2
PREMESSA
La presente ricerca ha una genesi piuttosto complessa, perché nasce da esigenze diverse
e complementari.
Innanzi tutto ha influito sulla scelta di questo argomento la conoscenza personale del
prof. Bruni. Lo incontrai nel 1974, nella sua abitazione romana, spinto dalla ricerca di
persone ed organismi che avevano svolto un ruolo di primo piano nel secondo
dopoguerra nell‟area della cosiddetta “sinistra cattolica”. Potei così avvicinarmi alle
tematiche dei cristiano-sociali e conoscere i documenti dell‟archivio di Bruni. Da queste
prime letture nacque l‟idea di farne oggetto della mia tesi di laurea e lo stesso Bruni
mostrò di gradire questa iniziativa. I nostri incontri non poterono essere molti poiché nel
1975 Bruni è scomparso, lasciando tutto il suo materiale alla Fondazione Basso.
Dapprima i miei interessi furono prevalentemente rivolti agli aspetti storico- politici della
figura di Bruni, ma, in seguito, specie dopo gli incontri avuti con la prof.sa Giancola già
assistente di Bruni all‟Università e con il prof. Parisella, autore di un saggio sui cristiano-
sociali, mi convinsi dell‟opportunità di un approfondimento del pensiero sotto il profilo
più specificamente filosofico.
3
INTRODUZIONE: LA FORMAZIONE CULTURALE DI BRUNI
Gerardo Bruni
1
elabora la propria teoria politica all‟interno della filosofia neoscolastica.
Ciò si giustifica anche con il dato storico- biografico. Infatti l‟insegnamento ricevuto in
età scolare da Bruni fu prevalentemente di tipo religioso ed in particolare aristotelico-
tomistico.
Infatti in Italia, per impulso dell‟enciclica Aeterni Patris emanata da Leone XIII nel 1879,
erano stati ripristinati gli studi tomistici nelle scuole ecclesiastiche dopo l‟abbandono in
cui erano cadute nel corso del XVII e per metà del XIX secolo.
La ripresa della filosofia neoscolastica era già stata iniziata soprattutto per opera di
Taparelli, ma si afferma in maniera ufficiale solo alla fine del secolo con Leone XIII.
Quella che viene definita “terza scolastica”
2
è caratterizzata in una prima fase dalla
radicale contrapposizione tra filosofia cristiana e pensiero moderno.
Lo stesso Bruni sottolinea il “sacro orrore” verso i “sistemi antiscolastici” che
caratterizzò le prime ricerche ed i primi pensatori che si riconoscevano nel nascente
indirizzo neoscolastico
3
.
1
Di Gerardo Bruni (1896-1975) non esiste una biografia. Si possono trarre alcuni dati dai testi sul movimento cristiano-
sociale da lui fondato. Per questi testi si rimanda alla bibliografia generale.
Bruni è nato a Cascia (PG) il 30.6.1896. Intrapresi gli studi ecclesiastici nel Seminario di Norcia, entrò giovanissimo a
Roma in quello del Laterano. Nel 1917 conseguì la laurea in filosofia alla Facoltà Lateranense, nonostante fosse
impegnato nel conflitto bellico. Alcuni anni dopo, nel 1923, si laureò nuovamente con Gentile all’Università Statale di
Roma. Ma all’insegnamento preferì un impegno in banca per non collaborare come educatore al regime fascista. Si
iscrisse al Partito popolare, ma ne uscì quando il partito si allineò alla politica fascista.
Nel 1926 si trasferì in America per seguire un corso di biblioteconomia. Nel 1928 tornò a Roma, dove trovò impiego
come aiuto bibliotecario presso la Biblioteca Vaticana. Qui, nel 1929, conobbe Alcide De Gasperi, anche lui impiegato
nella stessa sede e strinse con lui amicizia, pur non aderendo alla sua linea politica.
Bruni diede il suo appoggio alla formazione clandestina di “Giustizia e Libertà”, fondata da Emilio Lussu. Nel 1942 si
riorganizzzò l’ex Partito popolare intorno a De Gasperi, col nome di Democrazia Cristiana. Bruni partecipò ad un
incontro in casa Spataro, ma poi si dissociò dall’iniziativa. La sua opposizione al principio della proprietà privata fu
all’origine di questa iniziale dissociazione.
Bruni si dedicò all’organizzazione di un movimento politico di ispirazione socialista e cristiana. Il movimento, nel
marzo del 1943, contava già diverse sezioni in Toscana, Veneto, Umbria e Liguria. Nel 1946 si costituì in Partito
cristiano- sociale, che riuscì a mandare in parlamento, quale deputato, Bruni; in seno all’Assemblea Costituente Bruni
partecipò attivamente al dibattito sulla Carta costituzionale, intervenendo, tra l’altro sulla questione dei rapporti fra
Stato e Chiesa. Votò contro l’introduzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione: questo gesto gli costò il
licenziamento dalla Biblioteca Vaticana. Nelle elezioni del 1948 Bruni non venne rieletto ed iniziò per lui un periodo
difficile, anche dal punto di vista economico. Solo nel 1952 riuscì a vincere un concorso a cattedra per l’insegnamento
della filosofia nei Licei.
L’anno successivo tornava ad occuparsi di politica pubblicando due numeri dei “Quaderni del Socialismo”. Nel 1955
divenne libero docente all’Università Statale di Roma, prima come incaricato di Storia della filosofia e poi, dal 1963 al
1966, di Storia delle Dottrine politiche. Si è spento all’età di 79 anni, il 10.12.1975.
Ha scritto numerosi saggi, pubblicati in varie riviste (soprattutto in “Rivista di filosofia neoscolastica” e “Rassegna di
morale e diritto”. Le sue lezioni universitarie sono state raccolte in volume dagli assistenti G. Dattilo e P. Di
Giambattista col titolo Problemi del socialismo.
2
Cfr I. MANCINI, La neoscolastica, in AA.VV., Studio ed insegnamento della filosofia, Roma, 1966, vol II p. 111
sgg. Scrive I.MANCINI: “La terza scolastica copre il secolo e mezzo che va dal secolo quarto dell’Ottocento ai tempi
nostri; vi si può agevolmente riscontrare un periodo delle origini, più strettamente tomistico….” (p.113).
3
G. BRUNI, Riflessioni sulla scolastica, Roma, 192, p. 96. Lo stesso parere è espresso da Don Luigi Sturzo ai primi del
secolo: “Il ritorno alle fonti della Scolastica (…), giovò assai perché i cattolici (…) avessero (…) la sicurezza di un
metodo quasi infallibile. L’esagerazione però di restringere (…) il valore delle verità all’enciclopedia scolastica, nocque
ai cattolici (…) e rese profondo lo stacco di due filosofie, di due categorie d’uomini…. (L.STURZO, La filosofia neo-
4
Tuttavia, ai tempi di Bruni, questo orientamento era già temperato da tentativi di parziale
e forse anche strumentale “recupero” del pensiero moderno, del quale si sottolineavano
gli errori ma si indicavano anche le vie per la sua “emendazione” in modo che
all‟originario rifiuto radicale era succeduta una attenta- anche se sempre vigile e critica-
considerazione delle principali espressioni della filosofia contemporanea ed una certa
attenzione alla scienza dell‟epoca
4
.
Esemplificativi del dibattito o, comunque, degli orientamenti in merito, tendenzialmente
diversificatesi, sono la posizione di Agostino Gemelli e dello stesso Bruni. Gemelli in un
articolo del 1914
5
, dal titolo significativo di Medievalismo, scrive: “Noi siamo
medioevalisti; e lo siamo perché riconosciamo che la così detta cultura moderna è il
nemico più fiero del Cristianesimo e perché riconosciamo che è vano parlare di
adattamenti, di penetrazione”. E lo stesso Gemelli ribadisce la radicale rottura fra
tradizione medioevale e Rinascimento: “…noi diciamo che bisogna riallacciarsi al
Medioevo, perché allora Cristo e la sua Chiesa erano l‟anima vivificatrice della coltura;
bisogna riprendere quella nobile tradizione, che sgraziatamente, per molteplici cause, dal
Rinascimento in poi venne interrotta”
6
.
Bruni non condivide questa condanna del pensiero moderno, che piuttosto tende a
rivalutare. Nell‟opera del 1927 prima citata, scrive: “…dovremo certamente attenderci,
da parte del neoscolastico, una certa riconsacrazione della filosofia e della civiltà
moderna”.
7
Questa rivalutazione è motivata da Bruni con il fatto che non esisterebbe rottura ma
continuità fra Scolastica e filosofia moderna: quest‟ultima, scrive Bruni “resterebbe un
fatto inspiegabile senza la civiltà che inspirò l‟opera tomistica”
8
.
Il medesimo concetto è ripetuto in un altro passo, dove Bruni sostiene che “l‟anima della
Scolastica, ciò che la Scolastica ha d‟immortale dovette continuare a vivere e a dare i
suoi frutti non tanto in seno al sistema scolastico esautorato dopo il XIII, quanto in seno
a quelle battagliere filosofie antiscolastiche (…) che pure assurdamente pretesero
soppiantarla, nel mentre di fatto in parte anche loro attingevano (…) alla sua vita”.
9
A giudizio di Bruni, il quale su questo punto condivide la tesi dell‟Olgiati
10
, non c‟è una
“sostanziale differenza” tra il medio evo e l‟evo moderno, perché non ammette “che il
significato storico del medio evo sia trascendenza e quello della civiltà moderna sia
immanenza”
11
.
Ciò che distingue i due momenti storici e “spirituali” è il fatto che alla base del pensiero
medioevale c‟è il principio dell‟astrazione, mentre di quello moderno è il principio della
concretezza. “L‟interesse del mondo moderno, scrive Bruni, risulterebbe principalmente
tomistica e il movimento moderno della filosofia cristiana, in Scritti inediti, a cura di F.Piva- Prefazione di G. De Rosa,
vol I, Roma, 1974, p.106).
4
Questa nuova fase della “terza scolastica” è così definita da Sturzo nell’opera citata: “Essa ha un largo campo di studio
e di lavoro; l’assimilazione di tutto quel di vero hanno le scuole filosofiche è il suo primo compito: un’assimilazione
razionale, guidata dalle eterne norme del vero”. (pp. 106-107).
5
A. GEMELLI, Medioevalismo, in “Vita e Pensiero” del 1.12.1914 pp 1-24.
6
A.GEMELLI, Medioevalismo, loc.cit., p.3.
7
G.BRUNI, Riflessioni sulla scolastica, Roma 1927, p.94.
8
G.BRUNI, Ibid. , pp. 80-81.
9
G.BRUNI, Riflessioni sulla scolastica, Roma 1927 p. 93.
10
F.OLGIATI, Il significato storico della filosofia moderna, in “Rivista di filosofia neoscolastica” f.1 1926, pp 57-58.
11
G.BRUNI, Riflessioni sulla scolastica, cit, p. 114.
5
orientato verso la concretezza (…). Il desiderio di concretezza sarebbe cioè quello che,
dominando l‟anima e la civiltà moderna, ci dovrebbe fornire la spiegazione dei suoi vari
atteggiamenti e risultati”
12
.
Ma da un punto di vista teoretico va riconosciuto che il rapporto tra i due principi è
armonico, che non c‟è alcun conflitto di fondo che li divide. Pertanto, come scrive Bruni,
“astrazione e concretezza devono darsi la mano; il medio evo deve trovare il modo di
ricongiungersi all‟evo moderno; l‟anima delle due epoche deve trovare il modo
d‟intendersi”
13
.
La giustificazione di questo accordo è nel fatto che “di per sé il pensiero tende a cogliere
la realtà, a conseguire il suo fine conoscitivo mediante il doppio processo dell‟astrazione
e della concretezza”
14
.
Di fatto però, sono sempre parole di Bruni tratte dal testo citato, “dall‟entusiasmo
suscitato per il microcosmo durante il periodo umanistico, si passò all‟entusiasmo per il
microcosmo del periodo della Rinascenza finchè i sistemi dei secoli XVII, XVIII, XIX
(…), non finirono per sboccare nell‟immanenza assoluta”
15
.
Questo processo involutivo non è riconducibile alla natura del pensiero moderno,
orientato verso la concretezza che “è altra cosa dall‟immanenza”.
Per spiegare l‟immanentismo moderno non resta che ricorrere a fattori di carattere
storico contingente, cioè “ad assumere l‟immanenza della filosofia moderna come,
almeno, una degenerazione – molto facile a verificarsi- dello spirito di concretezza”
16
.
L‟immanentismo per Bruni non è costitutivo della filosofia moderna, è piuttosto una sua
tendenza storica, favorita dal fatto che “la concretezza, come processo che tende a
cogliere la realtà effettuale nella storia…, naturalmente polarizza l‟attenzione della nostra
intelligenza sulla ricchezza e valore di questo mondo mortale, favorendone la
sopravalutazione tutta propria della concezione immanentistica”
17
.
Da questa breve disanima dei rapporti tra filosofia scolastica e moderna emerge dunque
la loro conciliabilità. A patto però che la Scolastica sia vista in senso storico. Essa potrà
essere philosophia perennis se potrà essere filia temporis.
La Scolastica – sostiene Bruni- deve avere “il senso della storia” per scorgere “la
Scolastica…in quelle filosofie che più si trovano al corrente con le tendenze, le
aspirazioni, la realtà dell‟oggi…”
18
Bruni, conseguentemente, introduce una distinzione tra i filosofi e la Scolastica e
considera quest‟ultima “come, in modo assoluto, non legata alla speculazione di alcun
scolastico in particolare, sia pure collocato all‟altezza del genio di un S.Tommaso…”.
19
Il riferimento, perciò, non deve essere solo S.Tommaso, ma anche la speculazione
filosofica successiva: “La scolastica”, egli scrive, “può avere…un valore solo a patto di
non fermarsi al secolo XIII con S.Tommaso, ma tenendo conto…della Scolastica del
12
G.BRUNI, Riflessioni sulla scolastica, cit p.111
13
G.BRUNI, Ibid.
14
G.BRUNI, Riflessioni sulla scolastica,cit. p.112.
15
G.BRUNI. Riflessioni sulla scolastica, cit. p.115.
16
G.BRUNI, Ibid.
17
G.BRUNI, ibid.
18
G.BRUNI, Ibid, p. 98.
19
G.BRUNI, Ibid, p. 101.
6
periodo nominalistico, della Scolastica del secolo XVI che in parte corresse e precisò i
risultati dell‟antica”
20
.
Poiché “ogni sistemazione, come tale, ha un valore di carattere transitorio e
temporaneo”, ne consegue che “il procedimento eclettico è quello che s‟impone in
filosofia”
21
.
Superamento del “sistema” scolastico non significa però abbandono dello spirito della
filosofia tomistica: il rinnovamento della Scolastica, scrive Bruni, dovrà portare con sé a
un certo abbandono del sistema tomistico. Ma non all‟abbandono dell‟anima che
sorregge e conferisce un alto significato storico a tutta l‟opera dell‟Aquinate. Quella
anima è immortale”
22
.
Bruni riconosce al tomismo il merito di aver fondato un corretto rapporto tra filosofia e
teologia: “uno dei risultati, scrive Bruni, storicamente e speculativamente più significativi
dell‟aristotelismo della Scuola nel secolo XIII fu, senza dubbio, quello di aver
stabilmente fondato la distinzione tra Fede e ragione, tra Rivelazione e filosofia”
23
.
Prima di S. Tommaso, a giudizio di Bruni, la filosofia medioevale oscillava tra le opposte
tendenze alla separazione, da una parte, e all‟identificazione, dall‟altra, di sapere teologico
e conoscenza filosofica.
Il pensiero tomista costituì una sintesi di due contrastanti esigenze: il “riconoscimento
della insufficienza della ragione a dare sistemazione compiuta a tutto il sapere esistente”
e il “riconoscimento dei diritti della ragione di fronte al domma”
24
.
Così, con S. Tommaso si è posto il “problema della libertà della filosofia di fronte alla
teologia”
25
in modo tale che “la mentalità prevalentemente teologica, la cultura quasi
esclusivamente chiesastica del medio evo (…) si possono dire tramontate per sempre”
26
.
Lo status epistemologico della filosofia si differenzia da quello della teologia, ma la loro
dignità è pari.
Filosofia e teologia sono ambedue scienze ma in modo diverso:”la qualifica di scienza
compete, infatti, afferma Bruni…, tanto alla filosofia (…) quanto alla teologia (…) e
conoscenza deve chiamarsi tanto quella della filosofia che si ottiene ex pluris naturalibus,
quanto quella della teologia che si ottiene per fidem et intelligentiam supernaturalem”
27
.
La distinzione così fondata tra le due scienze non implica assolutamente separazione, ma
ha come suo complemento un trait d’union che assicuri l‟armonia:”anzi l‟una scienza –
aggiunge Bruni – si deve dire ordinata all‟altra come l‟ordine naturale è ordinato
all‟ordine soprannaturale
28
.
Il problema dei rapporti tra filosofia e cristianesimo è al centro di vasti dibattiti nel corso
degli anni trenta, soprattutto per la pubblicazione delle opere di J. Maritain e E. Gilson.
29
20
G.BRUNI, Ibid. p.90.
21
G. BRUNI, ibid., p. 91;
22
G. BRUNI, ibid., p. 95;
23
G. BRUNI, ibid., p. 17;
24
G. BRUNI, Riflessioni sulla Scolastica, Roma 1927, p. 27;
25
G. BRUNI, ibid., p. 35;
26
G. BRUNI, ibid., p. 36;
27
G. BRUNI, ibid., p. 46;
28
G. BRUNI, ibid., p. 47;
29
La bibliografia a riguardo è molto ricca. Nel ’28 a Bruxelles, E. Brehier, in occasione di tre conferenze, pose un
interrogativo (a cui lui stesso aveva e avrebbe risposto negativamente) che accese un dibattito la cui eco non si è ancora
spenta. “Y a-t-il une philosophie chretienne?”. Avevano risposto no Harnack, Dan Wesen des Christentum, Lipsia,
1902, Loisy, L‟Evangile et l‟Eglise, Paris, 1902 e Autour d‟un petit livre, ivi, 1903, Laberthonniere, Essai de