardo rivolto alle politiche che l’ UE
svolge da anni in materia di salvaguardia delle lingue minoritarie.
Solo dopo la morte di Franco, comunque, si iniziò un vero e proprio
periodo di attività politica in favore di una positiva
autodeterminazione delle lingue minoritarie e delle loro rispettive
regioni di appartenenza. La Costituzione Spagnola del 1978 si
prefigge il compito di rispettare il pluralismo della società anche e
soprattutto linguistico. Le Comunità Autonome bilingui hanno il
diritto di usare la propria lingua di appartenenza senza che questa
rechi connotazioni sociali di inferiorità o inutilità, visto lo status di
ufficialità garantito costituzionalmente. Attualmente hanno questo
diritto la Galizia, il Pais Vasco, la Catalunya, Valencia e le Isole
Baleari. Si è cominciato ad utilizzare le differenti lingue regionali nelle
scuole, nei mass media, incrementandone il numero dei fruitori. La
cosa più importante di questa situazione linguistica,alquanto
particolare, è la capacità-possibilità che ogni comunità dà al suo
cittadino di scegliere; decidere in totale libertà se parlare la lingua
minoritaria invece del castellano senza per questo essere preclusi da
alcun aspetto del vivere sociale. Una ricchezza.
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